I templi maltesi, l'ipogeo di Hal Saflieni e il circolo Brochtorff 
nelle isole dell'arcipelago maltese

 

I templi maltesi della Dea Madre

Nell’ambito del fenomeno megalitico hanno assunto particolare rilievo le strutture templari e quelle ipogeiche delle isole dell’arcipelago maltese ascrivibili al Neolitico (4100 a.C. – 2500 a.C.) che costituiscono, tuttora, un unicum sia per la tipologia della struttura architettonica, sia per l’iconografia artistica: quest’ultima consta non solo di motivi ornamentali analoghi a quelli delle tombe megalitiche francesi ed irlandesi, ma anche di una statuaria destinata a rappresentare eminentemente la figura della Dea Madre che giocava un ruolo di preminente importanza nella civiltà agraria del Neolitico maltese. È tuttavia, sorprendente la concentrazione di strutture megalitiche nell’arcipelago maltese dove sono venuti alla luce trenta complessi templari e due strutture ipogeiche; quest’ultime erano destinate ad accogliere sepolture collettive.

Con ogni probabilità, lo straordinario sviluppo del megalitismo era da ascrivere, ad un tempo, all’abilità degli abitanti ed alla presenza, in loco, di materiali di facile lavorazione quali il calcare corallino e il calcare a globigerine, di cui i costruttori potevano avvalersi per l’edificazione dei monumenti. E’ dato notare che, nel suddetto arcipelago, era diffuso l’uso di scavare tombe nella roccia che, nelle fasi più arcaiche della civiltà neolitica, presentano una forma semplicissima, ma nelle fasi successive assunsero un aspetto sepolcrale complesso, caratterizzato da elementi tipici dell’architettura templare, data la stretta connessione del culto della fertilità con quello dei morti; ne costituisce un’ulteriore conferma il fatto che le strutture ipogeiche di Hal Saflieni (Malta) e di Brochtorff (Gozo) fossero ubicate in prossimità dei templi.

All’interno di questi ultimi furono rinvenuti oggetti che costituirono una testimonianza eloquente del culto che vi si svolgeva e che era destinato alla propiziazione della Dea Madre preposta alla fertilità agraria; fra le statuette femminili che presentavano un’accentuazione, talora esagerata, dei tratti connessi con la fecondità (seno, glutei), è da menzionare un esemplare del complesso di Tarxien, poiché si tratta di una statua di notevoli dimensioni che raggiunge l’altezza di 3 metri.  

L'isola di Malta venne raggiunta dai primi gruppi di colonizzatori intorno al 5000 a.C. Erano agricoltori e allevatori neolitici provenienti dal villaggio di Stentinello presso Siracusa, che fabbricavano contenitori in ceramica decorati da caratteristiche figure geometriche riempite di pasta bianca. Nei secoli seguenti altre genti giunsero dalla Sicilia, riconosciute dagli archeologi sempre per l'uso di specifiche classi di ceramica. Intorno al 3600 a.C. ebbe inizio nell'isola di Gozo la costruzione dei templi megalitici di Ggantija (nome locale che significa "torre dei giganti"), cui seguì una fase di transizione (3300-3000 a.C.) cui appartiene a Malta il tempio-sepolcro sotterraneo di Hai Saflieni; quindi, fino al 2500 a.C, la "civiltà dei templi" maltese raggiunse l'apogeo, innalzando i complessi religiosi di Mnajdra, Hagar Qim e Tarxien, ricchi di decorazioni a spirale e di elementi che confermano l'appartenenza al culto mediterraneo della Dea Madre. 

Poi, improvvisamente, l'arcipelago maltese fu abbandonato da tutti i suoi abitanti per cause sconosciute. Per un migliaio di anni i nuovi arrivati utilizzarono i templi di Tarxien per seppellirvi i loro morti ed eressero semplici dolmen, del tipo di quelli presenti nel Salento (probabile indizio della loro provenienza dalla Puglia), quindi intorno al 1500 a.C. una quarta invasione dell'isola portò altre genti -ancora dalla Sicilia - che si insediarono in villaggi fortificati. Sembrano risalire a quel periodo le misteriose "carreggiate", i profondi binari che solcano la superficie rocciosa delle isole. Infine fu la volta dei Cartaginesi, dei Fenici, dei Romani. La splendida civiltà dei templi megalitici era ormai solo un lontano ricordo inghiottito dai millenni.

Capolavori di architettura preistorica - I templi megalitici di Malta sono le prime costruzioni complesse progettate e realizzate dall'uomo neolitico nel bacino del Mediterraneo. Maestosi e articolati in più ambienti, rispondono a schemi creativi e innovativi costanti, mai visti prima di allora. La loro forma tipica si è ripetuta per oltre un millennio, pur con le aggiunte dovute  all'evoluzione architettonica e alle esigenze del culto. Un possente muro perimetrale esterno, di solito a forma di "D" rovesciata, racchiude nel suo interno un numero di camere variabile da due a sei, organizzate simmetricamente a coppie opposte o "a trifoglio", affacciate su un corridoio oppure su un cortile centrale (o su entrambi). 

Le pareti delle stanze presentano forma semicircolare absidata od ovale (la forma tonda domina ogni parte dei templi, totalmente privi di spigoli vivi) e sono delimitate da murature megalitiche distanti anche cinque metri dai muraglioni perimetrali: lo spazio intermedio è sempre riempito da terra e detriti pietrosi. Nei cortili, altari, enormi tazze, vasi e statue costituiscono gli apparati necessari per lo svolgimento dei riti religiosi, conclusi da sacrifici di animali. 

Le facciate monumentali concave a esedra dei templi prospettano su ampi piazzali esterni; spesso un sedile di pietra corre alla base delle pareti, ai lati dell'ingresso trilitico formato da blocchi giganteschi; la copertura era assicurata da tetti in legno, di cui non vi è più traccia. Gli enormi blocchi calcarei impiegati per i muri perimetrali pongono interrogativi a proposito del loro taglio e del trasporto, perché in quel tempo gli antichi Maltesi disponevano soltanto di strumenti litici.  

Una fine misteriosa - Intorno al 2500 a.C. la popolazione dell'arcipelago maltese doveva superare i 10.000 abitanti. All'improvviso le isole si spopolarono, i villaggi furono abbandonati e occupati poco dopo da nuove popolazioni, che utilizzarono i templi di Tarxien per un migliaio d'anni come cimitero. Anche se non è del tutto escluso che questa invasione possa essere stata una delle cause dell'abbandono, poiché non si è trovata traccia di violenze né di distruzioni, prevale la tesi che i nuovi arrivati abbiano trovato le isole deserte. Le ipotesi avanzate sulle cause di tale evento misterioso sono molteplici: un prolungato periodo di siccità, l'aumento della popolazione e la mancanza di terre da coltivare, una micidiale epidemia, una rivolta contro la classe sacerdotale divenuta troppo potente, la volontà espressa dalla divinità venerata nei templi...

Forse non sapremo mai cosa accadde realmente: in ogni caso si trattò di un avvenimento straordinario, che cancellò una civiltà evolutissima, rimasta confinata per oltre mille anni nelle piccole isole maltesi, dove manifestò una sorprendente capacità costruttiva autonoma e una fortissima motivazione religiosa rivolta al culto della Dea Madre. Ma perché templi simili esistono soltanto a Malta e a Gozo? È verosimile l'ipotesi che fossero santuari frequentati dai navigatori mediterranei? A giudicare dalla loro esclusività, sembrerebbe fossero riservati al culto locale; di sicuro i costruttori degli ineguagliati templi megalitici non venivano dall'esterno, perché altrimenti esisterebbero anche altrove monumenti simili. 

Mentre venivano innalzati i templi di Malta, a Stonehenge si compivano le prime due fasi di costruzione del tempio e a Carnac sorgevano imponenti monumenti megalitici. Tale contemporaneità ha alimentato discussioni sul ruolo maltese nella diffusione del megalitismo. Poiché è accertato che questo fenomeno nacque e si sviluppò in Bretagna, Malta può essere stato il centro di rielaborazione e di rilancio di questa ideologia al centro del Mediterraneo, accolto e manifestato in forme diverse. Ma chi portò a Malta il messaggio megalitico dalle coste atlantiche?

Le enigmatiche "carreggiate" - Le isole maltesi offrono un'altro enigma: le "carreggiate", o "binari", o cart-ruts (sotto). Sono dei percorsi con sezione a "V", formati da due solchi paralleli posti alla distanza di 1,30 metri e profondi in media 6-10 centimetri, che attraversano in più punti la superficie rocciosa di Malta e Gozo, sia in zone pianeggianti, sia su erte colline. Straordinarie le zone di "scambio" tra diversi binari, proprio come avviene nelle stazioni; eccezionali i solchi che da alcune spiagge si inabissano in mare. Il fatto che alcuni binari siano stati tagliati da tombe puniche lostra la loro anteriorità, ma non si sa di quanto; la presenza di solchi che da antiche cave di tufo conducono alle porte di villaggi dell'Età del Bronzo indicherebbe l'uso dei binari: vi scorrevano le ruote di carri o i pattini di slitte per il trasporto dei blocchi impiegati nella costruzione delle case. 

