Posta
in una vasta
conca
verdeggiante
dominata da una
chiostra di
imponenti
montagne, alla
confluenza del
torrente Buthier
con la Dora
Baltea, Aosta è città interessante per il suggestivo scenario
naturale, le
grandiose
vestigia del
passato e
l'attuale
aspetto vivace e
operoso; le
costruzioni
moderne si
stendono
notevolmente
intorno al
nucleo delle
mura, che
conserva
monumenti
austeri e
solenni, tesori
d'arte
soprattutto
romani e
medievali.
È capoluogo della Regione autonoma Valle d'Aosta,
secondo lo
statuto speciale
promulgato nel
1948, ultimo
atto di quelle
libertà che i
Savoia
riconobbero già
nel 1191 agli
Aostani, da
sempre fieri
sostenitori del
diritto di
amministrarsi
secondo i propri
costumi e
tradizioni.
Le
caratteristiche
morfologiche del
terreno, quali
la presenza di
due fiumi
confluenti e di
una zona aperta
e pianeggiante
furono gli
elementi che
determinarono la
scelta dello
spazio per
l'edificazione
ex novo della
città romana, nel luogo di biforcazione delle antiche
vie per i
valichi
dell'"Alpis
Graia"
(Piccolo San
Bernardo) e
dell'"Alpis
Poenina"
(Gran San
Bernardo).
Nel
ritmo
distributivo
della rete
stradale,
individuabile
dagli assi delle
cloache
sottostanti, si
riconosce una
triplice
gerarchia di
percorsi. Alle
due arterie più importanti, il decumanus maximus e il cardo
maximus si
affiancavano le
strade
secondarie,
attestate alle
torri che
delimitavano
gruppi di
quattro isolati.
Un ulteriore
frazionamento
della rete
secondaria
scandiva il
modulo
dell'isolato
base - la
cosiddetta
insula -
costante e
regolare,
corrispondente a
m 75x57.5. La
larghezza delle
sedi stradali
minori, spesso
porticate su un
lato, oscillava
tra i m. 3.5 e i
5, mentre il
decumanus
maximus, escluse
le "crepidines"
(marciapiedi),
raggiungeva i
m. 9.46; anche il
cardo maximus
sembra
presentare
analoghe
caratteristiche.
L'asportazione
del basolato
stradale, almeno
nei tratti
esplorati,
risale al V-VI
secolo;
innalzamenti del
suolo naturali o
artificiali e le
prime
occupazioni
altomedievali
hanno
determinato
l'andamento
sinuoso delle
vie del centro
storico.

La
funzione
politico-strategica
che determinò
il sorgere della
città è
sottolineata
dalla cinta
muraria fortificata,
delimitazione
monumentale
dello spazio
urbano, che
costituiva un
rettangolo di m.
727.6 x 574 in
opera quadrata
di travertino
quasi
interamente
conservato.
Lungo il
perimetro e ai
quattro angoli
erano
distribuite a
intervalli
regolari 20
torri
quadrangolari a
due piani, delle
quali risultano
ancora pressoché integre quelle del Pailleron e del Lebbroso.
La
comunicazione
con il
territorio
circostante
avveniva, come
di consueto
nelle città romane, attraverso quattro porte disposte alle
estremità dei
due assi
stradali
principali. A
oriente sì
apriva la
grandiosa e
monumentale
"Porta
Praetoria",
a occidente la
"Porta
decumana"
di più modeste
dimensioni, a
settentrione la
"Porta
principalis
sinistra" e
a mezzogiorno la
"Porta
principalis
dextera".
Le
vie principali
avevano anche la
funzione di
suddividere e
delimitare aree
urbane di
diversa
destinazione.
Nel settore
nord-est, la
zona più
elevata della
città, erano
dislocati i
principali
edifici
pubblici.
Nell'ambito del
Foro si
collocavano
anche le terme,
mentre gli
edifici per
pubblici
spettacoli
(teatro
e anfiteatro),
in stretta
connessione
planimetrica e
geometricamente
definiti, erano
collocati al
margine della
zona
urbanizzata, in
prossimità
della
"Porta
Praetoria".
Le costruzioni
private, che
rispecchiavano
le tipologie
classiche della
domus signorile,
erano
concentrate
prevalentemente
a sud del
decumanus
maximus; con la
crescita della
popolazione,
verificatasi
attorno alla
metà del il
secolo, sorsero
case anche in
periferia, con
pianterreno di
solito riservato
alle botteghe o
ai laboratori di
artigiani.
Nelle
aree
extramuranee
immediatamente
fuori delle
porte urbiche
e adiacenti alle
vie afferenti
alla città si
stendevano
vaste zone
adibite a
necropoli. Una
maggior densità
e una diffusione
estensiva degli
impianti
sepolcrali si
rileva a oriente
e a occidente
della città,
mentre la
dilatazione
insediativa
extraurbana non
accentrata
interessò
le pendici
collinari a
settentrione e a
sud-ovest, con
ville suburbane
a carattere
residenziale-produttivo
e costruzioni più
semplici a
carattere
prettamente
rurale. Nelle
zone
pianeggianti a
sud della Dora
Baltea (piana di
Gressan)
dovevano
esistere
agglomerati
minori e
impianti
produttivi che
provvedevano ai
bisogni primari
e alla
sopravvivenza
stessa della
città.
