Saint-Etienne-du-Mont
Questa
chiesa,
una
delle
più
singolari
di
Parigi
sia
per
la
facciata
che
per
l'interno,
sorge
nel
più
caratteristico
quartiere
della
città,
cioè
nel
Quartiere
Latino.
Qui,
già
fin
dal
XIII
secolo,
vi
si
trasferì
l'Università,
famosa
subito
in
tutto
il
mondo
della
cultura
occidentale
per
i
nomi
dei
grandi
maestri
che
là
vi
tennero
le
loro
lezioni:
San
Bonaventura
e
San
Tommaso
d'Aquino,
solo
per
citare
i
maggiori.
In
questo
quartiere,
dunque,
sorge
l'originale
Saint-Etienne-du-Mont
iniziata
nel
1492
ma
terminata
solo
nel
1622
con
la
costruzione
della
facciata.
La
chiesa
Saint-Étienne-du-Mont
(chiesa
Santo
Stefano
al
Monte)
ha
origine
dall’abbazia
di
Sainte-Geneviève,
dove
santa
Genoveffa
fu
inumata
nel
VI
secolo.
L'abbazia
richiamava
molti
laici
al
suo
servizio
quindi
fu
destinata
a
costoro,
in
un
primo
tempo,
una
cappella
situata
nella
cripta.
Consacrata
alla
Vergine
Maria,
poi
a
san
Giovanni
apostolo,
il
luogo
si
rivela
troppo
esiguo
per
accogliere
tutti
i
fedeli.
Nel
1222,
il
papa
Onorio
III
autorizza
la
fondazione
di
una
chiesa
autonoma,
che
sarà
consacrata
questa
volta
a
santo
Stefano,
titolare
dell'antica
cattedrale
di
Parigi.
Rapidamente,
il
nuovo
edificio
diventa
ben
presto
insufficiente
per
il
numero
talmente
elevato
della
popolazione:
la
Sorbona
e
numerosi
collegi
sono
situati
nel
territorio
della
parrocchia.
La
chiesa
viene
ingrandita
nel
1328,
ma
una
ricostruzione
completa
diventa
necessaria
nel
XV
secolo.
Nel
1492,
i
monaci
genoveffani
donano
una
parte
delle
loro
terre
per
l’edificazione
della
nuova
chiesa
che
fu
costruita
a
tappe
dandole
così
un
aspetto
composito.
Sotto
la
direzione
dell’architetto
Étienne
Viguier,
i
lavori
iniziano
dall’abside
e
dal
campanile
nel
1494;
le
due
prime
campane
vengono
fuse
nel
1500.
Il
coro,
di
stile
gotico
fiammeggiante,
viene
terminato
nel
1537.
La
tribuna
(jubé)
viene
costruita
verso
il
1530-1535.
Nel
1541,
Guy,
vescovo
di
Mégare,
benedice
gli
altari
delle
cappelle
dell’abside.
Nello
stesso
anno,
la
parrocchia
stipula
dei
contratti
per
le
vetrate
e
le
statue
con
artigiani
parigini.
La
navata,
in
stile
Rinascimento,
non
viene
terminata
prima
del
1584.
La
prima
pietra
della
facciata
viene
posta
nel
1610
da
Margherita
di
Valois,
che
dona
3.000
libbre.

La
chiesa
viene
consacrata
il
25
febbraio
1626
da
Giovanni
Francesco
di
Gondi,
primo
arcivescovo
di
Parigi,
zio
del
cardinale
di
Retz.
Nondimeno,
i
lavori
continuano:
nel
1636,
vengono
collocati
i
grandi
organi,
opera
del
fabbricante
Pierre
Pescheur,
mentre
le
casse
erano
state
realizzate
da
Jean
Bureau.
Nel
1651,
un
nuovo
pulpito
viene
installato.
Vengono
anche
costruiti
dei
locali
per
i
fabbricieri
e
gli
alloggi
per
i
sacerdoti.
Nel
XVII
e
XVIII
secolo,
la
chiesa
Saint-Étienne-du-Mont
gode
di
grande
prestigio.
Diventa
teatro
di
imponenti
processioni
durante
le
quali
la
teca
di
santa
Geneviève
viene
trasportata
nella
cattedrale
di
Notre-Dame
per
ritornare
in
seguito
nella
sua
chiesa.