Le statue femminili di Malta - La colossale statua femminile restituita dal complesso di templi di Tarxien è incompleta, ma lascia intuire che doveva essere alta circa tre metri. Nel cortile del tempio meridionale, un basamento decorato con motivi spiraliformi e geometrici sostiene la parte inferiore della statua, formata da due grasse gambe e una lunga sottana a pieghe; i piedi sono invece ben proporzionati. Il suo aspetto completo si può intuire da alcune statuine femminili acefale del tempio di Hagar Qim, una seduta e l'altra in posizione eretta: entrambe raffigurano divinità obese, con voluta accentuazione delle proporzioni delle cosce e dei glutei. 

L'intenzionalità di tali sculture è provata dalla presenza di un'altra statuina, chiamata Venere di Malta: nella sua nudità offre un corpo generoso con grandi seni, ma realistico e ben proporzionato. Enigmatica è invece la statuina della Signora Dormiente dell'ipogeo di Hai Saflieni, una grassa figura femminile a busto scoperto, vestita con una gonna a pieghe, ritratta mentre dorme su un lettino con la testa appoggiata sul braccio piegato. Ma i templi megalitici maltesi erano ornati anche da simboli fallici e rilievi di animali (capre, montoni, buoi, tori, maiali) che provano l'adesione a un culto completo della fecondità. La presenza ricorrente del simbolo della spirale (specialmente a Tarxien), semplice, doppia o con quattro ricche volute contrapposte, viene considerata dagli studiosi la sintesi grafica del culto della vita.

Le meraviglie dei templi di Malta

Secondo la leggenda, i templi megalitici di Malta furono costruiti da un gruppo di giganti semidei, i soli in gradi di estrarre e trasportare gli enormi blocchi di calcare di cui sono fatti. Ai margini dell'altipiano di Xaghra, nell'isola di Gozo, i due templi del complesso di Ggantija sono circondati da un muraglione oggi alto sei metri, formato da ciclopici monoliti. Il tempio posto a sud è il maggiore e il più antico. Rispetto allo schema a trifoglio dei monumenti innalzati in precedenza (Kordin, Ta' Hagrat), questo tempio presenta per la prima volta cinque ambienti absidati. Un'imponente entrata formata da due file di ortostati perfettamente squadrati immette in una coppia di camere opposte; un secondo ingresso simile, posto di fronte al precedente, comunica con tre camere maggiori aperte a trifoglio su un cortile, pavimentato come i corridoi. L'ambiente più grande misura 10,50 metri per 9 e sul fondo è occupato da un altare formato da lastre calcaree orizzontali sostenute da pilastrini, diviso in tre parti da due alti monoliti verticali. 

Le pareti interne delle stanze sono inclinate verso l'interno e dovevano essere intonacate e dipinte; perforazioni nei blocchi monolitici segnalano l'esistenza di porte, altri presentano tracce di rilievi a spirale o sono ricoperti da forellini praticati con un trapano; oltre agli altari, l'apparato di culto comprende nicchie, tabernacoli, vasi in pietra, spioncini rettangolari a feritoia aperti nei blocchi e fori nel pavimento, tutti elementi che indicano una raffinata e pianificata capacità costruttiva. Il tempio minore settentrionale appartiene allo schema a quattro camere quasi semicircolari opposte a coppie, con impiego di blocchi concavi sui bordi superiori degli ingressi e su quelli interni destinati a sostenere l'architrave, migliorandone la stabilità.   

I templi megalitici di Malta sono sette strutture megalitiche situate sulle isole di Malta e di Gozo, costruiti tra il IV e il III millennio a.C.

Questi templi sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO: all'inizio il patrimonio comprendeva solo i due templi che formano il complesso di Gigantia sull'isola di Gozo (1980). La nomina venne estesa nel 1992 per includere altri sei templi distribuiti a Malta.

I templi - in ordine cronologico dal più antico al più recente - che attualmente compongono il patrimonio UNESCO di Malta sono (tra parentesi i termini in lingua maltese): Gigantia (Ġgantija), Scorba (Skorba), Ta Hagrat (Ta' Ħaġrat), Ħaġar Qim, Menaidra (Mnajdra), Tarscen (Tarxien).

Ggantija

La Gigantia (in maltese Ġgantija; originariamente in lingua italiana anche Torre dei Giganti) è un sito archeologico di Malta.

Situati nell'isola minore, Gozo, i templi della Gigantia risalgono circa al 3600-2800 a.C. e sono le più antiche strutture del genere al mondo e le seconde strutture religiose artificiali al mondo dopo Göbekli Tepe, rappresentano il gruppo più esteso dei Templi di Malta. Sito orientato a nord-ovest, ebbe diverse fasi di sviluppo:

a: gran tempio a forma di trifoglio;

b: aggiunta di due camere laterali;

c: tempio minore;

d: delimitazione con un cortile curvilineo.

