Rive della Senna a Parigi, tra Pont de Sully e Pont d’Iéna
Francia 

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1991

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Louvre

La storia del Louvre, da castello-fortezza di Filippo Augusto (1190) al compimento del "Grand Dessein" (1870), è la storia del suo progressivo estendersi lungo la riva destra della Senna, che ne ha fatto nel corso dei secoli un'autentica barriera tra il nord e il sud della città di Parigi. Il monumentale palazzo è oggi il punto di partenza di una straordinaria prospettiva urbana che allinea, da est a ovest, l'Arc du Carrousel, l'obelisco di place de la Concorde, l'arco di trionfo sugli Champs-Élysées, fino alla più recente Arche de la Défense. Fondato nel 1793 dalla Repubblica francese, il museo del Louvre è uno dei primi d'Europa. È organizzato in sette dipartimenti, e le sue collezioni coprono un arco cronologico eccezionale, dalla nascita delle grandi civiltà antiche del bacino mediterraneo sino all'epoca moderna, a conferma della vocazione enciclopedica che ne sostanzia in buona parte la formazione.

La fama museale di cui il Louvre gode da secoli a livello internazionale ha fatto però spesso dimenticare che la sua prima destinazione fu quella di palazzo residenziale, poi trasformato, dal Medioevo all'età moderna, dall'intervento di architetti e decoratori che vi hanno apposto il loro sigillo, ma che hanno tuttavia dimostrato, pur all'interno di una stratificazione architettonica che accusa via via il classicismo italianizzante, la magniloquenza seicentesca, il neoclassicismo del Primo Impero, poi quello ridondante ed eclettico del Secondo Impero, una certa capacità nel salvaguardare l'unità complessiva dell'insieme. Tale unitarietà gli deriva certo anche dalla fedeltà di massima a un progetto iniziale risalente ai primi tempi della sua storia edilizia, che si proponeva di unire due regge affrontate ma distanti circa mezzo chilometro, il palazzo del Louvre a est e quello delle Tuileries a ovest, entrambe perpendicolari al corso della Senna.

Il palazzo del Louvre funzionò in origine come strumento difensivo lungo la Senna contro i nemici provenienti da nord. Nel 1190 Filippo Augusto, al fine di proteggere la città dagli attacchi inglesi, decise di far costruire un solido castello. La fortezza, circondata da un fossato, fu edificata con un impianto quadrato, torri agli angoli e alla metà dei lati, doppie torri a est e a sud. La superficie complessiva dell'antico castello ricopriva la parte sudoccidentale della successiva Cour Carrée.

Carlo V il Saggio, consacrato a Reims nel 1364, diede avvio alla completa trasformazione del palazzo, assurto a sua residenza, e inglobato nel circuito delle mura difensive della città da lui voluto nel 1364.

Da fortezza a residenza reale - Il progetto d'intervento fu affidato all'architetto del re Raymond du Temple; gli appartamenti reali furono allestiti lungo i lati nord ed est delle mura, il palazzo fu inoltre sopraelevato e coronato da terrazze. Gioiello del palazzo era la scala edificata nel 1365 nell'ala nord: una struttura a spirale famosa in tutta Europa per la prodigiosa decorazione raffigurante la famiglia reale.

Durante il regno di Carlo VI, nel 1382, si proseguirono i lavori di fortificazione lungo la Senna. Enrico V, re d'Inghilterra e di Francia, si servì del Louvre come residenza, non altrettanto Carlo VII il Vittorioso, il quale ricoprì le terrazze volute da Carlo V, poi adibite a prigioni da Luigi XI e infine ad arsenale da Luigi XII.

Francesco I decise non solo di fare del Louvre la propria residenza, ma soprattutto di farne una dimora simile a quelle rinascimentali che aveva ammirato in Italia. A causa dell'inadeguatezza del vecchio palazzo alla vita di corte, diede inizio a una monumentale ristrutturazione e riorganizzazione. Nel 1546 fu affidata all'architetto Pierre Lescot la direzione dei lavori per la costruzione di un grande corpo di fabbrica sul lato occidentale.

Le collezioni di Francesco I - Parallelamente ai lavori al Louvre, dal 1528 Francesco I si fece costruire la splendida residenza di Fontainebleau e cominciò a raccogliervi la quadreria che avrebbe poi costituito il primo nucleo del museo. Due dipinti di Raffaello erano stati donati nel 1518 dal duca di Urbino Lorenzo II de' Medici: la Sacra Famiglia detta "di Francesco I" e il San Michele. Alle opere di questo grande del Rinascimento italiano se ne aggiungevano altre di Andrea del Sarto (Sacra Famiglia, Carità), di Sebastiano del Piombo (Visitazione), di Fra Bartolomeo (L'Annunciazione), di Tiziano (Ritratto di Francesco I), quasi tutte destinate alla residenza di Fontainebleau.

Nel 1549 veniva elaborato un nuovo progetto di risistemazione, nel quale si adombrava la possibilità di un castello di dimensioni quattro volte superiori rispetto all'esistente. A Jean Goujon fu commissionata la decorazione della Salle des Cariatides, utilizzata come salone per le feste e come tribunale. La scala fu spostata dall'asse centrale verso nord, ed è oggi adiacente alla posteriore torre dell'Orologio. Sopra di essa venne terminata nel 1553 la sala Grande o Alta (attuale sala dei Bronzi) che doveva condurre all'anticamera del re (attuale sala Etrusca), mentre negli stessi anni venivano portati avanti i lavori nell'ala sud, verso la Senna. Alla morte di Enrico II, Caterina de' Medici continuò come reggente i lavori di ripristino, facendo iniziare l'ala sud con gli appartamenti della regina, e il primo piano della Petite Galerie, che sarebbe dovuta servire da collegamento con il palazzo delle Tuileries, la nuova reggia da lei voluta. L'anno successivo si menzionava per la prima volta l'intenzione di edificare una Grande Galerie per unire il Louvre alle Tuileries. La nuova galleria si sarebbe unita al Padiglione del re (lato occidentale della corte) per mezzo della Petite Galerie.  

Il collezionismo reale - Nel 1594, Enrico IV di Borbone concepì il Grand dessein des Bourbons, che prevedeva la ricostruzione del cortile quattro volte più grande di quello allora esistente, progetto realizzato poi dal suo successore. Egli fece edificare il primo piano della Petite Galerie, il padiglione dell'attuale Salon Carré, la Grande Galerie, e l'ala sud della corte quadrata. Il rientro a Parigi di Enrico IV segnò anche la ripresa del collezionismo reale, tanto che all'inizio del Seicento le collezioni di dipinti ammontavano ormai a 200 pezzi.

A Maria de' Medici, sposa di Enrico IV nel 1601, si deve la sistemazione del primo piano della Petite Galerie come galleria dei Dipinti o dei Re (ora Galerie d'Apollon), dove erano esposti i ritratti di re e regine di Francia. Nel 1608 furono insediati nel mezzanino della Grande Galerie gli artisti e gli artigiani della corona, che al piano terra aprirono le loro botteghe.

Nel 1624 Luigi XIII decise di continuare il progetto iniziale di ampliamento del castello medievale di Lescot. Dopo il 1639 Jacques Le Mercier duplicò l'ala ovest, costruendone la seconda metà simmetrica a quella di Lescot del 1549, e aggiunse l'enorme Pavillon de l'Horloge: la torre dell'Orologio, con la sua altezza e importanza, corona l'intero Louvre. Nel 1652 gli appartamenti vennero adattati per alloggiare la corte.  

