Aosta

    

  

Posta in una vasta conca verdeggiante dominata da una chiostra di imponenti montagne, alla confluenza del torrente Buthier con la Dora Baltea, Aosta è città interessante per il suggestivo scenario naturale, le grandiose vestigia del passato e l'attuale aspetto vivace e operoso; le costruzioni moderne si stendono notevolmente intorno al nucleo delle mura, che conserva monumenti austeri e solenni, tesori d'arte soprattutto romani e medievali.

È capoluogo della Regione autonoma Valle d'Aosta, secondo lo statuto speciale promulgato nel 1948, ultimo atto di quelle libertà che i Savoia riconobbero già nel 1191 agli Aostani, da sempre fieri sostenitori del diritto di amministrarsi secondo i propri costumi e tradizioni.

Le caratteristiche morfologiche del terreno, quali la presenza di due fiumi confluenti e di una zona aperta e pianeggiante furono gli elementi che determinarono la scelta dello spazio per l'edificazione ex novo della città romana, nel luogo di biforcazione delle antiche vie per i valichi dell'"Alpis Graia" (Piccolo San Bernardo) e dell'"Alpis Poenina" (Gran San Bernardo).

Nel ritmo distributivo della rete stradale, individuabile dagli assi delle cloache sottostanti, si riconosce una triplice gerarchia di percorsi. Alle due arterie più importanti, il decumanus maximus e il cardo maximus si affiancavano le strade secondarie, attestate alle torri che delimitavano gruppi di quattro isolati. Un ulteriore frazionamento della rete secondaria scandiva il modulo dell'isolato base - la cosiddetta insula - costante e regolare, corrispondente a m 75x57.5. La larghezza delle sedi stradali minori, spesso porticate su un lato, oscillava tra i m. 3.5 e i 5, mentre il decumanus maximus, escluse le "crepidines" (marciapiedi), raggiungeva i m. 9.46; anche il cardo maximus sembra presentare analoghe caratteristiche. L'asportazione del basolato stradale, almeno nei tratti esplorati, risale al V-VI secolo; innalzamenti del suolo naturali o artificiali e le prime occupazioni altomedievali hanno determinato l'andamento sinuoso delle vie del centro storico.

La funzione politico-strategica che determinò il sorgere della città è sottolineata dalla cinta muraria fortificata, delimitazione monumentale dello spazio urbano, che costituiva un rettangolo di m. 727.6 x 574 in opera quadrata di travertino quasi interamente conservato. Lungo il perimetro e ai quattro angoli erano distribuite a intervalli regolari 20 torri quadrangolari a due piani, delle quali risultano ancora pressoché integre quelle del Pailleron e del Lebbroso.  

La comunicazione con il territorio circostante avveniva, come di consueto nelle città romane, attraverso quattro porte disposte alle estremità dei due assi stradali principali. A oriente sì apriva la grandiosa e monumentale "Porta Praetoria", a occidente la "Porta decumana" di più modeste dimensioni, a settentrione la "Porta principalis sinistra" e a mezzogiorno la "Porta principalis dextera".

Le vie principali avevano anche la funzione di suddividere e delimitare aree urbane di diversa destinazione. Nel settore nord-est, la zona più elevata della città, erano dislocati i principali edifici pubblici. Nell'ambito del Foro si collocavano anche le terme, mentre gli edifici per pubblici spettacoli (teatro e anfiteatro), in stretta connessione planimetrica e geometricamente definiti, erano collocati al margine della zona urbanizzata, in prossimità della "Porta Praetoria". Le costruzioni private, che rispecchiavano le tipologie classiche della domus signorile, erano concentrate prevalentemente a sud del decumanus maximus; con la crescita della popolazione, verificatasi attorno alla metà del il secolo, sorsero case anche in periferia, con pian­terreno di solito riservato alle botteghe o ai laboratori di artigiani.  

Nelle aree extramuranee immediatamente fuori delle porte urbiche e adiacenti alle vie afferenti alla città si stendevano vaste zone adibite a necropoli. Una maggior densità e una diffusione estensiva degli impianti sepolcrali si rileva a oriente e a occidente della città, mentre la dilatazione insediativa extraurbana non accentrata interessò le pendici collinari a settentrione e a sud-ovest, con ville suburbane a carattere residenziale-produttivo e costruzioni più semplici a carattere prettamente rurale. Nelle zone pianeggianti a sud della Dora Baltea (piana di Gressan) dovevano esistere agglomerati minori e impianti produttivi che provvedevano ai bisogni primari e alla sopravvivenza stessa della città.  

