Comune
della Lombardia (181,67 km2 con
1.406.242 ab. nel 2020), capoluogo di
regione e città metropolitana,
è la seconda città in Italia, dopo Roma,
e costituisce la massima concentrazione
delle forme più moderne e dinamiche
dell’economia del paese.
Posta
al centro della Padania, tra i rilievi
alpini e il Po, quindi tra Ticino (a
Ovest) e Adda (a Est), Milano giace nella
zona di contatto tra alta e bassa pianura.
Qui si allungano le risorgive o fontanili,
polle sorgentizie dovute agli affioramenti
delle acque piovane e fluviali che,
scorrendo da Nord attraverso i suoli
ghiaiosi e permeabili, sono alfine
bloccate dai terreni alluvionali minuti.
Nata
nel segno di una centralità, insieme,
fisica e funzionale, Milano esercita da
sempre ruoli diversificati che coinvolgono
territori di ampie dimensioni. Un’antica
tradizione artigianale, sorretta da solide
basi finanziarie e da un vivace spirito
imprenditoriale della borghesia urbana,
ha dato corpo alla moderna Milano
industriale, in un processo impetuoso
iniziato all’indomani dell’Unità. Il
settore tessile occupava allora metà
della manodopera industriale; grandi
complessi sorsero nell’ultimo quarto del
XIX sec. (Cotonificio Cantoni, Cucirini
Cantoni Coats, Lanificio Rossi, De Angeli
Frua) e nei primi decenni del 20°
(Manifattura Pacchetti, Snia Viscosa, Châtillon),
affiancandosi a una miriade di piccole e
medie aziende. Nello stesso arco di tempo,
tuttavia, si svilupparono altri comparti
produttivi e nomi come Pirelli, Breda,
Edison, Borletti, Salmoiraghi, Marelli e,
più tardi, Isotta Fraschini, Bianchi,
Alfa Romeo, Montecatini (trasferitasi da Firenze nel
1910), Ideal-Standard, Motta, Alemagna
divennero punti di riferimento essenziali
per l’intera economia nazionale.
Agli
inizi del Novecento, Milano contava già
50.000 occupati nel settore
manifatturiero; dieci anni più tardi
questi erano triplicati e nel 1927 erano
230.000. A tale data, il settore tessile,
che pure aveva dato il primitivo slancio
all'industria milanese, era sopravanzato
dalla chimica, dalle costruzioni e
impianti, ma soprattutto dalla meccanica,
che, con poco meno del 30% degli addetti,
diventò il comparto produttivo
egemone.
Allo sviluppo industriale
si accompagnarono altrettanto importanti
mutamenti finanziari,
tecnico-organizzativi, promozionali. Si
moltiplicarono infatti le società
azionarie; la Borsa valori, fondata nel
1808, si affermò gradualmente come la più
vivace del paese; la Fiera campionaria,
inaugurata nel 1920, diventò una grande
vetrina aperta ogni anno all’attenzione
e ai commerci nazionali e internazionali;
le istituzioni bancarie, già forti di un
punto di riferimento tradizionale come la
Cassa di risparmio delle provincie
lombarde, si consolidarono con
l’apparizione della Banca commerciale
italiana, del Credito italiano (direzione
centrale e consiglio di amministrazione si
trasferirono da Genova nel
1895), della Banca popolare di Milano, del
Banco ambrosiano.
Al
fiorire delle attività economiche si
accompagnò un incremento della popolazione urbana:
all’interno degli odierni limiti
comunali, Milano accoglieva 270.000 ab.
nel 1861; questi raddoppiarono agli inizi
del XX sec. e salirono a 992.000 nel 1931.
Per avere un’idea del forte ritmo della
crescita demografica urbana, basti pensare
che alla data dell’unificazione
nazionale la città ospitava meno di 1/3
della popolazione provinciale; nel 1901,
sebbene gli abitanti della provincia
fossero a loro volta cresciuti, il
capoluogo accoglieva il 40% della
popolazione totale; 30 anni più tardi, la
cifra era salita al 50%. Milano crebbe
soprattutto per l’apporto esterno: in un
primo tempo gli immigrati provenivano
principalmente dalle zone circostanti; in
seguito furono le aree più depresse della
Lombardia, quindi il Veneto e
via via le altre regioni italiane a
fornire le braccia di cui l’espansione
economica aveva bisogno. È in quel
periodo che mutò la fisionomia
insediativa della città.
Nel
1861, quasi i 3/4 della popolazione
milanese viveva all’interno delle mura
spagnole, con concentrazioni elevatissime
nel centro storico, ossia entro la cerchia
dei Navigli; 40 anni dopo la cinta muraria
ospitava solo il 45% degli abitanti,
mentre nel 1931 le proporzioni iniziali
risultavano invertite: era la periferia ad
accogliere oltre i 3/4 dei residenti
urbani. Quella stessa periferia, del
resto, fu protagonista del riassetto
geografico-economico della città: ancora
verso il 1880 circa il 98% degli opifici
era racchiuso dai Bastioni e il 47% di
essi trovava sede entro la cerchia dei
Navigli; nei decenni successivi le vecchie
fabbriche furono progressivamente espulse
dal centro storico, mentre i nuovi
insediamenti industriali privilegiarono
sempre più decisamente le aree esterne ai
Bastioni, dove il reperimento degli spazi
era più facile e meno oneroso.
Lo
sviluppo a macchia d’olio della città
rese possibile una certa dispersione
periferica delle fabbriche; tuttavia, la
zona nord prese il sopravvento sulle
altre, mentre in corrispondenza dei
maggiori assi stradali e ferroviari si
costituirono dei veri e propri raggi
industriali. Verso Nord-Est, Nord e
Nord-Ovest i nastri si allungarono a
partire rispettivamente da piazzale
Loreto, da piazzale Maciachini, da piazza
Firenze; verso Sud-Ovest e Sud emersero il
Naviglio Grande e il Naviglio di Pavia;
verso Sud-Est spiccava la via Emilia.
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Introduzione |
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| Milano,
isola tra le acque |
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| Milano,
isola tra le acque - Olona, Lambro |
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| Milano,
isola tra le acque -
Seveso,
Redefossi, Garbogera e il Naviglio
della Martesana |
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