Poco
documentati sono
i cinque secoli
che portarono "Augusta
Praetoria",
dopo la caduta
dell'impero romano, a diventare
parte integrante
dei domini
sabaudi. Non più
baluardo
contro le
invasioni
barbariche
(Goti,
Longobardi,
Franchi, e anche
Saraceni e
Ungheri), la
città si spopolò
e si ridusse a
borgo rurale
soggetto alle
frequenti piene
e agli
straripamenti
del torrente
Buthier: il
materiale
alluvionale
seppellì
gradualmente i
resti di
importanti
edifici ormai
abbandonati.
Dopo il Mille,
la città
cominciò a
ripopolarsi e,
poiché il
terreno non
mancava, ovunque
sorsero
giardini, orti e
frutteti.
Nel 1025 Aosta venne ceduta dal re di Borgogna a
Umberto
Biancamano,
fondatore della
casata dei
Savoia, alle cui
sorti la città
rimase legata
stabilmente. Nel
1191 Tommaso I
di Savoia
concesse la
"Carta
delle
Franchigie",
e la "cité
d'Aoste",
pur facendo
parte, prima
come
contea e poi
come ducato,
dello Stato
sabaudo, seppe
sempre difendere
i privilegi e le
libertà
conquistate.

Nel
Medioevo,
dunque, la città, chiamata
semplicemente
"Augusta",
rifiorì e
divenne centro
di un microcosmo
politico,
culturale e
commerciale
posto a cavallo
delle Alpi,
che vide
l'affermarsi
dell'autorità
religiosa,
emblematicamente
espressa in due
importanti poli
monumentali: la
Cattedrale e la
collegiata dei
Ss. Pietro e
Orso, intorno
alle quali si
aggregarono due
nuclei urbani,
l'uno
all'interno e
l'altro
all'esterno
delle mura;
sulla cinta
fortificata
vennero erette
le case-torri
dei signori
feudali. Alle
quattro
tradizionali
porte romane se
ne aggiunsero
tre nuove. Altre
tre porte furono
costruite
all'interno
stesso della
città, che fu
divisa in
altrettanti
quartieri, con
organi giuridici
separati e
spesso in lotta
tra loro. Ogni
quartiere aveva
un proprio
mercato e un
proprio
ospedale.
Esistevano
inoltre tre
sobborghi
strettamente
legati alla città:
a ovest "Saint-Genis",
a nord "Saint-Étienne";
a est quello del
Ponte di Pietra.
Mentre la
divisione in
quartieri fu
eliminata nella
seconda metà
del Trecento dai
Savoia, a causa
dei conflitti
che essi
creavano tra i
cittadini, si
consolidò
invece la divisione
tra città e borgo, ognuno con
organi
amministrativi
diversi, che in
sostanza durò
fino al 1839.
Con lo spostamento della capitale del ducato da
Chambéry a
Torino da parte
dei Savoia
(1563), la Valle
d'Aosta da
centro di
transiti
internazionali
divenne una
provincia
periferica. Ne
conseguì una
crisi economica
tale che, per
oltre due
secoli, pochi
furono gli
interventi che
modificarono in
qualche modo
l'aspetto di
Aosta. La
fiorente città,
centro di vita
culturale e
artistica, si
trasformò
progressivamente
in borgo rurale.
Le attività
principali degli
Aostani
divennero
l'agricoltura e
la pastorizia, e
gran parte del
suolo interno
alle mura venne
riservata al
pascolo e alla
coltivazione.
Nel 1720 gli
abitanti erano
2800 e quasi una
metà del
territorio
urbano era
occupato dal
clero e dagli
ordini
religiosi.
L'età moderna vide soprattutto l'importante
operazione
ottocentesca
della creazione
del centro
civico, con la
definizione
della grande
piazza su cui
prospetta il
Municipio neoclassico e della
fascia
direzionale fra
questo edificio
pubblico e la
stazione
ferroviaria:
operazione urbanistica
esemplare di
collegamento e
unificazione tra
la "città"
e il "borgo".
Nel XX secolo Aosta si è molto ingrandita. Un
primo
ampliamento
fu conseguenza
dell'insediamento
degli
stabilimenti
industriali
della Società
anonima
nazionale Cogne
in una zona
immediatamente
a sud
dell'abitato,
vicino alla
ferrovia; nel
1916-20, verso
ovest fu
costruito il
primo
insediamento
residenziale per
ospitarne le
maestranze e i
dirigenti, cui
seguirono
numerosi altri
quartieri
d'abitazione.
Nel 1930, con
l'istituzione
della Provincia,
un'ulteriore
espansione
urbanistica,
questa volta
legata a uffici
e servizi, si
localizzò
soprattutto
lungo la fascia
centrale tra
Municipio e
stazione
ferroviaria,
dove vennero
eretti numerosi
edifici pubblici
(tribunale,
poste, scuole).
