- Louvre
La
storia
del
Louvre,
da
castello-fortezza
di
Filippo
Augusto
(1190)
al
compimento
del
"Grand
Dessein"
(1870),
è
la
storia
del
suo
progressivo
estendersi
lungo
la
riva
destra
della
Senna,
che
ne
ha
fatto
nel
corso
dei
secoli
un'autentica
barriera
tra
il
nord
e
il
sud
della
città
di
Parigi.
Il
monumentale
palazzo
è
oggi
il
punto
di
partenza
di
una
straordinaria
prospettiva
urbana
che
allinea,
da
est
a
ovest,
l'Arc
du
Carrousel,
l'obelisco
di
place
de
la
Concorde,
l'arco
di
trionfo
sugli
Champs-Élysées,
fino
alla
più
recente
Arche
de
la
Défense.
Fondato
nel
1793
dalla
Repubblica
francese,
il
museo
del
Louvre
è
uno
dei
primi
d'Europa.
È
organizzato
in
sette
dipartimenti,
e
le
sue
collezioni
coprono
un
arco
cronologico
eccezionale,
dalla
nascita
delle
grandi
civiltà
antiche
del
bacino
mediterraneo
sino
all'epoca
moderna,
a
conferma
della
vocazione
enciclopedica
che
ne
sostanzia
in
buona
parte
la
formazione.
La
fama
museale
di
cui
il
Louvre
gode
da
secoli
a
livello
internazionale
ha
fatto
però
spesso
dimenticare
che
la
sua
prima
destinazione
fu
quella
di
palazzo
residenziale,
poi
trasformato,
dal
Medioevo
all'età
moderna,
dall'intervento
di
architetti
e
decoratori
che
vi
hanno
apposto
il
loro
sigillo,
ma
che
hanno
tuttavia
dimostrato,
pur
all'interno
di
una
stratificazione
architettonica
che
accusa
via
via
il
classicismo
italianizzante,
la
magniloquenza
seicentesca,
il
neoclassicismo
del
Primo
Impero,
poi
quello
ridondante
ed
eclettico
del
Secondo
Impero,
una
certa
capacità
nel
salvaguardare
l'unità
complessiva
dell'insieme.
Tale
unitarietà
gli
deriva
certo
anche
dalla
fedeltà
di
massima
a
un
progetto
iniziale
risalente
ai
primi
tempi
della
sua
storia
edilizia,
che
si
proponeva
di
unire
due
regge
affrontate
ma
distanti
circa
mezzo
chilometro,
il
palazzo
del
Louvre
a
est
e
quello
delle
Tuileries
a
ovest,
entrambe
perpendicolari
al
corso
della
Senna.
Il
palazzo
del
Louvre
funzionò
in
origine
come
strumento
difensivo
lungo
la
Senna
contro
i
nemici
provenienti
da
nord.
Nel
1190
Filippo
Augusto,
al
fine
di
proteggere
la
città
dagli
attacchi
inglesi,
decise
di
far
costruire
un
solido
castello.
La
fortezza,
circondata
da
un
fossato,
fu
edificata
con
un
impianto
quadrato,
torri
agli
angoli
e
alla
metà
dei
lati,
doppie
torri
a
est
e
a
sud.
La
superficie
complessiva
dell'antico
castello
ricopriva
la
parte
sudoccidentale
della
successiva
Cour
Carrée.
Carlo
V
il
Saggio,
consacrato
a
Reims
nel
1364,
diede
avvio
alla
completa
trasformazione
del
palazzo,
assurto
a
sua
residenza,
e
inglobato
nel
circuito
delle
mura
difensive
della
città
da
lui
voluto
nel
1364.
Da
fortezza
a
residenza
reale
-
Il
progetto
d'intervento
fu
affidato
all'architetto
del
re
Raymond
du
Temple;
gli
appartamenti
reali
furono
allestiti
lungo
i
lati
nord
ed
est
delle
mura,
il
palazzo
fu
inoltre
sopraelevato
e
coronato
da
terrazze.
Gioiello
del
palazzo
era
la
scala
edificata
nel
1365
nell'ala
nord:
una
struttura
a
spirale
famosa
in
tutta
Europa
per
la
prodigiosa
decorazione
raffigurante
la
famiglia
reale.
Durante
il
regno
di
Carlo
VI,
nel
1382,
si
proseguirono
i
lavori
di
fortificazione
lungo
la
Senna.
Enrico
V,
re
d'Inghilterra
e
di
Francia,
si
servì
del
Louvre
come
residenza,
non
altrettanto
Carlo
VII
il
Vittorioso,
il
quale
ricoprì
le
terrazze
volute
da
Carlo
V,
poi
adibite
a
prigioni
da
Luigi
XI
e
infine
ad
arsenale
da
Luigi
XII.
Francesco
I
decise
non
solo
di
fare
del
Louvre
la
propria
residenza,
ma
soprattutto
di
farne
una
dimora
simile
a
quelle
rinascimentali
che
aveva
ammirato
in
Italia.
A
causa
dell'inadeguatezza
del
vecchio
palazzo
alla
vita
di
corte,
diede
inizio
a
una
monumentale
ristrutturazione
e
riorganizzazione.
Nel
1546
fu
affidata
all'architetto
Pierre
Lescot
la
direzione
dei
lavori
per
la
costruzione
di
un
grande
corpo
di
fabbrica
sul
lato
occidentale.
Le
collezioni
di
Francesco
I
-
Parallelamente
ai
lavori
al
Louvre,
dal
1528
Francesco
I
si
fece
costruire
la
splendida
residenza
di
Fontainebleau
e
cominciò
a
raccogliervi
la
quadreria
che
avrebbe
poi
costituito
il
primo
nucleo
del
museo.
Due
dipinti
di
Raffaello
erano
stati
donati
nel
1518
dal
duca
di
Urbino
Lorenzo
II
de'
Medici:
la
Sacra
Famiglia
detta
"di
Francesco
I"
e
il
San
Michele.
Alle
opere
di
questo
grande
del
Rinascimento
italiano
se
ne
aggiungevano
altre
di
Andrea
del
Sarto
(Sacra
Famiglia,
Carità),
di
Sebastiano
del
Piombo
(Visitazione),
di
Fra
Bartolomeo
(L'Annunciazione),
di
Tiziano
(Ritratto
di
Francesco
I),
quasi
tutte
destinate
alla
residenza
di
Fontainebleau.
Nel
1549
veniva
elaborato
un
nuovo
progetto
di
risistemazione,
nel
quale
si
adombrava
la
possibilità
di
un
castello
di
dimensioni
quattro
volte
superiori
rispetto
all'esistente.
A
Jean
Goujon
fu
commissionata
la
decorazione
della
Salle
des
Cariatides,
utilizzata
come
salone
per
le
feste
e
come
tribunale.
La
scala
fu
spostata
dall'asse
centrale
verso
nord,
ed
è
oggi
adiacente
alla
posteriore
torre
dell'Orologio.
Sopra
di
essa
venne
terminata
nel
1553
la
sala
Grande
o
Alta
(attuale
sala
dei
Bronzi)
che
doveva
condurre
all'anticamera
del
re
(attuale
sala
Etrusca),
mentre
negli
stessi
anni
venivano
portati
avanti
i
lavori
nell'ala
sud,
verso
la
Senna.
Alla
morte
di
Enrico
II,
Caterina
de'
Medici
continuò
come
reggente
i
lavori
di
ripristino,
facendo
iniziare
l'ala
sud
con
gli
appartamenti
della
regina,
e
il
primo
piano
della
Petite
Galerie,
che
sarebbe
dovuta
servire
da
collegamento
con
il
palazzo
delle
Tuileries,
la
nuova
reggia
da
lei
voluta.
L'anno
successivo
si
menzionava
per
la
prima
volta
l'intenzione
di
edificare
una
Grande
Galerie
per
unire
il
Louvre
alle
Tuileries.
La
nuova
galleria
si
sarebbe
unita
al
Padiglione
del
re
(lato
occidentale
della
corte)
per
mezzo
della
Petite
Galerie.

Il
collezionismo
reale
-
Nel
1594,
Enrico
IV
di
Borbone
concepì
il
Grand
dessein
des
Bourbons,
che
prevedeva
la
ricostruzione
del
cortile
quattro
volte
più
grande
di
quello
allora
esistente,
progetto
realizzato
poi
dal
suo
successore.
Egli
fece
edificare
il
primo
piano
della
Petite
Galerie,
il
padiglione
dell'attuale
Salon
Carré,
la
Grande
Galerie,
e
l'ala
sud
della
corte
quadrata.
Il
rientro
a
Parigi
di
Enrico
IV
segnò
anche
la
ripresa
del
collezionismo
reale,
tanto
che
all'inizio
del
Seicento
le
collezioni
di
dipinti
ammontavano
ormai
a
200
pezzi.
A
Maria
de'
Medici,
sposa
di
Enrico
IV
nel
1601,
si
deve
la
sistemazione
del
primo
piano
della
Petite
Galerie
come
galleria
dei
Dipinti
o
dei
Re
(ora
Galerie
d'Apollon),
dove
erano
esposti
i
ritratti
di
re
e
regine
di
Francia.
Nel
1608
furono
insediati
nel
mezzanino
della
Grande
Galerie
gli
artisti
e
gli
artigiani
della
corona,
che
al
piano
terra
aprirono
le
loro
botteghe.
Nel
1624
Luigi
XIII
decise
di
continuare
il
progetto
iniziale
di
ampliamento
del
castello
medievale
di
Lescot.
Dopo
il
1639
Jacques
Le
Mercier
duplicò
l'ala
ovest,
costruendone
la
seconda
metà
simmetrica
a
quella
di
Lescot
del
1549,
e
aggiunse
l'enorme
Pavillon
de
l'Horloge:
la
torre
dell'Orologio,
con
la
sua
altezza
e
importanza,
corona
l'intero
Louvre.
Nel
1652
gli
appartamenti
vennero
adattati
per
alloggiare
la
corte.
Le
raccolte
dei
cardinali
Richelieu
e
Mazzarino
-
Durante
il
regno
di
Luigi
XIII,
vero
mecenate
fu
il
cardinale
Richelieu.
Alla
sua
morte,
nel
1642,
la
sua
raccolta
-
che
annoverava
capolavori
come
la
Cena
in
Emmaus
del
Veronese
-
e
il
Palais
Cardinal,
poi
Palais
Royal,
passarono
per
legato
al
re
di
Francia.
Intanto
nel
1625,
in
occasione
delle
nozze
della
sorella
del
re
Enrichetta
con
Carlo
I
d'Inghilterra,
era
stata
inaugurata
la
serie
di
ventiquattro
tele
con
la
Vita
di
Maria
de'
Medici,
ordinata
nel
1621
a
Rubens.
Alla
morte
di
Luigi
XIII
di
Borbone,
arbitro
della
Francia
divenne
sino
al
1661
il
cardinale
Mazzarino,
ministro
favorito
dalla
regina
Anna
d'Austria
e
reggente
per
Luigi
XIV,
che
si
adoperò
per
le
più
sensazionali
acquisizioni
di
dipinti
poi
passati
alla
Corona.
Il
Trattato
dei
Pirenei
(1659),
che
sanciva
il
predominio
della
Francia
in
Europa,
coincise
con
la
ripresa
dell'originario
piano
di
Enrico
IV
di
collegare
il
Louvre
alle
Tuileries,
demolendo
i
corpi
di
fabbrica
compresi
tra
i
due
palazzi
e
quadruplicando
le
dimensioni
della
corte.
Fu
tuttavia
soltanto
Luigi
XIV
a
ordinare
il
completamento
del
quadrato
del
cortile
(Cour
Carrée),
realizzato
finalmente
tra
il
1661
e
il
1663
da
Louis
Le
Vau,
che
estese
il
lato
sud
di
Pierre
Lescot
e
aggiunse
le
ali
nord
ed
est.
Le
acquisizioni
di
Luigi
XIV
-
Si
sono
conservati
abbastanza
bene
alcuni
ambienti
sfarzosi
degli
anni
successivi
al
1652,
quando
Anna
d'Austria
e
il
figlio
Luigi
XIV
presero
dimora
al
Louvre:
saloni
come
la
Petite
Galerie,
con
le
sue
raffigurazioni
di
scene
di
storia
romana,
la
Galerie
d'Apollon,
risistemata
con
grande
libertà
dallo
stesso
Le
Vau
dopo
l'incendio
del
1661,
o
ancora
il
Salon
Carré,
anch'esso
riedificato
da
Le
Vau
dopo
l'incendio.
Luigi
XIV
fu
anche
il
primo
sovrano
dopo
Francesco
I
a
imprimere
nuova
spinta
alle
raccolte
reali.
Alla
sapiente
politica
degli
acquisti
attuata
dal
primo
ministro
Jean-Baptiste
Colbert,
si
sommarono
le
acquisizioni
seguite
alla
morte
di
Mazzarino
nel
1661
-
della
cui
collezione
entreranno
al
Louvre
la
Venere
del
Pardo
di
Tiziano,
i
Correggio
provenienti
dalla
collezione
Gonzaga
di
Mantova,
tre
stupendi
Raffaello
-,
il
viaggio
di
Bernini
in
Francia,
i
rovesci
di
fortuna
del
banchiere
Jabach,
del
quale
nel
1662
giunsero
sessanta
dipinti
tra
cui
opere
di
Veronese,
Guido
Reni,
Tiziano.
Nel
1671
giunsero
altri
101
dipinti
tra
cui
il
Concerto
campestre
e
L'uomo
dal
guanto
di
Tiziano,
la
Morte
della
Vergine
di
Caravaggio,
infine
molti
degli
Holbein
ora
al
Louvre,
e
più
di
cinquemila
disegni.
Il
problema
architettonico
di
quel
momento
fu
la
progettazione
dell'ala
est,
dove
da
sempre
è
situato
l'ingresso
principale
del
palazzo
del
Louvre,
e
per
la
quale
si
optò
per
un
progetto
tracciato
da
Claude
Perrault,
del
quale
la
Colonnade,
che
deve
il
suo
nome
all'imponente
e
interminabile
successione
di
binati
di
colonne,
costituisce
la
prima
prova
architettonica.
Il
1678
è
una
delle
date
fondamentali
della
vicenda
costruttiva
del
palazzo:
in
quell'anno,
dopo
quasi
diciotto
anni
di
lavoro,
era
finalmente
conclusa
la
grande
Cour
Carrée,
ma
allo
stesso
tempo
il
re
decideva
di
risiedere
a
Versailles.
Il
Louvre,
senza
tetto
in
alcuni
corpi
di
fabbrica
e
del
tutto
spoglio
di
decorazioni
al
secondo
piano,
fu
abbandonato
a
se
stesso,
invaso
dagli
artisti
e
dalle
accademie,
che
vi
sarebbero
rimasti
sino
al
1793
spostando
la
propria
sede
da
una
sala
all'altra.
Nel
1681
il
ministro
Colbert,
che
molto
si
era
adoperato
per
la
collezione
reale,
riuscì
a
vedere
installato
al
Louvre
il
Cabinet
des
Tableaux
du
Roy,
formato
dalla
galleria
di
Fontainebleau
e
da
nuovi
incrementi.
La
raccolta
era
tuttavia
destinata
a
breve
durata
a
causa
della
successiva
dispersione
di
dipinti
tra
Versailles
e
numerose
altre
dimore
private.
Gli
arricchimenti
settecenteschi
-
Un
fenomeno
legato
alle
vicende
del
gusto
fu,
nei
decenni
a
cavallo
del
nuovo
secolo,
il
quasi
completo
arresto
nell'acquisto
di
opere
italiane,
a
vantaggio
di
quelle
di
maestri
fiamminghi
e
olandesi.
Con
la
morte
di
Luigi
XIV
(1715)
e
l'avvento
al
trono
del
nipote
Luigi
XV
di
Borbone,
di
soli
cinque
anni
e
sottoposto
alla
reggenza
del
duca
Filippo
d'Orléans,
i
capolavori
un
tempo
accessibili
vennero
sepolti
nella
direzione
delle
Fabbriche
reali
a
Versailles,
mentre
si
intensificava
l'usanza
dei
prestiti
dei
dipinti
ai
cortigiani.
Nel
1725,
in
occasione
del
matrimonio
di
Luigi
XV
con
Maria
Leczinska,
l'Accademia
di
pittura
e
scultura
iniziò
le
sue
mostre
ufficiali
nel
Salon
Carré.
Le
esposizioni
saranno
ospitate
al
Louvre
sino
al
1848.
Finalmente
nel
1750,
anche
a
seguito
delle
insistenti
richieste
affinché
le
opere
delle
collezioni,
disperse
presso
i
privati,
fossero
restituite
ed
esposte
in
quanto
oggetti
di
studio,
il
nuovo
direttore
delle
Fabbriche,
arti
e
manifatture
reali,
il
marchese
di
Marigny,
fratello
della
Pompadour,
ordinò
che
una
parte
dei
dipinti
della
Corona
fosse
riportata
a
Parigi
ed
esposta
al
Palais
du
Luxembourg:
si
trattava
di
110
quadri
scelti
tra
i
migliori
delle
collezioni
reali,
che
costituirono
il
primo
museo
pubblico
di
dipinti.
A
poca
distanza
era
esposta
la
serie
della
Vita
di
Maria
de'
Medici
di
Rubens.
La
svolta
illuminista
-
Marigny
si
fece
promotore
della
ripresa
dei
lavori,
dal
1753,
mentre
si
iniziava
a
pensare
alla
sua
trasformazione
in
palazzo
delle
arti.
Nel
IX
volume
dell'Encyclopédie
di
Diderot
tale
desiderio
divenne
un
chiaro
programma
ideologico,
consono
alle
moderne
idee
degli
enciclopedisti
che
volevano
le
raccolte
della
Corona
destinate
al
progresso
delle
arti
e
delle
scienze.
Il
primo
passo
in
questa
direzione
si
compì
nel
1769,
quando
il
conte
d'Angiviller,
conservatore
del
Cabinet
des
Peintures
del
re,
fece
approvare
da
Luigi
XV
il
progetto
che
prevedeva
la
trasformazione
del
palazzo
in
un
museo.
Solo
nel
1774,
con
l'ascesa
al
trono
di
Luigi
XVI
di
Borbone
e
grazie
al
conte
d'Angiviller,
divenuto
direttore
delle
Fabbriche,
il
Louvre
conobbe
un
nuovo
periodo
di
splendore.
Il
nobiluomo
si
adoperò
per
l'accrescimento
delle
collezioni,
promuovendo
una
serie
di
acquisti
che
comprese
dipinti
del
Seicento
italiano
(la
Resurrezione
di
Lazzaro
del
Guercino
per
esempio)
e
del
Seicento
francese,
mentre
dai
Salon
annuali
iniziavano
a
pervenire
i
francesi
contemporanei,
compresi
i
primi
dipinti
di
Jacques-Louis
David.
L'incremento
maggiore
fu
comunque
quello
relativo
al
settore
del
Seicento
fiammingo
e
olandese
(circa
250
opere).
Si
acquistarono,
tra
gli
altri,
il
grande
ritratto
di
Carlo
I
d'Inghilterra
di
Van
Dyck
dalla
contessa
Du
Barry,
i
22
dipinti
di
Le
Sueur
della
Vita
di
San
Bruno,
la
Cena
in
Emmaus
di
Rembrandt.
Il
Palais
du
Luxembourg
fu
chiuso
nel
1779
poiché
donato
al
conte
di
Provenza,
fratello
del
re,
e
le
opere
lì
esposte
furono
trasferite
a
Versailles,
tranne
il
ciclo
di
Maria
de'
Medici,
le
cui
tele,
arrotolate,
finirono
nei
depositi.
Le
trasformazioni
dell'epoca
rivoluzionaria
-
La
Rivoluzione
del
1789
non
fermò
il
desiderio
di
fare
del
museo
un
luogo
espositivo.