Le raccolte dei cardinali Richelieu e Mazzarino - Durante il regno di Luigi XIII, vero mecenate fu il cardinale Richelieu. Alla sua morte, nel 1642, la sua raccolta - che annoverava capolavori come la Cena in Emmaus del Veronese - e il Palais Cardinal, poi Palais Royal, passarono per legato al re di Francia. Intanto nel 1625, in occasione delle nozze della sorella del re Enrichetta con Carlo I d'Inghilterra, era stata inaugurata la serie di ventiquattro tele con la Vita di Maria de' Medici, ordinata nel 1621 a Rubens.

Alla morte di Luigi XIII di Borbone, arbitro della Francia divenne sino al 1661 il cardinale Mazzarino, ministro favorito dalla regina Anna d'Austria e reggente per Luigi XIV, che si adoperò per le più sensazionali acquisizioni di dipinti poi passati alla Corona. Il Trattato dei Pirenei (1659), che sanciva il predominio della Francia in Europa, coincise con la ripresa dell'originario piano di Enrico IV di collegare il Louvre alle Tuileries, demolendo i corpi di fabbrica compresi tra i due palazzi e quadruplicando le dimensioni della corte. Fu tuttavia soltanto Luigi XIV a ordinare il completamento del quadrato del cortile (Cour Carrée), realizzato finalmente tra il 1661 e il 1663 da Louis Le Vau, che estese il lato sud di Pierre Lescot e aggiunse le ali nord ed est.  

Le acquisizioni di Luigi XIV - Si sono conservati abbastanza bene alcuni ambienti sfarzosi degli anni successivi al 1652, quando Anna d'Austria e il figlio Luigi XIV presero dimora al Louvre: saloni come la Petite Galerie, con le sue raffigurazioni di scene di storia romana, la Galerie d'Apollon, risistemata con grande libertà dallo stesso Le Vau dopo l'incendio del 1661, o ancora il Salon Carré, anch'esso riedificato da Le Vau dopo l'incendio.

Luigi XIV fu anche il primo sovrano dopo Francesco I a imprimere nuova spinta alle raccolte reali. Alla sapiente politica degli acquisti attuata dal primo ministro Jean-Baptiste Colbert, si sommarono le acquisizioni seguite alla morte di Mazzarino nel 1661 - della cui collezione entreranno al Louvre la Venere del Pardo di Tiziano, i Correggio provenienti dalla collezione Gonzaga di Mantova, tre stupendi Raffaello -, il viaggio di Bernini in Francia, i rovesci di fortuna del banchiere Jabach, del quale nel 1662 giunsero sessanta dipinti tra cui opere di Veronese, Guido Reni, Tiziano.

Nel 1671 giunsero altri 101 dipinti tra cui il Concerto campestre e L'uomo dal guanto di Tiziano, la Morte della Vergine di Caravaggio, infine molti degli Holbein ora al Louvre, e più di cinquemila disegni.

Il problema architettonico di quel momento fu la progettazione dell'ala est, dove da sempre è situato l'ingresso principale del palazzo del Louvre, e per la quale si optò per un progetto tracciato da Claude Perrault, del quale la Colonnade, che deve il suo nome all'imponente e interminabile successione di binati di colonne, costituisce la prima prova architettonica.

Il 1678 è una delle date fondamentali della vicenda costruttiva del palazzo: in quell'anno, dopo quasi diciotto anni di lavoro, era finalmente conclusa la grande Cour Carrée, ma allo stesso tempo il re decideva di risiedere a Versailles. Il Louvre, senza tetto in alcuni corpi di fabbrica e del tutto spoglio di decorazioni al secondo piano, fu abbandonato a se stesso, invaso dagli artisti e dalle accademie, che vi sarebbero rimasti sino al 1793 spostando la propria sede da una sala all'altra.

Nel 1681 il ministro Colbert, che molto si era adoperato per la collezione reale, riuscì a vedere installato al Louvre il Cabinet des Tableaux du Roy, formato dalla galleria di Fontainebleau e da nuovi incrementi. La raccolta era tuttavia destinata a breve durata a causa della successiva dispersione di dipinti tra Versailles e numerose altre dimore private.  

Gli arricchimenti settecenteschi - Un fenomeno legato alle vicende del gusto fu, nei decenni a cavallo del nuovo secolo, il quasi completo arresto nell'acquisto di opere italiane, a vantaggio di quelle di maestri fiamminghi e olandesi. Con la morte di Luigi XIV (1715) e l'avvento al trono del nipote Luigi XV di Borbone, di soli cinque anni e sottoposto alla reggenza del duca Filippo d'Orléans, i capolavori un tempo accessibili vennero sepolti nella direzione delle Fabbriche reali a Versailles, mentre si intensificava l'usanza dei prestiti dei dipinti ai cortigiani.

Nel 1725, in occasione del matrimonio di Luigi XV con Maria Leczinska, l'Accademia di pittura e scultura iniziò le sue mostre ufficiali nel Salon Carré. Le esposizioni saranno ospitate al Louvre sino al 1848. Finalmente nel 1750, anche a seguito delle insistenti richieste affinché le opere delle collezioni, disperse presso i privati, fossero restituite ed esposte in quanto oggetti di studio, il nuovo direttore delle Fabbriche, arti e manifatture reali, il marchese di Marigny, fratello della Pompadour, ordinò che una parte dei dipinti della Corona fosse riportata a Parigi ed esposta al Palais du Luxembourg: si trattava di 110 quadri scelti tra i migliori delle collezioni reali, che costituirono il primo museo pubblico di dipinti. A poca distanza era esposta la serie della Vita di Maria de' Medici di Rubens.

La svolta illuminista - Marigny si fece promotore della ripresa dei lavori, dal 1753, mentre si iniziava a pensare alla sua trasformazione in palazzo delle arti. Nel IX volume dell'Encyclopédie di Diderot tale desiderio divenne un chiaro programma ideologico, consono alle moderne idee degli enciclopedisti che volevano le raccolte della Corona destinate al progresso delle arti e delle scienze. Il primo passo in questa direzione si compì nel 1769, quando il conte d'Angiviller, conservatore del Cabinet des Peintures del re, fece approvare da Luigi XV il progetto che prevedeva la trasformazione del palazzo in un museo. Solo nel 1774, con l'ascesa al trono di Luigi XVI di Borbone e grazie al conte d'Angiviller, divenuto direttore delle Fabbriche, il Louvre conobbe un nuovo periodo di splendore. Il nobiluomo si adoperò per l'accrescimento delle collezioni, promuovendo una serie di acquisti che comprese dipinti del Seicento italiano (la Resurrezione di Lazzaro del Guercino per esempio) e del Seicento francese, mentre dai Salon annuali iniziavano a pervenire i francesi contemporanei, compresi i primi dipinti di Jacques-Louis David. L'incremento maggiore fu comunque quello relativo al settore del Seicento fiammingo e olandese (circa 250 opere). Si acquistarono, tra gli altri, il grande ritratto di Carlo I d'Inghilterra di Van Dyck dalla contessa Du Barry, i 22 dipinti di Le Sueur della Vita di San Bruno, la Cena in Emmaus di Rembrandt. Il Palais du Luxembourg fu chiuso nel 1779 poiché donato al conte di Provenza, fratello del re, e le opere lì esposte furono trasferite a Versailles, tranne il ciclo di Maria de' Medici, le cui tele, arrotolate, finirono nei depositi.