Per costruirlo vennero utilizzati monoliti e una specie di muratura a secco, le pietre venivano strofinate con la sabbia in modo che i blocchi aderissero meglio. La muratura era costituita da 2 muri con un'intercapedine riempito di pietrisco. Le aperture erano ben studiate in modo da dare degli effetti luminosi precisi, colpendo in date precise la parte più sacra del luogo.

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Il tempio è composto di due unità costruite una a fianco dell'altra, racchiuse in un unico muro esterno e recanti lo stesso prospetto; ambedue possiedono un ingresso che si affaccia su un piazzale in terra battuta. Anche se attualmente questi edifici sono comunemente chiamati templi, si conosce ancora molto poco di ciò che avveniva al loro interno; si presume però che fossero praticati rituali di natura religiosa. Gigantia fu utilizzato per circa mille anni, fino alla metà del terzo millennio a.C. (2500 a.C. circa), momento in cui la prima popolazione e la relativa cultura templare maltese scomparvero misteriosamente.  

Gigantia, che si trova nella cittadina di Xagħra, fu il primo monumento maltese ad essere ripulito dal terreno e dai detriti accumulatisi nel tempo: il Colonnello John Otto Bayer - in seguito al suo trasferimento presso Gozo come comandante delle truppe inglesi ed amministratore dell'isola nel 1820 - si occupò di condurre le opere di scavo impiegando i detenuti della prigione gozitana e coprì le spese grazie a fondi propri. Prima degli scavi si riteneva che il tempio fosse in realtà una torre difensiva eretta da giganti, tale credenza popolare è testimoniata dalla parola maltese «ġgant» che significa «gigante».

Dopo gli scavi condotti da Bayer il tempio rimase in balia di depredazioni per oltre un secolo, fino agli anni Trenta del Novecento quando il terreno su cui insistevano le rovine, fu acquistato dal governo. Furono svolte opere di restauro che portarono il sito ad essere visitabile dal 1949.

Skorba

Scorba è uno dei più completi templi presenti sull'isola di Malta. Sebbene di piccole dimensioni, i suoi resti non sono stati praticamente mossi durante il periodo di scavo e la pianta si presenta quasi intatta. Il tempio e composto da quattro stanze, ed un ingresso di lastre monolitiche di calcare alte 4 metri.

Il primo tempio risale tra il XXXVI e XXXII secolo a.C., mentre il secondo molto più in rovina, approssimativamente a 600 anni prima. Nei dintorni vi sono anche molti resti di capanne neolitiche, situate a ovest del primo tempio.

Ta' Hagrat

TaHagrat.jpg (498388 byte)Situato a tre chilometri dai Templi di Skorba, Ta' Hagrrat è un complesso ben conservato composto da due templi che risalgono tra il 36º ed il 32º secolo a.C. 

Ta' Ħagrat è stato probabilmente costruito sopra un precedente villaggio, poiché sono state rinvenute molti vasi e resti di ceramiche. Il ritrovamento più prestigioso è una statuetta calcarea rappresentante un modello di edificio primordiale.

Mnajdra

Mnajdra fu costruito nel IV millennio a.C. ed è il più antico esempio di edificio costruito a secco (cioè senza malta), antecedente anche a Stonehenge e alle piramidi.

Sulla costa occidentale di Malta, di fronte all'isolotto di Filfola, i tre templi di Mnajdra, appartenenti a periodi differenti, si affacciano su un cortile semicircolare da due diversi livelli. In alto vi è il più antico, un tempio a trifoglio della fase Ggantija, in basso quello meglio conservato, con una bella facciata, concava e fitte perforazioni al trapano su due blocchi calcarei interni e alcuni spioncini a feritoia che comunicano con probabili "stanze dell'oracolo". 

Il tempio centrale, costruito per ultimo, ha un triplo ingresso monumentale e presenta su un blocco la curiosa scultura del tempio completo del tetto. Nel tempio meridionale, risalente alla più antica fase di Tarxien, la prima coppia di camere presenta grandi nicchie alle pareti e una struttura trilitica densamente decorata da perforazioni al trapano; la successione di alcuni corsi orizzontali di blocchi calcarei aggettanti verso l'interno conferma che gli ambienti erano coperti da tetti a pseudovolta. 

Ħagar Qim

A poca distanza, in posizione dominante, si trova il maggiore complesso megalitico dell'isola, costituito dal tempio di Hagar Qim, più volte ampliato. Il tempio di Ħaġar Qim, che tradotto vuol dire la "pietra eretta" o "pietra del culto", fu scavato per la prima volta nel 1839 ed è stato datato alla fase di Tarxien (c. 3200-2500 a.C.).