I
lavori
dell'Assemblea
nazionale
legislativa
misero
in
moto
decreti
riguardanti
la
fondazione
del
museo
e
la
creazione
di
una
commissione
per
la
scelta
delle
opere,
mentre
nel
frattempo
venivano
prese
le
Tuileries,
arrestato
il
re
e
proclamata
la
Repubblica.
I
tesori
d'arte
appartenenti
alla
Corona,
alle
chiese,
ai
fuggitivi
furono
confiscati
e
raccolti
in
depositi.
Essi
segnarono
l'ingresso
nel
museo
dei
grandi
quadri
religiosi
del
XVII
secolo,
delle
collezioni
della
Corona
appunto,
mentre
la
Commission
du
Musée
du
Louvre
fu
autorizzata
a
prelevare
il
meglio
di
tali
depositi,
dai
quali
perverranno
capolavori
come
La
Madonna
del
cancelliere
Rolin
di
Van
Eyck
e
il
Matrimonio
mistico
di
Santa
Caterina
di
Fra
Bartolomeo,
entrambi
già
nel
duomo
di
Autun,
il
San
Matteo
e
l'angelo
e
l'Autoritratto
con
berretto
e
catena
d'oro
di
Rembrandt.
Nel
1793
il
palazzo
del
Louvre
divenne
la
sede
del
Muséum
Central
des
Arts,
originariamente
concepito
per
alloggiare
le
collezioni
reali
acquisite
durante
la
Rivoluzione,
destinato
negli
anni
seguenti
a
essere
incredibilmente
incrementato
con
l'aggiunta
dei
tesori
d'arte
raccolti
durante
le
guerre
napoleoniche.
In
seguito
vi
pervennero
anche
i
quadri
di
Versailles
e
quelli
dell'Accademia
di
pittura
e
scultura,
che
fu
soppressa,
come
delle
altre
accademie
reali.
Il
vero
riformatore
del
museo
fu
Napoleone
Bonaparte.
Alla
sua
sete
di
grandezza
e
al
suo
desiderio
di
fare
di
Parigi
la
più
bella
città
d'Europa
si
deve
l'acquisizione
di
un
numero
incalcolabile
di
opere
d'arte.
l
fasti
napoleonici
-
A
partire
dal
1796
Napoleone
raccolse
capolavori
non
solo
attraverso
le
requisizioni,
ma
anche
grazie
a
una
politica
di
armistizi
e
di
trattati
di
pace,
durante
le
fortunate
campagne
militari,
nei
quali
egli
fece
di
volta
in
volta
includere
come
ricompensa
di
guerra
la
cessione
di
opere
scelte
da
una
commissione
di
esperti
francesi.
Nel
1797
fu
aperta
la
Galerie
d'Apollon,
nel
1799
la
prima
metà
della
Grande
Galerie
completamente
rinnovata,
con
le
scuole
fiamminga
e
olandese
nel
nuovo
ordine
cronologico,
mentre
al
1800
risale
l'inaugurazione
del
primo
dei
dipartimenti
extrapittorici
del
Louvre,
il
Musée
des
Antiques,
il
futuro
dipartimento
delle
Antichità
greco-romane.
La
seconda
metà
della
Grande
Galerie
fu
inaugurata
nel
1801
con
la
scuola
italiana,
mentre
le
grandi
composizioni
di
Veronese,
le
Nozze
di
Cana
e
la
Cena
in
casa
di
Levi
(quest'ultima
poi
restituita),
e
di
Rubens
furono
esposte
nel
Salon
Carré.
L'anno
successivo
il
barone
Vivant
Denon,
diplomatico
e
collezionista
che
già
aveva
partecipato
alla
campagna
d'Egitto,
fu
nominato
primo
direttore
del
museo,
nell'ambito
del
quale
si
segnalerà
come
fautore
di
tutte
le
nuove
sistemazioni
sino
alla
fine
dell'Impero.
Il
Louvre
divenne
nel
1803
il
Musée
Napoléon.
Sotto
Napoleone,
proclamato
imperatore
nel
1804,
il
museo
giunse
a
comprendere
diciannove
sale.
Gli
architetti
Charles
Percier
e
Pierre-Francois-Léonard
Fontaine
provvidero
alla
copertura
e
sistemazione
delle
ali
ancora
incompiute
della
Cour
Carrée.
Tra
il
1806
e
il
1812
costruirono
la
Galerie
Napoléon
fiancheggiante
la
rue
de
Rivoli,
la
cui
facciata
meridionale
era
una
replica
di
quella
della
Grande
Galerie
eretta
da
Du
Cerceau:
un
corpo
di
fabbrica
che,
dalle
Tuileries,
giunse
sino
a
metà
circa
del
percorso
verso
il
Louvre.
Si
diede
infine
sistemazione
dell'illuminazione
e
della
decorazione
della
Grande
Galerie.
Le
restituzioni
-
Luigi
XVIII
continuò
il
progetto
di
Napoleone
facendo
costruire
nel
1816
il
Pavillon
de
Rohan,
mentre
sotto
Carlo
X
di
Borbone
fu
intrapreso
un
programma
decorativo
degli
interni.
Dopo
circa
un
ventennio
nel
quale
il
Musée
Napoléon,
insieme
a
tutti
gli
altri
musei
di
Francia,
si
era
arricchito
a
dismisura
realizzando
l'utopistico
sogno
di
Napoleone
di
avere
a
Parigi
il
più
grande
museo
del
mondo,
giungeva
ora
l'epoca,
dolorosa,
delle
restituzioni.
Se
da
un
lato
la
Francia
perse
in
questo
frangente
più
di
cinquemila
opere
d'arte
-
tra
i
maggiori
creditori
vi
erano
i
Paesi
Bassi,
l'Austria,
la
Prussia,
l'Italia
e
il
Vaticano
-
Denon
riuscì
ciononostante,
adducendo
ragioni
spesso
fittizie
oppure
operando
abili
scambi,
a
trattenere
circa
un
centinaio
di
dipinti.
Di
tutta
quella
ricchezza
rimasero,
tra
gli
altri,
le
Nozze
di
Cana,
la
Maddalena
lava
i
piedi
di
Cristo
a
casa
del
fariseo
di
Le
Brun,
la
Madonna
della
Vittoria
di
Mantegna,
L'Incoronazione
di
spine
di
Tiziano,
i
"primitivi"
della
missione
di
Denon
del
1811
(Cimabue,
l'Angelico,
Giotto,
Gentile
da
Fabriano).
Alla
conclusione
dell'opera
di
restituzione
il
Musée
Napoléon
divenne
il
Musée
Royal.
Da
quel
momento
e
sino
al
1848
i
maggiori
incrementi
non
riguardarono
più
i
dipinti,
ma
le
antichità
che
si
andavano
raccogliendo
grazie
alle
scoperte
archeologiche
in
Asia.
La
necessità
di
colmare
i
vuoti
lasciati
nella
Grande
Galerie
dalle
restituzioni,
induceva
intanto
a
trasferire
dal
Palais
du
Luxembourg
le
tele
di
Rubens
con
la
Vita
di
Maria
de'
Medici,
la
serie
della
Vita
di
san
Bruno
di
Le
Sueur
e
quella
dei
Porti
di
Francia
di
Joseph
Vernet,
mentre
tre
sale
della
galleria
furono
dedicate
alla
Scuola
francese.
Nel
1824,
contemporaneamente
all'avvento
di
Carlo
X,
fu
inaugurato
il
Musée
des
Sculptures
Francaises,
il
futuro
dipartimento
delle
sculture,
dove
figurano
anche
gli
Schiavi
di
Michelangelo.
Nel
1827
fu
aperta
una
sezione
dedicata
a
Carlo
X,
composta
di
antichità
etrusche,
greco-romane,
rinascimentali
ed
egizie.
In
essa
la
Salle
Clarac
recava
sul
soffitto
un
capolavoro
di
Ingres
creato
per
questo
ambiente,
l'Apoteosi
di
Omero.
Dopo
la
Rivoluzione
del
1830
e
la
caduta
dei
Borbone,
a
parte
l'inaugurazione
nel
1847
delle
sale
assire,
primo
nucleo
del
Museo
Orientale
(oggi
dipartimento
di
Antichità
orientali),
i
lavori
al
Louvre
si
interruppero,
per
riprendere
solo
nel
1849.
Alla
caduta
di
Luigi
Filippo
il
museo
fu
consacrato
alle
arti
e
alle
scienze.
Il
nuovo
direttore
Jeanron
ne
riorganizzò
i
dipartimenti
rinnovando
i
criteri
espositivi
e
attuando
una
disposizione
dei
dipinti
per
scuole,
e
delle
opere
in
ordine
cronologico.
Fu
ripristinata
la
galleria
di
Enrico
IV
al
pianterreno
della
metà
sud
della
Colonnade,
restaurate
le
sale
della
Galerie
d'Apollon,
del
Salon
Carré,
la
Salle
Campana
e
quella
delle
Sept
Cheminées,
la
Grande
Galerie,
mentre
lo
sviluppo
delle
raccolte
extra-pittoriche
portò
il
museo,
alla
metà
del
secolo,
a
contare
ben
44
sale.
La
nuova
epoca
imperiale
-
II
grande
disegno
del
Louvre
fu
compiuto
sotto
Luigi
Napoleone,
divenuto
l'imperatore
Napoleone
III
con
il
colpo
di
Stato
del
1851.
L'incremento
del
museo
e
il
completamento
del
palazzo
divennero
per
il
nuovo
imperatore
una
scelta
politica
legata
al
prestigio
della
dinastia.
Quello
che
la
rivoluzione
del
1848
aveva
definito
"palazzo
del
popolo"
si
trasformò
in
una
grande
costruzione
statale
e
museale,
che
dal
1861
prese
il
nome
di
Cité
Imperiale.
Gli
architetti
Louis
Visconti
e
in
seguito
Hector-Martin
Lefuel
costruirono
due
edifici
paralleli,
rispettivamente
sul
lato
nord
e
sud
della
Cour
du
Carrousel,
che
furono
collegati
con
l'ala
del
Louvre
che
si
andava
edificando
sulla
rue
de
Rivoli
e
con
quella
sulla
Senna
attraverso
tre
costruzioni
più
piccole,
tre
alti
padiglioni
coperti
con
enormi
cupole
e
affacciati
sul
cortile
interno.
Le
facciate
occidentali
delle
ali
di
Lescot
e
Le
Mercier
e
il
padiglione
Sully
del
vecchio
Louvre
furono
modificati
affinché
il
risultato
complessivo
garantisse
una
certa
uniformità.
Al
primo
piano
della
Colonnade
l'imperatore
fece
creare
il
Musée
des
Souverains,
dove
le
boiseries
degli
appartamenti
reali
dei
Valois
e
dei
Borbone
ripristinarono
il
clima
di
splendore
monarchico
di
cui
Napoleone
voleva
essere
erede.
Negli
anni
sessanta
si
registrarono
inoltre
nuove
importanti
acquisizioni.
Nel
1861,
pervenne
da
Roma,
per
acquisto,
la
collezione
del
marchese
Gian
Pietro
Campana
(comprensiva
di
terrecotte
etrusche,
vasi
antichi,
e
di
646
dipinti),
in
parte
entrata
al
Louvre,
in
parte
dispersa
nei
musei
di
provincia;
nel
1869
fu
la
volta
della
collezione
Louis
La
Caze,
alla
quale
appartengono
numerosi
dipinti
tra
cui
la
splendida
Betsabea
con
la
lettera
di
David
di
Rembrandt
e
otto
Watteau,
fra
cui
il
magnifico
Gilles.
Nel
1870,
la
proclamazione
della
Terza
Repubblica
provocò
un
ulteriore
cambiamento
nella
denominazione
del
museo,
che
divenne
Musée
National
du
Louvre,
di
proprietà
dello
Stato
francese.
Nel
1871
un
incendio
scatenato
dagli
insorti
all'interno
del
palazzo
delle
Tuileries
portò
alla
distruzione
del
Pavillon
de
Marsan,
della
metà
occidentale
della
Galerie
Napoléon
e
della
libreria
collocata
nell'ala
perpendicolare
al
Pavillon
Richelieu.
La
ricostruzione
di
parte
di
questi
edifici
fu
intrapresa
tra
il
1871
e
il
1876
da
Hector
Lefuel.
Nel
1886
fu
inaugurata
la
Galleria
dei
viventi
all'Orangerie
du
Luxembourg,
una
galleria
modello
per
l'epoca.
Dieci
anni
dopo
troverà
qui
accoglienza
la
stupenda
collezione
di
impressionisti
del
pittore
e
mecenate
del
gruppo,
Gustave
Caillebotte.
Nel
1900
si
portò
a
conclusione
la
Salle
des
Etats
rimasta
incompiuta
nel
1871,
provvista
di
lucernario
e
inquadrata
da
una
duplice
fila
di
salette;
qui
venne
trasportata
la
serie
della
Vita
di
Maria
de'
Medici,
per
la
quale
essa
prese
il
nome
di
Salle
Rubens.
Donazioni
importanti
riguardarono
nei
primi
anni
del
secolo
la
pittura
ottocentesca,
contribuendo
a
fare
del
Louvre
il
più
ricco
museo
del
mondo
per
quanto
riguarda
quel
periodo:
nel
1902
con
il
legato
Thomy-Thierry
pervennero
un
centinaio
di
selezionatissime
pitture
romantiche,
mentre
nel
1906
fu
la
volta
della
collezione
di
Etienne
Moreau-Nélaton,
formata
dai
dipinti
romantici
raccolti
dal
nonno
Adolphe,
e
da
altri
impressionisti.
Nel
1914
si
inaugurò
al
primo
piano
dell'Ala
Mollien,
dove
rimase
sino
al
1939,
la
stupenda
collezione
Isaac
de
Camondo:
comprende
oggetti
dell'Estremo
Oriente,
mobilio
francese
del
Settecento
e
ben
56
dipinti
impressionisti.
Le
vicende
belliche
imposero
la
chiusura
del
Louvre,
che
fu
gradualmente
riaperto
a
partire
dal
1918.
Tra
il
1926
e
il
1939
fu
direttore
dei
Musei
nazionali
Henri
Verne,
che
mise
a
punto
un
piano
di
completa
riorganizzazione
espositiva
dei
vari
dipartimenti.
Per
suo
impulso
si
attuò
la
seconda
tappa
dell'ingresso
al
Louvre
degli
impressionisti
(dopo
quelle
del
1914
con
la
donazione
Camondo
e
il
trasferimento
nel
1934
della
collezione
Moreau-Nélaton),
mediante
il
trasferimento
dall'Orangerie
e
la
sistemazione
all'ultimo
piano
della
Colonnade
della
collezione
Caillebotte
e
di
altre
acquisizioni
successive,
anche
se
per
il
momento
furono
tralasciate
opere
considerate
troppo
"moderne".
Altri
dipinti
affluiranno
dal
Musée
du
Luxembourg
negli
anni
successivi.
Le
collezioni
di
pittori
impressionisti
-
Dopo
che
nel
1939
con
lo
scoppio
della
guerra
tutti
i
tesori
d'arte
del
Louvre
erano
stati
spostati
in
una
ottantina
di
depositi
della
provincia,
iniziò
la
riorganizzazione
del
museo
e
si
decise
la
creazione
di
uno
spazio
espositivo
dedicato
agli
impressionisti.
Nel
1947,
mentre
da
un
lato
si
inaugurava
la
riapertura
della
Grande
Galerie,
con
le
scuole
italiana
e
spagnola,
e
insieme
della
Salle
des
Sept
Mètres
con
i
primitivi
italiani,
i
dipinti
impressionisti
furono
sistemati
nel
Jeu
de
Paume
del
vicino
giardino
delle
Tuileries,
dove
rimasero
sino
al
1986,
data
in
cui
fu
prelevata
dal
Louvre
tutta
la
pittura
francese
posteriore
al
1848.
Essa
ha
trovato
da
allora
accoglienza,
insieme
a
tutta
l'arte
sino
alla
Prima
Guerra
Mondiale,
nel
Musée
d'Orsay.
Nel
1949
furono
riaperte,
rinnovate,
le
sale
Daru,
Mollien
e
Denon,
mentre
dal
1952
il
nuovo
conservatore
dei
dipinti,
Germain
Bazin,
impose
il
rientro
al
Louvre
della
Scuola
francese
dal
Petit
Palais
e
si
preoccupò
anche
di
riesporre
le
scuole
nordiche
e
di
risistemare
i
dipinti
non
più
secondo
strette
divisioni
per
nazioni,
ma
secondo
il
principio
della
cronologia
comparata,
seguendo
cioè
lo
sviluppo
stilistico
contemporaneo
delle
varie
scuole.
È
impossibile
contare
le
donazioni,
importantissime,
intervenute
fino
ai
nostri
giorni,
tra
le
quali
quella
della
collezione
Walter-Guillaume
del
1966,
comprensiva
di
145
dipinti,
di
cui
52
impressionisti
e
il
resto
di
maestri
contemporanei
(Matisse,
Modigliani,
Picasso,
Utrillo
e
altri).
Nel
1971
furono
inaugurate
le
nuove
sale
di
pittura
dell'Ala
di
Flore,
che
realizza
la
giunzione
tra
la
Grande
Galerie
e
il
Pavillon
de
Flore,
a
sua
volta
già
inaugurato
nel
1969:
il
primo
piano
fu
trasformato
in
una
galleria
lunga
e
stretta
che
guarda
sul
Carrousel,
con
illuminazione
mista
naturale
e
artificiale
e
con
i
quadri
disposti
su
pannelli
obliqui
per
neutralizzare
i
riflessi
delle
finestre.
IL
GRAND
LOUVRE
-
A
partire
dalla
sua
installazione
nel
palazzo
del
Louvre
nel
1793,
il
museo
ha
dovuto
subire
tutte
le
limitazioni
di
un
edificio
che
non
era
stato
concepito
a
scopo
museale.
Le
collezioni,
che
sono
fra
le
più
ricche
del
mondo,
mancavano
dello
spazio
necessario
per
essere
esibite
e
presentate
in
maniera
coerente
ad
un
vasto
pubblico.
Il
Louvre
era
dunque
un
museo
pieno
oltremodo,
con
sale
sature
e
sprovviste
di
soddisfacenti
strutture
atte
ad
accogliere
i
visitatori.
Nel
settembre
del
1981
Francois
Mitterrand
annunciò
la
decisione
di
voler
realizzare
il
progetto
del
"Grand
Louvre",
parte
dell'ambizioso
piano
dei
"Grands
Travaux"
che
ha
compreso
l'edificazione
di
nuove
strutture
per
la
Bibliothèque
nationale,
l'Opera
de
la
Bastille
e
il
grande
arco
della
Défense.
I
lavori
cominciarono
nel
1984
e
si
conclusero
nell'arco
di
quindici
anni,
quando
era
direttore
Pierre
Rosenberg,
anima
e
artefice
del
"Grand
Louvre".
Il
faraonico
progetto
mirava
a
realizzare
un'antica
idea:
restituire
la
totalità
del
palazzo
alla
sua
funzione
museale,
con
il
trasferimento
a
Bercy
del
Ministero
delle
Finanze,
da
generazioni
collocato
nell'Ala
Richelieu.
L'architetto
sino-americano
Ieoh
Ming
Pei
fu
incaricato
della
prima
parte
della
ristrutturazione
del
museo.
Il
suo
progetto,
che
ha
visto
l'erezione
della
grande
piramide
di
vetro
al
centro
della
Cour
Napoléon
(1989),
fu
presentato
nel
1983,
non
senza
provocare
accesi
dibattiti.
La
monumentale
piramide
trasmette
un'idea
di
grandezza,
leggerezza
e
fluidità.
L'idea
di
Pei,
assolutamente
funzionale,
ha
permesso
di
creare
un
accesso
centrale
e
sotterraneo
al
museo
e
di
rendere
disponibile
la
superficie,
sino
ad
allora
inutilizzata,
dell'enorme
Cour
Napoléon.