Le trasformazioni dell'epoca rivoluzionaria - La Rivoluzione del 1789 non fermò il desiderio di fare del museo un luogo espositivo. I lavori dell'Assemblea nazionale legislativa misero in moto decreti riguardanti la fondazione del museo e la creazione di una commissione per la scelta delle opere, mentre nel frattempo venivano prese le Tuileries, arrestato il re e proclamata la Repubblica. I tesori d'arte appartenenti alla Corona, alle chiese, ai fuggitivi furono confiscati e raccolti in depositi. Essi segnarono l'ingresso nel museo dei grandi quadri religiosi del XVII secolo, delle collezioni della Corona appunto, mentre la Commission du Musée du Louvre fu autorizzata a prelevare il meglio di tali depositi, dai quali perverranno capolavori come La Madonna del cancelliere Rolin di Van Eyck e il Matrimonio mistico di Santa Caterina di Fra Bartolomeo, entrambi già nel duomo di Autun, il San Matteo e l'angelo e l'Autoritratto con berretto e catena d'oro di Rembrandt.

Nel 1793 il palazzo del Louvre divenne la sede del Muséum Central des Arts, originariamente concepito per alloggiare le collezioni reali acquisite durante la Rivoluzione, destinato negli anni seguenti a essere incredibilmente incrementato con l'aggiunta dei tesori d'arte raccolti durante le guerre napoleoniche. In seguito vi pervennero anche i quadri di Versailles e quelli dell'Accademia di pittura e scultura, che fu soppressa, come delle altre accademie reali. Il vero riformatore del museo fu Napoleone Bonaparte. Alla sua sete di grandezza e al suo desiderio di fare di Parigi la più bella città d'Europa si deve l'acquisizione di un numero incalcolabile di opere d'arte.  

l fasti napoleonici - A partire dal 1796 Napoleone raccolse capolavori non solo attraverso le requisizioni, ma anche grazie a una politica di armistizi e di trattati di pace, durante le fortunate campagne militari, nei quali egli fece di volta in volta includere come ricompensa di guerra la cessione di opere scelte da una commissione di esperti francesi.

Nel 1797 fu aperta la Galerie d'Apollon, nel 1799 la prima metà della Grande Galerie completamente rinnovata, con le scuole fiamminga e olandese nel nuovo ordine cronologico, mentre al 1800 risale l'inaugurazione del primo dei dipartimenti extrapittorici del Louvre, il Musée des Antiques, il futuro dipartimento delle Antichità greco-romane. La seconda metà della Grande Galerie fu inaugurata nel 1801 con la scuola italiana, mentre le grandi composizioni di Veronese, le Nozze di Cana e la Cena in casa di Levi (quest'ultima poi restituita), e di Rubens furono esposte nel Salon Carré. 

L'anno successivo il barone Vivant Denon, diplomatico e collezionista che già aveva partecipato alla campagna d'Egitto, fu nominato primo direttore del museo, nell'ambito del quale si segnalerà come fautore di tutte le nuove sistemazioni sino alla fine dell'Impero. Il Louvre divenne nel 1803 il Musée Napoléon. Sotto Napoleone, proclamato imperatore nel 1804, il museo giunse a comprendere diciannove sale. Gli architetti Charles Percier e Pierre-Francois-Léonard Fontaine provvidero alla copertura e sistemazione delle ali ancora incompiute della Cour Carrée. Tra il 1806 e il 1812 costruirono la Galerie Napoléon fiancheggiante la rue de Rivoli, la cui facciata meridionale era una replica di quella della Grande Galerie eretta da Du Cerceau: un corpo di fabbrica che, dalle Tuileries, giunse sino a metà circa del percorso verso il Louvre. Si diede infine sistemazione dell'illuminazione e della decorazione della Grande Galerie.  

Le restituzioni - Luigi XVIII continuò il progetto di Napoleone facendo costruire nel 1816 il Pavillon de Rohan, mentre sotto Carlo X di Borbone fu intrapreso un programma decorativo degli interni. Dopo circa un ventennio nel quale il Musée Napoléon, insieme a tutti gli altri musei di Francia, si era arricchito a dismisura realizzando l'utopistico sogno di Napoleone di avere a Parigi il più grande museo del mondo, giungeva ora l'epoca, dolorosa, delle restituzioni. Se da un lato la Francia perse in questo frangente più di cinquemila opere d'arte - tra i maggiori creditori vi erano i Paesi Bassi, l'Austria, la Prussia, l'Italia e il Vaticano - Denon riuscì ciononostante, adducendo ragioni spesso fittizie oppure operando abili scambi, a trattenere circa un centinaio di dipinti. Di tutta quella ricchezza rimasero, tra gli altri, le Nozze di Cana, la Maddalena lava i piedi di Cristo a casa del fariseo di Le Brun, la Madonna della Vittoria di Mantegna, L'Incoronazione di spine di Tiziano, i "primitivi" della missione di Denon del 1811 (Cimabue, l'Angelico, Giotto, Gentile da Fabriano). Alla conclusione dell'opera di restituzione il Musée Napoléon divenne il Musée Royal.

Da quel momento e sino al 1848 i maggiori incrementi non riguardarono più i dipinti, ma le antichità che si andavano raccogliendo grazie alle scoperte archeologiche in Asia. La necessità di colmare i vuoti lasciati nella Grande Galerie dalle restituzioni, induceva intanto a trasferire dal Palais du Luxembourg le tele di Rubens con la Vita di Maria de' Medici, la serie della Vita di san Bruno di Le Sueur e quella dei Porti di Francia di Joseph Vernet, mentre tre sale della galleria furono dedicate alla Scuola francese.

Nel 1824, contemporaneamente all'avvento di Carlo X, fu inaugurato il Musée des Sculptures Francaises, il futuro dipartimento delle sculture, dove figurano anche gli Schiavi di Michelangelo. Nel 1827 fu aperta una sezione dedicata a Carlo X, composta di antichità etrusche, greco-romane, rinascimentali ed egizie. In essa la Salle Clarac recava sul soffitto un capolavoro di Ingres creato per questo ambiente, l'Apoteosi di Omero.

Dopo la Rivoluzione del 1830 e la caduta dei Borbone, a parte l'inaugurazione nel 1847 delle sale assire, primo nucleo del Museo Orientale (oggi dipartimento di Antichità orientali), i lavori al Louvre si interruppero, per riprendere solo nel 1849. Alla caduta di Luigi Filippo il museo fu consacrato alle arti e alle scienze. Il nuovo direttore Jeanron ne riorganizzò i dipartimenti rinnovando i criteri espositivi e attuando una disposizione dei dipinti per scuole, e delle opere in ordine cronologico. Fu ripristinata la galleria di Enrico IV al pianterreno della metà sud della Colonnade, restaurate le sale della Galerie d'Apollon, del Salon Carré, la Salle Campana e quella delle Sept Cheminées, la Grande Galerie, mentre lo sviluppo delle raccolte extra-pittoriche portò il museo, alla metà del secolo, a contare ben 44 sale.

La nuova epoca imperiale - II grande disegno del Louvre fu compiuto sotto Luigi Napoleone, divenuto l'imperatore Napoleone III con il colpo di Stato del 1851. L'incremento del museo e il completamento del palazzo divennero per il nuovo imperatore una scelta politica legata al prestigio della dinastia.

Quello che la rivoluzione del 1848 aveva definito "palazzo del popolo" si trasformò in una grande costruzione statale e museale, che dal 1861 prese il nome di Cité Imperiale. Gli architetti Louis Visconti e in seguito Hector-Martin Lefuel costruirono due edifici paralleli, rispettivamente sul lato nord e sud della Cour du Carrousel, che furono collegati con l'ala del Louvre che si andava edificando sulla rue de Rivoli e con quella sulla Senna attraverso tre costruzioni più piccole, tre alti padiglioni coperti con enormi cupole e affacciati sul cortile interno. Le facciate occidentali delle ali di Lescot e Le Mercier e il padiglione Sully del vecchio Louvre furono modificati affinché il risultato complessivo garantisse una certa uniformità.

