- Filicudi
Filicudi,
di forma
ovale,
situata tra
Salina e
Alicudi, si
presenta
come un cono
vulcanico ai
cui piedi si
allunga una
fascia di
terreno
pianeggiante,
chiamata
Piano di
Porto.
Anch'essa è
il risultato
di complesse
vicende
vulcaniche.
Aspramente
rocciosa,
l'isola ha
pareti
ripidissime,
segnate da
"terrazze
marine"
che ne
indicano il
sollevamento;
anticamente
era chiamata
Phoenicussa
poiché era
ricoperta di
felci.
Verso
la fine
dell'Ottocento
ci vivevano
1500
persone, e i
fianchi
della
montagna
erano
sistematicamente
terrazzati e
coltivati a
ulivi, vite
e alberi da
frutta,
segno di una
buona
vitalità
dell'economia
e
dell'agricoltura.
La grande
ondata
migratoria
ha portato a
un lungo
periodo di
abbandono,
che ha
permesso
all'isola di
mantenere
quasi
inalterate
le proprie
caratteristiche
ambientali.
Anticamente
l'isola era
nota come Phoinicussa,
che in greco
antico indica
la palma
nana, assai
diffusa in
epoca antica
ed oggi
ancora
presente sui
promontori
dell'isola.
Molto
interessanti
sono le
rovine del
villaggio neolitico sul
promontorio
di Capo
Graziano. Recentemente
sono state
portate alla
luce altre
rovine
(sempre
nella zona
di Capo
Graziano)
che hanno
preso il
nome di
Rovine di
Filobraccio.
I reperti
ritrovati
testimoniano
la presenza
sull'isola,
durante il Neolitico,
di una
fiorente
industria e
lavorazione
dell'ossidiana.
È
presente
sull'isola
una sezione
del Museo
archeologico
eoliano, con
reperti
provenienti
dagli scavi
di Capo
Graziano e
da altre
zone delle isole
Eolie.
Nelle
acque sono
stati
ritrovati
alcuni
relitti di
navi:
-
Relitto A.
Localizzato
nella secca
di Capo
Graziano e
datato alla
metà del II
secolo a.C.,
aveva un
carico
costituito
da anfore
vinarie,
insieme a
vasellame in
ceramica a
vernice
nera. Dalla
stessa nave
provengono
tre ceppi d'àncora
in piombo,
decorati con
delfini ed
astragali.
-
Relitto C.
Localizzato
presso la
secca di
Capo
Graziano, è
datato
all'età
augustea. Il
carico era
costituito
da anfore.
-
Relitto E.
Scoperto nel 1968 presso
la secca di
Capo
Graziano,
apparteneva
ad una nave
di commercio
armata con
cannoni
veneziani
del XVI
secolo.
-
Relitto F.
Localizzato
presso Capo
Graziano e
datato alla
prima metà
del III
secolo a.C.,
trasportava
un carico
composto da
anfore
greco-italiche
e da
ceramica a
vernice nera
e acroma.
La
zona del
Porto, è il
centro
nevralgico,
dove trovate
le piccole
attività
commerciali
dell'isola.
Il
tratto
costiero del
porto,
ospita una
spiaggia di
ciottoli
abbastanza
grande.
Qui
ha sede un
piccolo
museo, che
conserva a
piano terra
gli antichi
utensili dei
contadini e
al primo
piano
ritrovamenti
archeologici
sottomarini.
La
parte
sud-occidentale
dell'isola
ospita il
piccolo
borgo di
"Pecorini",
con il
porticciolo
dei
pescatori
dell'isola e
una piccola
spiaggia di
ciottoli.
Una
tappa da non
perdere a
Filicudi è
scalare il
promontorio
di Capo
Graziano, a
circa
mezz’ora
di cammino
dal porto.
Situato
nella parte
sud
dell’isola
di Filicudi,
Capo
Graziano è
uno dei
luoghi più
importanti
per
l’archeologia
eolica.
A
circa 100
metri sul
livello del
mare, ospita
i resti del
cosiddetto
"Villaggio
di Capo
Graziano",
una trentina
di capanne a
forma ovale.
Da
qui, si
arriva anche
alle antiche
"Cave
di
Macine"
dove,
proprio
sulla costa
dell'isola
bagnata dal
mare, si
scorgono
alcuni resti
di macine.

Per
gli amanti
del trekking
un
itinerario
da non
perdere è
la salita a
Monte Fossa
delle Felci,
771 metri.
Partendo
dal porto,
si percorre
un antica
mulattiera
che conduce
al borgo di
Valdichiesa,
che prende
il nome
dalla chiesa
novecentesca
di Santo
Stefano.
Proseguendo,
il sentiero
conduce ad
un piazzale
in prossimità
della
località Liscio,
da dove si
dirama una
mulattiera
che porta
alla Fossa
delle Felci,
qui vi
ritroverete
immersi in
una natura
tanto
rigogliosa
quanto
selvaggia,
composta
principalmente
da
corbezzoli,
eriche e
giganteschi
alberi di
castagno.
Sulla
vetta sarà
possibile
ammirare
l’isola di
Alicudi e
l’imponente
scoglio,
"La
Canna",
che, con i
suoi 71
metri di
altezza, si
innalza come
un guardiano
del mare.
Alle
spalle di
Valdichiesa, si
trova anche
contrada Serro,
dove le
poche case
presenti
formano un
piccolo ma
caratteristico
insediamento
agricolo.
Da
qui si
prosegue
verso il
villaggio
fantasma di Zucco
Grande, così
chiamato
perché non
vi risiede
più alcuna
anima da più
di 100 anni. Da
Zucco
Grande, un
piccolo
sentiero
porta a
Vallone
Fontanella,
così
chiamato per
la presenza
di una
piccola
sorgente
d’acqua
collocata
all’interno
di una
grotta.
Per
gli amanti
di diving,
a largo di
Capo
Graziano, vi
è un sito
archeologico
d’importanza
mondiale per
le numerose
imbarcazioni
di epoca
antica
presenti nei
fondali.
Oltre ad
essere sito
d’interesse
culturale,
è anche un
luogo
prediletto
per gli
appassionati
della
natura,
poiché
presenta un
habitat
ricco e
rigoglioso
grazie anche
alle
normative
che vietano,
da dieci
anni a
questa
parte, la
pesca e le
immersioni
se non
accompagnati
dal
personale
autorizzato.
Da
non perdere
una visita
alla
"Grotta
del Bue
Marino",
è la più
grande
insenatura
delle Eolie. Alta
20 metri,
larga 30 e
profonda 20,
la grotta è
accessibile
con piccole
imbarcazioni
e a nuoto.
In fondo
alla grotta
si trova una
piccola
spiaggetta
di ciottoli.
- Salina

Salina,
la seconda
isola
dell'arcipelago
per
estensione,
si
contraddistingue
per la
propria
vallata
interna, che
da lontano
fa apparire
i due
rilievi che
la
compongono
(i Monti
Porri e
Fossa delle
Felci) come
due isole
distinte;
venne perciò
chiamata dai
greci Didyme
("gemelli").
Dagli
scavi sono
emersi
insediamenti
risalenti
all'età
del bronzo e
un'alternanza
di periodi
di completo
abbandono
con altri di
forte
sviluppo.
Ritrovamenti
presso Santa
Marina
mostrano un
notevole
insediamento attorno
al IV
secolo a.C. Attorno
al VII
secolo d.C.
Salina fu
una delle
Eolie più
popolate,
perché i
vulcani di
Lipari erano
in attività.
Le invasioni
arabe la
resero
deserta
finché,
attorno al XVII
secolo,
tornò a
popolarsi.
Salina
è l'isola
più fertile
delle Eolie
e ricca
d'acqua; vi
si coltivano
uve pregiate
dalle quali
si ricava la Malvasia
delle Lipari,
un vino di
sapore
dolce, e capperi che
sono
esportati in
tutto il
mondo.
L'Abate
Gerolamo
Maurando
giunse nel
1544
nell'arcipelago
delle Eolie
attestando
l'esistenza
di
un'attività
economica
molto
florida che
probabilmente
era già
iniziata
durante il
Medioevo.
Tuttavia,
a quel
tempo,
nonostante
la presenza
di vigneti
sull'isola
non si
presume la
presenza di
comunità
organizzate:
la continua
minaccia dei
pirati che
assediava
l'isola sin
dall'epoca
bizantina,
aveva spinto
i liparesi a
limitare le
visite
unicamente
per la cura
dei vigneti
e dei
raccolti
durante le
stagioni.
L'isola
si ripopola
solo alla
fine del
1500, grazie
alle
concessioni
enfiteutiche
del Vescovo
di Lipari,
e raggiunge
il suo apice
nella metà
dell'Ottocento:
durante 300
anni si
ritrovano a
convivere
famiglie
provenienti
da tutto il
basso
Tirreno,
attratte dal
lavoro e
dall'illusione
della
piccola
proprietà.
La
conseguente
dipendenza
economica
dall'isola
maggiore di
Lipari,
dovuta alla
mancanza di
tradizioni
comuni nella
nuova
comunità,
ha fine solo
agli inizi
del XIX
secolo,
quando
un'improvvisa
domanda di
Malvasia,
permette
agli
abitanti di
Salina di
affermarsi
finalmente
nei mezzi di
scambio: per
10 lunghi
anni,
infatti, i
commissari
per gli
approvvigionamenti
dell'armata
britannica,
giunta a
Messina per
fronteggiare
la possibile
avanzata di Napoleone in
Sicilia,
richiedono
il noto
'passito
eoliano'
sulle tavole
dei loro
ufficiali.
Una domanda
così
duratura
innesca un
processo di
sviluppo
locale tale
da
permettere
all'isola di
affrancarsi
dall'economia
liparese
nonché dal
suo potere
amministrativo.
Sfortunatamente
però, nella
primavera
del 1889,
la filossera invade
i vigneti
dell'intera
Europa e
pone fine
alla
prosperità,
l'emigrazione
prende piede
ed in
quindici
anni la
popolazione
di Salina si
dimezza.
È
l'isola più
verde,
famosa per
la Riserva
Naturale che
occupa oltre
la metà del
territorio ed
è
raggiungibile
seguendo
suggestivi
itinerari
naturalistici
adatti a chi
voglia
godere di un
incantevole
panorama su
tutte le
vicine
Isole.
Il
più alto
dei due
monti di
Salina, il
Monte Fossa
delle Felci
962 mt,
ospita nel
cono un
bellissimo
bosco di
Felci,
mentre il
Monte Porri
860 mt, è
la dimora
del Falco
della
Regina. La
durata della
scalta è di
circa 2 h a
piedi e la
via più
consigliata
è dal
Santuario
della
Madonna del
Terzito a
Valdichiesa.
Dal
2007 ed
ininterrottamente
da sette
anni a Santa
Marina
Salina
sventolano
le 5
vele della
Guida Blu di
Legambiente.
Curiosa
particolarità
è quella
amministrativa:
l'isola è
l'unica
nell'arcipelago
a non
dipendere da
Lipari, sono
presenti 3
comuni
autonomi:
Malfa,
Leni e Santa
Marina. Gli
approdi sono
due, Santa
Marina che
è anche il
porto
turistico
dell'isola e
il
porticciolo
di Rinella.
L’intera
isola è
collegata da
comode
strade
rotabili,
che si
attorcigliano
lungo le
pendici dei
monti,
attraversando
spettacolari
colate
laviche.
Il
miglior modo
per visitare
l’isola è
sicuramente
quello di
noleggiare
uno scooter
o un
automobile,
in ogni caso
nel periodo
estivo un
efficiente
servizio di
autobus si
protrae fino
a tarda
sera.
Appena
giunti a Santa
Marina è
possibile
ammirare la
meravigliosa
chiesa
settecentesca
con i suoi
caratteristici
campanili.
Qui
si trova il
più grande
e attrezzato
porto
turistico
delle Isole
Eolie.
Da
non perdere
la viuzza
interna al
paese, ricca
di
negozietti e
ristoranti
tipici e
dove è
possibile
visitare il Museo
del Vino.
In
località
Serro
dell’Acqua,
un sentiero,
conduce alle "Grotte
Saracene",
scavate nel
tufo e
nascoste da
una fitta
vegetazione,
utilizzate
come rifugio
per sfuggire
alle atroci
barbarie
commesse dai
saraceni nel
650 d.C.