Poco documentati sono i cinque secoli che portarono "Augusta Praetoria", dopo la caduta dell'impero romano, a diventare parte integrante dei domini sabaudi. Non più baluardo contro le invasioni barbariche (Goti, Longobardi, Franchi, e anche Saraceni e Ungheri), la città si spopolò e si ridusse a borgo rurale soggetto alle frequenti piene e agli straripamenti del torrente Buthier: il materiale alluvionale seppellì gradualmente i resti di importanti edifici ormai abbandonati. Dopo il Mille, la città cominciò a ripopolarsi e, poiché il terreno non mancava, ovunque sorsero giardini, orti e frutteti.

Nel 1025 Aosta venne ceduta dal re di Borgogna a Umberto Biancamano, fondatore della casata dei Savoia, alle cui sorti la città rimase legata stabilmente. Nel 1191 Tommaso I di Savoia concesse la "Carta delle Franchigie", e la "cité d'Aoste", pur facendo parte, prima come contea e poi come ducato, dello Stato sabaudo, seppe sempre difendere i privilegi e le libertà conquistate.

Nel Medioevo, dunque, la città, chiamata semplicemente "Augusta", rifiorì e divenne centro di un microcosmo politico, culturale e commerciale posto a cavallo delle Alpi, che vide l'affermarsi dell'autorità religiosa, emblematicamente espressa in due importanti poli monumentali: la Cattedrale e la collegiata dei Ss. Pietro e Orso, intorno alle quali si aggregarono due nuclei urbani, l'uno all'interno e l'altro all'esterno delle mura; sulla cinta fortificata vennero erette le case-torri dei signori feudali. Alle quattro tradizionali porte romane se ne aggiunsero tre nuove. Altre tre porte furono costruite all'interno stesso della città, che fu divisa in altrettanti quartieri, con organi giuridici separati e spesso in lotta tra loro. Ogni quartiere aveva un proprio mercato e un proprio ospedale. Esistevano inoltre tre sobborghi strettamente legati alla città: a ovest "Saint-Genis", a nord "Saint-Étienne"; a est quello del Ponte di Pietra. Mentre la divisione in quartieri fu eliminata nella seconda metà del Trecento dai Savoia, a causa dei conflitti che essi creavano tra i cittadini, si consolidò invece la divisione tra città e borgo, ognuno con organi amministrativi diversi, che in sostanza durò fino al 1839.  

Con lo spostamento della capitale del ducato da Chambéry a Torino da parte dei Savoia (1563), la Valle d'Aosta da centro di transiti internazionali divenne una provincia periferica. Ne conseguì una crisi economica tale che, per oltre due secoli, pochi furono gli interventi che modificarono in qualche modo l'aspetto di Aosta. La fiorente città, centro di vita culturale e artistica, si trasformò progressivamente in borgo rurale. Le attività principali degli Aostani divennero l'agricoltura e la pastorizia, e gran parte del suolo interno alle mura venne riservata al pascolo e alla coltivazione. Nel 1720 gli abitanti erano 2800 e quasi una metà del territorio urbano era occupato dal clero e dagli ordini religiosi.  

L'età moderna vide soprattutto l'impor­tante operazione ottocentesca della creazione del centro civico, con la definizione della grande piazza su cui prospetta il Municipio neoclassico e della fascia direzionale fra questo edificio pubblico e la stazione ferroviaria: operazione urba­nistica esemplare di collegamento e unificazione tra la "città" e il "borgo".  

Nel XX secolo Aosta si è molto ingrandita. Un primo ampliamento fu conseguenza dell'insediamento degli stabilimenti industriali della Società anonima nazionale Cogne in una zona immediatamente a sud dell'abitato, vicino alla ferrovia; nel 1916-20, verso ovest fu costruito il primo insediamento residenziale per ospitarne le maestranze e i dirigenti, cui seguirono numerosi altri quartieri d'abitazione. Nel 1930, con l'istituzione della Provincia, un'ulteriore espansione urbanistica, questa volta legata a uffici e servizi, si loca­lizzò soprattutto lungo la fascia centrale tra Municipio e stazione ferroviaria, dove vennero eretti numerosi edifici pubblici (tribunale, poste, scuole). Il terziario aumentò ulteriormente dal 1948 con la concessione dello statuto speciale relativo alla Regione: solo allora la città cominciò a crescere a macchia d'olio, con una fascia periferica molto estesa che oggi accerchia il centro storico. La popolazione, che nel 1901 era di 7554 abitanti, nel 1978 arrivò a toccare una punta massima di 39.161 unità, corrispondente, come oggi, a poco meno di un terzo della popolazione dell'intera valle, a seguito dell'immigrazione da altre regioni e dello spopolamento montano.  