Si trova sulla sommità di una collina posta sul versante meridionale dell'isola di Malta, guardante il mare e la piccola isola di Filfola. Dista circa 2 km ver sud-ovest dal villaggio di Crendi. La zona circostante, tipica macchia mediterranea, è un parco archeologico atto a preservare le rovine, spesso devastate da vandali. 

Ħaġar Qim è una singola unità templare, tuttavia rimane nel dubbio se fosse stato costruito come una struttura a 4 o 5 lobi. Nelle vicinanze del tempio sorge un'altra piccola struttura a 3 lobi che, probabilmente, era il quartier generale dei sacerdoti o la casa dello sciamano. Altre rovine sorgono ad alcuni metri dal tempio principale. 

La monumentale facciata comprende un monolite alto cinque metri che emerge dalla muratura e il maggiore lastrone calcareo conosciuto, alto sette metri e pesante 20 tonnellate; alcune stanze che prospettano sul cortile interno sono ornate da altari a forma di fungo sostenuti da pilastrini ricoperti di perforazioni, da blocchi calcarei traforati e nicchie, che hanno restituito statuine femminili fra cui la famosa "Venere". La camera più meridionale contiene al posto dell'altare un monolite cilindrico fallico, simile a un secondo collocato all'esterno, probabile indizio che questo tempio era dedicato al culto della fertilità.

Lo stile costruttivo segue il modello tipico dell'arcipelago maltese, degno di nota è il fatto che alcuni blocchi sono dentellati per meglio incastrarsi con gli altri corsi di muratura. Tranne qualche blocco rimesso al suo posto perché crollato nessun altro tipo di intervento è stato fatto sul tempio.

Tarxien

Il complesso dei quattro vastissimi templi di Tarxien rappresenta l'apogeo della civiltà maltese e segna anche la sua repentina conclusione. 

A Taxien furono costruiti quattro templi, in un arco di tempo tra il 3000 a.C. e il 2500 a.C. Pur avendo piante del tutto simili risalgono ad epoche diverse.

Il sito fu scoperto nel 1913 grazie alle segnalazioni di agricoltori locali all'allora direttore del Museo di Archeologia de La Valletta, Themistocles Zammit. Egli eseguì degli scavi, tra il 1915 ed il 1919, partendo dal tempio oggi noto come Tempio Sud del complesso. In questo punto furono scoperti resti dell'età del bronzo che giacevano sopra gli strati più antichi dell'età dei Templi. Gradualmente gli scavi portarono alla scoperta di altri 3 templi. Tra il 1921 e il 1958 furono portati a termine ulteriori scavi. Gli scavi continuarono fino al 1997 quando si rivelarono altri resti dello stesso periodo nella zona a nord e a ovest dei tempi, rivelando come il complesso preistorico si estendesse a quei tempi ben oltre quanto si possa oggi immaginare.

La scoperta del complesso fu decisivo per promuovere l'identità nazionale di Malta, confermando solidamente l'esistenza di una fiorente cultura antica sull'isola. Inoltre, l'interesse generale suscitato dai ritrovamenti ha generato per la prima volta una preoccupazione pubblica per la protezione dei tesori storici di Malta, compresa la necessità di gestione dei siti, la promulgazione di leggi e altre misure per proteggere e preservare i monumenti. Allo stesso tempo, le accurate metodologie di scavo di Themistocles Zammit hanno aperto la strada a un nuovo approccio scientifico all'archeologia.

I templi si trovano nel cuore della città di Tarxien (a ridosso della chiesa e del cimitero) e raccolgono molti bassorilievi (sui muri e sull'altare), le cui decorazioni raffigurano animali addomesticati. Rilevanti le decorazioni a spirale nell'abside del Tempio sud. Si ritiene che questo luogo sia stato lo scenario di rituali con sacrifici animali in quanto sono stati ritrovati sull'altare due coltelli di selce e resti di animali.

Tempio Sud - L'ingresso principale del sito conduce al terzo tempio denominato Tempio sud, il più recente, ricco di elaborati motivi decorativi, ma il meno importante dal punto di vista strutturale.

Questo primo tempio è stato datato intorno al 3100 a.C. ed è il più elaborato dei templi di Malta.

L'entrata al tempio sud è una facciata monumentale costruita da blocchi megalitici di cui solo la parte inferiore è sopravvissuta. Questa entrata si affaccia su un cortile ovale che reca al centro una cisterna d'acqua. Ad entrambe le estremità della facciata è localizzata una grande lastra di pietra con un piccolo ripiano scolpito in tre parti con 5 buchi. Sebbene lo scopo non sia noto, molti ritengono che questi fori servissero per versare delle offerte nel terreno. 

Questa grande entrata è una ricostruzione: fu ricostruita infatti negli anni 1956-1960 durante una campagna di restauro in cui molti blocchi vennero coperti con il cemento per prevenire o quantomeno rallentare l'erosione delle pietre. Purtroppo dopo decenni si verificò come il cemento avesse danneggiato le pietre che si volevano proteggere ed oggi sono in atto delle ricerche per evidenziare un metodo protettivo ed evitare ulteriori danni. La ricostruzione fu almeno in parte basata su due frammenti di un modello in pietra che rappresenta una facciata ritrovati a Tarxien.

Dall'ingresso, attraverso un passaggio pavimentato con lastre di pietra, si arriva a due coppie di camere a forma di "D", note come absidi. Qui è stata rilevata la più alta concentrazione di arte preistorica scoperta fino ad oggi nel sito. Sono presenti blocchi e pilastri decorati con spirali di varie forme e bassorilievi raffiguranti animali domestici (varie capre, un montone, un maiale). Sono stati qui ritrovati su un altare, due coltelli di selce e resti di animali che provano l'uso di animali durante i rituali all'interno del tempio. Sulla destra si notano i resti (replica) di una colossale statua in pietra con vesti drappeggiate. Della statua, probabilmente alta tre metri, rimane solo la parte inferiore i cui prosperosi fianchi fanno pensare fosse dedicata alla dea della fertilità.

Secondo tempio - Il secondo tempio, che data circa 3000 a.C., è formato - unico caso tra i templi di Malta - da tre coppie di absidi semicircolari collegate da un passaggio orientato da nord a sud in luogo delle usuali due. Sui blocchi laterali delle pareti si notano dei fori cui erano assicurate le porte di comunicazione. Su una delle pareti che conducono al primo tempio si può ammirare un bassorilievo rappresentante due tori e una scrofa simboli rispettivamente, della forza e della fertilità. Il primo tempio è costruito con lastroni e blocchi non lavorati ed essendo il più antico, venne alterato con la costruzione del secondo.

Terzo tempio o Tempio est - Il tempio orientale è datato intorno al 2500 a.C.

Sparse casualmente nel complesso si notano delle grosse pietre sferiche che servirono ai costruttori per far rotolare i grossi blocchi in pietra. A causa della loro sistemazione, a volte addirittura simmetrica, si suppone avessero anche un significato magico.

Hal Saflieni

L'ipogeo di Ħal-Saflieni è una struttura sotterranea scavata tra il 3600 a.C. circa e il 2500 a.C. a Paola, sull'isola di Malta. Si ritiene che in origine fosse un santuario, divenuto necropoli in tempi tempi preistorici. 

Venne scoperto per caso nel 1902, quando degli operai che stavano tagliando delle cisterne per nuove abitazioni ne ruppero il soffitto. Lo studio della struttura venne all'inizio affidato a Padre Manuel Magri della Compagnia di Gesù, che diresse gli scavi per conto del Museums Committee. Magri morì nel 1907, prima della pubblicazione della relazione sugli scavi. In seguito all'inaspettata morte di Magri, gli scavi ripresero sotto il controllo dello studioso Themistocles Zammit. 

L'ipogeo di Hai Saflieni è la più enigmatica e originale realizzazione della civiltà dei templi, che probabilmente accomunava il mondo dei vivi a quello dei morti, affidati entrambi alla dea della fertilità. Esso è formato da un complicato labirinto, articolato su tre piani sotterranei, di camere per sepolture collettive che accolgono i resti parziali di 6000-7000 individui, con corridoi e ambienti riservati al culto, profondi 10 metri e mezzo. 

Degna di menzione risulta la struttura “labirintica” di Hal Saflieni che, benché presenti analogie con il contemporaneo circolo Brochtorff dell’isola di Gozo, sembra costituire ancora un unicum per la sua estensione (copre una superficie di circa 500 metri quadrati e raggiunge una profondità di 11 metri), per la complessità dell’architettura e per i reperti in essa rinvenuti. L’ipogeo di Hal Saflieni fu scavato nel tenero calcare a globigerine per mezzo di cunei e bastoni da scavo e le sue pareti erano state levigate con lame e raschiato in selce; la suddetta struttura, ascrivibile al Neolitico (4100 a.C. – 2500 a.C.) fu elaborata nell’arco di oltre un millennio, cosicché è lecito pensare che la destinazione dei tre piani di cui era formata, potesse mutare nel tempo.

Il complesso constava di 33 ambienti che espletavano una funzione funeraria e culturale; quest’ultima si svolgeva soprattutto nei locali del secondo livello, le cui stanze presentavano una tipologia architettonica analoga a quella dei templi in superficie. Gli ambienti del primo piano, databili al Neolitico Medio I-II (4100 a.C. – 3600 a.C.), sono venuti completamente alla luce in questi ultimi tempi, in seguito alla demolizione delle sovrastanti abitazioni dell’ipogeo. Infatti, la scoperta del monumento (1902) avvenne in circostanze casuali da parte di operai che, impegnati nell’edificazione di alcune case, scavarono un pozzo per l’acqua piovana e individuarono i locali del primo piano dell’ipogeo, che utilizzarono come luogo di discarica, arrecando danni ingentissimi.