Il
Louvre
sotterraneo
è
un
suggestivo
percorso
di
accesso,
ospita
una
galleria
di
negozi
(il
"Carrousel
du
Louvre"),
un
ampio
parcheggio,
il
Laboratoire
de
recherche
des
musées
de
France
e
offre
la
possibilità
di
ammirare
il
risultato
degli
scavi
archeologici
condotti.
Fra
le
ultimissime
ristrutturazioni
vi
è
la
riapertura
della
Galerie
d'Apollon
e
la
nuova
sala
che
ospita
esclusivamente
la
Gioconda.
Nel
pieno
cuore
di
Parigi,
sulla
riva
destra,
il
Musée
du
Louvre
offre
circa
60.000
metri
quadrati
di
sale
di
esposizione
consacrate
alla
conservazione
di
oggetti
d'arte
rappresentativi
di
undici
millenni
di
storia,
arte
e
cultura.
COUR
NAPOLÉON
-
La
doppia
struttura
longitudinale
esigeva
un
accentramento
delle
funzioni
vitali
del
Museo,
reso
possibile
dall'utilizzo
del
sottosuolo
della
Cour
Napoléon.
A
questo
scopo,
nel
1983,
Ieoh
Ming
Pei
ha
concepito
una
vasta
sala
d'ingresso
sotterranea
posta
al
centro
della
corte
sotto
una
piramide
in
vetro
trasparente
sorretta
da
una
fine
rete
di
cavi
metallici.
Alta
21
metri
questa
piramide
è
circondata
da
7
vasche
e
da
fontane,
fiancheggiata
da
altre
tre
basse
piramidi
che
illuminano
le
gallerie
d'accesso
alle
tre
ali
del
Museo
(Richelieu,
Sully,
Denon)
dove
sono
distribuite
le
collezioni.
La
piramide
è
stata
per
lungo
tempo
al
centro
di
dibattiti.
L'operazione,
in
effetti,
è
stata
estremamente
complessa:
si
trattava
di
costruire
nel
cuore
di
questo
luogo
storico,
considerato
da
molti
fin
troppo
"saturo
di
architetture
e
di
storia",
un
moderno
complesso
per
l'accoglienza
del
pubblico,
dotato
di
tutti
i
requisiti
tecnici
indispensabili
alla
vita
di
un
museo
moderno.
Senza
cambiare
niente
dell'aspetto
esteriore
dell'edificio,
la
soluzione
adottata
permette
di
focalizzare
l'ingresso
principale
senza
mascherare
il
Palazzo
e
d'illuminare
sufficientemente
l'enorme
spazio
sotterraneo.
A
causa
della
sua
trasparenza,
questa
piramide
dalle
forme
pure
e
geometriche,
reminiscenza
dell'architettura
antica,
permette
al
visitatore
di
restare
continuamente
in
contatto
visivo
col
Palazzo.
Sotto
la
piramide,
oltre
alla
sala
d'ingresso,
arricchiscono
il
Louvre
un
auditorium,
uno
spazio
adibito
alle
mostre
temporanee
ed
una
nuova
sezione
dedicata
alla
storia
del
Palazzo.
Attorno
ad
un
emiciclo
dove
vengono
esibite
le
vestigia
della
decorazione
concepita
da
Jean
Goujon
(1510-1566)
per
la
parte
alta
degli
edifici
di
Pierre
Lescot,
due
sale
espongono
in
ordine
cronologico
documenti,
progetti,
stampe,
disegni,
modellini
ed
opere
originali
che
testimoniano
le
tappe
successive
della
storia
del
Louvre.
CASTELLO
DI
FILIPPO
AUGUSTO
-
La
realizzazione
del
Grand
Louvre
è
stata
accompagnata
da
un
grande
progetto
scientifico
volto
a
mettere
in
evidenza
la
storia
del
Palazzo
attraverso
scavi
archeologici
intrapresi
nella
Cour
Carrée,
nella
Cour
Napoléon
e
nella
Cour
du
Carrousel.
Gli
scavi
iniziati
nel
1983
sotto
la
Cour
Carrée
hanno
permesso
di
portare
alla
luce
le
fondamenta
dell'antica
fortezza
di
Filippo
Augusto.
Al
di
sotto
del
Pavillon
Sully
si
accede
oggi
ai
fossati
della
cinta
muraria
esterna,
di
cui
esiste
ancora,
su
un'altezza
di
più
di
6
metri,
il
basamento
del
possente
sistema
difensivo,
composto
da
un
quadrilatero
cinto
da
torri
circolari,
che
Filippo
Augusto
fece
innalzare
al
termine
del
XII
secolo.
A
questo
sistema
Carlo
V
fece
aggiungere
il
pilone
del
ponte
levatoio
che,
installato
nel
fossato
nord,
gli
permetteva
di
raggiungere
il
giardino.
Una
galleria
scavata
attraverso
la
cortina
orientale
permette
di
accedere
al
Maschio
e
alla
Sala
di
San
Luigi,
che
il
re
fece
ricoprire
di
volte
negli
anni
1230-1240.
Essa
si
trova
al
di
sotto
dell'attuale
Sala
delle
Cariatidi.

NUOVA
SISTEMAZIONE
DEL
MUSEO
-
La
trasformazione
definitiva
del
Louvre
da
palazzo
a
museo
è
avvenuta
il
20
novembre
1993,
duecento
anni
dopo
che
il
Louvre
fu
aperto
al
pubblico,
con
l'inaugurazione
della
nuova
Ala
Richelieu.
Il
museo
risulta
oggi
strutturato
in
sette
dipartimenti
(Antichità
orientali
e
Arte
dell'Islam;
Antichità
egiziane;
Antichità
greche,
etrusche
e
romane;
Oggetti
d'arte;
Scultura;
Arti
Grafiche;
Pittura)
che
si
dispongono
su
tre
ali
alle
quali
si
accede
dalla
hall
Napoléon
sotto
la
grande
Piramide.
La
distribuzione
delle
collezioni
è
a
grandi
linee
la
seguente:
ALA
RICHELIEU
:
Antichità
orientali
e
Islam;
Scultura
(ammezzato
e
piano
terreno)
-
Oggetti
d'arte
(primo
piano,
dove
si
trovano
anche
gli
appartamenti
di
Napoleone
III,
aperti
per
la
prima
volta
al
pubblico)
-
Pittura
francese
dal
XIV
al
XVII
secolo,
pittura
olandese,
fiamminga
e
tedesca;
Arti
grafiche,
con
le
Scuole
del
Nord
(secondo
piano)
ALA
SULLY:
Antichità
egiziane;
Antichità
orientali
e
Islam;
Antichità
greche,
etrusche
e
romane;
Scultura;
Oggetti
d'arte
(ammezzato,
piano
terreno
e
primo
piano)
-
Pittura
francese
dal
XVII
al
XIX
secolo;
Arti
grafiche,
con
la
Scuola
francese
(secondo
piano)
ALA
DENON
:
Antichità
greche,
etrusche
e
romane;
Scultura
(ammezzato
e
piano
terreno)
-
Oggetti
d'arte;
Pittura,
con
la
pittura
francese
di
grande
formato
dell'Ottocento,
la
pittura
italiana
e
la
pittura
spagnola;
Arti
grafiche,
con
la
Scuola
italiana
(primo
piano)
Antichità
orientali
La
sezione
di
Antichità
Orientali
è
stata
legata,
a
partire
dalla
sua
costituzione,
alle
scoperte
archeologiche
dell'Oriente
antico
avvenute
nel
corso
del
XIX
secolo.
Un
primo
"Museo
Assiro"
fu
inaugurato
nel
1847
da
Luigi
Filippo
in
seguito
alla
scoperta
del
sito
di
Khorsabad
nella
Mesopotamia
settentrionale
ad
opera
di
Paul-Emile
Botta.
I
Tori
alati
posti
a
guardia
dell'ingresso
del
palazzo
assiro
di
Sargon
II
(724-705
a.
C)
sono
una
testimonianza
di
quest'arte
vigorosa
che
si
sviluppò
a
partire
dal
IX
secolo.
Padroni
dell'Oriente
dal
IX
al
VII
secolo,
gli
Assiri
si
fecero
costruire
palazzi
giganteschi,
decorati
con
numerosi
bassorilievi
il
cui
intento
era
quello
di
glorificare
le
imprese
dei
sovrani.
Trent'anni
dopo
Ernest
de
Sarzec
intraprese
l'esplorazione
del
sud
dell'odierno
Iraq
e
sul
sito
di
Tello
rinvenne
l'impressionante
serie
di
statue
di
Gudea,
prime
testimonianze
di
una
civiltà
molto
più
antica
(2150
a.C.
circa).
Questa
scoperta
dette
impulso
nel
1881
alla
creazione
della
sezione
di
"Antichità
Orientali".
Dopo
la
caduta
delle
prime
dinastie
sumere,
Gudea,
principe
di
Lagash,
inaugurò
un
rinascimento
delle
arti
che
si
dedicarono
ad
esaltare
un
ideale
di
serena
pietà.
Ancora
antecedente
ad
esse,
la
statua
dell'Intendente
Ebih-ll
(2400
a.C.),
scoperta
a
Mari
da
André
Parrot
nel
1934.
Immagine
sacra
posta
all'interno
d'un
santuario,
quest'opera
testimonia
la
grande
raffinatezza
raggiunta
dalla
statuaria
sumera
nel
corso
del
III
millennio.
A
partire
dal
VI
secolo,
la
regione
passò
a
poco
a
poco
sotto
la
dominazione
dei
re
Caldei,
quindi
sotto
quella
del
potente
impero
persiano,
sorto
nell'Iran
occidentale.
Di
questo
periodo
sono
i
rilievi,
come
il
Leone,
provenienti
da
Susa.
Gudea
seduto
-
2125-2110
a.C.
-
Principe
della
città
sumera
di
Lagash
(nella
parte
sudorientale
della
pianura
mesopotamica)
nel
XXII
secolo
a.C.,
Gudea
fu
un
alto
personaggio
politico
e
religioso,
uno
dei
primi
artefici
del
rinascimento
sumerico
contraddistinto
dalla
costruzione
di
numerosi
templi
e
da
slanci
di
produzione
letteraria.
La
sua
devozione
è
nota
dai
testi
pervenutici,
in
particolare
quelli
che
sono
stati
incisi
su
cilindri
d'argilla,
e
dalle
numerose
statue
in
cui
è
rappresentato
in
attitudine
di
preghiera
e
di
raccoglimento.
La
testa
della
statuetta
fu
rinvenuta
nel
1877
a
Tello,
mentre
il
corpo
è
stato
recuperato
soltanto
nel
1903.
È
l'unico
esemplare
integro
proveniente
dagli
scavi
francesi
nella
Mesopotamia
meridionale,
giacché
tutti
gli
altri
reperti
furono
privati
del
capo
fin
dall'antichità.
I
ritrovamenti
hanno
rivoluzionato
la
conoscenza
della
cultura
artistica
fiorita
tra
il
Tigri
e
l'Eufrate.
Fino
al
1877
si
era
infatti
convinti
che
le
sculture
monumentali
fossero
apparse
in
quei
territori
soltanto
in
epoca
assira,
ossia
all'inizio
del
I
millennio
a.C.
Il
Louvre,
che
vanta
recuperi
eccezionali
dalle
campagne
archeologiche
condotte,
oltre
che
a
Tello,
anche
nell'antica
città
persiana
di
Susa,
a
Mari,
e
a
Khorsabad,
nell'attuale
Iraq,
a
est
del
fiume
Tigri,
ha
continuato
ad
acquistare
nel
corso
della
seconda
metà
del
XX
secolo
le
statue
di
Gudea
e
ne
possiede
diversi
esemplari.

Lamassu
o
Toro
alato
con
testa
umana
-
721-705
a.C.
-
Khorsabad
(o
Dur-Sharrukin)
è
il
nome
moderno
del
villaggio
a
est
del
fiume
Tigri
al
quale
il
re
assiro
Sargon
II
diede
il
proprio
nome,
"città
di
Sargon".
Il
sovrano,
tra
il
721
e
il
705
a.C.,
vi
fece
costruire
un
palazzo
imperiale.
La
scoperta
della
civiltà
assira
da
parte
degli
europei
cominciò
in
seguito
all'iniziativa
di
Paul-Emile
Botta,
che
tra
il
1843
e
il
1844
intraprese
i
primi
scavi
nei
territori
abitati
dall'antica
popolazione,
e
già
nel
1847
a
Parigi
fu
aperta
la
prima
istituzione
europea
dedicata
a
questa
civiltà
pregreca.
Condotte
tra
il
1852
e
il
1854
da
Victor
Place
e
completate
con
rilievi
disegnati
da
Flandin,
queste
spedizioni
sono
documentate
anche
dalle
fotografie
in
calotipo
eseguite
da
Georges
Tranchand.
Provenienti
dalla
residenza
di
Sargon
II
e
detti
Lamassu,
questi
animali
dal
corpo
taurino
alato
e
dalla
testa
umana
costituiscono
ancora
oggi
le
opere
d'arte
più
impressionanti
del
primo
museo
francese.
Sargon
II
li
fece
erigere
alle
porte
della
propria
città
e
nei
principali
passaggi
del
palazzo,
dove
assunsero
una
funzione
protettiva
e
intimidatoria.
Il
regnante
assiro
fece
anche
incidere
delle
iscrizioni
che
si
alternano
sulla
pietra
tra
le
zampe
dei
tori
e
il
loro
dorso;
in
quest'ultimo
caso
i
testi
erano
invisibili,
poiché
la
parte
posteriore
si
trovava
murata
nella
parete.
Osservati
frontalmente
i
Lamassu
sono
raffigurati
con
le
due
gambe
anteriori
parallele
e
in
posizione
di
arresto;
se
considerati
di
profilo
essi
presentano
cinque
arti
e
simulano
la
marcia.
Non
tutti
i
pezzi
rinvenuti
furono
trasportati
a
Parigi:
il
trasferimento
era
minacciato
dai
beduini
e
molte
navi
naufragarono
durante
l'attraversamento
dell'Eufrate.
Il
cortile
con
l'ampio
lucernario
ricreato
nel
1993
al
Louvre
e
denominato
"la
corte
di
Khorsabad"
espone
originali
e
copie
di
gesso
in
un
contesto
decorativo
fortemente
suggestivo.
Antichità
egizie
Come
per
le
Antichità
Orientali,
la
creazione
della
sezione
dedicata
alle
Antichità
Egizie
è
direttamente
legata
a
ricerche
scientifiche:
nel
1826
Champolon,
che
4
anni
prima
aveva
decifrato
i
geroglifici,
venne
incaricato
di
organizzare
una
sezione
sull'antico
Egitto
all'interno
del
nuovo
museo
Carlo
X.
Dopo
ciò,
la
sezione
non
ha
cessato
di
arricchirsi
con
successive
acquisizioni,
donazioni
e
scavi
archeologici,
soprattutto
quelli
compiuti
da
Mariette
nel
1852
a
Saiqqarah
e
che
portarono
alla
luce
un
discreto
numero
di
capolavori,
come
lo
Scriba
seduto
o
il
Pettorale
a
forma
di
avvoltoio
con
testa
d'ariete.
Questo
scriba,
così
come
la
Testa
del
re
Didufri
risalgono
all'Antico
Impero
(2700-2200
a.C.
circa),
il
glorioso
periodo
delle
grandi
piramidi
di
Giza
e
di
Saqqarah,
vicino
al
Cairo.
La
statuaria
di
quest'epoca
è
essenzialmente
caratterizzata
da
una
funzione
funeraria:
la
statua,
che
raffigura
il
morto,
dev'essere
rassomigliante,
tanto
che
le
opere
lasciateci
dagli
scultori
di
quel
periodo
non
sono
altro
che
dei
ritratti.
Dopo
l'epoca
oscura
del
I
Periodo
Intermedio,
che
ci
ha
lasciato
solo
poche
opere
d'arte,
l'Egitto
ritrova
la
propria
unità
e
la
propria
forza
nel
corso
del
Medio
Impero
(2060-1768
a.C.).
Le
opere
di
quest'epoca
sono
caratterizzate
da
una
seducente
stilizzazione,
resa
attraverso
membra
affusolate
e
armoniose
proporzioni.
La
grande
statua
di
Nakhti
ne
è
un
valido
esempio.
Il
Nuovo
Impero
(1555-1080
a.C.
circa)
nasce
dalle
guerre
di
liberazione
combattute
contro
gli
Hyksos,
invasori
scesi
dal
vicino
Oriente
150
anni
prima.
La
XVIII
dinastia
ha
prodotto
alcune
delle
più
seducenti
ed
emozionanti
opere
dell'antico
Egitto
come,
ad
esempio,
le
statue
di
Seny-nefer
e
di
Hatchepsut
o
quella
di
Akhenaton,
figure
tutte
piene
di
grazia
e
di
spontaneità.
Scriba
seduto
-
2620-2350
a.C.
-
Donata
al
museo
nel
1854
dall'archeologo
Manette
che
l'aveva
ritrovata
tre
anni
prima,
questa
statua
non
riporta
il
nome
del
proprietario
e
non
è
possibile
stabilire
a
quale
tomba
(mastaba)
di
Saqqara
sia
appartenuta.
La
statua,
una
delle
più
affascinanti
opere
egizie
del
Louvre,
testimonia
un
equilibrio
non
comune.
L'autore,
pur
adottando
il
modello
standardizzato
dello
scriba
assiso,
riesce
infatti
a
conferirgli
una
forte
individualità.
A
questa
contribuiscono
i
grandi
occhi
azzurri
operati
con
rame,
cristallo
di
rocca
e
magnesite,
nonché
i
tratti
decisi
del
volto
che
s'impongono
con
immediatezza
e
incisività,
peculiarità
che
risultano
accentuate
dalla
capigliatura
rasata.
Lo
Scriba
del
Louvre
costituisce
uno
dei
risultati
più
significativi
dei
ritrovamenti
effettuati
in
Egitto.
I
francesi
hanno
sempre
mostrato
grande
interesse
per
l'archeologia
egizia
e
hanno
sovvenzionato
molte
campagne,
come
quella
del
1798-1801
voluta
da
Bonaparte
e
formata
da
65
membri
di
varia
formazione
culturale.
Ricordiamo
che
dopo
il
recupero
della
famosa
Stele
di
Rosetta
(Londra,
British
Museum),
e
in
seguito
agli
studi
compiuti
su
di
essa,
Jean-Francois
Champollion
si
dedicò
instancabilmente
all'interpretazione
dei
geroglifici,
svelandone
il
segreto
nel
1824.
Seduto
a
gambe
incrociate,
lo
scriba
stringe
con
la
mano
sinistra
il
foglio
di
papiro
che
è
srotolato
sulle
sue
ginocchia,
mentre
con
la
destra
simula
la
presa
dello
stilo.
Tale
carica
definisce
l'alta
posizione
professionale
dell'effigiato,
giacché
le
cognizioni
ortografiche
rappresentavano
lo
strumento
più
importante
nello
svolgimento
degli
uffici
economici,
culturali
e
religiosi
della
società.
La
nobiltà
del
suo
incarico
si
esprime
nella
postura
eretta
e
nello
sguardo
fiero,
mentre
la
definizione
della
muscolatura
del
petto
e
del
ventre,
leggermente
appesantito,
conferiscono
alla
figura
verosimiglianza
e
naturalezza.
Antichità
greche,
etrusche,
romane
La
sezione
di
Antichità
Greche,
Etrusche
e
Romane
è
una
delle
più
antiche
del
museo
del
Louvre.
Il
culto
delle
"antichità"
risale
al
Rinascimento.
Francesco
I
commissionò
al
Primaticcio
alcune
copie
in
bronzo
di
sculture
antiche
per
la
reggia
di
Fontainebleau.
Il
primitivo
nucleo
del
museo
è
costituito
dai
marmi
originali
che
Luigi
XIV
aveva
raccolto
a
Versailles.
A
questo
nucleo
originario
si
aggiunsero
nel
periodo
rivoluzionario
i
frutti
degli
espropri,
come
il
frammento
del
Fregio
del
Partenone
confiscato
al
conte
di
Choiseul-Gouffier,
e
in
seguito
alcune
acquisizioni
come
quella
della
collezione
Borghese
del
1808,
certamente
una
delle
più
importanti.
L'inaugurazione
del
primo
"museo
delle
Antichità",
avvenuta
nel
1800,
fu
caratterizzata
in
particolar
modo
dalla
presentazione
delle
opere
requisite
da
Napoleone
nei
Musei
Vaticani
e
nel
Museo
Capitolino
a
Roma
(soprattutto
il
Laocoonte
e
l'Apollo
di
Belvedere),
restituite
all'Italia
nel
1815.
Nel
XIX
secolo
la
collezione
si
arricchisce
di
alcuni
capolavori
che
costituiscono
a
tutt'oggi
il
vanto
della
sezione:
la
Venere
di
Milo,
donata
dal
marchese
de
Rivière
a
Luigi
XVIII;
i
Marmi
di
Olimpia
donati
dal
senato
ellenico
come
ricompensa
per
i
servizi
resi
dalla
Francia
nel
corso
delle
guerre
per
l'indipendenza
della
Grecia;
la
Vittoria
di
Samotracia,
mandata
da
Champoiseau
nel
1863;
e
infine
i
quasi
4000
pezzi
della
collezione
Campana.
Andokides,
anfora
a
figure
rosse
-
530
a.C.
-
"Nel
principio
del
1828,
quando
da
più
di
un
anno
ero
lontano
dalle
mie
terre,
si
scoprì
per
caso
una
grotta
sotterranea
nel
piano
detto
Cavalupo,
poco
distante
dal
monte
Cuccumella
dove
si
trovarono
alcuni
vasi
etruschi.
Due
agenti
infedeli
mi
nascosero
l'accaduto,
si
appropriarono
di
tutto,
si
occuparono
di
scavare
tutta
l'estensione
delle
terre
di
Canino
e
vendettero
furtivamente
gli
oggetti
ritrovati."
Con
queste
parole
Lucien
Bonaparte
di
Canino,
il
più
giovane
dei
fratelli
di
Napoleone,
denunciava
un
increscioso
episodio
di
scavo
clandestino
ed
esportazione
illegale
di
beni
artistici
avvenuto
nel
territorio
di
sua
proprietà.
Lucien
fu
il
più
versatile
e
aperto
alla
cultura
tra
i
Bonaparte
e,
insieme
alla
moglie
Alexandrine
de
Bleschamps,
raccolse
tra
il
1828
e
il
1854
una
quantità
inestimabile
di
opere
d'arte
nelle
campagne
di
scavo
condotte
nel
territorio
di
Vulci,
da
cui
proviene
anche
quest'anfora,
acquistata
dal
Louvre
a
un'asta
nel
1843.
Realizzata
dal
vasaio
ateniese
Andokides,
che
ha
firmato
la
propria
opera
sul
basamento,
l'anfora
è
decorata
con
due
episodi
raffiguranti
un
combattimento
alla
presenza
di
Atena
ed
Ermes
da
un
lato,
e
l'esibizione
musicale
di
una
citarista
dall'altro.
Andokides
operò
con
la
tecnica
delle
figure
rosse,
della
quale
si
ritiene
essere
stato
l'inventore,
che
consacrò
il
trionfo
delle
botteghe
di
Atene,
maestre
in
questo
tipo
di
produzione.
Scolaro
di
Exechias,
Andokides
si
distinse
dal
maestro
per
l'adozione
di
un
linguaggio
raffinato,
teso
alla
ricerca
di
valori
cromatici,
raggiunti
con
il
risparmio
del
chiaro
su
fondo
nero,
dal
quale
le
silhouettes
delle
figure
si
staccano
con
finezza
e
precisione.
Questa
nuova
tecnica
segnò
una
rivoluzione
nell'arte
della
decorazione
dei
vasi:
il
pennello,
più
duttile
e
sensibile,
rimpiazza
lo
stiletto
e
permette
una
maggiore
precisione
dei
particolari.
Sarcofago
degli
sposi
-
520
a.C.
-
Si
tratta
di
un
cinerario
appartenente
a
una
famosa
serie
di
urne
fittili
di
età
arcaica
con
figure
di
defunti
sdraiate
proveniente
da
una
tomba
di
Caere
(oggi
Cerveteri),
di
cui
un
esemplare
assai
simile
si
conserva
nel
Museo
Nazionale
di
Villa
Giulia
a
Roma.
Rappresenta
un
punto
di
partenza
ideale
per
lo
studio
dell'arte
etrusca.
Su
di
un
giaciglio
(kline)
dai
piedi
torniti
e
dall'altissimo
materasso
che
ricade
sui
lati
corti,
è
raffigurata
una
coppia
semisdraiata:
l'uomo
è
rappresentato
a
torso
nudo,
mentre
la
donna
è
riccamente
abbigliata
con
la
veste,
il
mantello
e
le
scarpe.
Entrambi
i
coniugi
posano
il
gomito
sinistro
su
cuscini
volgendo
il
busto
l'uno
verso
l'altra,
mentre
il
braccio
destro
dell'uomo
poggia,
senza
cingerla,
sulle
spalle
della
moglie.
La
critica
ha
discusso
a
lungo
sull'interpretazione
del
movimento
delle
mani
della
coppia:
secondo
alcuni,
i
personaggi
erano
impegnati
in
una
conversazione,
mentre
per
altri
essi
stringevano
degli
oggetti
o
delle
vivande,
ed
erano
quindi
intenti
in
un
banchetto.
Questa
interpretazione
trova
riscontro
in
alcune
rappresentazioni
pittoriche
dello
stesso
periodo.
Lo
scultore
è
interessato
alla
resa
decorativa
dei
particolari
e
alla
differenziazione
delle
volumetrie,
come
si
può
osservare
notando
le
lenzuola
con
pieghe
tubolari
o
le
superfici
lisce
della
kline
e
dei
cuscini.
Di
notevole
maestria
la
lavorazione
delle
teste,
espresse
con
il
consueto
allungamento
dei
crani,
la
sporgenza
del
naso
e
del
mento,
il
taglio
metallico
degli
occhi
e
del
profilo.
Sia
per
il
sarcofago
del
Louvre
che
per
quello
di
Villa
Giulia
a
Roma
le
pupille
in
legno
dipinto
conferiscono
verosimiglianza
alle
espressioni:
ciò
ha
fatto
supporre
che
l'autore
avesse
utilizzato
per
entrambe
le
figure
una
stessa
maschera
bronzea.
Nike
di
Samotracia
-
190
a.C.
-
La
scultura
è
concordemente
ritenuta
un'opera
rodia
per
la
composizione
del
marmo
della
base
ed
è
in
generale
associata,
sebbene
non
vi
siano
certezze,
alla
vittoria
navale
di
Side
(191-190
a.C.)
in
cui
Rodi,
alleata
con
Pergamo,
sconfisse
Antioco
III
il
Grande,
re
di
Siria.
Rappresenta
il
lascito
di
maggior
prestigio
dell'antichità
greca
e
fu
recuperata
nel
1863
in
migliaia
di
frammenti
sull'isola
di
Samotracia,
nell'Egeo
settentrionale,
dove
era
probabilmente
collocata
in
un
luogo
da
dove
dominava
il
mare.
Nelle
mani
(i
cui
frammenti
si
possono
osservare
in
una
vetrina)
impugnava
una
tromba,
con
la
quale
comunicava
il
trionfo
di
una
battaglia.
Fino
a
questo
celeberrimo
recupero,
le
Nikai
della
scultura
e
della
ceramografia
greca
erano
sempre
state
delicate
figure
volanti
sospese
intorno
al
carro
di
Zeus,
oppure
ai
tripodi
degli
atleti
vittoriosi,
di
cui
il
Louvre
conserva
diversi
esemplari.
Questo
corpo
poderoso
ed
eroico
non
esprime
contenuti
lievi
e
virginei:
la
veemenza
del
movimento,
al
contrario,
evoca
"promontori
e
tempeste"
(Bianchi
Bandinelli).
La
struttura
della
figura,
saldamente
ancorata
alla
prua
della
nave,
sembra
aver
abbandonato
la
tensione
verso
il
volo.
Soltanto
il
panneggio
trinciato,
che
aderisce
alle
gambe
vigorose
della
divinità,
il
rigonfiamento
posteriore
della
veste
e
l'apertura
delle
ali
evocano
la
spinta
motoria
del
corpo.
Le
dimensioni
di
questa
famosissima
statua
sono
di
poco
superiori
a
quelle
umane,
ed
è
soltanto
la
carica
vitale
che
le
conferisce
questa
eroica
grandezza,
messa
in
rilievo
con
la
privilegiata
collocazione
assegnatale
dal
1883
al
Louvre.
Si
erge
maestosa
in
cima
allo
scalone
progettato
da
Hector
Lefuel,
che
collega
la
Galerie
d'Apollon
e
il
Salon
Carré.
Venere
di
Milo
-
100
a.C.
-
Recuperata
casualmente
nel
1820
in
una
delle
isole
Cicladi,
la
statua
fu
acquistata
dall'ambasciatore
francese
a
Costantinopoli,
il
marchese
de
Rivière,
e
da
questi
offerta
a
Luigi
XVIII.
Quest'ultimo
la
donò
al
Louvre
nel
1821.
Tra
i
principali
richiami
del
museo,
la
Venere
di
Milo
gode
di
una
collocazione
isolata,
che
favorisce
la
contemplazione
delle
sue
forme
sensuali.
La
scultura
è
eseguita
in
due
parti,
che
si
ricongiungono
nelle
pieghe
della
veste,
al
di
sotto
delle
anche.
Il
braccio
destro
deve
essere
stato
restaurato
fin
dall'antichità,
mentre
quello
sinistro
è
completamente
perduto.
Il
piede
destro
è
stato
scolpito
separatamente
dal
plinto,
ed
è
stato
sicuramente
inserito
posteriormente.
La
comprensione
dei
movimenti
delle
due
braccia
è
stata
lungamente
dibattuta
dalla
critica:
per
limitarsi
alle
ipotesi
più
verosimili,
è
probabile
che
il
braccio
destro
incrociasse
il
corpo
e
che
la
mano
corrispondente
sfiorasse
il
fianco
opposto,
mentre
il
braccio
sinistro
avrebbe
dovuto
essere
sollevato.
L'esecuzione
movimentata,
la
sensuale
torsione
del
busto,
la
mobilità
dei
contorni,
il
realismo
di
certi
dettagli,
come
pure
la
testa
-
simile
a
quella
nota
come
Afrodite
Kauffmann
-
la
identificano
come
un'opera
ellenistica,
del
periodo
in
cui
si
affermò
il
ritorno
al
classicismo,
nell'epoca
di
transizione
tra
il
II
e
il
I
secolo
a.C.
L'identificazione
con
Afrodite,
divinità
nata
dalla
spuma
del
mare,
è
la
più
plausibile:
la
bellezza
del
corpo
nudo
che
affiora
dai
drappeggi
della
veste
sembrerebbe
confermarla.
Testa
muliebre
-
I-III
secolo
d.C.
-
Molti
romani
si
installarono
nella
città
di
Antinoe
(Antinopolis),
fondata
nel
132
d.C.
in
Egitto
dall'imperatore
Adriano
per
commemorare
la
morte
e
la
successiva
eroicizzazione
del
giovane
Antinoo.
Lentamente
si
accostarono
alla
religione
e
ai
costumi
funerari
del
paese.
Decisero
di
farsi
mummificare
ma
sostituirono
le
impersonali
maschere
dorate
egizie
con
veri
e
propri
ritratti
"alla
romana",
che
furono
interpretati
dagli
artisti
locali
con
un
linguaggio
chiaro
e
penetrante
al
tempo
stesso.
Insieme
a
quelli
superstiti
di
Pompei
(Napoli,
Museo
Nazionale),
i
dipinti
provenienti
dall'Egitto
(famosi
quelli
recuperati
nell'ampia
depressione
di
El-Fayum)
sono
tra
le
pochissime
attestazioni
superstiti
della
ritrattistica
romana
dipinta,
che
dalle
fonti
antiche
sappiamo
essere
stata
particolarmente
importante,
e
che
dovette
avere
una
speciale
importanza
nella
diffusione
delle
effigi
dei
regnanti
in
tutte
le
province
dell'impero.
Accuratamente
pettinati
dietro
la
nuca,
i
capelli
della
donna
incorniciano
un
volto
dai
lineamenti
regolari
e
dall'espressione
immobile
e
malinconica.
Contrariamente
ad
altri
ritratti,
sontuosamente
abbigliati,
questa
donna
indossa
un
semplice
abito
scuro
ed
è
adornata
soltanto
da
una
collana
di
pietre
dure
e
da
orecchini
di
perle.
Rappresentante
della
classe
media
romana,
spira
dall'effigiata
un'aura
borghese
e
nostalgica:
gli
occhi
neri
e
profondi,
accentuati
dalle
folte
sopracciglia
e
dalla
resa
minuziosa
delle
ciglia,
catalizzano
l'attenzione,
lasciando
in
secondo
piano
altri
aspetti
formali
meno
felici,
quali
ad
esempio
il
disegno
ordinario
del
naso
e
della
bocca.
Nonostante
ciò
è
esplicito
l'interesse
per
la
resa
naturalistica
di
alcuni
particolari
del
volto,
basti
osservare
la
caratteristica
fossetta
nel
mento
e
la
piega
del
collo.
Scultura
Nella
storia
del
museo
del
Louvre,
la
creazione
di
una
sezione
dedicata
alla
scultura
del
Medioevo,
del
Rinascimento
e
dei
Tempi
moderni
è
un
evento
relativamente
recente.
Quando
il
museo
apre
le
sue
porte,
solo
i
Prigioni
di
Michelangelo,
confiscati
come
beni
di
emigrati
alla
figlia
del
Maresciallo
di
Richelieu,
sono
presenti.
La
prima
sezione
di
Scultura
del
Louvre
venne
aperta
soltanto
nel
1824
dal
conte
de
Forbin,
allora
Direttore
dei
musei,
col
nome
di
"Gallerie
d'Angoulème".
Occorrerà
attendere
il
1871
perché
sia
creata
una
vera
e
propria
sezione
di
Scultura,
stavolta
indipendente
dalla
sezione
di
Antichità
o
da
quella
di
Oggettistica.
La
collezione
eredita
numerosi
fondi,
sino
ad
allora
dispersi,
che
vengono
riuniti
al
Louvre
solo
in
seguito:
antiche
collezioni
reali
(opere
del
XVI,
XVII
e
XVIII
secolo,
specialmente
quelle
provenienti
dalla
decorazione
del
parco
di
Marly),
collezioni
dell'Accademia
e
infine
sculture
dell'antico
"Museo
dei
Monumenti
francesi",
creato
da
Alexandre
Lenoir,
e
che
era
costituito
da
opere
del
Medioevo
e
del
Rinascimento
provenienti
da
chiese
e
monasteri
soppressi
durante
la
Rivoluzione.
Questa
storia
spiega
la
preminenza
dell'arte
francese
in
questa
sezione,
anche
se
le
scuole
straniere
non
sono
escluse,
almeno
per
i
secoli
XV
e
XVI.
Fra
le
opere
del
Medioevo,
di
cui
il
Louvre
offre
un
brillante
panorama,
ricordiamo
la
statua
di
Carlo
V
(1365-1380
circa),
caratteristica
dello
sviluppo
del
ritratto
improntato
al
realismo
e
la
sorprendente
Tomba
di
Philippe
Pot
(fine
del
XV
secolo),
suprema
realizzazione
d'un
tipo
di
scultura
inaugurato
da
Claus
Sluter
alla
corte
di
Borgogna.
Il
Rinascimento
francese
è
rappresentato
da
due
grandi
artisti:
Jean
Goujon,
del
quale
il
Louvre
conserva
un
bel
bassorilievo
proveniente
dalla
Fontana
degli
Innocenti,
e
Germain
Pilon,
che
realizzò
i
monumenti
funebri
di
Enrico
II.
A
metà
del
XVII
secolo
gli
scultori
sono
ormai
al
servizio
della
monarchia
di
Versaiìles,
ove
domina
il
Classicismo
fatto
di
misura
e
ragione.
Soltanto
Puget,
in
Provenza,
scampa
all'influenza
della
corte
creando
un'opera
viva
e
appassionata.
Quest'influenza
barocca
si
perpetua
nella
metà
del
XVIII
secolo
come
testimoniano
i
Cavalli
di
Marly
di
Nicolas
Coustou.
Un
certo
ritorno
all'antichità
compare
a
metà
del
secolo
ed
è
dominato
da
artisti
come
Pigalle,
Bouchardon,
Falconet,
che
danno
vita
ad
uno
stile
neoclassico,
al
quale
il
veneziano
Canova
dette
una
connotazione
ufficiale
(Amore
e
Psiche).

Oggetti
d'arte
All'apertura
del
Museo
centrale
la
sezione
dedicata
agii
oggetti
d'arte
era
essenzialmente
costituita
dal
risultato
di
due
acquisizioni.
Nel
1793
fu
deciso
di
trasferire
al
Louvre
una
parte
del
tesoro
dell'abbazia
di
Saint-Denis,
comprendente
le
regalia
sacre
dei
re
di
Francia
e
i
preziosi
vasi
raccolti
nel
XII
secolo
nell'abate
Sugero.
Nel
1796
spettò
invece
ai
vasi
in
pietre
dure
e
ai
bronzi
raccolti
da
Luigi
XIV
e
conservati
a
partire
dal
1774
presso
il
magazzino
per
la
custodia
degli
arredi
della
Corona,
nell'attuale
Ministero
della
Marina,
completare
le
collezioni
del
Louvre.
Questo
fondo
primitivo
si
arricchirà
nel
corso
del
XIX
secolo
attraverso
acquisizioni
e
donazioni
prestigiose:
l'acquisizione
delle
collezioni
d'Edmé-Antoine
Durand
(1825)
e
del
pittore
Pierre
Révoil
(1828)
ampliano
in
modo
considerevole
la
sezione
dedicata
agli
oggetti
del
Medioevo
e
del
Rinascimento
(vetrate,
smalti,
avori,
arazzi
e
mobili);
la
donazione
Charles
Sauvageot
del
1856
comprende
invece
una
delle
più
grandi
raccolte
di
ceramiche
della
scuola
di
Palissy;
infine,
l'acquisizione
nel
1861
della
collezione
Campana
da
parte
di
Napoleone
III
fece
del
Louvre
uno
dei
più
importanti
musei
del
mondo
per
la
raccolta
delle
maioliche
italiane.
Grazie
a
queste
ricche
acquisizioni,
nel
1893
venne
costituita
all'interno
del
Louvre
una
sezione
dedicata
agli
Oggetti
del
Medioevo,
del
Rinascimento
e
dei
Tempi
moderni
indipendente
da
quelle
di
Antichità
e
di
Scultura.
In
seguito
questa
collezione
non
ha
mai
smesso
di
accrescersi
grazie
a
nuove
donazioni
di
grande
importanza,
come
quelle
del
barone
Adolphe
de
Rothschild
(1901)
e
della
moglie
del
barone
Salomon
de
Rothschild
(1922).
La
sezione
dedicata
al
mobilio,
agli
arazzi
e
ai
bronzi
del
XVII
e
del
XVIII
secolo
ha
alla
sua
origine
le
cessioni
fatte
nel
1870
e
nel
1901
da
parte
del
magazzino
per
la
custodia
degli
arredamenti
della
Corona
(futuro
Mobilier
National)
costituite
dai
depositi
provenienti
dalle
antiche
dimore
reali
(soprattutto
quelle
di
Saint-Cloud
e
delle
Tuileries),
cui
si
aggiunsero
le
donazioni
d'Isaac
de
Camondo
(1911),
del
barone
Basile
de
Schlichting
(1914)
e
di
Rene
Crag-Carven
(1973).
Pag.
9
Pag.
11
|