Ultimo passo, in ordine di tempo, per adattare la città al nuovo millennio è stata l'adozione (1991), da parte dell'amministrazione comunale, di un nuovo piano regolatore, definitivamente approvato nel 2000.  

Itinerari culturali

La fondazione di "Augusta Praetoria" nel 25 a.C. è l'epilogo di una lunga e aspra vicenda militare e politica condotta dai Romani nella valle. La città non fu solo un avamposto stabile a controllo dei valichi alpini, ma l'episodio centrale di una ristrutturazione globale del territorio, che previde insieme il tracciamento della rete viaria, l'impianto della città e l'organizzazione della campagna circostante in "centurie", con la volontà politica precisa di consolidare la conquista con la trasformazione sociale e lo sviluppo economico.

La città nata per volontà di Augusto fu tra le ultime fondate nell'Italia Cisalpina. Raccolse quindi l'esperienza di un'urbanistica pianificata, già sperimentata in tante altre colonie; anzi, molti vedono in essa la città romana ideale, costruita secondo i canoni di una civiltà giunta all'apice della sua potenza e anche della cultura urbanistica dei suoi architetti.

Gli insediamenti nei secoli successivi non hanno stravolto la struttura romana. Piuttosto, il torrente Buthier, con le sue piene, ha sepolto del tutto o in parte i resti di molte costruzioni del periodo. Perciò oggi "Augusta Praetoria" è in generale una città che affiora dal terreno di mano in mano che gli scavi procedono.  

La strada delle Gallie

La via delle Gallie, chiamata anche strada delle Gallie, fu una strada romana consolare fatta costruire da Augusto sulla traccia di sentieri preesistenti per collegare la Gallia Cisalpina situata in Pianura Padana con la Gallia Transalpina, da cui il nome della strada. Prima opera pubblica realizzata dai Romani in Valle d'Aosta, attraversava in parte le moderne Italia, Francia e la Svizzera.

Fu creata per facilitare l'espansione militare e politica romana verso le Alpi che si concretizzò poi con la conquista di Rezia ed arco alpino sotto Augusto. La via delle Gallie iniziava da Mediolanum (la moderna Milano) e passava per Augusta Eporedia (Ivrea) biforcandosi in due rami all'altezza di Augusta Praetoria (Aosta).

Da Augusta Praetoria un ramo della strada si dirigeva verso il passo del colle del Piccolo San Bernardo fino a Lugdunum (Lione), mentre l'altra diramazione giungeva al passo del colle del Gran San Bernardo per poi condurre verso Octodurus (Martigny), nel moderno Canton Vallese, in Svizzera. In epoca medievale vi si sovrapporrà il tracciato della via Francigena e del Leiðarvísir, mentre nel XX secolo, per lunghi tratti, coincide con la strada statale 26 della Valle d'Aosta e la strada statale 27 del Gran San Bernardo.

Storia - In epoca antica le vie di comunicazione in Valle d'Aosta avevano un tracciato praticamente obbligato a causa della morfologia montana; in particolare, queste vie, erano spesso costruite lungo il crinale dei monti per evitare il talweg della valle, che era soggetta agli straripamenti della Dora Baltea, i quali potevano causare la formazione di acquitrini. Un tracciato lungo la Dora Baltea, nonostante questi problemi, è stato forse realizzato già dal III millennio a.C.: sono stati infatti rinvenuti, lungo i due versanti alpini, ritrovamenti archeologici ascrivibili a tale periodo storico.

All'epoca dei Salassi, popolazione di origine celtica che abitava il Canavese e la valle della Dora Baltea, gli spostamenti quotidiani erano probabilmente garantiti da una rete viaria primitiva e da un reticolo di mulattiere che si sviluppava talvolta a fondovalle e principalmente a quota lievemente maggiore rispetto all'altitudine della successiva via delle Gallie: tale rete viaria serviva anche a collegare tra loro i vari insediamenti abitativi (le civitates, i municipia e i pagi, che a loro volta era costituiti da vici) situati a mezza costa o lungo le pendici alpine. La via delle Gallie, in latino, era conosciuta come via Publica oppure come strata Publica.