Il terziario
aumentò
ulteriormente
dal 1948 con la
concessione
dello statuto
speciale
relativo alla
Regione: solo
allora la città
cominciò a
crescere a
macchia d'olio,
con una fascia
periferica
molto estesa che
oggi accerchia
il centro
storico. La
popolazione,
che nel 1901 era
di 7554
abitanti, nel
1978 arrivò a
toccare una punta massima di
39.161 unità, corrispondente, come oggi, a poco meno di un
terzo della
popolazione
dell'intera
valle, a seguito
dell'immigrazione
da altre regioni
e dello
spopolamento
montano.
Ultimo passo, in ordine di tempo, per adattare la
città al nuovo
millennio è
stata l'adozione
(1991), da parte
dell'amministrazione
comunale, di
un nuovo piano
regolatore,
definitivamente
approvato nel
2000.

Itinerari
culturali
La
fondazione di
"Augusta
Praetoria"
nel 25 a.C. è
l'epilogo di una
lunga e aspra
vicenda militare
e politica
condotta dai
Romani nella
valle. La città
non fu solo un
avamposto
stabile a
controllo dei
valichi alpini,
ma l'episodio
centrale di una
ristrutturazione
globale del
territorio, che
previde insieme
il tracciamento
della rete
viaria,
l'impianto della
città e
l'organizzazione
della campagna
circostante in
"centurie",
con la volontà
politica precisa
di consolidare
la conquista con
la
trasformazione
sociale e lo
sviluppo
economico.
La
città nata per
volontà di
Augusto fu tra
le ultime
fondate
nell'Italia
Cisalpina.
Raccolse quindi
l'esperienza di
un'urbanistica
pianificata, già
sperimentata in
tante altre
colonie; anzi,
molti vedono in
essa la città
romana ideale,
costruita
secondo i canoni
di una civiltà
giunta all'apice
della sua
potenza e anche
della cultura
urbanistica dei
suoi architetti.
Gli
insediamenti nei
secoli
successivi non
hanno stravolto
la struttura
romana.
Piuttosto, il
torrente Buthier,
con le sue
piene, ha sepolto
del tutto o in
parte i resti di
molte
costruzioni del
periodo. Perciò
oggi
"Augusta
Praetoria"
è in generale
una città che
affiora dal
terreno di mano
in mano che gli
scavi procedono.
La
strada delle
Gallie

La via
delle Gallie,
chiamata anche strada
delle Gallie, fu
una strada
romana consolare fatta
costruire da Augusto sulla
traccia di
sentieri
preesistenti per
collegare la Gallia
Cisalpina situata
in Pianura
Padana con
la Gallia
Transalpina, da
cui il nome
della strada.
Prima opera
pubblica realizzata
dai Romani in Valle
d'Aosta,
attraversava in
parte le moderne Italia, Francia e
la Svizzera.
Fu
creata per
facilitare
l'espansione
militare e
politica romana
verso le Alpi che
si concretizzò
poi con la conquista
di Rezia ed arco
alpino sotto
Augusto. La via
delle Gallie
iniziava da Mediolanum (la
moderna Milano)
e passava per Augusta
Eporedia (Ivrea)
biforcandosi in
due rami
all'altezza di Augusta
Praetoria (Aosta).
Da Augusta
Praetoria un
ramo della
strada si
dirigeva verso
il passo del colle
del Piccolo San
Bernardo fino a Lugdunum (Lione),
mentre l'altra
diramazione
giungeva al
passo del colle
del Gran San
Bernardo per poi
condurre verso Octodurus (Martigny),
nel moderno Canton
Vallese, in Svizzera.
In epoca
medievale vi
si sovrapporrà
il tracciato
della via
Francigena e
del Leiðarvísir,
mentre nel XX
secolo, per
lunghi tratti,
coincide con la strada
statale 26 della
Valle d'Aosta e
la strada
statale 27 del
Gran San
Bernardo.
Storia
- In epoca
antica le
vie di
comunicazione in Valle
d'Aosta avevano
un tracciato
praticamente
obbligato a
causa della
morfologia
montana; in
particolare,
queste vie,
erano spesso
costruite lungo
il crinale dei
monti per
evitare il talweg della
valle, che era
soggetta agli
straripamenti
della Dora
Baltea, i quali
potevano causare
la formazione di acquitrini. Un
tracciato lungo
la Dora Baltea,
nonostante
questi problemi,
è stato forse
realizzato già
dal III
millennio a.C.:
sono stati
infatti
rinvenuti, lungo
i due versanti
alpini, ritrovamenti
archeologici ascrivibili
a tale periodo
storico.
All'epoca
dei Salassi,
popolazione di
origine celtica che
abitava il Canavese e
la valle della Dora
Baltea, gli
spostamenti
quotidiani erano
probabilmente
garantiti da una
rete viaria
primitiva e
da un reticolo
di mulattiere che
si sviluppava
talvolta a
fondovalle e
principalmente a
quota lievemente
maggiore
rispetto
all'altitudine
della successiva
via delle
Gallie: tale
rete viaria
serviva anche a
collegare tra
loro i vari
insediamenti
abitativi (le civitates,
i municipia e
i pagi, che
a loro volta era
costituiti da vici)
situati a mezza
costa o lungo le
pendici alpine. La
via delle
Gallie, in latino,
era conosciuta
come via
Publica oppure
come strata
Publica.