Al termine dei lavori, quando le case erano state costruite, il direttore del Museo Archeologico fu informato dell’esistenza del sotterraneo complesso culturale-funerario del neolitico. Quest’ultimo presentava, nei tre livelli, una graduale evoluzione architettonica. La forma della trilite d’ingresso, unitamente all’aspetto delle pareti delle camere che non erano state levigate e che mostrano ancora abbondanti tracce di ocra rossa (l’ocra rossa era il simbolo del sangue, della vita e della rinascita e ricollegabile al culto dei morti), attestava che il primo piano era da ascrivere alla fase più arcaica. Quest’ultimo, data la presenza di depositi di sepoltura, ossa e frammenti ceramici, sembrava espletare la preminente funzione sepolcrale alla quale era connessa quella culturale.  

Pare innegabile che fosse tributato un culto alla Dea Madre; ne costituisce una testimonianza eloquente il reperimento di una statuetta priva della testa e di due testine che, con ogni probabilità, venivano inserite sul collo delle statuette acefale (rinvenute anche nei templi maltesi) a primavera, quando il principio vitale (testa) avrebbe ricomposto l’integrità della Dea preposta a favorire il sorgere della vegetazione.

L’aspetto culturale, presente soltanto in forma embrionale nel primo piano, si evolse fino ad acquistare tratti più nitidi e meglio definiti nel secondo; l’architettura delle camere che riproduceva la struttura megalitica dei templi in superficie unitamente ai reperti archeologici dalle evidenti implicazioni religiose, denotava la funzione di “tempio sotterraneo” espletata dal secondo piano.

Ascrivibili al Neolitico Tardo I-III (fasi Gigentija- 3600 a.C. – 3300/3000 a.C. e Saflieni-Tarxien 3300/3000 a.C. - 2500 a.C.), periodo in cui furono eretti, nell’arcipelago maltese, imponenti templi megalitici in onore della Dea Madre, i grandi ambienti del secondo livello dell’ipogeo – le cui pareti e i cui soffitti mostravano, tra l’altro, raffinate decorazioni in ocra rossa – rappresentavano perfettamente i templi in superficie data la presenza, inoltre, di un sancta sanctorum.

In quest’ultimo, con ogni probabilità, doveva svolgersi il rito della ierogamia che implicava l’unione sacra tra il sacerdote e la sacerdotessa, simulacri, rispettivamente, del dio e della dea; tale rito, destinato a garantire la continuità dei cicli agrari e correlato con il culto della Dea Madre, pareva attestato dal reperimento di statuette femminili nude e di un oggetto che rappresentava il simbolo fallico (tali reperti vennero alla luce anche nelle strutture templari dell’arcipelago maltese).  

La funzione sepolcrale espletata da questo piano era da ascrivere alla fase finale della sua frequentazione; d’altra parte, la mancanza di strutture architettoniche destinate a separare gli spazi riservati al culto da quelli riservati alla deposizione dei defunti, poteva escludere l’uso contemporaneo delle due funzioni, poiché l’aria, a diversi metri di profondità, sarebbe stata irrespirabile per chi dovesse svolgere le pratiche culturali.  

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Al Neolitico Tardo III (3000/3300 a.C. – 2500 a.C.) erano da ascrivere gli ambienti del terzo piano che non presentavano elementi dell’architettura megalitica templare. Tuttavia, pareva ravvisarsi una primaria funzione culturale anche in questi locali, data la presenza, nelle cellette più riposte del “labirinto”, di un “bacino sacro” destinato ad accogliere le offerte per la Dea Madre; inoltre, i dischi in ocra rossa dipinti sulle pareti, forse il simbolo del sole, erano ricollegabili al culto della fertilità.

Il carattere sacrale pareva ulteriormente convalidato da una prova iniziatica che avrebbero dovuto superare i frequentatori dell’ipogeo, prova che implicava un pericolosissimo salto per chi dovesse raggiunge il terzo piano: infatti, vi era un considerevole dislivello dovuto all’omissione volontario dell’ultimo gradino nella scala che collegava il secondo al terzo piano.

La funzione sepolcrale era da attribuire, anche nel livello inferiore del monumento, alla fase finale della sua frequentazione.

L’ipogeo di Hal Saflieni costituisce l’esempio più eclatante delle fasi evolutive del “megalitismo maltese” e della connessione del culto della fertilità con quello dei morti; un tratto culturale, quest’ultimo, che ha caratterizzato ogni civiltà agraria del Neolitico.