Un tratto di mulattiera preromana, costituito da un corridoio di dieci gradini scalpellati a mano tra strette rocce, venne ritrovato anche nei pressi di Avise, nella zona di Pierre Taillée Esistevano anche strade vere e proprie: nell'Ottocento Pierre-Louis Vescoz individuò i resti di un'antica strada preromana tra Pont-Saint-Martin e Donnas, detta chemin des Salasses, oggi ancora visibili a tratti, sebbene questi ultimi siano estremamente ridotti.

Le sostruzioni ciclopiche nel tratto tra Bard e Donnas (lat. Donasium) sono datate non molto prima della nascita di Augusta Praetoria, ovvero della città romana corrispondente alla moderna Aosta, che fu fondata nel 25 a.C. La Valle d'Aosta era, fin dall'antichità, una naturale via di transito di uomini e merci. 

Almeno parte della strada, in particolare il tratto che da Augusta Praetoria si diramava verso le Alpi Pennine, fosse contemporaneo, oppure posteriore, alla fondazione della città.. Alcuni storici svizzeri concordano che il tratto del colle del Gran San Bernardo risalga all'epoca dell'imperatore Claudio (41-54), al quale sono dedicati alcune pietre miliari: Claudio elevò infatti l'antico oppidum celtico di Octodurus (oggi Martigny) a municipium. Octodurus era infatti una città molto importante, tant'è che costituiva uno dei punti terminali della via delle Gallie.

In epoca medievale il percorso della via Francigena lungo la Valle d'Aosta venne in parte a sovrapporsi all'antica via delle Gallie romana. Una parete crollata nei pressi di Balmas, località che si trova nei pressi di Montjovet, determinò lo spostamento del sedime stradale della via Francigena più a valle rispetto al tracciato della strada romana, che invece fu realizzato più a monte.  

A causa dell'esiguità di spazio pianeggiante a fondovalle, che è tipica delle zone di montagna, i percorsi delle moderne strada statale 26 della Valle d'Aosta e strada statale 27 del Gran San Bernardo sono per lunghi tratti sovrapposti ai tracciati della via delle Gallie e della via Francigena. Parte dei tratti della via delle Gallie che non coincidono con le strade statali, oppure che corrispondono a strade non sono asfaltate, si sono poi trasformati, a causa della mancanza di manutenzione e dell'incuria, nel sentiero CAI n. 103 (che è indicato dai cartelli come "via Francigena"), nel Chemin des Vignobles e in altri tratti di sentieri ancora oggi molto frequentati.

Attualmente, all'interno del programma Interreg IIIB MEDOCC, sette paesi europei collaborano per la valorizzazione delle antiche vie romane, tra le quali figura anche la via delle Gallie. Nel 2005 è stato messo in sicurezza il sito archeologico di Donnas dove è presente il tratto meglio conservato della parte delle via delle Gallie che passava attraverso la moderna Valle d'Aosta. Nuovi interventi sono stati svolti nel 2014, nell'ambito del progetto Interreg "La via consolare delle Gallie".

Percorso - La via delle Gallie iniziava a Mediolanum (l'attuale Milano), dove intersecava la via Gallica, la via Regina, la via Spluga, la via Mediolanum-Bellasium, la via Mediolanum-Bilitio, la via Mediolanum-Brixia, la via Mediolanum-Placentia, la via Mediolanum-Ticinum e la via Mediolanum-Verbannus, per poi proseguire verso Eporedia (Ivrea), città che fu costruita nel 100 a.C. per volere del Senato romano, e continuare fino ad Augusta Praetoria (Aosta), città romana fondata nel 25 a.C.

Uscita da Mediolanum attraverso Porta Vercellina la via delle Gallie proseguiva verso Ad Quartum (Quarto Cagnino), Ad Quintum (Quinto Romano), Ad Septimum (Settimo Milanese), Barasium (Bareggio), Curiapicta (Corbetta), Maxentia (Magenta), Tricastium (Trecate), Novaria (Novara), Vicus Longus (Vicolungo), Grecum (Greggio), Badaluchum (Balocco), Cerrodunum (Cerrione), Palatium (Palazzo Canavese), Bolenicum (Bollengo), Augusta Eporedia (Ivrea), Quatiolum (Quassolo), Mons Altus Eporediensium (Montalto Dora), Burgus Francus Eporediensis (Borgofranco d'Ivrea), Septingesimum (Settimo Vittone), Quingesimum (Quincinetto), Quadragesimum (Carema), Pons Heliae (Pont-Saint-Martin), Donasium (Donnas), Alnus (Hône), Castrum Bardum (Bard), Arnadium (Arnad), Ixonia (Issogne), Vitricum (Verrès), Cillianum (Saint-Vincent), Castelium Augustensium Praetorianorum (Châtillon), Cambavia (Chambave), Ad Fines Augustensium (Fènis), Nucetum (Nus), Quartum (Quart) e giungendo ad Augusta Praetoria (Aosta), dove la via delle Gallie si biforcava in due rami.

Da Augusta Praetoria, un ramo della strada usciva dalla Porta Decumana dirigendosi verso la Valdigne e valicando poi il passo Columna Iovis (detta anche in latino Alpis Graia), oggi chiamato colle del Piccolo San Bernardo. Proseguiva poi verso Lugdunum, città romana fondata nel 47 a.C. e oggi chiamata Lione, sua destinazione finale.

L'altro ramo usciva invece dalla Porta Principalis Sinistra, anch'essa di Augusta Praetoria, arrivando al passo Mons Iovis (chiamato in latino anche Alpis Poenina oppure Summus Pœninus), oggi detto passo colle del Gran San Bernardo, che conduceva oltre le Alpi verso Octodurus (Martigny), nel moderno Canton Vallese, in Svizzera.

Il ramo che si dirigeva verso Octodurus (Martigny), superata Augusta Praetoria, attraversava Ginodium (Gignod), dopo di cui valicava il passo del colle del Gran San Bernardo, per poi dirigersi verso Ursiores (Orsières) e giungendo infine a Octodurus, destinazione finale di questa biforcazione. Il ramo che invece si dirigeva verso Lugdunum, passata Augusta Praetoria, attraversava Fundus Gratianus (Gressan), Fundus Joventianus (Jovençan), Sarra (Sarre), Aimivilla (Aymavilles), Arvarium (Arvier), Avisio (Avise), Sala Duria (La Salle), Moriacium (Morgex), Araebrigium (Pré-Saint-Didier) e Tuillia Salassorum (La Thuile), dopo di cui valicava il passo del colle del Piccolo San Bernardo, per poi dirigersi verso Sextum Segetium (Séez), Capellae Centronum (Les Chapelles), Bellantrum (Bellentre), Axima (Aime), Munsterium (Moûtiers), Aquae Albae (Aigueblanche), Liscaria (La Léchère), Fessona Brigantiorum (Feissons-sur-Isère), Cevis (Cevins), Bastita (La Bâthie), Turres (Tours-en-Savoie), Oblimum (Albertville), Hillium (Gilly-sur-Isère), Camusellum (Chamousset), Castrum Novum Allobrogum (Châteauneuf), Capanna ad Melianum Montem (La Chavanne), Riparia (La Ravoire), Camberiacum (Chambèry), Nanciae (Nances) Dulinum (Dullin), Verale Bellomontium (Verel-de-Montbel), Bellus Mons ad Tramonaecum (Belmont-Tramonet), Romagnieu (Romagnieu) terminando a Lugdunum (Lione).

Il passo Columna Iovis divenne praticabile anche ai carri grazie ai lavori eseguiti dagli antichi Romani, durante i quali la strada fu ampliata e lastricata: di questo tratto restano tracce a partire dal faubourg di La Thuile verso la Grande Golette, salendo poi a Pont Serran, e quindi a nord delle mansiones e del cromlech del Piccolo San Bernardo, complesso megalitico situato alla frontiera tra l'Italia e la Francia, sul colle del Piccolo San Bernardo, in corrispondenza dello spartiacque dei bacini della Dora Baltea e dell'Isère. Lungo il tratto della via delle Gallie che percorreva la Valle d'Aosta vennero fondati vari centri abitati e si installarono le mutationes, ovvero le stazioni destinate al riposo e al cambio degli animali da soma, nonché le mansiones.

Degno di nota è il toponimo di Carema (lat. Quadragesimum), che ricorda la sua distanza di quaranta miglia romane da Augusta Praetoria (lat. quadragesimum lapidem ab Augusta Praetoria = it. "quarantesima pietra miliare da Aosta"). Secondo invece altri studiosi il nome della moderna località di Carema deriverebbe da cameram, ossia da "dogana", che vi ebbe in effetti sede. Per il transito era previsto anche un pedaggio sul valore delle merci che passavano dalle Gallie e che erano indirizzate verso la penisola italica.

Si suppone che anche altre località romane abbiano preso il nome dalla presenza della specifica pietra miliare presente sul loro territorio: tra esse ci sono Quart (ad quartum lapidem, ovvero a quattro miglia da Aosta), Chétoz (ad sextum lapidem, ovvero a sei miglia da Aosta), Nus (ad nonum lapidem, ovvero a nove miglia da Aosta), Diémoz (ad decimum lapidem, ovvero a dieci miglia da Aosta), ecc. Le altre città miliari presenti lungo la via delle Gallie sono Quarto Cagnino (lat. Quartum), Quinto Romano (Quintum), Settimo Milanese (Septimum), Settimo Vittone (Septingesimum), Quincinetto (Quingesimum), Carema (Quadragesimum) e Séez (Sextum Segetium).

Non tutte le città miliari che sorgevano lungo la via delle Gallie hanno mantenuto un ruolo di pari rilievo anche in epoca moderna e in epoca contemporanea: alcune infatti sono oggi diventate semplici frazioni di moderni comuni. Per alcune località potrebbe non esserci più corrispondenza tra le distanze da Augusta Praetoria alle originarie stationes indicate dalle miglia romane, con le distanze dall'attuale Aosta ai corrispondenti centri abitati moderni: non sempre le località indicate dal loro nome sono infatti perfettamente corrispondenti, per quanto riguarda la posizione, con antiche località romane (un esempio sono le moderne Quart ed Aosta, che non si trovano più a quattro miglia romane).

Tecniche adottate - La via delle Gallie fu un'imponente opera architettonica e ingegneristica che presentò notevoli difficoltà di realizzazione: per costruirla furono infatti adottate soluzioni tecniche particolarmente impegnative per l'epoca, vista la conformazione del territorio dove in parte sorgeva, che è montagnoso, molto spesso con la presenza di passaggi impervi.  

Oltre a realizzare la strada nel fondovalle con solide fondamenta, andavano infatti superate gole e torrenti, tagliate pareti rocciose, realizzate elevate strutture di sostegno su pendii scoscesi e costruiti acquedotti e ponti.

17 sono i ponti costruiti per la realizzazione dell'imponente tracciato; di alcuni di questi rimangono solo le imponenti rovine come, ad esempio, i ponti di Chatillon e di Saint Vincent; altri, come quello di Pont Saint Martin, costituiscono singolarità assoluta sia per l'integrità con cui sono arrivati sino ai nostri giorni, sia per la straordinaria perfezione ingegneristica con la quale venne realizzato. Esso è, in effetti, un ardimentoso progetto architettonico; scavalcando le acque dell'Isis a 23 m di altezza con una sola arcata della lunghezza straordinaria di 36 m, il ponte ha costituito fino alla metà dell'Ottocento il passaggio obbligato verso Aosta. Oggi non solo è uno dei più belli e meglio imoconservati del mondo romano, ma anche il più grande ponte esistente ad una sola campata.

Il ponte acquedotto di Pont d’Ael fu realizzato nel 3 a.C.; sembrerebbe, da recenti interpretazioni, ad uso esclusivo di Avilio Caimo, un potente colono romano. Il ponte forse fu costruito per accedere alle zone minerarie di Cogne. Esso attraversa il torrente Grand Eyvia, le sue dimensioni imponenti, 52 m di altezza e 50 m di lunghezza, sono caratterizzati da un passaggio pedonale coperto, il quale è sovrastato da una condotta utilizzata, in origine, per lo scorrimento dell'acqua. 

Arco di Augusto

L'imponente monumento si innalza ai margini orientali di Aosta, presso il corso del Buthier, perfettamente allineato sull'asse fra il ponte romano e la Porta Praetoria che costituiva l'ingresso est alla città murata.

Fu costruito nel 25 a.C. per commemorare la vittoria delle truppe romane del console Aulo Terenzio Varrone sulle fiere tribù locali dei Salassi e quale omaggio ad Augusto.

Imponente per le forme architettoniche e la sobrietà strutturale, è a un solo fornice (altezza m 11.50, larghezza 8.89) ed è interamente costruito in opera quadrata di puddinga, il conglomerato locale. L'arcata e le nicchie che lo fiancheggiano sulle due fronti sono inquadrate da un ordine di semicolonne corinzie (quattro sulle facciate e tre sui fianchi) su un alto zoccolo continuo e da una trabeazione dorica a metope lisce e triglifi. La cornice d'imposta della volta, dall'ampio archivolto a tre fasce modanate con corniciatura esterna, è sorretta da basse lesene di tipo corinzio, poggiami sullo zoccolo dei piloni d'inquadramento dell'arcata; all'interno del fornice la cadenza delle lesene determina regolari partizioni con funzione architettonico-decorativa.

L'attico venne sostituito nel 1716 da un tetto d'ardesia a quattro spioventi, per evitare le infiltrazioni, e rinnovato nel 1912 in occasione dei lavori di consolidamento. 

Le statue ed i trofei, che ornavano le nicchie e l'attico, vennero asportati durante le invasioni barbariche. Sotto la volta era posto il crocifisso ligneo quattrocentesco detto del Saint Voult (del Santo Volto), collocato nel 1449: era un'offerta votiva per scongiurare le allora frequenti inondazioni del torrente Buthier, le cui acque tumultuose hanno ricoperto gran parte delle tracce romane della città. L'arco di Augusto è considerato il simbolo della città di Aosta.

Ponte romano  

In realtà, il primo manufatto di età classica che si incontra oggi provenendo dalla bassa valle è il passaggio sul Torrente Buthier, che ha mutato con le sue piene il profilo morfologico della piana di Aosta e che scorre ora più a monte. Per vederlo bisogna percorrere il moderno ponte sul corso d'acqua e addentrarsi nel sobborgo Ponte di Pietra, agglomeratosi attorno all'antica "via publica" per le Gallie. Di età augustea e coevo alla prima sistemazione urbanistica della città, il manufatto era noto nel Medioevo come "pons lapideus" in contrapposizione al "pons arcus", gettato sul nuovo alveo e già attestato a partire dal sec. XII. Persa l'antica importanza e progressivamente interratosi, venne sistemato negli anni '50-'60 del XX secolo.

A una sola arcata (luce m. 15) impostata su un largo basamento di forma rettangolare, presenta una linea d'intradosso a sesto ribassato segnata da una ghiera di 31 conci rastremati, disposti radialmente e bugnati. È opera di forte risalto plastico per la robustezza delle strutture a grossi blocchi di travertino e di conglomerato: le pile, rinforzate e contraffortate alle testate, sono eccezionalmente massicce, atte a contenere la caparbia irruenza del torrente proveniente dalla valle del Gran San Bernardo.

Sono 17 i ponti romani costruiti sulla strada consolare delle Gallie che ancora costellano la Valle d'Aosta. Di alcuni rimangono imponenti rovine, come i ponti di Châtillon e Saint-Vincent. Altri, come quello di Pont-Saint-Martin, costituiscono rarità assolute sia per l'integrità con cui sono giunti sino a noi, sia per la straordinaria ingegneria con cui furono realizzati.

I ponti servivano non solo alla naturale funzione di punto di attraversamento ma erano un segno di potenza e solidità costruttiva. L'imponenza nella costruzione, destinata sia a durare sia ad incutere rispetto, è particolarmente evidente nel grande ponte di Pont-Saint-Martin sul torrente Lys. Il monumentale e ardito ponte scavalca le acque del Lys a 23 metri di altezza con un'unica arcata della lunghezza eccezionale di 36 metri.

Fino a metà Ottocento costituiva ancora il passaggio obbligato verso Aosta ed è oggi non solo uno dei più belli e meglio conservati del mondo romano ma anche il maggior ponte esistente ad una sola campata: era superato solo da quello costruito da Traiano sul Danubio, poi distrutto durante le invasioni barbariche.

Il ponte-acquedotto di Pontel fu realizzato nel 3 a.C. a spese ed a uso, come risulta da una recente lettura, di Avilio Caimo, potente colono romano il cui nome avrebbe battezzato la vicina località di Aymavilles. 

Il poderoso ponte romano attraversa il torrente Grand Eyvia. È alto 52 metri e lungo 50, ha una sola arcata ed è caratterizzato da un passaggio pedonale coperto sovrastato da una condotta, utilizzata in origine per lo scorrimento dell' acqua. Era un ponte privato, forse costruito per accedere alle zone minerarie di Cogne.

