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I
templi maltesi della Dea Madre
Nell’ambito
del fenomeno megalitico hanno assunto particolare rilievo le strutture
templari e quelle ipogeiche delle isole dell’arcipelago maltese
ascrivibili al Neolitico (4100 a.C. – 2500 a.C.) che costituiscono,
tuttora, un unicum sia per la tipologia della struttura
architettonica, sia per l’iconografia artistica: quest’ultima consta
non solo di motivi ornamentali analoghi a quelli delle tombe megalitiche
francesi ed irlandesi, ma anche di una statuaria destinata a
rappresentare eminentemente la figura della Dea Madre che giocava un
ruolo di preminente importanza nella civiltà agraria del Neolitico
maltese. È tuttavia, sorprendente la concentrazione di strutture
megalitiche nell’arcipelago maltese dove sono venuti alla luce trenta
complessi templari e due strutture ipogeiche; quest’ultime erano
destinate ad accogliere sepolture collettive.
Con
ogni probabilità, lo straordinario sviluppo del megalitismo era da
ascrivere, ad un tempo, all’abilità degli abitanti ed alla presenza,
in loco, di materiali di facile lavorazione quali il calcare corallino e
il calcare a globigerine, di cui i costruttori potevano avvalersi per
l’edificazione dei monumenti. E’ dato notare che, nel suddetto
arcipelago, era diffuso l’uso di scavare tombe nella roccia che, nelle
fasi più arcaiche della civiltà neolitica, presentano una forma
semplicissima, ma nelle fasi successive assunsero un aspetto sepolcrale
complesso, caratterizzato da elementi tipici dell’architettura
templare, data la stretta connessione del culto della fertilità con
quello dei morti; ne costituisce un’ulteriore conferma il fatto che le
strutture ipogeiche di Hal Saflieni (Malta) e di Brochtorff (Gozo)
fossero ubicate in prossimità dei templi.
All’interno
di questi ultimi furono rinvenuti oggetti che costituirono una
testimonianza eloquente del culto che vi si svolgeva e che era destinato
alla propiziazione della Dea Madre preposta alla fertilità agraria; fra
le statuette femminili che presentavano un’accentuazione, talora
esagerata, dei tratti connessi con la fecondità (seno, glutei), è da
menzionare un esemplare del complesso di Tarxien, poiché si tratta di
una statua di notevoli dimensioni che raggiunge l’altezza di 3 metri.
L'isola
di
Malta
venne
raggiunta
dai
primi
gruppi
di
colonizzatori
intorno
al
5000
a.C.
Erano
agricoltori
e
allevatori
neolitici
provenienti
dal
villaggio
di
Stentinello
presso
Siracusa,
che
fabbricavano
contenitori
in
ceramica
decorati
da
caratteristiche
figure
geometriche
riempite
di
pasta
bianca.
Nei
secoli
seguenti
altre
genti
giunsero
dalla
Sicilia,
riconosciute
dagli
archeologi
sempre
per
l'uso
di
specifiche
classi
di
ceramica.
Intorno
al
3600
a.C.
ebbe
inizio
nell'isola
di
Gozo
la
costruzione
dei
templi
megalitici
di
Ggantija
(nome
locale
che
significa
"torre
dei
giganti"),
cui
seguì
una
fase
di
transizione
(3300-3000
a.C.)
cui
appartiene
a
Malta
il
tempio-sepolcro
sotterraneo
di
Hai
Saflieni;
quindi,
fino
al
2500
a.C,
la
"civiltà
dei
templi"
maltese
raggiunse
l'apogeo,
innalzando
i
complessi
religiosi
di
Mnajdra,
Hagar
Qim
e
Tarxien,
ricchi
di
decorazioni
a
spirale
e
di
elementi
che
confermano
l'appartenenza
al
culto
mediterraneo
della
Dea
Madre.
Poi,
improvvisamente,
l'arcipelago
maltese
fu
abbandonato
da
tutti
i
suoi
abitanti
per
cause
sconosciute.
Per
un
migliaio
di
anni
i
nuovi
arrivati
utilizzarono
i
templi
di
Tarxien
per
seppellirvi
i
loro
morti
ed
eressero
semplici
dolmen,
del
tipo
di
quelli
presenti
nel
Salento
(probabile
indizio
della
loro
provenienza
dalla
Puglia),
quindi
intorno
al
1500
a.C.
una
quarta
invasione
dell'isola
portò
altre
genti
-ancora
dalla
Sicilia
-
che
si
insediarono
in
villaggi
fortificati.
Sembrano
risalire
a
quel
periodo
le
misteriose
"carreggiate",
i
profondi
binari
che
solcano
la
superficie
rocciosa
delle
isole.
Infine
fu
la
volta
dei
Cartaginesi,
dei
Fenici,
dei
Romani.
La
splendida
civiltà
dei
templi
megalitici
era
ormai
solo
un
lontano
ricordo
inghiottito
dai
millenni.
Capolavori
di
architettura
preistorica
-
I
templi
megalitici
di
Malta
sono
le
prime
costruzioni
complesse
progettate
e
realizzate
dall'uomo
neolitico
nel
bacino
del
Mediterraneo.
Maestosi
e
articolati
in
più
ambienti,
rispondono
a
schemi
creativi
e
innovativi
costanti,
mai
visti
prima
di
allora.