Al primo piano della Colonnade l'imperatore fece creare il Musée des Souverains, dove le boiseries degli appartamenti reali dei Valois e dei Borbone ripristinarono il clima di splendore monarchico di cui Napoleone voleva essere erede.

Negli anni sessanta si registrarono inoltre nuove importanti acquisizioni. Nel 1861, pervenne da Roma, per acquisto, la collezione del marchese Gian Pietro Campana (comprensiva di terrecotte etrusche, vasi antichi, e di 646 dipinti), in parte entrata al Louvre, in parte dispersa nei musei di provincia; nel 1869 fu la volta della collezione Louis La Caze, alla quale appartengono numerosi dipinti tra cui la splendida Betsabea con la lettera di David di Rembrandt e otto Watteau, fra cui il magnifico Gilles.  

Nel 1870, la proclamazione della Terza Repubblica provocò un ulteriore cambiamento nella denominazione del museo, che divenne Musée National du Louvre, di proprietà dello Stato francese. Nel 1871 un incendio scatenato dagli insorti all'interno del palazzo delle Tuileries portò alla distruzione del Pavillon de Marsan, della metà occidentale della Galerie Napoléon e della libreria collocata nell'ala perpendicolare al Pavillon Richelieu. La ricostruzione di parte di questi edifici fu intrapresa tra il 1871 e il 1876 da Hector Lefuel. Nel 1886 fu inaugurata la Galleria dei viventi all'Orangerie du Luxembourg, una galleria modello per l'epoca. Dieci anni dopo troverà qui accoglienza la stupenda collezione di impressionisti del pittore e mecenate del gruppo, Gustave Caillebotte.

Nel 1900 si portò a conclusione la Salle des Etats rimasta incompiuta nel 1871, provvista di lucernario e inquadrata da una duplice fila di salette; qui venne trasportata la serie della Vita di Maria de' Medici, per la quale essa prese il nome di Salle Rubens.

Donazioni importanti riguardarono nei primi anni del secolo la pittura ottocentesca, contribuendo a fare del Louvre il più ricco museo del mondo per quanto riguarda quel periodo: nel 1902 con il legato Thomy-Thierry pervennero un centinaio di selezionatissime pitture romantiche, mentre nel 1906 fu la volta della collezione di Etienne Moreau-Nélaton, formata dai dipinti romantici raccolti dal nonno Adolphe, e da altri impressionisti.

Nel 1914 si inaugurò al primo piano dell'Ala Mollien, dove rimase sino al 1939, la stupenda collezione Isaac de Camondo: comprende oggetti dell'Estremo Oriente, mobilio francese del Settecento e ben 56 dipinti impressionisti. Le vicende belliche imposero la chiusura del Louvre, che fu gradualmente riaperto a partire dal 1918.

Tra il 1926 e il 1939 fu direttore dei Musei nazionali Henri Verne, che mise a punto un piano di completa riorganizzazione espositiva dei vari dipartimenti. Per suo impulso si attuò la seconda tappa dell'ingresso al Louvre degli impressionisti (dopo quelle del 1914 con la donazione Camondo e il trasferimento nel 1934 della collezione Moreau-Nélaton), mediante il trasferimento dall'Orangerie e la sistemazione all'ultimo piano della Colonnade della collezione Caillebotte e di altre acquisizioni successive, anche se per il momento furono tralasciate opere considerate troppo "moderne". Altri dipinti affluiranno dal Musée du Luxembourg negli anni successivi.

Le collezioni di pittori impressionisti - Dopo che nel 1939 con lo scoppio della guerra tutti i tesori d'arte del Louvre erano stati spostati in una ottantina di depositi della provincia, iniziò la riorganizzazione del museo e si decise la creazione di uno spazio espositivo dedicato agli impressionisti. Nel 1947, mentre da un lato si inaugurava la riapertura della Grande Galerie, con le scuole italiana e spagnola, e insieme della Salle des Sept Mètres con i primitivi italiani, i dipinti impressionisti furono sistemati nel Jeu de Paume del vicino giardino delle Tuileries, dove rimasero sino al 1986, data in cui fu prelevata dal Louvre tutta la pittura francese posteriore al 1848. Essa ha trovato da allora accoglienza, insieme a tutta l'arte sino alla Prima Guerra Mondiale, nel Musée d'Orsay.

Nel 1949 furono riaperte, rinnovate, le sale Daru, Mollien e Denon, mentre dal 1952 il nuovo conservatore dei dipinti, Germain Bazin, impose il rientro al Louvre della Scuola francese dal Petit Palais e si preoccupò anche di riesporre le scuole nordiche e di risistemare i dipinti non più secondo strette divisioni per nazioni, ma secondo il principio della cronologia comparata, seguendo cioè lo sviluppo stilistico contemporaneo delle varie scuole.

È impossibile contare le donazioni, importantissime, intervenute fino ai nostri giorni, tra le quali quella della collezione Walter-Guillaume del 1966, comprensiva di 145 dipinti, di cui 52 impressionisti e il resto di maestri contemporanei (Matisse, Modigliani, Picasso, Utrillo e altri). Nel 1971 furono inaugurate le nuove sale di pittura dell'Ala di Flore, che realizza la giunzione tra la Grande Galerie e il Pavillon de Flore, a sua volta già inaugurato nel 1969: il primo piano fu trasformato in una galleria lunga e stretta che guarda sul Carrousel, con illuminazione mista naturale e artificiale e con i quadri disposti su pannelli obliqui per neutralizzare i riflessi delle finestre.  

IL GRAND LOUVRE - A partire dalla sua installazione nel palazzo del Louvre nel 1793, il museo ha dovuto subire tutte le limitazioni di un edificio che non era stato concepito a scopo museale. Le collezioni, che sono fra le più ricche del mondo, mancavano dello spazio necessario per essere esibite e presentate in maniera coerente ad un vasto pubblico. Il Louvre era dunque un museo pieno oltremodo, con sale sature e sprovviste di soddisfacenti strutture atte ad accogliere i visitatori.

Nel settembre del 1981 Francois Mitterrand annunciò la decisione di voler realizzare il progetto del "Grand Louvre", parte dell'ambizioso piano dei "Grands Travaux" che ha compreso l'edificazione di nuove strutture per la Bibliothèque nationale, l'Opera de la Bastille e il grande arco della Défense. I lavori cominciarono nel 1984 e si conclusero nell'arco di quindici anni, quando era direttore Pierre Rosenberg, anima e artefice del "Grand Louvre". Il faraonico progetto mirava a realizzare un'antica idea: restituire la totalità del palazzo alla sua funzione museale, con il trasferimento a Bercy del Ministero delle Finanze, da generazioni collocato nell'Ala Richelieu.

L'architetto sino-americano Ieoh Ming Pei fu incaricato della prima parte della ristrutturazione del museo. Il suo progetto, che ha visto l'erezione della grande piramide di vetro al centro della Cour Napoléon (1989), fu presentato nel 1983, non senza provocare accesi dibattiti. La monumentale piramide trasmette un'idea di grandezza, leggerezza e fluidità. L'idea di Pei, assolutamente funzionale, ha permesso di creare un accesso centrale e sotterraneo al museo e di rendere disponibile la superficie, sino ad allora inutilizzata, dell'enorme Cour Napoléon. Il Louvre sotterraneo è un suggestivo percorso di accesso, ospita una galleria di negozi (il "Carrousel du Louvre"), un ampio parcheggio, il Laboratoire de recherche des musées de France e offre la possibilità di ammirare il risultato degli scavi archeologici condotti.

Fra le ultimissime ristrutturazioni vi è la riapertura della Galerie d'Apollon e la nuova sala che ospita esclusivamente la Gioconda.

Nel pieno cuore di Parigi, sulla riva destra, il Musée du Louvre offre circa 60.000 metri quadrati di sale di esposizione consacrate alla conservazione di oggetti d'arte rappresentativi di undici millenni di storia, arte e cultura.

COUR NAPOLÉON - La doppia struttura longitudinale esigeva un accentramento delle funzioni vitali del Museo, reso possibile dall'utilizzo del sottosuolo della Cour Napoléon. A questo scopo, nel 1983, Ieoh Ming Pei ha concepito una vasta sala d'ingresso sotterranea posta al centro della corte sotto una piramide in vetro trasparente sorretta da una fine rete di cavi metallici. Alta 21 metri questa piramide è circondata da 7 vasche e da fontane, fiancheggiata da altre tre basse piramidi che illuminano le gallerie d'accesso alle tre ali del Museo (Richelieu, Sully, Denon) dove sono distribuite le collezioni. 

La piramide è stata per lungo tempo al centro di dibattiti. L'operazione, in effetti, è stata estremamente complessa: si trattava di costruire nel cuore di questo luogo storico, considerato da molti fin troppo "saturo di architetture e di storia", un moderno complesso per l'accoglienza del pubblico, dotato di tutti i requisiti tecnici indispensabili alla vita di un museo moderno. Senza cambiare niente dell'aspetto esteriore dell'edificio, la soluzione adottata permette di focalizzare l'ingresso principale senza mascherare il Palazzo e d'illuminare sufficientemente l'enorme spazio sotterraneo. A causa della sua trasparenza, questa piramide dalle forme pure e geometriche, reminiscenza dell'architettura antica, permette al visitatore di restare continuamente in contatto visivo col Palazzo. 

Sotto la piramide, oltre alla sala d'ingresso, arricchiscono il Louvre un auditorium, uno spazio adibito alle mostre temporanee ed una nuova sezione dedicata alla storia del Palazzo. Attorno ad un emiciclo dove vengono esibite le vestigia della decorazione concepita da Jean Goujon (1510-1566) per la parte alta degli edifici di Pierre Lescot, due sale espongono in ordine cronologico documenti, progetti, stampe, disegni, modellini ed opere originali che testimoniano le tappe successive della storia del Louvre.  

CASTELLO DI FILIPPO AUGUSTO - La realizzazione del Grand Louvre è stata accompagnata da un grande progetto scientifico volto a mettere in evidenza la storia del Palazzo attraverso scavi archeologici intrapresi nella Cour Carrée, nella Cour Napoléon e nella Cour du Carrousel. Gli scavi iniziati nel 1983 sotto la Cour Carrée hanno permesso di portare alla luce le fondamenta dell'antica fortezza di Filippo Augusto.

Al di sotto del Pavillon Sully si accede oggi ai fossati della cinta muraria esterna, di cui esiste ancora, su un'altezza di più di 6 metri, il basamento del possente sistema difensivo, composto da un quadrilatero cinto da torri circolari, che Filippo Augusto fece innalzare al termine del XII secolo. A questo sistema Carlo V fece aggiungere il pilone del ponte levatoio che, installato nel fossato nord, gli permetteva di raggiungere il giardino.

Una galleria scavata attraverso la cortina orientale permette di accedere al Maschio e alla Sala di San Luigi, che il re fece ricoprire di volte negli anni 1230-1240. Essa si trova al di sotto dell'attuale Sala delle Cariatidi.  

NUOVA SISTEMAZIONE DEL MUSEO - La trasformazione definitiva del Louvre da palazzo a museo è avvenuta il 20 novembre 1993, duecento anni dopo che il Louvre fu aperto al pubblico, con l'inaugurazione della nuova Ala Richelieu. Il museo risulta oggi strutturato in sette dipartimenti (Antichità orientali e Arte dell'Islam; Antichità egiziane; Antichità greche, etrusche e romane; Oggetti d'arte; Scultura; Arti Grafiche; Pittura) che si dispongono su tre ali alle quali si accede dalla hall Napoléon sotto la grande Piramide.

La distribuzione delle collezioni è a grandi linee la seguente:

ALA RICHELIEU : Antichità orientali e Islam; Scultura (ammezzato e piano terreno) - Oggetti d'arte (primo piano, dove si trovano anche gli appartamenti di Napoleone III, aperti per la prima volta al pubblico) - Pittura francese dal XIV al XVII secolo, pittura olandese, fiamminga e tedesca; Arti grafiche, con le Scuole del Nord (secondo piano)

ALA SULLY: Antichità egiziane; Antichità orientali e Islam; Antichità greche, etrusche e romane; Scultura; Oggetti d'arte (ammezzato, piano terreno e primo piano) - Pittura francese dal XVII al XIX secolo; Arti grafiche, con la Scuola francese (secondo piano)

ALA DENON : Antichità greche, etrusche e romane; Scultura (ammezzato e piano terreno) - Oggetti d'arte; Pittura, con la pittura francese di grande formato dell'Ottocento, la pittura italiana e la pittura spagnola; Arti grafiche, con la Scuola italiana (primo piano)

Antichità orientali

La sezione di Antichità Orientali è stata legata, a partire dalla sua costituzione, alle scoperte archeologiche dell'Oriente antico avvenute nel corso del XIX secolo.

Un primo "Museo Assiro" fu inaugurato nel 1847 da Luigi Filippo in seguito alla scoperta del sito di Khorsabad nella Mesopotamia settentrionale ad opera di Paul-Emile Botta. I Tori alati posti a guardia dell'ingresso del palazzo assiro di Sargon II (724-705 a. C) sono una testimonianza di quest'arte vigorosa che si sviluppò a partire dal IX secolo. Padroni dell'Oriente dal IX al VII secolo, gli Assiri si fecero costruire palazzi giganteschi, decorati con numerosi bassorilievi il cui intento era quello di glorificare le imprese dei sovrani.

Trent'anni dopo Ernest de Sarzec intraprese l'esplorazione del sud dell'odierno Iraq e sul sito di Tello rinvenne l'impressionante serie di statue di Gudea, prime testimonianze di una civiltà molto più antica (2150 a.C. circa). Questa scoperta dette impulso nel 1881 alla creazione della sezione di "Antichità Orientali". Dopo la caduta delle prime dinastie sumere, Gudea, principe di Lagash, inaugurò un rinascimento delle arti che si dedicarono ad esaltare un ideale di serena pietà.

Ancora antecedente ad esse, la statua dell'Intendente Ebih-ll (2400 a.C.), scoperta a Mari da André Parrot nel 1934. Immagine sacra posta all'interno d'un santuario, quest'opera testimonia la grande raffinatezza raggiunta dalla statuaria sumera nel corso del III millennio.

A partire dal VI secolo, la regione passò a poco a poco sotto la dominazione dei re Caldei, quindi sotto quella del potente impero persiano, sorto nell'Iran occidentale. Di questo periodo sono i rilievi, come il Leone, provenienti da Susa.

Gudea seduto - 2125-2110 a.C. - Principe della città sumera di Lagash (nella parte sudorientale della pianura mesopotamica) nel XXII secolo a.C., Gudea fu un alto personaggio politico e religioso, uno dei primi artefici del rinascimento sumerico contraddistinto dalla costruzione di numerosi templi e da slanci di produzione letteraria. La sua devozione è nota dai testi pervenutici, in particolare quelli che sono stati incisi su cilindri d'argilla, e dalle numerose statue in cui è rappresentato in attitudine di preghiera e di raccoglimento.

La testa della statuetta fu rinvenuta nel 1877 a Tello, mentre il corpo è stato recuperato soltanto nel 1903. È l'unico esemplare integro proveniente dagli scavi francesi nella Mesopotamia meridionale, giacché tutti gli altri reperti furono privati del capo fin dall'antichità. I ritrovamenti hanno rivoluzionato la conoscenza della cultura artistica fiorita tra il Tigri e l'Eufrate. Fino al 1877 si era infatti convinti che le sculture monumentali fossero apparse in quei territori soltanto in epoca assira, ossia all'inizio del I millennio a.C. Il Louvre, che vanta recuperi eccezionali dalle campagne archeologiche condotte, oltre che a Tello, anche nell'antica città persiana di Susa, a Mari, e a Khorsabad, nell'attuale Iraq, a est del fiume Tigri, ha continuato ad acquistare nel corso della seconda metà del XX secolo le statue di Gudea e ne possiede diversi esemplari.  

Lamassu o Toro alato con testa umana - 721-705 a.C. - Khorsabad (o Dur-Sharrukin) è il nome moderno del villaggio a est del fiume Tigri al quale il re assiro Sargon II diede il proprio nome, "città di Sargon". Il sovrano, tra il 721 e il 705 a.C., vi fece costruire un palazzo imperiale. La scoperta della civiltà assira da parte degli europei cominciò in seguito all'iniziativa di Paul-Emile Botta, che tra il 1843 e il 1844 intraprese i primi scavi nei territori abitati dall'antica popolazione, e già nel 1847 a Parigi fu aperta la prima istituzione europea dedicata a questa civiltà pregreca. Condotte tra il 1852 e il 1854 da Victor Place e completate con rilievi disegnati da Flandin, queste spedizioni sono documentate anche dalle fotografie in calotipo eseguite da Georges Tranchand.

Provenienti dalla residenza di Sargon II e detti Lamassu, questi animali dal corpo taurino alato e dalla testa umana costituiscono ancora oggi le opere d'arte più impressionanti del primo museo francese. Sargon II li fece erigere alle porte della propria città e nei principali passaggi del palazzo, dove assunsero una funzione protettiva e intimidatoria. Il regnante assiro fece anche incidere delle iscrizioni che si alternano sulla pietra tra le zampe dei tori e il loro dorso; in quest'ultimo caso i testi erano invisibili, poiché la parte posteriore si trovava murata nella parete. Osservati frontalmente i Lamassu sono raffigurati con le due gambe anteriori parallele e in posizione di arresto; se considerati di profilo essi presentano cinque arti e simulano la marcia. Non tutti i pezzi rinvenuti furono trasportati a Parigi: il trasferimento era minacciato dai beduini e molte navi naufragarono durante l'attraversamento dell'Eufrate. Il cortile con l'ampio lucernario ricreato nel 1993 al Louvre e denominato "la corte di Khorsabad" espone originali e copie di gesso in un contesto decorativo fortemente suggestivo.  

Antichità egizie

Come per le Antichità Orientali, la creazione della sezione dedicata alle Antichità Egizie è direttamente legata a ricerche scientifiche: nel 1826 Champolon, che 4 anni prima aveva decifrato i geroglifici, venne incaricato di organizzare una sezione sull'antico Egitto all'interno del nuovo museo Carlo X. Dopo ciò, la sezione non ha cessato di arricchirsi con successive acquisizioni, donazioni e scavi archeologici, soprattutto quelli compiuti da Mariette nel 1852 a Saiqqarah e che portarono alla luce un discreto numero di capolavori, come lo Scriba seduto o il Pettorale a forma di avvoltoio con testa d'ariete.

Questo scriba, così come la Testa del re Didufri risalgono all'Antico Impero (2700-2200 a.C. circa), il glorioso periodo delle grandi piramidi di Giza e di Saqqarah, vicino al Cairo. La statuaria di quest'epoca è essenzialmente caratterizzata da una funzione funeraria: la statua, che raffigura il morto, dev'essere rassomigliante, tanto che le opere lasciateci dagli scultori di quel periodo non sono altro che dei ritratti. Dopo l'epoca oscura del I Periodo Intermedio, che ci ha lasciato solo poche opere d'arte, l'Egitto ritrova la propria unità e la propria forza nel corso del Medio Impero (2060-1768 a.C.). Le opere di quest'epoca sono caratterizzate da una seducente stilizzazione, resa attraverso membra affusolate e armoniose proporzioni. La grande statua di Nakhti ne è un valido esempio.

Il Nuovo Impero (1555-1080 a.C. circa) nasce dalle guerre di liberazione combattute contro gli Hyksos, invasori scesi dal vicino Oriente 150 anni prima. La XVIII dinastia ha prodotto alcune delle più seducenti ed emozionanti opere dell'antico Egitto come, ad esempio, le statue di Seny-nefer e di Hatchepsut o quella di Akhenaton, figure tutte piene di grazia e di spontaneità.  

Scriba seduto - 2620-2350 a.C. - Donata al museo nel 1854 dall'archeologo Manette che l'aveva ritrovata tre anni prima, questa statua non riporta il nome del proprietario e non è possibile stabilire a quale tomba (mastaba) di Saqqara sia appartenuta. La statua, una delle più affascinanti opere egizie del Louvre, testimonia un equilibrio non comune. L'autore, pur adottando il modello standardizzato dello scriba assiso, riesce infatti a conferirgli una forte individualità. A questa contribuiscono i grandi occhi azzurri operati con rame, cristallo di rocca e magnesite, nonché i tratti decisi del volto che s'impongono con immediatezza e incisività, peculiarità che risultano accentuate dalla capigliatura rasata. 

Lo Scriba del Louvre costituisce uno dei risultati più significativi dei ritrovamenti effettuati in Egitto. I francesi hanno sempre mostrato grande interesse per l'archeologia egizia e hanno sovvenzionato molte campagne, come quella del 1798-1801 voluta da Bonaparte e formata da 65 membri di varia formazione culturale. Ricordiamo che dopo il recupero della famosa Stele di Rosetta (Londra, British Museum), e in seguito agli studi compiuti su di essa, Jean-Francois Champollion si dedicò instancabilmente all'interpretazione dei geroglifici, svelandone il segreto nel 1824. 

Seduto a gambe incrociate, lo scriba stringe con la mano sinistra il foglio di papiro che è srotolato sulle sue ginocchia, mentre con la destra simula la presa dello stilo. Tale carica definisce l'alta posizione professionale dell'effigiato, giacché le cognizioni ortografiche rappresentavano lo strumento più importante nello svolgimento degli uffici economici, culturali e religiosi della società. La nobiltà del suo incarico si esprime nella postura eretta e nello sguardo fiero, mentre la definizione della muscolatura del petto e del ventre, leggermente appesantito, conferiscono alla figura verosimiglianza e naturalezza. 

Antichità greche, etrusche, romane

La sezione di Antichità Greche, Etrusche e Romane è una delle più antiche del museo del Louvre. Il culto delle "antichità" risale al Rinascimento. Francesco I commissionò al Primaticcio alcune copie in bronzo di sculture antiche per la reggia di Fontainebleau.

Il primitivo nucleo del museo è costituito dai marmi originali che Luigi XIV aveva raccolto a Versailles. A questo nucleo originario si aggiunsero nel periodo rivoluzionario i frutti degli espropri, come il frammento del Fregio del Partenone confiscato al conte di Choiseul-Gouffier, e in seguito alcune acquisizioni come quella della collezione Borghese del 1808, certamente una delle più importanti.

L'inaugurazione del primo "museo delle Antichità", avvenuta nel 1800, fu caratterizzata in particolar modo dalla presentazione delle opere requisite da Napoleone nei Musei Vaticani e nel Museo Capitolino a Roma (soprattutto il Laocoonte e l'Apollo di Belvedere), restituite all'Italia nel 1815. Nel XIX secolo la collezione si arricchisce di alcuni capolavori che costituiscono a tutt'oggi il vanto della sezione: la Venere di Milo, donata dal marchese de Rivière a Luigi XVIII; i Marmi di Olimpia donati dal senato ellenico come ricompensa per i servizi resi dalla Francia nel corso delle guerre per l'indipendenza della Grecia; la Vittoria di Samotracia, mandata da Champoiseau nel 1863; e infine i quasi 4000 pezzi della collezione Campana.  

Andokides, anfora a figure rosse - 530 a.C. - "Nel principio del 1828, quando da più di un anno ero lontano dalle mie terre, si scoprì per caso una grotta sotterranea nel piano detto Cavalupo, poco distante dal monte Cuccumella dove si trovarono alcuni vasi etruschi. Due agenti infedeli mi nascosero l'accaduto, si appropriarono di tutto, si occuparono di scavare tutta l'estensione delle terre di Canino e vendettero furtivamente gli oggetti ritrovati." Con queste parole Lucien Bonaparte di Canino, il più giovane dei fratelli di Napoleone, denunciava un increscioso episodio di scavo clandestino ed esportazione illegale di beni artistici avvenuto nel territorio di sua proprietà. Lucien fu il più versatile e aperto alla cultura tra i Bonaparte e, insieme alla moglie Alexandrine de Bleschamps, raccolse tra il 1828 e il 1854 una quantità inestimabile di opere d'arte nelle campagne di scavo condotte nel territorio di Vulci, da cui proviene anche quest'anfora, acquistata dal Louvre a un'asta nel 1843.

Realizzata dal vasaio ateniese Andokides, che ha firmato la propria opera sul basamento, l'anfora è decorata con due episodi raffiguranti un combattimento alla presenza di Atena ed Ermes da un lato, e l'esibizione musicale di una citarista dall'altro. Andokides operò con la tecnica delle figure rosse, della quale si ritiene essere stato l'inventore, che consacrò il trionfo delle botteghe di Atene, maestre in questo tipo di produzione. Scolaro di Exechias, Andokides si distinse dal maestro per l'adozione di un linguaggio raffinato, teso alla ricerca di valori cromatici, raggiunti con il risparmio del chiaro su fondo nero, dal quale le silhouettes delle figure si staccano con finezza e precisione. Questa nuova tecnica segnò una rivoluzione nell'arte della decorazione dei vasi: il pennello, più duttile e sensibile, rimpiazza lo stiletto e permette una maggiore precisione dei particolari.

Sarcofago degli sposi - 520 a.C. - Si tratta di un cinerario appartenente a una famosa serie di urne fittili di età arcaica con figure di defunti sdraiate proveniente da una tomba di Caere (oggi Cerveteri), di cui un esemplare assai simile si conserva nel Museo Nazionale di Villa Giulia a Roma. 

Rappresenta un punto di partenza ideale per lo studio dell'arte etrusca. Su di un giaciglio (kline) dai piedi torniti e dall'altissimo materasso che ricade sui lati corti, è raffigurata una coppia semisdraiata: l'uomo è rappresentato a torso nudo, mentre la donna è riccamente abbigliata con la veste, il mantello e le scarpe. Entrambi i coniugi posano il gomito sinistro su cuscini volgendo il busto l'uno verso l'altra, mentre il braccio destro dell'uomo poggia, senza cingerla, sulle spalle della moglie. 

La critica ha discusso a lungo sull'interpretazione del movimento delle mani della coppia: secondo alcuni, i personaggi erano impegnati in una conversazione, mentre per altri essi stringevano degli oggetti o delle vivande, ed erano quindi intenti in un banchetto. Questa interpretazione trova riscontro in alcune rappresentazioni pittoriche dello stesso periodo.

Lo scultore è interessato alla resa decorativa dei particolari e alla differenziazione delle volumetrie, come si può osservare notando le lenzuola con pieghe tubolari o le superfici lisce della kline e dei cuscini. Di notevole maestria la lavorazione delle teste, espresse con il consueto allungamento dei crani, la sporgenza del naso e del mento, il taglio metallico degli occhi e del profilo. 

Sia per il sarcofago del Louvre che per quello di Villa Giulia a Roma le pupille in legno dipinto conferiscono verosimiglianza alle espressioni: ciò ha fatto supporre che l'autore avesse utilizzato per entrambe le figure una stessa maschera bronzea.  

Nike di Samotracia - 190 a.C. - La scultura è concordemente ritenuta un'opera rodia per la composizione del marmo della base ed è in generale associata, sebbene non vi siano certezze, alla vittoria navale di Side (191-190 a.C.) in cui Rodi, alleata con Pergamo, sconfisse Antioco III il Grande, re di Siria. Rappresenta il lascito di maggior prestigio dell'antichità greca e fu recuperata nel 1863 in migliaia di frammenti sull'isola di Samotracia, nell'Egeo settentrionale, dove era probabilmente collocata in un luogo da dove dominava il mare. Nelle mani (i cui frammenti si possono osservare in una vetrina) impugnava una tromba, con la quale comunicava il trionfo di una battaglia.

Fino a questo celeberrimo recupero, le Nikai della scultura e della ceramografia greca erano sempre state delicate figure volanti sospese intorno al carro di Zeus, oppure ai tripodi degli atleti vittoriosi, di cui il Louvre conserva diversi esemplari. Questo corpo poderoso ed eroico non esprime contenuti lievi e virginei: la veemenza del movimento, al contrario, evoca "promontori e tempeste" (Bianchi Bandinelli). La struttura della figura, saldamente ancorata alla prua della nave, sembra aver abbandonato la tensione verso il volo. Soltanto il panneggio trinciato, che aderisce alle gambe vigorose della divinità, il rigonfiamento posteriore della veste e l'apertura delle ali evocano la spinta motoria del corpo.

Le dimensioni di questa famosissima statua sono di poco superiori a quelle umane, ed è soltanto la carica vitale che le conferisce questa eroica grandezza, messa in rilievo con la privilegiata col­locazione assegnatale dal 1883 al Louvre. Si erge maestosa in cima allo scalone progettato da Hector Lefuel, che collega la Galerie d'Apollon e il Salon Carré.  

Venere di Milo - 100 a.C. - Recuperata casualmente nel 1820 in una delle isole Cicladi, la statua fu acquistata dall'ambasciatore francese a Costantinopoli, il marchese de Rivière, e da questi offerta a Luigi XVIII. Quest'ultimo la donò al Louvre nel 1821. Tra i principali richiami del museo, la Venere di Milo gode di una collocazione isolata, che favorisce la contemplazione delle sue forme sensuali.

La scultura è eseguita in due parti, che si ricongiungono nelle pieghe della veste, al di sotto delle anche. Il braccio destro deve essere stato restaurato fin dall'antichità, mentre quello sinistro è completamente perduto. Il piede destro è stato scolpito separatamente dal plinto, ed è stato sicuramente inserito posteriormente. La comprensione dei movimenti delle due braccia è stata lungamente dibattuta dalla critica: per limitarsi alle ipotesi più verosimili, è probabile che il braccio destro incrociasse il corpo e che la mano corrispondente sfiorasse il fianco opposto, mentre il braccio sinistro avrebbe dovuto essere sollevato. L'esecuzione movimentata, la sensuale torsione del busto, la mobilità dei contorni, il realismo di certi dettagli, come pure la testa - simile a quella nota come Afrodite Kauffmann - la identificano come un'opera ellenistica, del periodo in cui si affermò il ritorno al classicismo, nell'epoca di transizione tra il II e il I secolo a.C.

L'identificazione con Afrodite, divinità nata dalla spuma del mare, è la più plausibile: la bellezza del corpo nudo che affiora dai drappeggi della veste sembrerebbe confermarla.

Testa muliebre - I-III secolo d.C. - Molti romani si installarono nella città di Antinoe (Antinopolis), fondata nel 132 d.C. in Egitto dall'imperatore Adriano per commemorare la morte e la successiva eroicizzazione del giovane Antinoo. Lentamente si accostarono alla religione e ai costumi funerari del paese. 

Decisero di farsi mummificare ma sostituirono le impersonali maschere dorate egizie con veri e propri ritratti "alla romana", che furono interpretati dagli artisti locali con un linguaggio chiaro e penetrante al tempo stesso. 

Insieme a quelli superstiti di Pompei (Napoli, Museo Nazionale), i dipinti provenienti dall'Egitto (famosi quelli recuperati nell'ampia depressione di El-Fayum) sono tra le pochissime attestazioni superstiti della ritrattistica romana dipinta, che dalle fonti antiche sappiamo essere stata particolarmente importante, e che dovette avere una speciale importanza nella diffusione delle effigi dei regnanti in tutte le province dell'impero.

Accuratamente pettinati dietro la nuca, i capelli della donna incorniciano un volto dai lineamenti regolari e dall'espressione immobile e malinconica. Contrariamente ad altri ritratti, sontuosamente abbigliati, questa donna indossa un semplice abito scuro ed è adornata soltanto da una collana di pietre dure e da orecchini di perle.

Rappresentante della classe media romana, spira dall'effigiata un'aura borghese e nostalgica: gli occhi neri e profondi, accentuati dalle folte sopracciglia e dalla resa minuziosa delle ciglia, catalizzano l'attenzione, lasciando in secondo piano altri aspetti formali meno felici, quali ad esempio il disegno ordinario del naso e della bocca. 

Nonostante ciò è esplicito l'interesse per la resa naturalistica di alcuni particolari del volto, basti osservare la caratteristica fossetta nel mento e la piega del collo.

Scultura

Nella storia del museo del Louvre, la creazione di una sezione dedicata alla scultura del Medioevo, del Rinascimento e dei Tempi moderni è un evento relativamente recente. Quando il museo apre le sue porte, solo i Prigioni di Michelangelo, confiscati come beni di emigrati alla figlia del Maresciallo di Richelieu, sono presenti. La prima sezione di Scultura del Louvre venne aperta soltanto nel 1824 dal conte de Forbin, allora Direttore dei musei, col nome di "Gallerie d'Angoulème". Occorrerà attendere il 1871 perché sia creata una vera e propria sezione di Scultura, stavolta indipendente dalla sezione di Antichità o da quella di Oggettistica.

La collezione eredita numerosi fondi, sino ad allora dispersi, che vengono riuniti al Louvre solo in seguito: antiche collezioni reali (opere del XVI, XVII e XVIII secolo, specialmente quelle provenienti dalla decorazione del parco di Marly), collezioni dell'Accademia e infine sculture dell'antico "Museo dei Monumenti francesi", creato da Alexandre Lenoir, e che era costituito da opere del Medioevo e del Rinascimento provenienti da chiese e monasteri soppressi durante la Rivoluzione. Questa storia spiega la preminenza dell'arte francese in questa sezione, anche se le scuole straniere non sono escluse, almeno per i secoli XV e XVI. Fra le opere del Medioevo, di cui il Louvre offre un brillante panorama, ricordiamo la statua di Carlo V (1365-1380 circa), caratteristica dello sviluppo del ritratto improntato al realismo e la sorprendente Tomba di Philippe Pot (fine del XV secolo), suprema realizzazione d'un tipo di scultura inaugurato da Claus Sluter alla corte di Borgogna. 

Il Rinascimento francese è rappresentato da due grandi artisti: Jean Goujon, del quale il Louvre conserva un bel bassorilievo proveniente dalla Fontana degli Innocenti, e Germain Pilon, che realizzò i monumenti funebri di Enrico II. A metà del XVII secolo gli scultori sono ormai al servizio della monarchia di Versaiìles, ove domina il Classicismo fatto di misura e ragione. Soltanto Puget, in Provenza, scampa all'influenza della corte creando un'opera viva e appassionata. Quest'influenza barocca si perpetua nella metà del XVIII secolo come testimoniano i Cavalli di Marly di Nicolas Coustou. Un certo ritorno all'antichità compare a metà del secolo ed è dominato da artisti come Pigalle, Bouchardon, Falconet, che danno vita ad uno stile neoclassico, al quale il veneziano Canova dette una connotazione ufficiale (Amore e Psiche).  

Oggetti d'arte  

All'apertura del Museo centrale la sezione dedicata agii oggetti d'arte era essenzialmente costituita dal risultato di due acquisizioni. Nel 1793 fu deciso di trasferire al Louvre una parte del tesoro dell'abbazia di Saint-Denis, comprendente le regalia sacre dei re di Francia e i preziosi vasi raccolti nel XII secolo nell'abate Sugero. Nel 1796 spettò invece ai vasi in pietre dure e ai bronzi raccolti da Luigi XIV e conservati a partire dal 1774 presso il magazzino per la custodia degli arredi della Corona, nell'attuale Ministero della Marina, completare le collezioni del Louvre. Questo fondo primitivo si arricchirà nel corso del XIX secolo attraverso acquisizioni e donazioni prestigiose: l'acquisizione delle collezioni d'Edmé-Antoine Durand (1825) e del pittore Pierre Révoil (1828) ampliano in modo considerevole la sezione dedicata agli oggetti del Medioevo e del Rinascimento (vetrate, smalti, avori, arazzi e mobili); la donazione Charles Sauvageot del 1856 comprende invece una delle più grandi raccolte di ceramiche della scuola di Palissy; infine, l'acquisizione nel 1861 della collezione Campana da parte di Napoleone III fece del Louvre uno dei più importanti musei del mondo per la raccolta delle maioliche italiane. Grazie a queste ricche acquisizioni, nel 1893 venne costituita all'interno del Louvre una sezione dedicata agli Oggetti del Medioevo, del Rinascimento e dei Tempi moderni indipendente da quelle di Antichità e di Scultura. In seguito questa collezione non ha mai smesso di accrescersi grazie a nuove donazioni di grande importanza, come quelle del barone Adolphe de Rothschild (1901) e della moglie del barone Salomon de Rothschild (1922).

La sezione dedicata al mobilio, agli arazzi e ai bronzi del XVII e del XVIII secolo ha alla sua origine le cessioni fatte nel 1870 e nel 1901 da parte del magazzino per la custodia degli arredamenti della Corona (futuro Mobilier National) costituite dai depositi provenienti dalle antiche dimore reali (soprattutto quelle di Saint-Cloud e delle Tuileries), cui si aggiunsero le donazioni d'Isaac de Camondo (1911), del barone Basile de Schlichting (1914) e di Rene Crag-Carven (1973).  

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