Porta Praetoria

La funzione strategica e militare di Aosta è evidente dall'imponente opera di fortificazione della città. La cinta muraria è una delle fortificazioni meglio conservate giunte fino ai nostri giorni, direttamente dall'epoca romana. Le mura sono ancora oggi percorribili attraverso una passeggiata lunga circa 3 km. 

Ai quattro angoli del quadrato murario e ad ogni 200 m. circa si conservano ancora le torri. Delle quattro porti costituenti l'entrata alla città, una per ogni lati, si conserva oggi solo la Porta Pretoria. Questa porta costituiva l'ingresso orientale ad Aosta. Di dimensioni monumentali quest'opera costituisce uno dei più interessanti ed originali esempi che il mondo romano abbia proposto quale porta costituende direttamente una fortificazione.

E' formata da una doppia cortina muraria parallela di blocchi di puddinga, aperta in basso da tre arcate (quella centrale, più larga e alta, per il passaggio dei carri; le due laterali, più piccole, per i pedoni). La cortina esterna è spessa 4,50 metri, quella interna 3,45 metri. La porta è oggi interrata di quasi tre metri a causa del progressivo innalzamento della sede stradale, dovuto alle inondazioni della Dora; il basamento delle arcate meridionali, riportato alla luce, indica il piano stradale originario romano. Lo spazio racchiuso fra le due cortine rappresentava il cortile d'armi, sopra le arcate correva il cammino di ronda, delimitato da finestre ad arco e difeso da due torri angolari.

Sulla fronte esterna si alternano, in una semplice ed elegante composizione bicroma, avanzi del rivestimento in marmo bianco e bardiglio di Aymavilles, forse della prima metà del I secolo; dell'apparato decorativo si conservano l'ampio archivolto con tracce della decorazione a foglie, l'elegante cornice corinzia in marmo bianco e le nicchie ai lati del fornice maggiore, presumibilmente per statue. 

Sul lato settentrionale della cortina interna, la torre romanica di pianta quadrata, dimora nel XII secolo dei signori di Quart, massicciata e ben conservata, è nota anche con altri nomi: torre della Vieille Insinuation o torre dei Signori della Porta di Sant'Orso. Vi si riscuoteva il pedaggio a favore del vescovo di Aosta per le merci introdotte in città; privilegio conservato dai conti di Savoia nel 1191 e nel 1239. Il piano terreno è adibito ad esposizioni fotografiche e pittoriche.

La facciata esterna era decorata con lastre di bardiglio verdi e da ornamenti classici quali foglie d'acanto e ovuli. Di tale rivestimenti e decorazioni restano però pochissime tracce. 

In epoca medioevale la porta venne denominata Porta Santi Sursi, prendendo il nome dalla nobile famiglia che si insediò in una delle torri laterali.

Fin dal XII secolo è documentata la presenza di una cappella absidata dedicata alla Santissima Trinità. Da qui il nome di Porta della Trinité con il quale venne talvolta indicata in documenti medioevali.

Torre di Porta Sant'Orso

La Torre dei Signori de Porta Sancti Ursi (lett. di Porta Sant'Orso; in francese, Seigneurs de la Porte Saint-Ours) fu innalzata in epoca medievale per volere dei Signori di Porta Sant'Orso sulle antiche mura romane della Porta Praetoria prelevando da queste i blocchi di calcare utili alla sua costruzione.

I de Porta Sancti Ursi, nobili eminenti che contano tra i membri della famiglia anche vescovi di Aosta e Diocesi di Ginevra e un beato, vi abitarono fino al 1185, quando si trasferirono nel Castello di Quart. In seguito furono definiti Signori di Quart (in francese, Seigneurs de Quart). 

L'ingresso primitivo della Torre dei Signori de Porta Sancti Ursi si trovava sulla facciata meridionale dell'edificio, dato che in tale epoca a nord erano addossati altri edifici. 

Sotto una delle arcate della torre si trovava il forno banale di quartiere. Si nota ancora l'adattamento della cavità per la saracinesca di epoca romana a camino. La merlatura antica è oggi coperta da un tetto, mentre sono ancora visibili le antiche feritoie e una finestra a crociera sul lato di ponente della torre. 

Fu detta anche Tour de l'Insinuation nell'Ottocento, quando a partire dal 1830 ospitò gli archivi.

 

Giugno 2013

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