- Linosa
Nel Canale
di Sicilia, adagiata su un fondale sabbioso posto a circa 500 metri di
profondità, Linosa è un'isola di origine vulcanica facente
parte, insieme a Lampedusa e Lampione, dell'arcipelago
delle Pelagie (dal greco Pelaghià, Isole d'alto mare).
Splendida
e selvaggia, nera di roccia lavica, con le sue coste alte e piene di
insenature e con i suoi vulcani spenti che si stagliano contro il
cielo azzurro, è l'ideale per trascorrere una vacanza in piena
tranquillità, facendo i bagni di sole e di mare.
Linosa
ha un'estensione di 5,4 km² ed è situata al centro del mar
Mediterraneo a 160 km a sud della Sicilia e
160 km a est della Tunisia.
Ha
una forma pressoché circolare con uno sviluppo costiero di 11 km.
A differenza di Lampedusa e Lampione,
che fanno parte della placca
continentale africana e derivano da una frattura del
continente stesso, Linosa non solo non è parte di tale placca
tettonica ma è anche di origine vulcanica e il suo
edificio si erge a partire da millecinquecento metri di profondità:
infatti, al contrario di Lampedusa e Lampione, i fondali di Linosa
sprofondano rapidamente.
L'isola
è citata dal greco Strabone e
poi da Plinio
il Vecchio nella Naturalis
Historia come Aethusa e Algusa in greco. Il nome Lenusa appare
nel XVI
secolo ad opera del domenicano Tommaso
Fazello. Il nome Linosa invece nasce nel 1845 usato
dal cavaliere Bernardo Maria Sanvinsente.
Le
sue origini sono relativamente recenti: secondo studi geologici Linosa
dovette emergere durante il Quaternario antico
e deve la sua origine alle eruzioni avvenute lungo la linea di
frattura che corre tra la costa est della Sicilia e
il litorale di Tunisi.
La
sua attività eruttiva risale al Pleistocene,
ipotesi avvalorata dall'età dei fossili presenti nei tufi
stratificati della parte est del monte di Ponente.
Il
medesimo asse vulcanico ha dato origine, grazie a un vulcanismo
fondamentalmente alcalino, all'isola di Pantelleria,
la cui porzione emersa rappresenta la culminazione di strutture
sottostanti molto più imponenti.
Nella
storia vulcanica dell'isola è possibile riconoscere quattro fasi di
attività e tre paleosuoli testimoniati da fossili di radici, stipiti
e foglie di palme nane.
I crateri vulcanici sono
tuttora ben evidenti: al centro dell'isola, basso e ampio (600 metri
di diametro), si estende il cratere principale, la Fossa del
Cappellano, fittamente coltivato. A coronarlo altri tre coni: monte
Vulcano (195 m), monte Rosso (186 m), monte Nero (107 m),
ed un piccolo Craterino di 50 m alle pendici di
quest'ultimo. L'attività eruttiva dall'ultimo cratere (il più
piccolo) è terminata circa 2500 anni fa. Attualmente l'isola è
profondamente quiescente.

Linosa
è un luogo incantevole e tranquillo, situato all'interno della Riserva
marina delle isole Pelagie, a circa 165 Km dal continente africano e a
167 dalla Sicilia. Secondo i geologi emerse durante il Quaternario
antico in seguito ad alcune eruzioni vulcaniche avvenute lungo la
faglia che corre tra la costa est della Sicilia e il litorale di
Tunisi.
Al
centro dell'isola si estende ancora oggi il cratere principale, la
cosiddetta 'Fossa del Cappellano', sovrastato da altri tre coni:
il Monte Vulcano (195 m), il Monte Rosso (186
m), il Monte Nero (107 m) e alle pendici di questo, un più
piccolo cratere di 50 m. L'attività vulcanica tuttavia è cessata da
molto tempo, ma le antiche colate laviche hanno conferito al paesaggio
il caratteristico colore grigio-bruno.
L'isola
ha un unico centro abitato, caratterizzato da graziose
costruzioni dai colori pastello che si raccolgono intorno al
piccolo porticciolo, da cui è possibile effettuare escursioni a
piedi, alla conquista delle vette, o in barca.
I
pochi abitanti, un tempo dediti all'allevamento di bovini, oggi vivono
quasi esclusivamente di agricoltura e turismo, mentre la pesca, per la
mancanza di un porto ampio e sicuro, stenta a decollare.
Lontana
dalle rotte turistiche principali, nell'isola ci sono pochi hotel
quindi chi desidera soggiornarvi può affittare uno dei numerosissimi
appartamenti o bungalow messi a disposizione dagli stessi abitanti. Linosa
dispone di tre moli ed è collegata giornalmente a Lampedusa e Porto
Empedocle mediante traghetto o aliscafo.

Nell'antichità
essa fu rifugio per coloro che solcavano il Mare
nostrum: è certo che i Romani la
utilizzarono durante le guerre
puniche come base, e le loro vestigia rimangono nelle 150
cisterne costruite per raccogliere l'acqua piovana; inoltre, i fondali
del mare circostante sono pieni del contenuto di navi dell'epoca, che
nel corso dei secoli vi hanno fatto naufragio. Alle dominazioni
cartaginese e romana, susseguirono quella arabo-saracena, quella
normanna e quindi quella angioina e poi aragonese. Dopo quest'ultimo
periodo storico, l'isola rimase disabitata e servì come porto di
fortuna della pirateria mediterranea.
Nel 1555 una
parte della flotta di Carlo
V di ritorno dalla vittoria di Tunisia contro i turchi, fu
sorpresa da una forte tempesta e alcune navi naufragarono sugli scogli
di Linosa.
Nel 1630 il
re di Spagna concesse alla famiglia dei Tomasi il
titolo di principi di Lampedusa e dunque il dominio su Linosa. Nel
1776 uno dei principi Tomasi consigliò al re di Napoli di vendere le
isole agli inglesi, che si mostravano molto interessati al loro valore
strategico, ma il re non lo concesse e le comprò lui stesso dal
principe.
Nel 1843 Ferdinando
II di Borbone, re delle Due Sicilie, diede incarico al
cavaliere Bernardo Maria Sanvinsente, capitano di fregata, di
colonizzare le isole. Ciò avvenne il 22 settembre 1843 a Lampedusa.
Per Linosa si attenderà il 25 aprile 1845, quando un primo nucleo di
trenta persone, composto da alcune famiglie di abili artigiani
provenienti da Ustica, Agrigento e
Pantelleria (tra cui un deputato sindaco, un prete e un medico),
sbarcarono sull'isola. I coloni erano stati reclutati con bando
pubblico e avrebbero beneficiato di una paga di tre tarì al
giorno e dell'uso gratuito di 80 salme di
terra linosana (140 ettari circa).
Poche
furono le attenzioni dedicate all'isola dal successivo Regno
d'Italia e solo con gli inizi degli anni sessanta del XX
secolo Linosa cominciò a cambiare volto: arrivarono le
prime innovazioni tecniche accompagnate da uno sviluppo turistico. La
SIP installò nel 1963 la
prima centrale telefonica, nel 1967 entrò
in funzione una centrale elettrica gestita dalla SELIS, nel 1968 venne
inaugurato il nuovo edificio dell'asilo infantile, dedicato a Pietro
Taviani, nonché quello della scuola elementare e media. Nel 1983 la
costruzione del dissalatore assicurò un continuo rifornimento di
acqua potabile.
Nel 1976 approdò
sull'isola anche la RAI,
che installò un ripetitore per il primo e il secondo canale; quattro
anni dopo arrivarono anche le reti Mediaset.
In seguito vennero costruiti i moli di attracco a Scalo Vecchio,
Pozzolana di Ponente e Mannarazza. Solo nel 1985 la
nave traghetto Paolo Veronese poté attraccare alla banchina di Scalo
Vecchio.
L'isola
ha acquisito negli anni una vivibilità più che decorosa, nonostante
molti servizi siano ancora da migliorare.
Linosa
fa parte della riserva
naturale Isola di Linosa e Lampione, gestita dal Dipartimento
dello Sviluppo rurale (che ha assorbito l'Azienda foreste) della Regione
Siciliana, e insieme ai tratti costieri di Lampedusa e
Lampione, dell'Area
marina protetta Isole Pelagie, istituita nel 2002.
Grazie
al substrato vulcanico, Linosa ospita una ricchissima flora di licheni
e muschi e parecchi endemismi come l’erba croce di Linosa ed il
Limonium algusae che ricopre riccamente gli habitat rupestri.
Sull’isola prevale una vegetazione di tipo mediterraneo: a pino
d’Aleppo, a leccio, a terebinto, a tamerice e ad acacia che
colonizza in modo irregolare l’aspro suolo vulcanico.
In
tarda primavera e sino in estate inoltrata sui suoli rocciosi
inframmezzati da isole di terriccio, l’erba cristallina risplenderà
conferendo un’incantevole nota al paesaggio: sembrerà di vedere
brillare smeraldi e rubini sul nero suolo vulcanico, grazie alle
vescicolette trasparenti e piene di liquido che cospargono tutta la
piantina e che riflettono i raggi del sole.
La
fauna linosana è molto variegata e esistono alcune specie che si
possono trovare solo in questo luogo. La spiaggia della Pozzolana di
Linosa è uno degli ultimi siti italiani di nidificazione della
tartaruga Caretta
caretta.
Tranquillo
e solitario, tranne che nei mesi riproduttivi, questo simpatico
animale marino vive in acque temperate e si spinge fino alla
terraferma solo in occasione della deposizione delle uova che avviene
circa ogni due o tre anni. La futura mamma sceglie una spiaggia
sabbiosa, non disturbata da luci e rumori. Arranca faticosamente sulla
battigia (l'agilità e la grazia che ha in mare sembrano quasi
impossibili), scava con le pinne posteriori una buca profonda (tra i
40 ed i 75 cm) e vi depone le uova, ricoprendole poi di nuovo con la
sabbia. Il suo compito è terminato. Si volta, torna in mare e....
lascia i nascituri al loro destino. La schiusa avviene dopo 6-8
settimane.
I
piccolini sbucano e cominciano la loro corsa verso il mare, un
minaccioso e pericoloso mondo, almeno fino a che non avranno raggiunto
notevoli dimensioni. Solo pochi esemplari arriveranno all'età adulta.
Prima della nascita infatti le uova sono facile preda di uccelli e ...
di uomini. Appena nati invece il pericolo maggiore sono i pesci,
ghiotti di così tenera carne.
Ecco
perchè è importante proteggere e salvaguardare sia i luoghi di
deposizione (si azzerano o riducono i rischi fino alla nascita) che i
mari in cui si trovano. La singola persona può seguire poche, ma
fondamentali regole di comportamento civile, come non lasciare sulla
spiaggia o in mare le buste di plastica che in acqua assumono, agli
occhi dell'animale, le sembianze di una ghiotta medusa. L'amara
sorpresa può costargli la vita.
La
fauna dell'isola è caratterizzata da un consistente numero di
lucertole di Malta e dalle berte, uccelli marini che nelle notti
estive fanno ascoltare il loro canto struggente, molto simile ad un
pianto. Sulla spiaggia nera di Gaia Pozzolana la tartaruga
Caretta-Caretta depone ancora le uova.
Gli
amanti delle escursioni a piedi possono percorrere i sentieri che
conducono fino alla cima dei tre principali rilievi dell'isola: Monte
Rosso, il cui cratere, all'interno, è occupato da coltivazioni, il
Monte Nero e il Monte Vulcano.
Dalla
cima di quest'ultimo, nelle giornate di Libeccio, si arriva
addirittura a distinguere il movimento delle auto sulle strade di
Lampedusa.
- Lampione

L’Isolotto
di Lampione non è stato mai abitato tantomeno oggi e l'unico segno
dell'uomo è un faro automatico, da cui deriva il nome dell'isola. Il
faro è raggiungibile tramite un sentiero che parte da un piccolo
attracco artificiale, adatto solo a piccole imbarcazioni.
Lampione
è l'isola più piccola dell'arcipelago delle Pelagie. Così
piccola che, leggenda vuole, essa non sia una vera e propria isola, ma
un masso che sarebbe sfuggito dalle mani di un Ciclope.
L'isolotto,
lungo 200 metri e largo 180, ha una superficie di circa 0,036 km2 e
la sua altezza massima è di 36 metri. L'isola fa parte, come Lampedusa
(che dista circa 18 km) della placca continentale africana, al
contrario della più lontana Linosa (60 km), che fa ancora parte
della zolla siciliana. I fondali della costa meridionale calano a picco
mentre quelli sul versante orientale digradano dolcemente, mostrando
canali di bianca arenaria scarsamente ricoperti di vegetazione.
È
l’isola con le rocce più antiche dell’arcipelago
Pelagiano, infatti è costituita da calcari di mare basso
dolomitizzate, risalenti al tardo Eocene (42 Ma)
e appartenenti alla Formazione Halk El Menzel, ampiamente conosciuta in
alcuni pozzi al largo del golfo di Hammamet.
L'isolotto,
che ha sempre seguito le vicissitudini delle altre Pelagie, non ha mai
vissuto avvenimenti storici. Dopo essere entrato a far parte del Regno
d'Italia, il 12 giugno 1878 seguì
la sorte delle due isole maggiori, essendo incorporato nel nascente
Comune di Lampedusa
e Linosa.
Nel
1897 al largo di Lampione fu avvistato un banco di spugne che attirò
l'attenzione di pescatori italiani greci e tunisini che diedero diedero
impulso economico all'arcipelago. La pesca, la lavorazione e la
commercializzazione delle spugne Spongia officinalis era all’epoca
molto redditizia, per via dell’utilizzo delle spugne nella cosmesi ed
in altri settori artigianali. Tuttavia con l’avvento delle spugne
artificiali questo settore lentamente andò declinando anche per via
della progressiva diminuzione delle spugne e per il successivo divieto
di pesca.

I
fondali di Lampione nella costa meridionale calano a picco mentre quelli
sul versante orientale digradano dolcemente mostrando canali di bianca
arenaria scarsamente ricoperti di vegetazione.
Lampione
è disabitata. L'unica traccia dell'uomo è il faro che ha dato il nome
all'isola. E' possibile visitarlo grazie ad un minuscolo attracco adatto
solo alle piccole imbarcazioni che consente di raggiungere l'isola e
percorrere l'unico sentiero che vi è sull'isola.
Nonostante
l'isola faccia parte dell'area marina protetta delle Pelagie, le specie
qui presenti non sono tutelate ed è quindi possibile fare attività di
pesca sull'isola.
Molti
uccelli migratori, in particolare gabbiani, sostano qui regolarmente.
Inoltre è presente l’endemico Armadillidium hirtum pelagicum, un
crostaceo di terra raro in tutto il pianeta.
Meravigliosi
sono i fondali intorno all’isola, profondi e incontaminati, vero
paradiso per i subacquei. Il lato occidentale dell'isolotto - il più
spettacolare - prosegue sotto il pelo dell'acqua con una grande
ricchezza di flora multicolore ed anfratti, sino ad un pianoro di roccia
chiara con centinaia di ricci di scogliera.
Sott’acqua
si possono incontrare cernie, aragoste, corallo giallo e
rosa e lo squalo grigio... Sì, lo squalo grigio.
Infatti, le acque di Lampione ospitano una colonia di squali grigi e
squali martello.

Isola
dei Conigli
L'isolotto,
di 4,4 ettari, riserva
naturale protetta, dista molto poco dalla costa, tant'è che di
rado è stata anche unita ad essa attraverso un estemporaneo istmo sabbioso
della lunghezza di 30 metr. Si tratta di un evento raro (l'ultima volta
nel 2008), dovuto all'incedere del moto ondoso e alla bassa marea, ma di
norma è comunque possibile sostare in quella zona della baia senza mai
immergersi del tutto in acqua, dato che la profondità varia dai 30 ai
150 cm.
Si
tratta di una autentica meraviglia, in uno scenario da sogno, immersa in
un’atmosfera incantata, con una incredibile fauna marina e un’acqua
la cui limpidezza e le cui sfumature azzurre attraggono visitatori e
turisti da ogni parte del mondo. E tutto questo a poco più di un’ora
di volo aereo da qualsiasi aeroporto italiano.
Controversa
è l’origine dell’attuale nome della baia. In una carta
dell’ammiraglio Smith (1824) si legge per la prima volta “Rabit
Island”.
Nelle
cartografie successive tale toponimo venne impropriamente tradotto
dall’inglese (rabbit = coniglio), mentre appare più verosimile la sua
derivazione dal termine arabo “Rabit”, che può essere tradotto in
legame (o che lega, che collega) suggerendo un plausibile riferimento
all’istmo che si forma di rado tra l’isolotto e la costa.
La
denominazione italiana potrebbe, dunque, essere considerata un vero e
proprio qui pro quo linguistico.
Secondo
altri, invece l’origine del nome è dovuta al fatto che, molti anni
addietro, una colonia di conigli raggiunse l’isolotto proprio nel
momento in cui esso era collegato alla terraferma.
Quando
il ponte di sabbia sparì e le acque del mare riemersero, i conigli
rimasero intrappolati, si riprodussero, divenendo così numerosi tanto
da far battezzare il luogo “Isola dei Conigli”.
Il
tutto rimane quindi “legato” a questo strano e affascinante fenomeno
che vede l’isolotto ricongiungersi alla terraferma, le cui motivazioni
scientifiche sono forse ancora poco chiare.
L'isola
è inclusa nella zona A dell'area
marina protetta Isole Pelagie. È quindi vietata la navigazione
(anche a vela, remi o pedali), le immersioni subacquee e la balneazione
è consentita esclusivamente con accesso da terra. Ma tutta la baia
dell'Isola dei Conigli è parte della Riserva
naturale orientata Isola di Lampedusa ed è quindi
fortemente protetta. È possibile accedervi solo nelle ore diurne, dalle
08:30 alle 19:30, in modo da salvaguardare la nidificazione delle
tartarughe marine (che di solito avviene di notte, appunto). Dal 1995 l'intera
area è affidata alla gestione di Legambiente che
ogni anno attiva i campi di volontariato per selezionare il personale
che sorveglierà la spiaggia durante la stagione estiva.
L'isolotto
è basso, con un'altezza massima di 26 metri, e completamente roccioso.
La flora e
la fauna sono
molto simili a quelle della costa nord-africana; la spiaggia adiacente
all'isolotto è una delle poche zone dove le tartarughe marine Caretta
carretta depongono le uova. L’isolotto è il regno del gabbiano
reale, che conta una popolazione di circa 100 coppie, ed è qui che
nidifica; inoltre vive esclusivamente sullo scoglio (oltre che nelle
zone africane dalle quali proviene) una particolare specie di lucertola,
la psammodromus algirus.
Poco
prima di arrivare sulla spiaggia di fronte all'Isola dei Conigli,
proprio nel cuore della baia e quasi nascosta in un vallone, si incontra
quella che fu la villa di Domenico
Modugno a Lampedusa, della quale era follemente innamorato
tanto da trascorrervi i suoi ultimi momenti di vita. Fu proprio lui che
coniò il termine Piscina di Dio, riferendosi al mare cristallino
che bagna questo luogo.

Scoglio
del Sacramento
Il più
imponente dei faraglioni, si trova in prossimità della baia della
Madonnina a pochi metri dall’alta scogliera sul lato settentrionale di
Lampedusa.
Si può
ammirare dall’alto, inoltrandosi sul sentiero che si apre a destra una
volta terminata la strada di Ponente, oppure si può vivere
l’emozione di visitarlo per mare, attraversando lo stretto passaggio
che separa il faraglione da Lampedusa o facendo il bagno a ridosso di
questo imponente scoglio staccatosi dall'isola madre migliaia di anni
fa.
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