Questa
accoglie
anche
le
spoglie
di
Pierre
Perrault,
padre
dell’autore
delle
Contes,
del
pittore
Eustache
Le
Sueur
e
di
Pascal.
Quelle
di
Racine
e
di
Louis-Isaac
Lemaistre
de
Sacy
vengono
trasferite
nel
1711
da
Port-Royal
a
Saint-Étienne.
Durante
la
Rivoluzione
francese,
la
chiesa
viene
in
un
primo
tempo
chiusa,
poi
trasformata
in
tempio
della
Pietà
filiale.
Il
culto
cattolico
viene
ripristinato
nel
1801
col
favore
del
concordato.
L’anno
seguente,
la
demolizione
della
chiesa
abbaziale
Sainte-Geneviève
e
l’apertura
della
rue
Clovis
fanno
di
Saint-Étienne
un
edificio
autonomo.
Sotto
il
Secondo
Impero,
la
chiesa
viene
restaurata
da
Victor
Baltard:
la
facciata
viene
ricostruita
e
le
statue
distrutte
dai
rivoluzionari,
vengono
restituite.
Baltard
fa
costruire
dietro
l’abside,
nell’area
dell’antico
ossario,
anche
la
cappella
dei
catechismi.
Il
XIX
secolo
è
marcato
da
diversi
avvenimenti.
Il
10
gennaio
1805,
il
papa
Pio
VII
celebra
la
messa
nella
chiesa.
Nel
1833,
Frédéric
Ozanam,
parrocchiano
di
Saint-Étienne,
fonda
con
alcuni
amici
la
Società
di
San
Vincenzo
de'
Paoli.
Il
3
gennaio
1857,
monsignore
Sibour,
arcivescovo
in
carica,
vi
è
assassinato
al
grido
di
"abbasso
le
dee!"
dal
prete
interdetto
Jean-Louis
Verger,
contrario
al
dogma
dell’Immacolata
Concezione.
Una
lapide
all’entrata
della
navata
indica
il
luogo
dove
venne
ucciso
il
prelato,
che
stava
per
iniziare
la
novena
di
santa
Geneviève.
L’occultistico
Eliphas
Lévi
è
indirettamente
immischiato
in
questo
tragico
avvenimento
che
narrerà
in
una
delle
sue
opere.
Il
23
agosto
1997
il
papa
Giovanni
Paolo
II
vi
celebra
una
messa
all’epoca
della
visita
a
Parigi,
in
occasione
della
Giornata
mondiale
della
gioventù.
Non
si
può
non
rimanere
colpiti
dall'originalità
che
sprigiona
da
questa
chiesa.
La
facciata
e
infatti
un
bizzarro
amalgama
di
stile
gotico
e
rinascimentale,
nei
tre
frontoni
sovrapposti
che
proprio
nella
loro
estrema
particolarità,
riescono
a
creare
un
aspetto
unitario
e
coerente.
La
chiesa
contiene
anche
il
reliquiario
della
patrona
di
Parigi,
Santa
Cenoveffa,
che
nel
451
salvò
la
città
dalla
minaccia
degli
Unni.
Se
la
facciata
della
chiesa
è
sorprendente
per
il
suo
aspetto
composito,
l'interno
lo
è
altrettanto
per
le
"trovate"
architettoniche
di
cui
fa
sfoggio.
Gotico,
a
tre
navate
con
transetto,
l'interno
ha
altissimi
pilastri
cilindrici
che
sorreggono
le
volte
e
collegati
fra
loro
da
una
tribuna
che
corre
sopra
le
arcate.
Ma
l'elemento
più
caratteristico
dell'interno,
quello
che
fa
di
Saint-Etienne
una
chiesa
unica
nel
suo
genere
a
Parigi,
è
il
jubé,
cioè
la
tribuna
pensile
che
separa
la
navata
dal
coro.
Disegnato
forse
da
Philibert
Delorme,
è
il
solo
jubé
conosciuto
a
Parigi
e
la
sua
costruzione
va
dal
1521
a
circa
il
1545.
Il
ricco
traforo
di
ispirazione
rinascimentale
che
lo
contraddistingue
si
prolunga
fin
nelle
scale
a
spirale
laterali,
creando
cosi
un
effetto
ritmico
che
sembra
non
conoscere
pause.
Nel
deambulatorio,
accanto
ai
pilastri
della
cappella
della
Vergine,
sono
sepolti
due
grandi
della
letteratura
francese
del
Seicento,
Pascal
e
Racine.
Sempre
nel
deambulatorio
e
nel
coro,
le
finestre
hanno
bellissime
vetrate
del
XVI
e
XVII
secolo.
L'organo
maggiore
della
chiesa,
collocato
sulla
cantoria
in
controfacciata,
fu
costruito
nel
1630
da
Pierre
le
Pescheur
ed
è
uno
dei
più
antichi
ed
importanti
strumenti
della
città.
Successivamente
è
stato
ampliato
da
François-Henri
Clicquot
e
poi
da
Aristide
Cavaillé-Coll
e
ancora
da
Beuchet-Debierre
nel
1956
su
progetto
di
Maurice
Duruflé.
Piccoli
interventi
sono
stati
fatti
nel
1975
e
1991
rispettivamente
da
Gonzalez
e
Dargassies.

Place
des
Vosges
Caterina
de'
Medici,
dopo
la
morte
del
marito
Enrico
II,
fece
demolire
nel
1563
l'antico
Hotel
des
Tournelles,
palazzo
reale
dal
1388,
e
realizzare
come
sua
nuova
residenza
il
Palazzo
delle
Tuileries,
lasciando
uno
spazio
libero
in
questo
sito,
che
venne
occupato
dal
1604
da
una
fabbrica
di
tessuti
in
seta
e
abitazioni
per
operai.
Pochi
decenni
dopo
però
Enrico
IV
di
Francia
decise
di
realizzare
l'attuale
piazza,
la
prima
piazza
reale
di
Parigi,
facendovi
costruire
edifici
identici
sui
quattro
lati,
uno
dei
primi
esempi
di
pianificazione
razionale
urbana
in
Francia.
La
piazza
venne
inaugurata
nel
1612
in
occasione
dello
spettacolo
equestre
indetto
per
festeggiare
le
nozze
di
Luigi
XIII
con
Anna
d'Austria.
Su
ciascuno
dei
quattro
lati,
lunghi
140
metri,
si
affacciano
nove
caseggiati
che
formano
una
parete
continua,
con
quattro
finestre
ciascuno,
tre
piani
e
un
ampio
solaio.
Al
piano
terra
si
aprono
dei
porticati
e
nel
mezzo
della
piazza
è
presente
un
giardino,
una
square,
che
prende
il
nome
dal
monumento
equestre
a
Luigi
XIII
che
si
trova
al
suo
interno.
Ogni
casa
presenta
fasce
verticali
e
cornici
di
conci
in
pietra
calcarea
bianca
alternate
a
fasce
di
mattoni,
che
creano
una
raffinata
tricromia
con
l'ardesia
blu
dei
tetti.
I
padiglioni
destinati
al
re
e
alla
regina,
abitati
solo
in
circostanze
occasionali,
furono
disposti
al
centro
dei
lati
orizzontali
a
nord
e
a
sud,
e
sono
rialzati
e
leggermente
sporgenti
verso
il
centro,
mentre
sotto
ad
essi
passano
le
strade
che
portano
all'esterno.
La
piazza
offriva
così
l'immagine
dell'Assolutismo
razionale,
con
le
differenze
tra
i
singoli
abitanti
livellate
in
favore
dell'uniformità
esteriore.
La
piazza
divenne
luogo
privilegiato
dall'aristocrazia
e
mantenne
il
nome
di
Place
Royale
fino
alla
Rivoluzione,
quando
dal
1799
prese
il
nome
del
primo
dipartimento
che
pagò
le
tasse
al
nuovo
stato
repubblicano
(i
Vosgi
appunto).
Al
numero
6
si
trova
il
Musée
Victor
Hugo,
cioè
la
casa
dove
abitò
il
grande
poeta
dal
1832
al
1848.
Oggi
vi
sono
raccolti
i
suoi
ricordi,
le
testimonianze
più
importanti
della
sua
vita
e
circa
350
disegni
che
attestano
l'altezza
e
la
multiformità
del
suo
genio.
Père-Lachaise
Di
solito
non
si
associa
un
cimitero
ad
una
romantica
passeggiata,
eppure
è
proprio
ciò
che
accade
visitando
il
Père-Lachaise
di
Parigi.
Confinato
in
un
angolo
della
Parigi
nord-orientale,
il
cimitero
è
affettuosamente
chiamato
dai
parigini
"La
Città
dei
Morti":
tra
le
sue
pittoresche
colline,
migliaia
di
alberi,
percorsi
suggestivi
ed
elaboratissimi
sepolcri
e
tombe,
non
è
difficile
comprendere
perché
il
cimitero
del
Père-Lachaise
sia
considerato
il
più
bello
e
ricercato
luogo
di
riposo
di
Parigi
e
del
mondo.
Innumerevoli
personaggi
illustri
hanno
trovato
qui
il
loro
riposto
eterno,
la
loro
lapide
di
immortalità,
assicurando
centinaia
di
migliaia
di
visitatori
ogni
anno
e
rendendo
il
Père-Lachaise
un
assoluto
"must"
di
Parigi.
Il
cimitero
è
noto,
in
particolare,
per
la
mole
di
eminenti
personaggi
francesi
ivi
sepolti,
ma
non
solo:
si
tratta
del
cimitero
più
visitato
al
mondo
ed
anche
il
più
grande
di
Parigi,
grazie
ai
suoi
circa
44
ettari
e
ai
vari
ampliamenti
che
lo
hanno
riguardato
nel
corso
del
tempo,
cimitero
più
maestoso
degli
altri
grandi
cimiteri
parigini,
ossia
quello
centrale
di
Passy
e
quelli
periferici
di
Montmartre
e
di
Montparnasse.
Il
nome
del
cimitero
è
dovuto
a
quello
di
Père
François
de
la
Chaise,
gesuita
confessore
del
re
Luigi
XIV,
vissuto
a
cavallo
tra
il
secolo
XVII
e
il
secolo
XVIII,
che
era
divenuto
proprietario
di
una
vasta
zona
di
terreni
sui
quali
fu
appunto
costruito
il
cimitero,
nel
periodo
dell'impero
napoleonico.
Alexandre-Théodore
Brongniart
fu
l'architetto
incaricato
della
progettazione
del
cimitero
con
i
monumenti
funebri;
il
grande
artista
progettò
anche
altre
importanti
costruzioni
di
Parigi,
quali
l'Hôtel
de
Bourbon-Condé
(Hôtel
de
Mademoiselle
de
Condé),
l'Hotel
de
Monaco
e
la
Paris
Bourse
(Borsa
di
Parigi),
oltre
a
residenze
private.
Il
cimitero
di
Père-Lachaise
fu
uno
dei
tanti
teatri
di
eventi
sanguinosi
che
riguardarono
la
Parigi
del
periodo
insurrezionale
della
Comune;
nel
1871,
presso
il
Muro
dei
Federati,
muro
di
cinta
posto
nella
zona
a
sud
del
cimitero,
furono
infatti
fucilati
147
esponenti
della
Comune,
che
furono
sepolti
in
una
fossa
comune
sul
posto,
assieme
ad
un
altro
migliaio
di
morti,
per
un
totale
di
decine
di
migliaia
di
cadaveri.
Dal
1979
il
Muro
dei
Federati
è
divenuto
meta
di
pellegrinaggio
e
luogo
ideale
di
manifestazione
per
i
movimenti
della
Sinistra
storica
Francese,
ma
non
solo:
una
folla
continua
di
persone
di
ogni
età,
etnia
e
credo,
si
recano
presso
il
muro
per
ricordare
l'eccidio.
Il
Cimetière
Père-Lachaise
conta
su
svariate
centinaia
di
migliaia
di
visitatori
ogni
anno,
secondo
alcuni
ben
più
di
un
milione,
e
sebbene
oggi
non
vi
sia
dubbio
che
essere
sepolti
in
questo
luogo
sia
una
eventualità
di
grande
onore
e
prestigio,
si
deve
considerare
che
all'inizio
della
sua
vita
il
cimitero
non
era
ben
visto
agli
occhi
dei
parigini,
che
lo
consideravano
troppo
lontano
dal
centro
di
Parigi;
furono
le
prime
sepolture
illustri
di
La
Fontaine
e
Molière,
e
degli
amanti
Eloisa
e
Abelardo,
che
fecero
loro
cambiare
idea,
cosa
che
ha
fatto
sì
che
oggi
il
cimitero
ospiti
circa
300.000
corpi,
senza
contare
i
defunti
che
sono
stati
cremati.

Muoversi
all'interno
del
cimitero
non
è
molto
semplice,
soprattutto
se
si
cerca
qualche
tomba
in
particolare
fra
le
varie
centinaia
di
migliaia
che
vi
sono,
e
nonostante
l'area
del
cimitero
sia
suddivisa
in
settori
numerati
per
agevolarne
la
visita;
d'altra
parte,
da
un
punto
di
vista
turistico,
una
visita
al
Père-Lachaise
è
molto
interessante
e
può
davvero
valere
la
pena
passeggiare
fra
tombe
e
sepolcri
dall'immenso
valore
artistico,
oltre
che
storico,
molti
dei
quali
veramente
caratteristici,
in
particolare
quelli
in
stile
neogotico;
non
si
contano,
inoltre,
le
bizzarrie
architettoniche
che
caratterizzano
alcune
tombe,
con
decorazioni
modellate
a
forma
di
colonna,
di
stele,
di
anfore
ecc.,
quasi
preziosi
elementi
di
contatto
tra
il
terreno
e
l'aldilà.
I
personaggi
celebri
che
furono
sepolti
nel
cimitero
Père-Lachaise
nel
corso
del
tempo
sono
moltissimi,
fra
letterati,
artisti
in
generale,
politici
e
attori;
fra
i
più
illustri
vi
sono,
ad
esempio,
Molière,
Jean
de
La
Fontaine,
Vincenzo
Bellini,
Frédéric
Chopin,
Honoré
de
Balzac,
Auguste
Comte,
Eugène
Delacroix,
Gioachino
Rossini,
Giuseppe
De
Nittis,
il
Barone
Haussmann,
Oscar
Wilde,
Camille
Pissarro,
Amedeo
Modigliani,
Marcel
Proust,
Richard
Wright,
Edith
Piaf,
Jim
Morrison
e
Maria
Callas.
Alcuni
di
questi
personaggi
riposano
tuttora
nel
cimitero
parigino,
mentre
altri
furono
trasferiti
in
altri
cimiteri,
non
solo
di
Parigi.
Lungo
il
viale
principale,
s'incontra
per
prima
la
tomba
della
scrittrice
del
celebre
romanzo
Gigi
Colette
e
poco
dopo
sulla
destra
quella
dei
due
innamorati
Abelardo
ed
Eloisa.
Forse
non
tutti
conoscono
la
storia
di
questa
sfortunata
coppia:
Abelardo
ed
Eoisa
sono
stati
anche
i
primi
ospiti
del
cimitero
di
Père-Lachaise.
Nel
1118
un
ricco
uomo
parigino
di
nome
Fulberto,
canonico
di
Notre
Dame,
offre
ad
Abelardo
ospitalità
nella
sua
casa
nell'Ile
de
la
Citè
in
cambio
dell'istruzione
per
sua
nipote
Eloisa.
Abelard
aveva
39
anni,
Eloisa
17.
I
due
si
innamorarono
e
dopo
la
nascita
del
figlio
Astrolabio
sono
costretti
a
sposarsi
in
segreto,
perché
Abelardo
insegna
nelle
scuole
gestite
dalla
Chiesa
e
deve
restare
celibe.
La
notizia
si
diffonde
ben
presto,
data
anche
l'importanza
di
Abelardo
come
filosofo
dell'epoca.
Per
non
intaccare
la
sua
reputazione
di
docente
cattolico,
Abelardo
decide
di
separarsi
da
Eloisa
e
nasconderla
nel
convento
di
Argenteuil.
Ma
la
famiglia
di
Eloisa
non
può
accettarlo
e
per
vendetta
Abelardo
viene
evirato.
24
anni
dopo
la
morte
di
Abelardo,
Eloisa
chiede
di
essere
seppellita
nella
stessa
tomba
ma
una
suora
zelante
lo
impedì.
Solo
nel
1814,
con
l'apertura
di
Père-Lachaise,
i
resti
dei
due
amanti
poterono
finalmente
riunirsi.
Un'altra
celebre
copia
sepolta
qui
sono
l'attore
Yves
Montand
e
sua
moglie
anch'essa
attrice,
Simone
Signoret,
che
riposano
nella
divisione
numero
44.
Sicuramente
la
più
affollata
di
tutte
e
la
tomba
di
Jim
Morrison,
cantante
del
celebre
gruppo
dei
Doors,
e
che
non
ha
di
certo
bisogno
di
presentazioni.
La
troviamo
nella
sesta
divisione,
ricevere
le
visite
(ma
forse
è
meglio
dire
il
pellegrinaggio)
di
tantissimi
fan
appassionati,
che
suonano,
lasciano
poesie,
graffiti,
fiori,
sigarette
e
perfino
spinelli
sulla
semplice
pietra
bianca.
Mito,
fenomeno
commerciale,
simbolo
sessuale,
icona
delle
folle,
rockstar
americana
ma
soprattutto
poeta,
la
sua
è
la
tomba
più
visitata
del
cimitero.
Il
busto
che
lo
rappresenta,
posto
ai
piedi
della
lapide,
viene
costantemente
rubato
dai
fans
in
adorazione,
che
vanno
a
trovarlo
in
qualunque
ora
del
giorno
e
della
notte.
Nella
lapide,
sotto
il
suo
nome
per
esteso
(James
Douglas
Morrison,
come
amava
firmare
le
sue
poesia
ma
non
le
canzoni
dei
Doors).
La
tomba
di
Jim
Morrison
è
decorata
con
le
iscrizioni
e
le
preghiere
dei
fan,
da
chi
ritiene
che
sia
ancora
vivo
a
chi
ne
esalta
l'immortalità,
lettere,
fiori,
omaggi
di
ogni
genere,
hanno
sicuramente
consacrato
Jim
Morrison
all'immortalità.
Introdusse
il
teatro
nella
performance
musicale
scenica,
inventò
un
unico
ed
ancora
inimitabile
stile
poetico,
carico
di
erotismo,
passione,
conflitto
interiore
ed
estetica
della
parola.
Morì
a
Parigi
il
3
Luglio
del
1971,
all'età
di
27
anni,
probabilmente
strappatosi
da
solo
ad
una
vita
non
più
controllabile,
e
condotto
dai
propri
eccessi
alla
risoluzione
inevitabile
della
sua
esistenza.
A
Parigi
trascorse
l'ultimo
anno
della
sua
vita
scrivendo
appunti
e
poesia
tra
il
Café
de
Flore
e
Led
Deux
Magots.
Il
direttore
del
Père
Lachaise
rifiutò
inizialmente
la
sua
ammissione
al
cimitero:
quando
gli
fu
detto
che
era
uno
scrittore,
chiese
di
leggere
le
sue
composizioni.
Oggi
Jim
Morrison,
o
James
Douglas
Morrison,
continua
ad
essere
la
star
nel
palcoscenico
della
Città
dei
Morti.
Inquietante,
costantemente
fiorita
e
affollata
è
la
tomba
di
Allan
Kardec,
il
fondatore
dello
spiritismo,
frequentata
soprattutto
da
brasiliani
che
vengono
in
visita
per
toccare
il
monumento
funerario
che
pare
sprigioni
calore.
Pare
invece
sia
benefica
per
la
fecondità
la
celebre
tomba
di
Victor
Noir,
rappresentata
con
particolare
realismo
a
grandezza
naturale:
nella
statua
e
sul
suo
prominente
sesso,
lisciato
negli
anni
(tanto
da
cambiarne
il
colore),
bisognerebbe
appoggiare
il
ventre,
o
almeno
la
mano,
la
leggenda
dice
che
solo
così
si
possono
avere
più
possibilità
di
restare
incinte.
Credenze
a
parte,
Noir,
diventò
più
famoso
da
morto
che
da
vivo,
il
giovane
giornalista
fu
ucciso
dal
cugino
di
Napoleone
III,
Pierre
Bonaparte,
durante
un'intervista.
Pierre
venne
scagionato
per
legittima
difesa
solo
per
via
della
parentela
con
l'imperatore.
Le
proteste
che
seguirono
al
fatto,
con
più
di
100
mila
persone
al
funerale
di
Noir,
portarono
lo
stesso
anno,
il
1870
alla
caduta
di
Napoleone
III.
Una
delle
tombe
più
monumentali
è
quella
dedicata
ad
Oscar
Wilde,
a
forma
di
sfinge,
realizzata
da
Jacob
Epstein.
I
segni
di
rossetto
sulla
tomba
ricordano
l'amore
per
questo
scrittore
anticonformista,
geniale,
fuori
dagli
schemi.
Proprio
come
la
sua
tomba;
una
figura
in
pietra,
a
cui
qualcuno
ha
deciso
di
spaccare
i
genitali.
Proprio
in
questa
sezione
si
è
accolti
da
una
sensazione
di
pace
e
tranquillità,
tanto
che
le
ore
passano
quasi
senza
accorgersene.
Tra
gatti
e
cinguettio
degli
uccelli
e
la
luce
calda
dei
raggi
autunnali,
si
va
alla
ricerca
dell'ultima
dimora
terrena
dei
nostri
personaggi
preferiti:
dalle
cantanti
Edith
Piaf
e
Maria
Callas
a
Chopin
Di
quest'ultimo
si
dice
che
anche
se
il
cuore
è
seppellito
in
Polonia,
l'anima
sia
felice
di
stare
a
Parigi,
città
d'arte
e
di
passioni.
La
storia
di
Edith
Piaf
è
la
storia
di
una
bambina
cresciuta
tra
le
strade
di
Parigi
e
cresciuta
tra
il
bordello
della
nonna
e
il
circo
itinerante
del
padre.
La
bimba
cantava
per
le
strade
per
qualche
spicciolo,
quando
il
proprietario
di
un
night
club,
sentendola,
rimase
estasiato
dalla
sua
voce
e
dalla
carica
emotiva
che
trasmetteva.
Cantava
con
lo
pseudonimo
di
"La
Môme
Piaf"
(il
piccolo
passerotto):
presto,
divenne
il
brindisi
della
società
parigina
pre
Seconda
Guerra
Mondiale.
La
sua
vita
fu
parecchio
travagliata,
ed
il
passerotto
dovette
fronteggiare
anche
una
gravidanza
giovanissima,
un
marito
assassinato,
una
relazione
complicata
con
Yves
Montand.
La
sua
voce
tenne
compagnia
e
risollevò
i
morali
di
una
Francia
occupata
dai
nazisti,
ed
a
distanza
di
decenni,
la
sua
canzona
"La
Vie
en
Rose"
è
ancora
fra
i
temi
più
conosciuti
e
riprodotti
della
musica
internazionale.
La
sua
vita
terminò
in
preda
a
malesseri,
alcool
e
droghe,
cantando
"Non,
rien
de
rien,
non,
je
ne
regrette
rien"
(No,
niente
di
niente,
no,
non
rimpiango
assolutamente
niente).
La
figlia
Marcelle
Dupont
è
sepolta
insieme
a
lei.
Non
si
manchi
la
visita
alla
tomba
del
poeta
Nerval,
curata
da
appassionati
che
recitano
le
sue
poesie,
e
quella
di
Honoré
de
Balzac.
Semplicissima
tra
tutte
è
la
tomba
dello
scrittore
Marcel
Proust,
amante
del
bello.
Tra
gli
italiani
sepolti
a
Père-Lachaise
ci
sono
Vincenzo
Bellini
morto
nel
1835,
Angelo
Mariani
morto
nel
1838,
il
compositore
fiorentino
Luigi
Cherubini
morto
nel
1842,
il
pittore
Amedeo
Modigliani
morto
nel
1920,
Gioacchino
Rossini
molto
nel
1868
e
successivamente
tumulato
nella
Basilica
di
Santa
Croce
a
Firenze,
Giulia
Crisi
morta
nel
1869,
il
pittore
impressionista
di
Barletta
Giuseppe
De
Nittis
morto
nel
1880,
la
cantante
lirica
Marietta
Alboni
morta
nel
1894,
Virginia
Oldoini,
contessa
di
Castiglione
morta
nel
1899
e
cugina
di
Cavour
(si
dice
quest'ultimo
la
usò
come
affascinante
intermediatrice
alla
causa
italiana
presso
Napoleone
III
in
Francia),
la
cantante
lirica
Adelina
Piatti
morta
nel
1918,
Piero
Gobetti
l'intellettuale
antifascista
morto
nel
1926
a
soli
25
anni
e
Cino
Del
Duca
fondatore
di
riviste
in
Francia
e
in
Italia
del
quotidiano,
Il
Giorno,
morto
nel
1967.

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Pag.
9
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