Circolo Brochtorff

In seguito alla scoperta del circolo Brochtorff nell’isola di Gozo, avvenuta nel corso di un progetto di ricerca promosso da autorevoli studiosi, è stato possibile convalidare la diffusione dell’uso della sepoltura collettiva in epoca neolitica.

Il suddetto complesso mortuario, costituito da una serie di grotte naturali, utilizzate come luogo di sepoltura, fu individuato per la prima volta nell’anno 1820 in località Xaghra (isola di Gozo) ed è stato riportato gradualmente alla luce ad iniziare dall’anno 1987.

Il circolo presentava evidenti analogie con il già menzionato e contemporaneo (4100 a.C. – 2500 a.C.) ipogeo di Hal Saflieni dell’isola di Malta, analogie ravvisabili sia nella struttura architettonica, che costituiva un innegabile riflesso di quella templare, sia nella destinazione culturale-funeraria, sia nell’ubicazione in prossimità dei templi. È dato notare che l’ipogeo di Hal Saflieni si trova nelle vicinanze dei templi di Tarxien e il circolo Brochtorff in prossimità di quelli dei Gigantija; i reperti rinvenuti all’interno delle suddette strutture presentano tratti comuni, innegabilmente riferibili al culto della fertilità.

Il complesso funerario-culturale dell’isola di Gozo fu delimitato da un circolo megalitico il cui diametro misura 45 metri. Con ogni probabilità, l’uomo preistorico dell’arcipelago maltese aveva tentano di proteggere le strutture templari e il suddetto monumento funerario-culturale con circoli megalitici destinati a scandire il limite tra l’area sacra e quella profana.

L’ingresso al circolo Brochtorff, ubicato in prossimità dei templi Gigantija, era fiancheggiato da due monoliti; quest’ultimo conduceva ad una zona caratterizzata dalla presenza di una “soglia megalitica” delimitata da elementi architettonici legati al culto della fertilità (betili) e da piccole fosse per sepolture, alcune delle quali erano ascrivibili all’arcaica fase Zebbug (4100 a.C.).  

È da rilevare, inoltre, che le grotte destinate alle sepolture, presenti in questo sito, erano naturali e le strutture architettoniche analoghe a quelle templari furono erette in questo ambiente “sacrale” preesistente.

Dalla suddetta area destinata ad assolvere ad una funzione prevalentemente sepolcrale, si accedeva, grazie alla presenza di alcuni gradini, al livello sottostante situato a 4-5 metri di profondità dalla superficie.

La struttura di Brochtorff presentava ambienti destinati al culto, di piccole dimensioni (diametro 4 metri x 6), ma all’interno di alcuni di essi furono reperite statuette femminili obese in terracotta di grande interesse sotto il profilo culturale; costituisce ancora un unicum l’esemplare di una coppia di figure femminili, una delle quali sembrava trattenere tra le braccia un bambino. I reperti menzionati erano da ricollegare al culto della fertilità che non risultava incomprensibile in un contesto funerario, data la stretta connessione con il culto dei morti.

Ggantija15.JPG (548733 byte)Nel repertorio iconografico del circolo Brochtorff è da annoverare un gruppo di statuette molto stilizzate (altezza 16 cm) che presentavano la forma di un bastone. Anche questi ultimi reperti sembravano costituire un unicum; risulta difficile avanzare ipotesi in merito alla loro funzione. Tuttavia, gli archeologi che hanno partecipato agli scavi del sito hanno sottolineato che i suddetti reperti potevano essere collegati specificamente ai rituali connessi con la morte.

Dal contesto funerario-culturale del circolo Brochtorff, caratterizzato appunto, dalla presenza di resti scheletrici riferibili ad inumazioni, di strutture architettoniche simili a quelle templari e di reperti innegabilmente connessi con il culto della fertilità, è possibile confermare l’ipotesi più volte ricordata, ovvero che nell’arcipelago maltese fosse largamente diffuso l’uso della sepoltura collettiva in grotta, che affondava le radici nelle prime fasi del Neolitico e che si evolse gradualmente fino a raggiungere il massimo sviluppo nell’ipogeto di Hal Saflieni; alla suddetta pratica funeraria era strettamente connessa quella culturale inquadrata nella religione di matrice agraria che aveva caratterizzato le civiltà neolitiche dell’Europa occidentale.

Benché il monumento di Gozo presenti una struttura più semplice di quella di Hal Saflieni, è da equiparare a quest’ultimo dal punto vista “funzionale”. In conclusione, si può affermare che le strutture maltesi sembrano costituire la fase più completa del Megalitismo occidentale, sia dal punto di vista architettonico che iconografico.  

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Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti