Tombe e pratiche funerarie della Dinastia Han

 

Il mausoleo funerario del Primo Imperatore costituì il modello al quale si ispirarono le grandiose tombe imperiali delle dinastie successive a partire già da quella degli Han (206 a.C. – 220 d.C.), fondata da Liu Bang, capo delle truppe ribelli che guidò la rivolta contro la dinastia Qin. Il periodo Han nel suo complesso si distingue comunque per la diversità e varietà tipologica delle sepolture, nelle quali si riflettono mutamenti occorsi con il trascorrere del tempo, tradizioni regionali e, ovviamente, lo status sociale dei defunti. Non di rado questi vengono adesso anche raffigurati all’interno delle sepolture, che si arricchiscono, nel periodo Han, di interi cicli di pitture murali. Ce ne offre un esempio la tomba rinvenuta nel 1971 a Lujiazhuang, un piccolo villaggio nel distretto di Anping, provincia dello Hebei, datata sul finire della dinastia Han, 176 d.C., grazie ad alcune iscrizioni presenti al suo interno.

Costruita interamente in mattoni, un materiale che in Cina troviamo quasi esclusivamente utilizzato nell’architettura delle sepolture e non in quella di superficie, per la quale si è sempre preferito il legno, la tomba di Anping si articola in dieci ambienti sotterranei di cui il principale è, ovviamente, la camera funeraria. È qui che troviamo la pittura murale nella quale è ritratto il defunto, un ufficiale della corte Han, in atteggiamento formale e dignitoso, accompagnato da una teoria quasi infinita di carri leggeri trainati da un solo cavallo, dipinti in file regolari e sovrapposte sulle pareti della camera funeraria, simboleggianti sia l’alta posizione del funzionario nelle gerarchie Han, sia il viaggio dell’anima nell’Aldilà.

Oltre che in mattoni e ricoperte da pitture murali, come le tante scoperte nei dintorni della seconda capitale Han, Luoyang, le tombe di questo periodo possono essere anche scavate nella viva roccia, come nella provincia sudoccidentale del Sichuan e, su scala ancora più monumentale, nello Shandong, nelle regioni orientali del paese. I materiali da costruzione includono anche mattoni o legno, mentre la struttura interna delle sepolture può assumere l’aspetto di abitazioni sotterranee articolate in una serie di ambienti quando non veri e propri palazzi in miniature, come quello riportato alla luce nella regione di Xuzhou e datante alle prime decadi della dinastia. 

La stessa varietà si riscontra negli arredi funerari e nei soggetti prescelti per decorare le residenze per l’Aldilà: consistenti sono, nell’arte funeraria, i riferimenti ad un mondo ultraterreno popolato di divinità e mitiche creature, tra le quali spiccano i cosiddetti “immortali” o xian, esseri dalle fattezze umane, ma con il corpo ricoperto di piume quando non provvisti di ali vere e proprie. Secondo credenze già diffuse a partire dal V secolo a.C., gli xian si riteneva abitassero mitiche isole site nel Mar Cinese orientale, viste come luoghi paradisiaci popolati da animali mitici, ove gli xian custodivano gelosamente il segreto della longevità, tanto assiduamente ricercato dai mortali, tra i quali la tradizione annovera il Primo Imperatore.

Un riflesso di queste credenze è riscontrabile nell’uso, tipico del periodo Han, di sudari in giada, veri e propri “abiti funerari” realizzati per i membri dell’aristocrazia in tessere del prezioso minerale cucite tra loro mediante fili di metallo. Veniva prescelta la giada perché questo materiale, come volevano alcune credenze magico-religiose diffuse al tempo, si riteneva avesse la facoltà di preservare il corpo dal decadimento e garantire quindi la conservazione delle spoglie mortali del defunto.

Uno dei casi maggiormente noti di questa pratica funeraria è quello dei sudari in giada di cui furono rivestiti il principe Liu Sheng e la consorte, Dou Wan, rinvenuti nel 1968 nella sepoltura inviolata a Mancheng, nella provincia dello Hebei. La sepoltura, articolata come un vero e proprio “palazzo sotterraneo” e scavata nella viva roccia di una lunga collina, ha restituito un ricchissimo corredo funerario formato da incensieri in bronzo ageminato, preziosi contenitori per offerte rituali ed alcune lampade in metallo lasciate probabilmente accese per rischiarare di luce il mondo sotterraneo dei due principi quando la tomba venne sigillata. 

Accanto, tuttavia, alle pratiche e ai soggetti dell’arte funeraria ispirati al mondo del sovrannaturale, un elemento di grande rilievo nelle sepolture del periodo Han è costituito dalla presenza di oggetti direttamente collegati alla sfera del quotidiano. Si tratta di statuette in terracotta dipinta, repliche in scala di persone – attendenti, danzatori, cuochi, soldati – animali e cose – modellini di abitazioni, carri e così via -, per noi moderni fonte preziosa di informazioni sull’architettura, l’abbigliamento e molti altri aspetti del mondo Han che ci sarebbero altrimenti sconosciuti.

Entrati nell’uso, con il venir meno dei sacrifici umani ed animali praticati fino alla morte del Primo Imperatore, i mingqi – la denominazione tradizionale di questi oggetti funerari – avevano una forte valenza magica e simbolica in quanto erano le cose e le persone in esse raffigurate che accompagnavano il defunto nel suo sonno eterno e nel suo viaggio nell’Aldilà. L’elemento realistico si riscontra anche nelle pitture murali e nei bassorilievi in pietra delle sepolture della Cina centrale ed orientale: in questi casi, tuttavia, sui soggetti ispirati al mondo reale – ritratti del defunto, processioni di carri, scene di vita ed attività quotidiane – prevalgono le immagini legate alla sfera della religiosità, con figure apotropaiche, divinità, esseri mitici, raffigurazioni di immortali e del loro universo, scelte e disposte secondo precisi dettami e programmi iconografici dai quali traspare il complesso e variegato mondo delle credenze religiose Han.

Molti degli elementi caratteristici delle sepolture Han entrarono a far parte delle pratiche funerarie cinesi dei secoli successivi: tra essi, quello di accompagnare le sepolture con una serie di sculture in pietra disposte ai lati di un percorso che conduceva direttamente alla tomba, la cosiddetta “Via degli Spiriti”. L’origine di questa pratica funeraria è ancora oscura, anche se nei testi si fa riferimento al fatto che già durante il periodo delle “Primavere ed Autunni) (770-476 a.C.) alcuni signori feudali ebbero le loro sepolture a tumulo accompagnate da grosse lastre in pietra sulle quali erano incisi o scolpiti a rilievo basso immagini protettive o soggetti ispirati al mondo dell’Aldilà.

A parte questi sommari riferimenti, il caso più antico documentato al momento dell’utilizzo di sculture in pietra come parte integrante del “programma” di un monumento funerario risale al periodo iniziale della dinastia Han e ci è offerto dalla tomba del generale Huo Qubing, morto nel 117 a.C. 

Huo Qubing fu figura di rilievo durante il periodo degli Han occidentali, in quanto condusse una serie di vittoriose campagne militari contro gli Xiongnu, uno dei principali gruppi di genti nomadi dell’Asia centrale che periodicamente minacciava le frontiere settentrionali dell’impero cinese. Le vittorie riportate da Huo Qubing sugli Xiongnu furono così importanti che l’imperatore Wudi per il quale il valente generale combatté, volle che un grande tumulo funerario venisse eretto a Maoling, là ove si trovavano le sepolture imperiali, per onorare degnamente la memoria del soldato, che venne seppellito con solenni funerali di stato. La forma del tumulo artificiale che segna la posizione della tomba di Huo Qubing si richiamava simbolicamente al Monte Qilian, dove il generale aveva riportato una delle vittorie più importanti sugli Xiongnu. Sul tumulo erano state poi posizionate un gruppo di sculture ricavate da enormi blocchi di pietra e raffiguranti soggetti di buon auspicio allusivi ai mitici regni degli immortali o celebrativi delle gesta del generale: la scultura più significativa tra queste ultime è quella raffigurante un cavallo che calpesta un “barbaro”, sintesi e simbolo della vittoria cinese sulle popolazioni avversarie. Fu proprio questa scultura che permise, agli inizi del 1900, l’identificazione della tomba di Huo Qubing ad opera dell’esploratore ed archeologo francese Victor Segalen.

La “Via degli Spiriti” si affermò gradualmente nell’uso fino a divenire, alla fine della dinastia Han, un elemento pienamente integrato nell’articolazione delle tombe che si presentavano così costituite da una serie di elementi ben precisi: una coppia di pilastri in pietra demarcanti il limite dello spazio sepolcrale, le sculture in pietra ai lati della “Via degli Spiriti” e, al termine di questa, la tomba vera e propria segnalata dal tumulo funerario, di fronte al quale potevano trovare collocazione sia stele commemorative che un piccolo tempietto per la presentazione di offerte al defunto.

    

Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti