La monumentale necropoli di Cerveteri

 

Se l’importanza delle tombe di Tarquinia consiste nelle meravigliose pitture che ne decorano le pareti, quella delle sepolture di Cerveteri sta nel fatto che la lenta evoluzione della loro struttura illustra quello che dovette essere lo sviluppo delle dimore civili.

L’abitato antico sorgeva su un pianoro dai fianchi scoscesi, compreso tra i corsi d’acqua dei fossi del Manganello e della Mola.

Della città etrusca resta ormai ben poco, mentre ricche di testimonianze sono le sue necropoli, come quelle del Monte Abatone, del Sorbo e della Banditaccia.

Le tombe più antiche consistono in camere sotterranee scavate nel tufo e sormontate da un tumulo protettivo di terra, limitato e sostenuto da un tamburo circolare composto da lastre di tufo o ricavato nella roccia.

Le necropoli si organizzano lungo le strade di accesso alla città in maniera assai irregolare; la dimensione dei tumuli varia notevolmente forse in relazione alle disponibilità economiche delle famiglie. 

A. TOMBA DELLE CINQUE SEDIE

B. TOMBA DELL’ALCOVA

C. TOMBA DEL TRICLINIO

D. TOMBA DEI CAPITELLI

E. TUMULO II

F. TUMULO I

G. TOMBA DEI RILIEVI

H. TOMBA DELLA CASETTA

I. TUMULI DEGLI SCUDI E DELLE SEDIE

J. TUMULO DEGLI ANIMALI DIPINTI

La tomba della Capanna, sita nella necropoli della Banditaccia, rappresenta l’esempio più antico di questo genere di sepoltura, seguito a breve distanza di tempo da quello che, probabilmente, è l’ipogeo più conosciuto di Cerveteri: la tomba Regolini Galassi, il cui nome deriva da quelli dell’arciprete Alessandro Regolini e del generale Vincenzo Galassi che la scoprirono il 21 aprile del 1836 in località Sorbo, a sud della città, lungo la strada per il mare. L’impianto planimetrico, costituito da due ambienti stretti e lunghi disposti in asse tra loro e da due piccole camere laterali che si aprono sul primo dei due, riflette da vicino il modello più diffuso di casa aristocratica ceretana, in cui le due stanze principali erano destinate una al soggiorno e l’altra al riposo.

All’interno della tomba vennero ritrovati i resti di tre persone, una incinerata e due inumate, a testimonianza di come la famiglia stessa avesse accolto il cambiamento di rito in maniera graduale e senza eccessivi traumi. La persona deposta nell’ambiente di fondo era, con ogni probabilità, una donna, accompagnata da un corredo di gran lunga più ricco degli altri. Tra i vari pezzi, numerosi sono quelli che rivelano la ricchezza della famiglia: tra essi gli straordinari oggetti di ornamento personale in oro, il vasellame in bronzo o in bucchero e tanti reperti in avorio e ambra; alcuni, come le statuette in bucchetto dette “le piangenti”, stanno a simboleggiare l’eterno cordoglio dei familiari nei confronti dei propri defunti.

La grande disponibilità economica della famiglia è legata alla fortuna di Cerveteri durante il VII secolo a.C., dovuta al controllo delle risorse minerarie dei monti della Tolfa e alla fioritura dei commerci marittimi.

Come a Tarquinia, dunque, anche a Cerveteri la società aristocratica assegna alla tomba il compito di tramandare il prestigio del defunto e della famiglia. Allo stesso modo, i corredi si compongono di oggetti legati alla sfera dell’alimentazione e del banchetto, che rappresenta uno dei canali privilegiati per l’esaltazione del proprio rango.

Ostentare le proprie ricchezze, riuscendo così a legittimare l’esercizio del potere: a questo sembra rivolta tutta l’attenzione dei ceti egemonici ceretani, un obiettivo da perseguire grazie all’esibizione di meravigliosi oggetti d’ornamento in metallo prezioso e di numerose armi, spesso solo da parata.

A partire dal 670 a.C. circa, l’adozione di nuove tecniche costruttive determinò una radicale trasformazione nell’edilizia, segnando il definitivo passaggio dalla capanna alla casa. Le tombe sembrano riprodurre con precisione virtuosistica gli ambienti domestici, soprattutto nell’esecuzione dei soffitti: la riproduzione di travi a rilievo tradisce l’avvenuta adozione in campo civile del tetto pesante, costituito da un’intelaiatura di travi destinata a sorreggere una copertura di tegole. 

Sul finire del secolo si diffonde un tipo di struttura interna che continuerà ad avere fortuna anche nel periodo successivo. Si tratta di sepolture costituite da una grande camera rettangolare e da tre celle più piccole che si aprono sulla parete di fondo della stanza maggiore.

La nuova tipologia è ben rappresentata dalla tomba dei Capitelli, nella necropoli della Banditaccia, databile alla fine del VII secolo a.C. Il sepolcro è costituito da un breve corridoio di accesso, sul quale si aprono tre porte: due laterali che immettono in celle minori, una centrale che conduce al nucleo della tomba. La prima sala, riproducente l’atrio delle case etrusche, è ornata da una coppia di pilastri ottagonali con capitelli di tipo eolico; sulla parete di fondo, tre porte conducono ad altrettante sale più piccole che prendono luce da due finestrelle aperte nel vestibolo.

La tomba degli Scudi e delle Sedie è la dimostrazione di come questo impianto planimetrico continuerà a essere utilizzato almeno fino agli inizi del VI secolo a.C. Attraverso un corridoio si accede a un atrio rettangolare privo di pilastri e coperto da un tetto piano, decorato con nove travi in aggetto; da questa sala si accede ad altre tre camere più piccole.

A partire dalla metà del VI secolo a.C., nella necropoli della Banditaccia una nuova tipologia di sepolcro si affianca ai tumuli del periodo precedente. Si tratta della cosiddetta “tomba a dado”, una costruzione quadrangolare imitante l’esterno di una casa, costituita da una camera interna riservata alle deposizioni. 

È probabile che l’ideazione di tale struttura sia derivata dall’esigenza di creare un tipo di sepolcro capace di sfruttare in maniera più razionale il sempre più ridotto spazio a disposizione. E infatti con l’adozione del nuovo tipo fu avviata una serie di lavori di adeguamento della necropoli, consistenti nella creazione di veri e propri isolati di tombe divise da strade incrociate ad angolo retto. Non è da escludere che alla diffusione del nuovo tipo abbia contribuito in maniera notevole lo spirito agguerrito di una nuova categoria di cittadini di livello medio, intenzionata a limitare lo strapotere politico ed economico degli aristocratici, che a livello funerario si esprimeva nei giganteschi tumuli.

Ma già del V secolo a.C. questi conflitti di classe sembrano ormai sopiti e anche la pianificazione urbanistica perde quell’importanza che aveva rivestito nel secolo precedente. La maggior parte delle tombe vengono scavate nel tufo a notevole profondità e sono costituite da una semplice camera quadrangolare con banchine per le deposizioni completamente lisce e prive di decorazioni. 

Non mancano però ipogei assai complessi relativi a una nuova categoria aristocratica nata dagli scontri di classe del secolo precedente. Si tratta di tombe a volte abbellite da finte facciate rupestri, realizzate a blocchi di tufo o costituite semplicemente da camere quadrangolari sostenute da pilastri con banchine per le sepolture minori e vano quadrangolare, ricavato sulla parete di fondo e riservato alla coppia più importante.

La più conosciuta tra queste ultime è la tomba dei Rilievi. Ad essa si accede mediante una lunga scalinata che conduce all’interno di una camera quadrangolare con soffitto a doppio spiovente sostenuto da due robusti pilastri.

Lungo le pareti sono ricavati 33 locali per le deposizioni; al centro della parete di fondo vi è il loculo riservato al pater e alla materfamilias, distinto rispetto agli altri per l’attenta riproduzione delle zampe, dei cuscini e del pannello frontale della kline dove sono raffigurati Tifone e Cerbero. Le pareti e i pilastri sono decorati con straordinari stucchi riproducenti sia i mobili e le suppellettili presenti all’interno di una ricca dimora, sia strumenti di guerra, di caccia e di gioco.

 

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Fonte:
Dimore eterne - Alberto Siliotti