La
loro
forma
tipica
si
è
ripetuta
per
oltre
un
millennio,
pur
con
le
aggiunte
dovute
all'evoluzione
architettonica
e
alle
esigenze
del
culto.
Un
possente
muro
perimetrale
esterno,
di
solito
a
forma
di
"D"
rovesciata,
racchiude
nel
suo
interno
un
numero
di
camere
variabile
da
due
a
sei,
organizzate
simmetricamente
a
coppie
opposte
o
"a
trifoglio",
affacciate
su
un
corridoio
oppure
su
un
cortile
centrale
(o
su
entrambi).
Le
pareti
delle
stanze
presentano
forma
semicircolare
absidata
od
ovale
(la
forma
tonda
domina
ogni
parte
dei
templi,
totalmente
privi
di
spigoli
vivi)
e
sono
delimitate
da
murature
megalitiche
distanti
anche
cinque
metri
dai
muraglioni
perimetrali:
lo
spazio
intermedio
è
sempre
riempito
da
terra
e
detriti
pietrosi.
Nei
cortili,
altari,
enormi
tazze,
vasi
e
statue
costituiscono
gli
apparati
necessari
per
lo
svolgimento
dei
riti
religiosi,
conclusi
da
sacrifici
di
animali.
Le
facciate
monumentali
concave
a
esedra
dei
templi
prospettano
su
ampi
piazzali
esterni;
spesso
un
sedile
di
pietra
corre
alla
base
delle
pareti,
ai
lati
dell'ingresso
trilitico
formato
da
blocchi
giganteschi;
la
copertura
era
assicurata
da
tetti
in
legno,
di
cui
non
vi
è
più
traccia.
Gli
enormi
blocchi
calcarei
impiegati
per
i
muri
perimetrali
pongono
interrogativi
a
proposito
del
loro
taglio
e
del
trasporto,
perché
in
quel
tempo
gli
antichi
Maltesi
disponevano
soltanto
di
strumenti
litici.

Una
fine
misteriosa
-
Intorno
al
2500
a.C.
la
popolazione
dell'arcipelago
maltese
doveva
superare
i
10.000
abitanti.
All'improvviso
le
isole
si
spopolarono,
i
villaggi
furono
abbandonati
e
occupati
poco
dopo
da
nuove
popolazioni,
che
utilizzarono
i
templi
di
Tarxien
per
un
migliaio
d'anni
come
cimitero.
Anche
se
non
è
del
tutto
escluso
che
questa
invasione
possa
essere
stata
una
delle
cause
dell'abbandono,
poiché
non
si
è
trovata
traccia
di
violenze
né
di
distruzioni,
prevale
la
tesi
che
i
nuovi
arrivati
abbiano
trovato
le
isole
deserte.
Le
ipotesi
avanzate
sulle
cause
di
tale
evento
misterioso
sono
molteplici:
un
prolungato
periodo
di
siccità,
l'aumento
della
popolazione
e
la
mancanza
di
terre
da
coltivare,
una
micidiale
epidemia,
una
rivolta
contro
la
classe
sacerdotale
divenuta
troppo
potente,
la
volontà
espressa
dalla
divinità
venerata
nei
templi...
Forse
non
sapremo
mai
cosa
accadde
realmente:
in
ogni
caso
si
trattò
di
un
avvenimento
straordinario,
che
cancellò
una
civiltà
evolutissima,
rimasta
confinata
per
oltre
mille
anni
nelle
piccole
isole
maltesi,
dove
manifestò
una
sorprendente
capacità
costruttiva
autonoma
e
una
fortissima
motivazione
religiosa
rivolta
al
culto
della
Dea
Madre.
Ma
perché
templi
simili
esistono
soltanto
a
Malta
e
a
Gozo?
È
verosimile
l'ipotesi
che
fossero
santuari
frequentati
dai
navigatori
mediterranei?
A
giudicare
dalla
loro
esclusività,
sembrerebbe
fossero
riservati
al
culto
locale;
di
sicuro
i
costruttori
degli
ineguagliati
templi
megalitici
non
venivano
dall'esterno,
perché
altrimenti
esisterebbero
anche
altrove
monumenti
simili.
Mentre
venivano
innalzati
i
templi
di
Malta,
a
Stonehenge
si
compivano
le
prime
due
fasi
di
costruzione
del
tempio
e
a
Carnac
sorgevano
imponenti
monumenti
megalitici.
Tale
contemporaneità
ha
alimentato
discussioni
sul
ruolo
maltese
nella
diffusione
del
megalitismo.
Poiché
è
accertato
che
questo
fenomeno
nacque
e
si
sviluppò
in
Bretagna,
Malta
può
essere
stato
il
centro
di
rielaborazione
e
di
rilancio
di
questa
ideologia
al
centro
del
Mediterraneo,
accolto
e
manifestato
in
forme
diverse.
Ma
chi
portò
a
Malta
il
messaggio
megalitico
dalle
coste
atlantiche?
Le
enigmatiche
"carreggiate"
-
Le
isole
maltesi
offrono
un'altro
enigma:
le
"carreggiate",
o
"binari",
o
cart-ruts
(sotto).
Sono
dei
percorsi
con
sezione
a
"V",
formati
da
due
solchi
paralleli
posti
alla
distanza
di
1,30
metri
e
profondi
in
media
6-10
centimetri,
che
attraversano
in
più
punti
la
superficie
rocciosa
di
Malta
e
Gozo,
sia
in
zone
pianeggianti,
sia
su
erte
colline.
Straordinarie
le
zone
di
"scambio"
tra
diversi
binari,
proprio
come
avviene
nelle
stazioni;
eccezionali
i
solchi
che
da
alcune
spiagge
si
inabissano
in
mare.
Il
fatto
che
alcuni
binari
siano
stati
tagliati
da
tombe
puniche
lostra
la
loro
anteriorità,
ma
non
si
sa
di
quanto;
la
presenza
di
solchi
che
da
antiche
cave
di
tufo
conducono
alle
porte
di
villaggi
dell'Età
del
Bronzo
indicherebbe
l'uso
dei
binari:
vi
scorrevano
le
ruote
di
carri
o
i
pattini
di
slitte
per
il
trasporto
dei
blocchi
impiegati
nella
costruzione
delle
case.
Le
statue
femminili
di
Malta
-
La
colossale
statua
femminile
restituita
dal
complesso
di
templi
di
Tarxien
è
incompleta,
ma
lascia
intuire
che
doveva
essere
alta
circa
tre
metri.
Nel
cortile
del
tempio
meridionale,
un
basamento
decorato
con
motivi
spiraliformi
e
geometrici
sostiene
la
parte
inferiore
della
statua,
formata
da
due
grasse
gambe
e
una
lunga
sottana
a
pieghe;
i
piedi
sono
invece
ben
proporzionati.
Il
suo
aspetto
completo
si
può
intuire
da
alcune
statuine
femminili
acefale
del
tempio
di
Hagar
Qim,
una
seduta
e
l'altra
in
posizione
eretta:
entrambe
raffigurano
divinità
obese,
con
voluta
accentuazione
delle
proporzioni
delle
cosce
e
dei glutei.
L'intenzionalità
di
tali
sculture
è
provata
dalla
presenza
di
un'altra
statuina,
chiamata
Venere
di
Malta:
nella
sua
nudità
offre
un
corpo
generoso
con
grandi
seni,
ma
realistico
e
ben
proporzionato.
Enigmatica
è
invece
la
statuina
della
Signora
Dormiente
dell'ipogeo
di
Hai
Saflieni,
una
grassa
figura
femminile
a
busto
scoperto,
vestita
con
una
gonna
a
pieghe,
ritratta
mentre
dorme
su
un
lettino
con
la
testa
appoggiata
sul
braccio
piegato.
Ma
i
templi
megalitici
maltesi
erano
ornati
anche
da
simboli
fallici
e
rilievi
di
animali
(capre,
montoni,
buoi,
tori,
maiali)
che
provano
l'adesione
a
un
culto
completo
della
fecondità.
La
presenza
ricorrente
del
simbolo
della
spirale
(specialmente
a
Tarxien),
semplice,
doppia
o
con
quattro
ricche
volute
contrapposte,
viene
considerata
dagli
studiosi
la
sintesi
grafica
del
culto
della
vita.
Le
meraviglie
dei
templi
di
Malta

Secondo
la
leggenda,
i
templi
megalitici
di
Malta
furono
costruiti
da
un
gruppo
di
giganti
semidei,
i
soli
in
gradi
di
estrarre
e
trasportare
gli
enormi
blocchi
di
calcare
di
cui
sono
fatti.
Ai
margini
dell'altipiano
di
Xaghra,
nell'isola
di
Gozo,
i
due
templi
del
complesso
di
Ggantija
sono
circondati
da
un
muraglione
oggi
alto
sei
metri,
formato
da
ciclopici
monoliti.
Il
tempio
posto
a
sud
è
il
maggiore
e
il
più
antico.
Rispetto
allo
schema
a
trifoglio
dei
monumenti
innalzati
in
precedenza
(Kordin,
Ta'
Hagrat),
questo
tempio
presenta
per
la
prima
volta
cinque
ambienti
absidati.
Un'imponente
entrata
formata
da
due
file
di
ortostati
perfettamente
squadrati
immette
in
una
coppia
di
camere
opposte;
un
secondo
ingresso
simile,
posto
di
fronte
al
precedente,
comunica
con
tre
camere
maggiori
aperte
a
trifoglio
su
un
cortile,
pavimentato
come
i
corridoi.
L'ambiente
più
grande
misura
10,50
metri
per
9
e
sul
fondo
è
occupato
da
un
altare
formato
da
lastre
calcaree
orizzontali
sostenute
da
pilastrini,
diviso
in
tre
parti
da
due
alti
monoliti
verticali.
Le
pareti
interne
delle
stanze
sono
inclinate
verso
l'interno
e
dovevano
essere
intonacate
e
dipinte;
perforazioni
nei
blocchi
monolitici
segnalano
l'esistenza
di
porte,
altri
presentano
tracce
di
rilievi
a
spirale
o
sono
ricoperti
da
forellini
praticati
con
un
trapano;
oltre
agli
altari,
l'apparato
di
culto
comprende
nicchie,
tabernacoli,
vasi
in
pietra,
spioncini
rettangolari
a
feritoia
aperti
nei
blocchi
e
fori
nel
pavimento,
tutti
elementi
che
indicano
una
raffinata
e
pianificata
capacità
costruttiva.
Il
tempio
minore
settentrionale
appartiene
allo
schema
a
quattro
camere
quasi
semicircolari
opposte
a
coppie,
con
impiego
di
blocchi
concavi
sui
bordi
superiori
degli
ingressi
e
su
quelli
interni
destinati
a
sostenere
l'architrave,
migliorandone
la
stabilità.
I templi
megalitici di Malta sono sette strutture megalitiche situate
sulle isole di Malta e di Gozo, costruiti tra il IV e il
III millennio a.C.
Questi
templi sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO:
all'inizio il patrimonio comprendeva solo i due templi che formano il
complesso di Gigantia sull'isola di Gozo (1980). La nomina
venne estesa nel 1992 per includere altri sei templi
distribuiti a Malta.
I
templi - in ordine cronologico dal più antico al più recente - che
attualmente compongono il patrimonio UNESCO di Malta sono (tra parentesi
i termini in lingua maltese): Gigantia (Ġgantija), Scorba (Skorba),
Ta Hagrat (Ta' Ħaġrat), Ħaġar Qim, Menaidra (Mnajdra),
Tarscen (Tarxien).
Ggantija
La Gigantia (in maltese Ġgantija;
originariamente in lingua italiana anche Torre dei
Giganti) è un sito archeologico di Malta.
Situati
nell'isola minore, Gozo, i templi della Gigantia risalgono circa al
3600-2800 a.C. e sono le più antiche strutture del genere al mondo
e le seconde strutture religiose artificiali al mondo dopo Göbekli
Tepe, rappresentano il gruppo più esteso dei Templi di Malta. Sito
orientato a nord-ovest, ebbe diverse fasi di sviluppo:
a:
gran tempio a forma di trifoglio;
b:
aggiunta di due camere laterali;
c:
tempio minore;
d:
delimitazione con un cortile curvilineo.
Per
costruirlo vennero utilizzati monoliti e una specie di muratura a secco,
le pietre venivano strofinate con la sabbia in modo che i blocchi
aderissero meglio. La muratura era costituita da 2 muri con
un'intercapedine riempito di pietrisco. Le aperture erano ben studiate
in modo da dare degli effetti luminosi precisi, colpendo in date precise
la parte più sacra del luogo.

Il
tempio è composto di due unità costruite una a fianco dell'altra,
racchiuse in un unico muro esterno e recanti lo stesso prospetto;
ambedue possiedono un ingresso che si affaccia su un piazzale in terra
battuta. Anche se attualmente questi edifici sono comunemente chiamati
templi, si conosce ancora molto poco di ciò che avveniva al loro
interno; si presume però che fossero praticati rituali di natura
religiosa. Gigantia fu utilizzato per circa mille anni, fino alla
metà del terzo millennio a.C. (2500 a.C. circa), momento in cui la
prima popolazione e la relativa cultura templare maltese scomparvero
misteriosamente.
Gigantia,
che si trova nella cittadina di Xagħra, fu il primo monumento
maltese ad essere ripulito dal terreno e dai detriti accumulatisi nel
tempo: il Colonnello John Otto Bayer - in seguito al suo trasferimento
presso Gozo come comandante delle truppe inglesi ed amministratore
dell'isola nel 1820 - si occupò di condurre le opere di scavo
impiegando i detenuti della prigione gozitana e coprì le spese grazie a
fondi propri. Prima degli scavi si riteneva che il tempio fosse in realtà
una torre difensiva eretta da giganti, tale credenza popolare è
testimoniata dalla parola maltese «ġgant» che significa «gigante».
Dopo
gli scavi condotti da Bayer il tempio rimase in balia di depredazioni
per oltre un secolo, fino agli anni Trenta del Novecento quando il
terreno su cui insistevano le rovine, fu acquistato dal governo. Furono
svolte opere di restauro che portarono il sito ad essere visitabile dal
1949.
Skorba
Scorba
è uno dei più completi templi presenti sull'isola di Malta. Sebbene di piccole dimensioni, i suoi resti non sono stati praticamente
mossi durante il periodo di scavo e la pianta si presenta quasi intatta.
Il tempio e composto da quattro stanze, ed un ingresso di lastre
monolitiche di calcare alte
4 metri.
Il
primo tempio risale tra il XXXVI e XXXII
secolo a.C., mentre il secondo molto più in rovina, approssimativamente
a 600 anni prima. Nei dintorni vi sono anche molti resti di capanne
neolitiche, situate a ovest del primo tempio.

Ta'
Hagrat
Situato
a tre chilometri dai Templi di Skorba, Ta' Hagrrat è un complesso ben conservato composto da due templi che
risalgono tra il 36º ed il 32º secolo a.C.
Ta'
Ħagrat è stato probabilmente costruito sopra un precedente
villaggio, poiché sono state rinvenute molti vasi e resti di ceramiche.
Il ritrovamento più prestigioso è una statuetta calcarea
rappresentante un modello di edificio primordiale.
Mnajdra
Mnajdra
fu
costruito
nel
IV
millennio
a.C.
ed
è
il
più
antico
esempio
di
edificio
costruito
a
secco
(cioè
senza
malta),
antecedente
anche
a
Stonehenge
e
alle
piramidi.
Sulla
costa
occidentale
di
Malta,
di
fronte
all'isolotto
di
Filfola,
i
tre
templi
di
Mnajdra,
appartenenti
a
periodi
differenti,
si
affacciano
su
un
cortile
semicircolare
da
due
diversi
livelli.
In
alto
vi
è
il
più
antico,
un
tempio
a
trifoglio
della
fase
Ggantija,
in
basso
quello
meglio
conservato,
con
una
bella
facciata,
concava
e
fitte
perforazioni
al
trapano
su
due
blocchi
calcarei
interni
e
alcuni
spioncini
a
feritoia
che
comunicano
con
probabili
"stanze
dell'oracolo".
Il
tempio
centrale,
costruito
per
ultimo,
ha
un
triplo
ingresso
monumentale
e
presenta
su
un
blocco
la
curiosa
scultura
del
tempio
completo
del
tetto.
Nel
tempio
meridionale,
risalente
alla
più
antica
fase
di
Tarxien,
la
prima
coppia
di
camere
presenta
grandi
nicchie
alle
pareti
e
una
struttura
trilitica
densamente
decorata
da
perforazioni
al
trapano;
la
successione
di
alcuni
corsi
orizzontali
di
blocchi
calcarei
aggettanti
verso
l'interno
conferma
che
gli
ambienti
erano
coperti
da
tetti
a
pseudovolta.

Ħagar
Qim
A
poca distanza, in posizione dominante, si trova il maggiore complesso
megalitico dell'isola, costituito dal tempio di Hagar
Qim,
più volte ampliato. Il tempio di Ħaġar Qim,
che tradotto vuol dire la "pietra eretta" o "pietra del
culto", fu scavato per la prima volta nel 1839 ed è stato datato
alla fase di Tarxien (c. 3200-2500 a.C.).
Si
trova sulla sommità di una collina posta sul versante
meridionale dell'isola di Malta, guardante il mare e la piccola
isola di Filfola. Dista circa 2 km ver sud-ovest dal villaggio
di Crendi. La zona circostante, tipica macchia mediterranea,
è un parco archeologico atto a preservare le rovine, spesso
devastate da vandali.
Ħaġar
Qim è una singola unità templare, tuttavia rimane nel dubbio se fosse
stato costruito come una struttura a 4 o 5 lobi. Nelle vicinanze del
tempio sorge un'altra piccola struttura a 3 lobi che, probabilmente, era
il quartier generale dei sacerdoti o la casa dello sciamano.
Altre rovine sorgono ad alcuni metri dal tempio principale.
La
monumentale
facciata
comprende
un
monolite
alto
cinque
metri
che
emerge
dalla
muratura
e
il
maggiore
lastrone
calcareo
conosciuto,
alto
sette
metri
e
pesante
20
tonnellate;
alcune
stanze
che
prospettano
sul
cortile
interno
sono
ornate
da
altari
a
forma
di
fungo
sostenuti
da
pilastrini
ricoperti
di
perforazioni,
da
blocchi
calcarei
traforati
e
nicchie,
che
hanno
restituito
statuine
femminili
fra
cui
la
famosa
"Venere".
La
camera
più
meridionale
contiene
al
posto
dell'altare
un
monolite
cilindrico
fallico,
simile
a
un
secondo
collocato
all'esterno,
probabile
indizio
che
questo
tempio
era
dedicato
al
culto
della
fertilità.
Lo
stile
costruttivo
segue
il
modello
tipico
dell'arcipelago maltese,
degno
di
nota
è
il
fatto
che
alcuni
blocchi
sono
dentellati
per
meglio
incastrarsi
con
gli
altri
corsi
di
muratura.
Tranne
qualche
blocco
rimesso
al
suo
posto
perché
crollato
nessun
altro
tipo
di
intervento
è
stato
fatto
sul
tempio.

Tarxien
Il
complesso
dei
quattro
vastissimi
templi
di
Tarxien
rappresenta
l'apogeo
della
civiltà
maltese
e
segna
anche
la
sua
repentina
conclusione.
A
Taxien furono costruiti quattro templi, in un arco di tempo tra il 3000
a.C. e il 2500 a.C. Pur avendo piante del tutto simili
risalgono ad epoche diverse.
Il
sito fu scoperto nel 1913 grazie alle segnalazioni di agricoltori locali
all'allora direttore del Museo di Archeologia de La Valletta, Themistocles
Zammit. Egli eseguì degli scavi, tra il 1915 ed il 1919, partendo dal
tempio oggi noto come Tempio Sud del complesso. In questo punto furono
scoperti resti dell'età del bronzo che giacevano sopra gli strati
più antichi dell'età dei Templi. Gradualmente gli scavi portarono alla
scoperta di altri 3 templi. Tra il 1921 e il 1958 furono portati a
termine ulteriori scavi. Gli scavi continuarono fino al 1997 quando si
rivelarono altri resti dello stesso periodo nella zona a nord e a ovest
dei tempi, rivelando come il complesso preistorico si estendesse a quei
tempi ben oltre quanto si possa oggi immaginare.
La
scoperta del complesso fu decisivo per promuovere l'identità nazionale
di Malta, confermando solidamente l'esistenza di una fiorente cultura
antica sull'isola. Inoltre, l'interesse generale suscitato dai
ritrovamenti ha generato per la prima volta una preoccupazione pubblica
per la protezione dei tesori storici di Malta, compresa la necessità di
gestione dei siti, la promulgazione di leggi e altre misure per
proteggere e preservare i monumenti. Allo stesso tempo, le accurate
metodologie di scavo di Themistocles Zammit hanno aperto la
strada a un nuovo approccio scientifico all'archeologia.
I
templi si trovano nel cuore della città di Tarxien (a ridosso
della chiesa e del cimitero) e raccolgono molti bassorilievi (sui muri e
sull'altare), le cui decorazioni raffigurano animali addomesticati.