Un
tratto di
mulattiera
preromana,
costituito da un
corridoio di
dieci gradini
scalpellati a
mano tra strette
rocce, venne
ritrovato anche
nei pressi di Avise,
nella zona di
Pierre Taillée Esistevano
anche strade
vere e proprie:
nell'Ottocento Pierre-Louis
Vescoz individuò
i resti di
un'antica strada preromana tra Pont-Saint-Martin
e Donnas,
detta chemin
des Salasses,
oggi ancora
visibili a
tratti, sebbene
questi ultimi
siano
estremamente
ridotti.
Le sostruzioni ciclopiche
nel tratto tra Bard
e Donnas (lat. Donasium)
sono datate non
molto prima
della nascita di Augusta
Praetoria,
ovvero della città
romana corrispondente
alla moderna Aosta,
che fu fondata
nel 25 a.C. La
Valle d'Aosta
era, fin
dall'antichità,
una naturale via
di transito di
uomini e merci.
Almeno
parte della
strada, in
particolare il
tratto che da Augusta
Praetoria si
diramava verso
le Alpi
Pennine, fosse
contemporaneo,
oppure
posteriore, alla
fondazione della
città.. Alcuni
storici svizzeri
concordano che
il tratto del colle
del Gran San
Bernardo risalga
all'epoca
dell'imperatore Claudio (41-54),
al quale sono
dedicati alcune pietre
miliari: Claudio
elevò infatti
l'antico oppidum
celtico di
Octodurus (oggi
Martigny) a municipium. Octodurus era
infatti una città
molto
importante,
tant'è che
costituiva uno
dei punti
terminali della
via delle
Gallie.
In epoca
medievale il
percorso della
via Francigena
lungo la Valle
d'Aosta venne
in parte a
sovrapporsi
all'antica via
delle Gallie
romana. Una
parete crollata
nei pressi di
Balmas, località
che si trova nei
pressi di Montjovet,
determinò lo
spostamento del
sedime stradale
della via
Francigena più
a valle rispetto
al tracciato
della strada
romana, che
invece fu
realizzato più
a monte.
A
causa
dell'esiguità
di spazio
pianeggiante a
fondovalle, che
è tipica delle
zone di
montagna, i
percorsi delle
moderne strada
statale 26 della
Valle d'Aosta e strada
statale 27 del
Gran San
Bernardo sono
per lunghi
tratti
sovrapposti ai
tracciati della
via delle Gallie
e della via
Francigena.
Parte dei tratti
della via delle
Gallie che non
coincidono con
le strade
statali, oppure
che
corrispondono a
strade non sono
asfaltate, si
sono poi
trasformati, a
causa della
mancanza di
manutenzione e
dell'incuria,
nel sentiero
CAI n. 103
(che è indicato
dai cartelli
come "via
Francigena"),
nel Chemin
des Vignobles e
in altri tratti
di sentieri
ancora oggi
molto
frequentati.
Attualmente,
all'interno del
programma Interreg IIIB
MEDOCC, sette
paesi europei
collaborano per
la
valorizzazione
delle antiche
vie romane, tra
le quali figura
anche la via
delle Gallie.
Nel 2005 è
stato messo in
sicurezza il
sito
archeologico di Donnas
dove è presente
il tratto meglio
conservato della
parte delle via
delle Gallie che
passava
attraverso la
moderna Valle
d'Aosta. Nuovi
interventi sono
stati svolti nel
2014,
nell'ambito del
progetto Interreg "La
via consolare
delle
Gallie".

Percorso
- La
via delle Gallie
iniziava a Mediolanum (l'attuale Milano),
dove intersecava
la via
Gallica, la via
Regina, la via
Spluga, la via
Mediolanum-Bellasium,
la via
Mediolanum-Bilitio,
la via
Mediolanum-Brixia,
la via
Mediolanum-Placentia,
la via
Mediolanum-Ticinum e
la via
Mediolanum-Verbannus,
per poi
proseguire verso Eporedia (Ivrea),
città che fu
costruita nel
100 a.C. per
volere del Senato
romano, e
continuare fino
ad Augusta
Praetoria (Aosta), città
romana fondata
nel 25 a.C.
Uscita
da Mediolanum attraverso Porta
Vercellina la
via delle Gallie
proseguiva verso Ad
Quartum (Quarto
Cagnino), Ad
Quintum (Quinto
Romano), Ad
Septimum (Settimo
Milanese),
Barasium
(Bareggio),
Curiapicta
(Corbetta),
Maxentia
(Magenta),
Tricastium
(Trecate),
Novaria
(Novara), Vicus
Longus (Vicolungo), Grecum (Greggio), Badaluchum (Balocco), Cerrodunum (Cerrione), Palatium (Palazzo
Canavese),
Bolenicum (Bollengo), Augusta
Eporedia (Ivrea), Quatiolum (Quassolo), Mons
Altus
Eporediensium (Montalto
Dora), Burgus
Francus
Eporediensis (Borgofranco
d'Ivrea), Septingesimum (Settimo
Vittone), Quingesimum (Quincinetto), Quadragesimum (Carema), Pons
Heliae
(Pont-Saint-Martin), Donasium (Donnas), Alnus (Hône), Castrum
Bardum (Bard), Arnadium (Arnad), Ixonia (Issogne),
Vitricum (Verrès),
Cillianum (Saint-Vincent), Castelium
Augustensium
Praetorianorum (Châtillon), Cambavia (Chambave), Ad
Fines
Augustensium (Fènis),
Nucetum (Nus), Quartum (Quart)
e giungendo ad Augusta
Praetoria (Aosta),
dove la via
delle Gallie si
biforcava in due
rami.
Da Augusta
Praetoria, un
ramo della
strada usciva
dalla Porta
Decumana dirigendosi
verso la Valdigne e
valicando poi il
passo Columna
Iovis (detta
anche in latino Alpis
Graia), oggi
chiamato colle
del Piccolo San
Bernardo.
Proseguiva poi
verso Lugdunum,
città romana
fondata nel 47
a.C. e oggi
chiamata Lione,
sua destinazione
finale.
L'altro
ramo usciva
invece dalla Porta
Principalis
Sinistra,
anch'essa di Augusta
Praetoria,
arrivando al
passo Mons
Iovis (chiamato
in latino anche Alpis
Poenina oppure Summus
Pœninus), oggi
detto passo colle
del Gran San
Bernardo, che
conduceva oltre
le Alpi verso
Octodurus
(Martigny), nel
moderno Canton
Vallese, in Svizzera.
Il
ramo che si
dirigeva verso Octodurus (Martigny),
superata Augusta
Praetoria,
attraversava Ginodium (Gignod),
dopo di cui
valicava il
passo del colle
del Gran San
Bernardo, per
poi dirigersi
verso Ursiores (Orsières)
e giungendo
infine a Octodurus,
destinazione
finale di questa
biforcazione. Il
ramo che invece
si dirigeva
verso Lugdunum,
passata Augusta
Praetoria,
attraversava Fundus
Gratianus (Gressan),
Fundus
Joventianus (Jovençan), Sarra (Sarre), Aimivilla (Aymavilles), Arvarium (Arvier), Avisio (Avise), Sala
Duria (La
Salle),
Moriacium
(Morgex), Araebrigium (Pré-Saint-Didier)
e Tuillia
Salassorum (La
Thuile), dopo di
cui valicava il
passo del colle
del Piccolo San
Bernardo, per
poi dirigersi
verso Sextum
Segetium (Séez), Capellae
Centronum (Les
Chapelles), Bellantrum (Bellentre), Axima (Aime),
Munsterium (Moûtiers), Aquae
Albae (Aigueblanche), Liscaria (La
Léchère), Fessona
Brigantiorum (Feissons-sur-Isère), Cevis (Cevins), Bastita (La
Bâthie), Turres (Tours-en-Savoie), Oblimum (Albertville), Hillium (Gilly-sur-Isère), Camusellum (Chamousset), Castrum
Novum Allobrogum
(Châteauneuf), Capanna
ad Melianum
Montem (La
Chavanne), Riparia (La
Ravoire),
Camberiacum
(Chambèry),
Nanciae (Nances)
Dulinum
(Dullin), Verale
Bellomontium (Verel-de-Montbel), Bellus
Mons ad
Tramonaecum (Belmont-Tramonet), Romagnieu (Romagnieu)
terminando a Lugdunum (Lione).

Il
passo Columna
Iovis divenne
praticabile
anche ai carri
grazie ai lavori
eseguiti dagli
antichi Romani,
durante i quali
la strada fu
ampliata e
lastricata: di
questo tratto
restano tracce a
partire dal faubourg di La
Thuile verso
la Grande
Golette, salendo
poi a Pont
Serran, e quindi
a nord delle mansiones e
del cromlech
del Piccolo San
Bernardo, complesso
megalitico situato
alla frontiera
tra l'Italia e
la Francia,
sul colle del
Piccolo San
Bernardo, in
corrispondenza
dello spartiacque dei bacini della Dora
Baltea e
dell'Isère. Lungo
il tratto della
via delle Gallie
che percorreva
la Valle d'Aosta
vennero fondati
vari centri
abitati e si
installarono le mutationes,
ovvero le
stazioni
destinate al
riposo e al
cambio degli animali
da soma, nonché
le mansiones.
Degno
di nota è il toponimo di Carema (lat. Quadragesimum),
che ricorda la
sua distanza di
quaranta miglia
romane da Augusta
Praetoria (lat. quadragesimum
lapidem ab
Augusta
Praetoria =
it.
"quarantesima pietra
miliare da
Aosta").
Secondo invece
altri studiosi
il nome della
moderna località
di Carema
deriverebbe da cameram,
ossia da
"dogana",
che vi ebbe in
effetti sede.
Per il transito
era previsto
anche un
pedaggio sul
valore delle
merci che
passavano dalle Gallie e
che erano
indirizzate
verso la penisola
italica.
Si
suppone che
anche altre
località romane
abbiano preso il
nome dalla
presenza della
specifica pietra
miliare presente
sul loro
territorio: tra
esse ci sono Quart (ad
quartum lapidem,
ovvero a quattro
miglia da
Aosta), Chétoz (ad
sextum lapidem,
ovvero a sei
miglia da
Aosta), Nus (ad
nonum lapidem,
ovvero a nove
miglia da
Aosta), Diémoz (ad
decimum lapidem,
ovvero a dieci
miglia da
Aosta), ecc. Le
altre città
miliari presenti
lungo la via
delle Gallie
sono Quarto
Cagnino (lat. Quartum), Quinto
Romano (Quintum), Settimo
Milanese
(Septimum),
Settimo Vittone (Septingesimum), Quincinetto (Quingesimum), Carema (Quadragesimum)
e Séez (Sextum
Segetium).
Non
tutte le città
miliari che
sorgevano lungo
la via delle
Gallie hanno
mantenuto un
ruolo di pari
rilievo anche in epoca
moderna e
in epoca
contemporanea:
alcune infatti
sono oggi
diventate
semplici frazioni di
moderni comuni.
Per alcune
località
potrebbe non
esserci più
corrispondenza
tra le distanze
da Augusta
Praetoria alle
originarie stationes indicate
dalle miglia
romane, con le
distanze
dall'attuale
Aosta ai
corrispondenti
centri abitati
moderni: non
sempre le
località
indicate dal
loro nome sono
infatti
perfettamente
corrispondenti,
per quanto
riguarda la
posizione, con
antiche località
romane (un
esempio sono le
moderne Quart ed
Aosta, che non
si trovano più
a quattro miglia
romane).
Tecniche
adottate
- La
via delle Gallie
fu un'imponente
opera
architettonica e
ingegneristica
che presentò
notevoli
difficoltà di
realizzazione:
per costruirla
furono infatti
adottate
soluzioni
tecniche
particolarmente
impegnative per
l'epoca, vista
la conformazione
del territorio
dove in parte
sorgeva, che è
montagnoso,
molto spesso con
la presenza di
passaggi
impervi.
Oltre
a realizzare la
strada nel
fondovalle con
solide
fondamenta,
andavano infatti
superate gole e torrenti,
tagliate pareti
rocciose,
realizzate
elevate
strutture di
sostegno su
pendii scoscesi
e costruiti acquedotti e ponti.
17
sono i ponti
costruiti per la
realizzazione
dell'imponente
tracciato; di
alcuni di questi
rimangono solo
le imponenti
rovine come, ad
esempio, i ponti
di Chatillon e
di Saint
Vincent; altri,
come quello di
Pont Saint
Martin,
costituiscono
singolarità
assoluta sia per
l'integrità con
cui sono
arrivati sino ai
nostri giorni,
sia per la
straordinaria
perfezione
ingegneristica
con la quale
venne
realizzato. Esso
è, in effetti,
un ardimentoso
progetto
architettonico;
scavalcando le
acque dell'Isis
a 23 m di
altezza con una
sola arcata
della lunghezza
straordinaria di
36 m, il ponte
ha costituito
fino alla metà
dell'Ottocento
il passaggio
obbligato verso
Aosta. Oggi non
solo è uno dei
più belli e
meglio
imoconservati
del mondo
romano, ma anche
il più grande
ponte esistente
ad una sola
campata.
Il
ponte acquedotto
di Pont d’Ael
fu realizzato
nel 3 a.C.;
sembrerebbe, da
recenti
interpretazioni,
ad uso esclusivo
di Avilio Caimo,
un potente
colono romano.
Il ponte forse
fu costruito per
accedere alle
zone minerarie
di Cogne. Esso
attraversa il
torrente Grand
Eyvia, le sue
dimensioni
imponenti, 52 m
di altezza e 50
m di lunghezza,
sono
caratterizzati
da un passaggio
pedonale
coperto, il
quale è
sovrastato da
una condotta
utilizzata, in
origine, per lo
scorrimento
dell'acqua.
Arco
di Augusto

L'imponente
monumento si
innalza ai
margini
orientali di
Aosta, presso il
corso del
Buthier,
perfettamente
allineato
sull'asse fra il
ponte romano e
la Porta
Praetoria che
costituiva
l'ingresso est
alla città
murata.
Fu
costruito nel 25
a.C. per
commemorare la
vittoria delle
truppe romane
del console Aulo
Terenzio Varrone
sulle fiere tribù
locali dei
Salassi e quale
omaggio ad
Augusto.
Imponente
per le forme
architettoniche
e la sobrietà
strutturale, è
a un solo
fornice (altezza
m 11.50,
larghezza 8.89)
ed è
interamente
costruito in
opera quadrata
di puddinga, il
conglomerato
locale. L'arcata
e le nicchie che
lo fiancheggiano
sulle due fronti
sono inquadrate
da un ordine di
semicolonne
corinzie
(quattro sulle
facciate e tre
sui fianchi) su
un alto zoccolo
continuo e da
una trabeazione
dorica a metope
lisce e
triglifi. La
cornice
d'imposta della
volta,
dall'ampio
archivolto a tre
fasce modanate
con corniciatura
esterna, è
sorretta da
basse lesene di
tipo corinzio,
poggiami sullo
zoccolo dei
piloni
d'inquadramento
dell'arcata;
all'interno del
fornice la
cadenza delle
lesene determina
regolari
partizioni con
funzione
architettonico-decorativa.
L'attico
venne sostituito
nel 1716 da un
tetto d'ardesia
a quattro
spioventi, per
evitare le
infiltrazioni, e
rinnovato nel
1912 in
occasione dei
lavori di
consolidamento.
Le statue ed i
trofei, che
ornavano le
nicchie e
l'attico,
vennero
asportati
durante le
invasioni
barbariche.
Sotto la volta
era posto il
crocifisso
ligneo
quattrocentesco
detto del Saint
Voult (del Santo
Volto),
collocato nel
1449: era
un'offerta
votiva per
scongiurare le
allora frequenti
inondazioni del
torrente Buthier,
le cui acque
tumultuose hanno
ricoperto gran
parte delle
tracce romane
della città. L'arco
di Augusto è
considerato il
simbolo della
città di Aosta.
Ponte
romano
In
realtà, il
primo manufatto
di età classica
che si incontra
oggi provenendo
dalla bassa
valle è il
passaggio sul Torrente
Buthier, che ha
mutato con le
sue piene il
profilo
morfologico
della piana di
Aosta e che
scorre ora più
a monte. Per
vederlo bisogna
percorrere il
moderno ponte
sul corso
d'acqua e
addentrarsi nel
sobborgo Ponte
di Pietra,
agglomeratosi
attorno
all'antica
"via
publica"
per le Gallie.
Di età augustea
e coevo alla
prima
sistemazione
urbanistica
della città, il
manufatto era
noto nel
Medioevo come
"pons
lapideus"
in
contrapposizione
al "pons
arcus",
gettato sul
nuovo alveo e già
attestato a
partire dal sec.
XII. Persa
l'antica
importanza e
progressivamente
interratosi,
venne sistemato
negli anni
'50-'60 del XX
secolo.
A
una sola arcata
(luce m. 15)
impostata su un
largo basamento
di forma
rettangolare,
presenta una
linea
d'intradosso a
sesto ribassato
segnata da una
ghiera di 31
conci
rastremati,
disposti
radialmente e
bugnati. È
opera di forte
risalto plastico
per la
robustezza delle
strutture a
grossi blocchi
di travertino e
di conglomerato:
le pile,
rinforzate e
contraffortate
alle testate,
sono
eccezionalmente
massicce, atte a
contenere la
caparbia
irruenza del
torrente
proveniente
dalla valle del
Gran San
Bernardo.
Sono
17 i ponti
romani costruiti
sulla strada
consolare delle
Gallie che
ancora
costellano la
Valle d'Aosta.
Di alcuni
rimangono
imponenti rovine,
come i ponti di Châtillon
e Saint-Vincent.
Altri, come
quello di
Pont-Saint-Martin,
costituiscono
rarità assolute
sia per
l'integrità con
cui sono giunti
sino a noi, sia
per la
straordinaria
ingegneria con
cui furono
realizzati.

I
ponti servivano
non solo alla
naturale
funzione di
punto di
attraversamento
ma erano un
segno di potenza
e solidità
costruttiva.
L'imponenza nella
costruzione,
destinata sia a
durare sia ad
incutere
rispetto, è
particolarmente
evidente nel
grande ponte di
Pont-Saint-Martin
sul torrente Lys.
Il monumentale e
ardito ponte
scavalca le
acque del Lys a
23 metri di
altezza con
un'unica arcata
della lunghezza
eccezionale di
36 metri.
Fino a
metà Ottocento
costituiva
ancora il
passaggio
obbligato verso
Aosta ed è oggi
non solo uno dei
più belli e
meglio
conservati del
mondo romano ma
anche il maggior
ponte esistente
ad una sola
campata: era
superato solo da
quello costruito
da Traiano sul
Danubio, poi
distrutto
durante le
invasioni
barbariche.
Il
ponte-acquedotto
di Pontel fu
realizzato nel 3
a.C. a spese ed
a uso, come
risulta da una
recente lettura,
di Avilio Caimo,
potente colono
romano il cui
nome avrebbe
battezzato la
vicina località
di Aymavilles.
Il poderoso
ponte romano
attraversa il
torrente Grand
Eyvia. È alto
52 metri e lungo
50, ha una sola
arcata ed è
caratterizzato
da un passaggio
pedonale coperto
sovrastato da
una condotta,
utilizzata in
origine per lo
scorrimento
dell' acqua. Era
un ponte
privato, forse
costruito per
accedere alle
zone minerarie
di Cogne.
Porta
Praetoria

La
funzione
strategica e
militare di
Aosta è
evidente dall'imponente
opera di
fortificazione
della città. La
cinta muraria è
una delle
fortificazioni
meglio
conservate
giunte fino ai
nostri giorni,
direttamente
dall'epoca
romana. Le mura
sono ancora oggi
percorribili
attraverso una
passeggiata
lunga circa 3
km.
Ai
quattro angoli
del quadrato
murario e ad
ogni 200 m.
circa si
conservano
ancora le torri.
Delle quattro
porti
costituenti
l'entrata alla
città, una per
ogni lati, si
conserva oggi
solo la Porta
Pretoria. Questa
porta costituiva
l'ingresso
orientale ad
Aosta. Di
dimensioni
monumentali
quest'opera
costituisce uno
dei più
interessanti ed
originali esempi
che il mondo
romano abbia
proposto quale
porta
costituende
direttamente una
fortificazione.
E'
formata da una
doppia cortina
muraria
parallela di
blocchi di
puddinga, aperta
in basso da tre
arcate (quella
centrale, più
larga e alta,
per il passaggio
dei carri; le
due laterali, più
piccole, per i
pedoni). La
cortina esterna
è spessa 4,50
metri, quella
interna 3,45
metri. La porta
è oggi
interrata di
quasi tre metri
a causa del
progressivo
innalzamento
della sede
stradale, dovuto
alle inondazioni
della Dora; il
basamento delle
arcate
meridionali,
riportato alla
luce, indica il
piano stradale
originario
romano. Lo
spazio racchiuso
fra le due
cortine
rappresentava il
cortile d'armi,
sopra le arcate
correva il
cammino di
ronda,
delimitato da
finestre ad arco
e difeso da due
torri angolari.

Sulla
fronte esterna
si alternano, in
una semplice ed
elegante
composizione
bicroma, avanzi
del rivestimento
in marmo bianco
e bardiglio di
Aymavilles,
forse della
prima metà del
I secolo;
dell'apparato
decorativo si
conservano
l'ampio
archivolto con
tracce della
decorazione a
foglie,
l'elegante
cornice corinzia
in marmo bianco
e le nicchie ai
lati del fornice
maggiore,
presumibilmente
per
statue.
Sul
lato
settentrionale
della cortina
interna, la
torre romanica
di pianta
quadrata, dimora
nel XII secolo
dei signori di
Quart,
massicciata e
ben conservata,
è nota anche
con altri nomi:
torre della
Vieille
Insinuation o
torre dei
Signori della
Porta di Sant'Orso.
Vi si riscuoteva
il pedaggio a
favore del
vescovo di Aosta
per le merci
introdotte in
città;
privilegio
conservato dai
conti di Savoia
nel 1191 e nel
1239. Il piano
terreno è
adibito ad
esposizioni
fotografiche e
pittoriche.
La
facciata esterna
era decorata con
lastre di
bardiglio verdi
e da ornamenti
classici quali
foglie d'acanto
e ovuli. Di tale
rivestimenti e
decorazioni
restano però
pochissime
tracce.
In
epoca medioevale
la porta venne
denominata Porta
Santi Sursi,
prendendo il
nome dalla
nobile famiglia
che si insediò
in una delle
torri laterali.
Fin
dal XII secolo
è documentata
la presenza di
una cappella
absidata
dedicata alla
Santissima
Trinità. Da qui
il nome di Porta
della Trinité
con il quale
venne talvolta
indicata in
documenti
medioevali.
Torre
di Porta
Sant'Orso
La
Torre dei
Signori de Porta
Sancti Ursi
(lett. di
Porta Sant'Orso;
in francese, Seigneurs
de la Porte
Saint-Ours)
fu innalzata in
epoca medievale
per volere dei
Signori di Porta
Sant'Orso sulle
antiche mura
romane della Porta
Praetoria prelevando
da queste i
blocchi di
calcare utili
alla sua
costruzione.
I
de Porta Sancti
Ursi, nobili
eminenti che
contano tra i
membri della
famiglia anche vescovi
di Aosta e Diocesi
di Ginevra e
un beato,
vi abitarono
fino al 1185,
quando si
trasferirono nel Castello
di Quart. In
seguito furono
definiti Signori
di Quart (in
francese, Seigneurs
de Quart).
L'ingresso
primitivo della
Torre dei
Signori de Porta
Sancti Ursi si
trovava sulla
facciata
meridionale
dell'edificio,
dato che in tale
epoca a nord
erano addossati
altri
edifici.
Sotto
una delle arcate
della torre si
trovava il forno
banale di
quartiere. Si
nota ancora
l'adattamento
della cavità
per la
saracinesca di
epoca romana a
camino. La
merlatura antica
è oggi coperta
da un tetto,
mentre sono
ancora visibili
le antiche
feritoie e una
finestra a
crociera sul
lato di ponente
della
torre.
Fu
detta anche Tour
de l'Insinuation nell'Ottocento,
quando a partire
dal 1830 ospitò
gli archivi.
Giugno
2013
Fonte
Pag.
2
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