Rilevanti le decorazioni a spirale nell'abside del Tempio sud. Si
ritiene che questo luogo sia stato lo scenario di rituali con sacrifici
animali in quanto sono stati ritrovati sull'altare due coltelli di selce
e resti di animali.
Tempio
Sud - L'ingresso
principale del sito conduce al terzo tempio denominato Tempio sud, il
più recente, ricco di elaborati motivi decorativi, ma il meno
importante dal punto di vista strutturale.
Questo
primo tempio è stato datato intorno al 3100 a.C. ed è il più
elaborato dei templi di Malta.
L'entrata
al tempio sud è una facciata monumentale costruita da blocchi
megalitici di cui solo la parte inferiore è sopravvissuta. Questa
entrata si affaccia su un cortile ovale che reca al centro una cisterna
d'acqua. Ad entrambe le estremità della facciata è localizzata una
grande lastra di pietra con un piccolo ripiano scolpito in tre parti con
5 buchi. Sebbene lo scopo non sia noto, molti ritengono che questi fori
servissero per versare delle offerte nel terreno.
Questa
grande entrata è una ricostruzione: fu ricostruita infatti negli anni
1956-1960 durante una campagna di restauro in cui molti blocchi vennero
coperti con il cemento per prevenire o quantomeno rallentare l'erosione
delle pietre. Purtroppo dopo decenni si verificò come il cemento avesse
danneggiato le pietre che si volevano proteggere ed oggi sono in atto
delle ricerche per evidenziare un metodo protettivo ed evitare ulteriori
danni. La ricostruzione fu almeno in parte basata su due frammenti di un
modello in pietra che rappresenta una facciata ritrovati a Tarxien.
Dall'ingresso,
attraverso un passaggio pavimentato con lastre di pietra, si arriva a
due coppie di camere a forma di "D", note come absidi. Qui è
stata rilevata la più alta concentrazione di arte preistorica scoperta
fino ad oggi nel sito. Sono presenti blocchi e pilastri decorati con
spirali di varie forme e bassorilievi raffiguranti animali domestici
(varie capre, un montone, un maiale). Sono stati qui ritrovati su un
altare, due coltelli di selce e resti di animali che provano l'uso di
animali durante i rituali all'interno del tempio. Sulla destra si notano
i resti (replica) di una colossale statua in pietra con vesti
drappeggiate. Della statua, probabilmente alta tre metri, rimane solo la
parte inferiore i cui prosperosi fianchi fanno pensare fosse dedicata
alla dea della fertilità.
Secondo
tempio - Il
secondo tempio, che data circa 3000 a.C., è formato - unico caso tra i
templi di Malta - da tre coppie di absidi semicircolari collegate da un
passaggio orientato da nord a sud in luogo delle usuali due. Sui blocchi
laterali delle pareti si notano dei fori cui erano assicurate le porte
di comunicazione. Su una delle pareti che conducono al primo tempio si
può ammirare un bassorilievo rappresentante due tori e una
scrofa simboli rispettivamente, della forza e della fertilità. Il primo
tempio è costruito con lastroni e blocchi non lavorati ed essendo il più
antico, venne alterato con la costruzione del secondo.
Terzo
tempio o Tempio est - Il
tempio orientale è datato intorno al 2500 a.C.
Sparse
casualmente nel complesso si notano delle grosse pietre sferiche che
servirono ai costruttori per far rotolare i grossi blocchi in pietra. A
causa della loro sistemazione, a volte addirittura simmetrica, si
suppone avessero anche un significato magico.

Hal
Saflieni
L'ipogeo
di
Ħal-Saflieni è
una
struttura
sotterranea
scavata
tra
il 3600
a.C. circa
e
il 2500
a.C. a Paola,
sull'isola
di
Malta.
Si
ritiene
che
in
origine
fosse
un
santuario,
divenuto
necropoli
in
tempi
tempi
preistorici.
Venne
scoperto per caso nel 1902, quando degli operai che stavano tagliando
delle cisterne per nuove abitazioni ne ruppero il soffitto. Lo studio
della struttura venne all'inizio affidato a Padre Manuel Magri della Compagnia
di Gesù, che diresse gli scavi per conto del Museums Committee. Magri
morì nel 1907, prima della pubblicazione della relazione sugli
scavi. In seguito all'inaspettata morte di Magri, gli scavi ripresero
sotto il controllo dello studioso Themistocles Zammit.
L'ipogeo
di
Hai
Saflieni
è
la
più
enigmatica
e
originale
realizzazione
della
civiltà
dei
templi,
che
probabilmente
accomunava
il
mondo
dei
vivi
a
quello
dei
morti,
affidati
entrambi
alla
dea
della
fertilità.
Esso
è
formato
da
un
complicato
labirinto,
articolato
su
tre
piani
sotterranei,
di
camere
per
sepolture
collettive
che
accolgono
i
resti
parziali
di
6000-7000
individui,
con
corridoi
e
ambienti
riservati
al
culto,
profondi
10
metri
e
mezzo.
Degna
di menzione risulta la struttura “labirintica” di Hal Saflieni che,
benché presenti analogie con il contemporaneo circolo Brochtorff
dell’isola di Gozo, sembra costituire ancora un unicum per la
sua estensione (copre una superficie di circa 500 metri quadrati e
raggiunge una profondità di 11 metri), per la complessità
dell’architettura e per i reperti in essa rinvenuti. L’ipogeo di Hal
Saflieni fu scavato nel tenero calcare a globigerine per mezzo di cunei
e bastoni da scavo e le sue pareti erano state levigate con lame e
raschiato in selce; la suddetta struttura, ascrivibile al Neolitico
(4100 a.C. – 2500 a.C.) fu elaborata nell’arco di oltre un
millennio, cosicché è lecito pensare che la destinazione dei tre piani
di cui era formata, potesse mutare nel tempo.

Il
complesso constava di 33 ambienti che espletavano una funzione funeraria
e culturale; quest’ultima si svolgeva soprattutto nei locali del
secondo livello, le cui stanze presentavano una tipologia architettonica
analoga a quella dei templi in superficie. Gli ambienti del primo piano,
databili al Neolitico Medio I-II (4100 a.C. – 3600 a.C.), sono venuti
completamente alla luce in questi ultimi tempi, in seguito alla
demolizione delle sovrastanti abitazioni dell’ipogeo. Infatti, la
scoperta del monumento (1902) avvenne in circostanze casuali da parte di
operai che, impegnati nell’edificazione di alcune case, scavarono un
pozzo per l’acqua piovana e individuarono i locali del primo piano
dell’ipogeo, che utilizzarono come luogo di discarica, arrecando danni
ingentissimi.
Al
termine dei lavori, quando le case erano state costruite, il direttore
del Museo Archeologico fu informato dell’esistenza del sotterraneo
complesso culturale-funerario del neolitico. Quest’ultimo presentava,
nei tre livelli, una graduale evoluzione architettonica. La forma della
trilite d’ingresso, unitamente all’aspetto delle pareti delle camere
che non erano state levigate e che mostrano ancora abbondanti tracce di
ocra rossa (l’ocra rossa era il simbolo del sangue, della vita e della
rinascita e ricollegabile al culto dei morti), attestava che il primo
piano era da ascrivere alla fase più arcaica. Quest’ultimo, data la
presenza di depositi di sepoltura, ossa e frammenti ceramici, sembrava
espletare la preminente funzione sepolcrale alla quale era connessa
quella culturale.
Pare
innegabile che fosse tributato un culto alla Dea Madre; ne costituisce
una testimonianza eloquente il reperimento di una statuetta priva della
testa e di due testine che, con ogni probabilità, venivano inserite sul
collo delle statuette acefale (rinvenute anche nei templi maltesi) a
primavera, quando il principio vitale (testa) avrebbe ricomposto
l’integrità della Dea preposta a favorire il sorgere della
vegetazione.
L’aspetto
culturale, presente soltanto in forma embrionale nel primo piano, si
evolse fino ad acquistare tratti più nitidi e meglio definiti nel
secondo; l’architettura delle camere che riproduceva la struttura
megalitica dei templi in superficie unitamente ai reperti archeologici
dalle evidenti implicazioni religiose, denotava la funzione di “tempio
sotterraneo” espletata dal secondo piano.
Ascrivibili
al Neolitico Tardo I-III (fasi Gigentija- 3600 a.C. – 3300/3000 a.C. e
Saflieni-Tarxien 3300/3000 a.C. - 2500 a.C.), periodo in cui furono
eretti, nell’arcipelago maltese, imponenti templi megalitici in onore
della Dea Madre, i grandi ambienti del secondo livello dell’ipogeo –
le cui pareti e i cui soffitti mostravano, tra l’altro, raffinate
decorazioni in ocra rossa – rappresentavano perfettamente i templi in
superficie data la presenza, inoltre, di un sancta sanctorum.
In
quest’ultimo, con ogni probabilità, doveva svolgersi il rito della
ierogamia che implicava l’unione sacra tra il sacerdote e la
sacerdotessa, simulacri, rispettivamente, del dio e della dea; tale
rito, destinato a garantire la continuità dei cicli agrari e correlato
con il culto della Dea Madre, pareva attestato dal reperimento di
statuette femminili nude e di un oggetto che rappresentava il simbolo
fallico (tali reperti vennero alla luce anche nelle strutture templari
dell’arcipelago maltese).
La
funzione sepolcrale espletata da questo piano era da ascrivere alla fase
finale della sua frequentazione; d’altra parte, la mancanza di
strutture architettoniche destinate a separare gli spazi riservati al
culto da quelli riservati alla deposizione dei defunti, poteva escludere
l’uso contemporaneo delle due funzioni, poiché l’aria, a diversi
metri di profondità, sarebbe stata irrespirabile per chi dovesse
svolgere le pratiche culturali.


Al
Neolitico Tardo III (3000/3300 a.C. – 2500 a.C.) erano da ascrivere
gli ambienti del terzo piano che non presentavano elementi
dell’architettura megalitica templare. Tuttavia, pareva ravvisarsi una
primaria funzione culturale anche in questi locali, data la presenza,
nelle cellette più riposte del “labirinto”, di un “bacino
sacro” destinato ad accogliere le offerte per la Dea Madre; inoltre, i
dischi in ocra rossa dipinti sulle pareti, forse il simbolo del sole,
erano ricollegabili al culto della fertilità.
Il
carattere sacrale pareva ulteriormente convalidato da una prova
iniziatica che avrebbero dovuto superare i frequentatori dell’ipogeo,
prova che implicava un pericolosissimo salto per chi dovesse raggiunge
il terzo piano: infatti, vi era un considerevole dislivello dovuto
all’omissione volontario dell’ultimo gradino nella scala che
collegava il secondo al terzo piano.
La
funzione sepolcrale era da attribuire, anche nel livello inferiore del
monumento, alla fase finale della sua frequentazione.
L’ipogeo
di Hal Saflieni costituisce l’esempio più eclatante delle fasi
evolutive del “megalitismo maltese” e della connessione del culto
della fertilità con quello dei morti; un tratto culturale,
quest’ultimo, che ha caratterizzato ogni civiltà agraria del
Neolitico.

Circolo
Brochtorff
In
seguito alla scoperta del circolo Brochtorff nell’isola di Gozo,
avvenuta nel corso di un progetto di ricerca promosso da autorevoli
studiosi, è stato possibile convalidare la diffusione dell’uso della
sepoltura collettiva in epoca neolitica.
Il
suddetto complesso mortuario, costituito da una serie di grotte
naturali, utilizzate come luogo di sepoltura, fu individuato per la
prima volta nell’anno 1820 in località Xaghra (isola di Gozo) ed è
stato riportato gradualmente alla luce ad iniziare dall’anno 1987.
Il
circolo presentava evidenti analogie con il già menzionato e
contemporaneo (4100 a.C. – 2500 a.C.) ipogeo di Hal Saflieni
dell’isola di Malta, analogie ravvisabili sia nella struttura
architettonica, che costituiva un innegabile riflesso di quella
templare, sia nella destinazione culturale-funeraria, sia
nell’ubicazione in prossimità dei templi. È dato notare che
l’ipogeo di Hal Saflieni si trova nelle vicinanze dei templi di
Tarxien e il circolo Brochtorff in prossimità di quelli dei Gigantija;
i reperti rinvenuti all’interno delle suddette strutture presentano
tratti comuni, innegabilmente riferibili al culto della fertilità.
Il
complesso funerario-culturale dell’isola di Gozo fu delimitato da un
circolo megalitico il cui diametro misura 45 metri. Con ogni probabilità,
l’uomo preistorico dell’arcipelago maltese aveva tentano di
proteggere le strutture templari e il suddetto monumento
funerario-culturale con circoli megalitici destinati a scandire il
limite tra l’area sacra e quella profana.
L’ingresso
al circolo Brochtorff, ubicato in prossimità dei templi Gigantija, era
fiancheggiato da due monoliti; quest’ultimo conduceva ad una zona
caratterizzata dalla presenza di una “soglia megalitica” delimitata
da elementi architettonici legati al culto della fertilità (betili) e
da piccole fosse per sepolture, alcune delle quali erano ascrivibili
all’arcaica fase Zebbug (4100 a.C.).
È
da rilevare, inoltre, che le grotte destinate alle sepolture, presenti
in questo sito, erano naturali e le strutture architettoniche analoghe a
quelle templari furono erette in questo ambiente “sacrale”
preesistente.
Dalla
suddetta area destinata ad assolvere ad una funzione prevalentemente
sepolcrale, si accedeva, grazie alla presenza di alcuni gradini, al
livello sottostante situato a 4-5 metri di profondità dalla superficie.
La
struttura di Brochtorff presentava ambienti destinati al culto, di
piccole dimensioni (diametro 4 metri x 6), ma all’interno di alcuni di
essi furono reperite statuette femminili obese in terracotta di grande
interesse sotto il profilo culturale; costituisce ancora un unicum
l’esemplare di una coppia di figure femminili, una delle quali
sembrava trattenere tra le braccia un bambino. I reperti menzionati
erano da ricollegare al culto della fertilità che non risultava
incomprensibile in un contesto funerario, data la stretta connessione
con il culto dei morti.
Nel
repertorio iconografico del circolo Brochtorff è da annoverare un
gruppo di statuette molto stilizzate (altezza 16 cm) che presentavano la
forma di un bastone. Anche questi ultimi reperti sembravano costituire
un unicum; risulta difficile avanzare ipotesi in merito alla loro
funzione. Tuttavia, gli archeologi che hanno partecipato agli scavi del
sito hanno sottolineato che i suddetti reperti potevano essere collegati
specificamente ai rituali connessi con la morte.
Dal
contesto funerario-culturale del circolo Brochtorff, caratterizzato
appunto, dalla presenza di resti scheletrici riferibili ad inumazioni,
di strutture architettoniche simili a quelle templari e di reperti
innegabilmente connessi con il culto della fertilità, è possibile
confermare l’ipotesi più volte ricordata, ovvero che
nell’arcipelago maltese fosse largamente diffuso l’uso della
sepoltura collettiva in grotta, che affondava le radici nelle prime fasi
del Neolitico e che si evolse gradualmente fino a raggiungere il massimo
sviluppo nell’ipogeto di Hal Saflieni; alla suddetta pratica funeraria
era strettamente connessa quella culturale inquadrata nella religione di
matrice agraria che aveva caratterizzato le civiltà neolitiche
dell’Europa occidentale.
Benché
il monumento di Gozo presenti una struttura più semplice di quella di
Hal Saflieni, è da equiparare a quest’ultimo dal punto vista
“funzionale”. In conclusione, si può affermare che le strutture
maltesi sembrano costituire la fase più completa del Megalitismo
occidentale, sia dal punto di vista architettonico che iconografico.

Collegamenti:
Fonte:
Dimore eterne -
Alberto Siliotti
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