Da
non perdere
il
"sito
archeologico
di
Portella"
un villaggio
dell’età
del Bronzo
Medio
(XV-XIII
sec. a.C.)
di
eccezionale
bellezza e
conservazione,
che si erge
su una
ripida
cresta
vulcanica
percorribile
a piedi
attraverso
una lunga
scalinata
dalla quale
ammirare
scorci
panoramici
sull’orizzonte.
Le
capanne sono
a pianta
ovale o
circolare di
circa 3-4
metri di
diametro,
scavate
interamente
nella roccia
vulcanica
(lapillo) e
foderate da
un muro a
secco
costruito
con grandi
pietre di
mare e
pietre
vulcaniche.
Da
Santa
Marina, dopo
circa 2 Km,
si raggiunge
la frazione
di Lingua,
con il lago
di acqua
salmastra dal
quale in
tempi
passati si
ricavava il
sale e dal
quale prende
il nome
l'isola. A
pochi passi
dal laghetto
troviamo il Museo
Civico e
il Museo
Archeologico dell'Isola.
Malfa è
il comune
centrale
dell’isola.
E' anche il
più
popolato ed
è qui che
sorgono i più
grandi hotel
dell'Isola.
Cuore
agricolo
dell’intero
arcipelago,
Malfa è
adagiata su
un terrazzo
collinare a
90 metri sul
livello del
mare. Per la
sua
esposizione
a
settentrione
è il luogo
più fresco
e
verdeggiante
dell’isola.
Si trova in
posizione
centrale
strategica
per
raggiungere
gli altri
punti e
località di
Salina.
Qui
è stato
costituito
il Museo
dell'Emigrazione della
popolazione
Eoliana.
La
piazza di
Malfa, con
la
"rosa
dei
venti"
è
sovrastata
dalla
chiesetta
dell'Immacolata.
Pollara è
un piccolo
paesino che
erge nella
fossa
vulcanica di
mezzo
cratere.
Dell'altra
metà è
possibile
ammirane
solo un
piccolo neck
che affiora
dal mare, il
cosiddetto
"Faraglione".
Raggiungendo
Pollara da
Malfa, si
arriva al
"Castello",
un piccolo
forte
costruito
durante la
prima guerra
mondiale,
affacciandosi
dal piccolo
spiazzale di
fronte al
castello si
può
ammirare la
parte di
cono
vulcanico
all'interno
della quale
sorge il
piccolo
paesino di
Pollara.
Consigliamo
sicuramente
una visita
alle
"Balate",
si tratta di
una roccia
vulcanica
raggiungibile
tramite un
sentiero di
scalini, che
dista circa
15 minuti a
piedi dal
centro
abitato di
Pollara. Qui
è possibile
ammirare dei
magazzini
scavati nel
tufo ed è
possibile
tuffarsi
nelle acque
cristalline
dell'isola;
proseguendo
è possibile
ammirare
anche il
"Perciato"
un
suggestivo
arco di
roccia
vulcanica.
E'
anche il
posto
migliore
dove
ammirare il
tramonto, si
dice sia tra
i più belli
al mondo,
dove il sole
assume il
colore rosso
fuoco e
tramonta
accanto alle
isole di
Filicudi e
Alicudi.
Capo
Faro,
situata tra
Malfa e
Santa
Marina, è
una piccola
frazione
caratterizzata
da un’alta
scogliera a
strapiombo
sul mare e
sormontata
da un faro.
Qui vi
troverete
immersi
nelle
coltivazioni
di Malvasia.
Infine Leni,
a circa 200
mt di
altitudine,
anche questa
immersa nel
verde dei
vigneti di
Malvasia di
cui l'Isola
ne è ricca
soprattutto
nella
frazione di
Valdichiesa,
che si trova
proprio tra
le due selle
dell'Isola.
A Valdichiesa troviamo
anche il
santuario
della
Madonna
del Terzito,
diventato
meta di
pellegrinaggio
per gli
isolani,
soprattutto
in occasione
della
ricorrenza
del 23
luglio. Il
nome del
Santuario è
dovuto alla
“leggenda”,
che racconta
che in
questo punto
la Madonna
sia apparsa
ben tre
volte.
Da
qui partono
anche i
sentieri del
trekking per
arrivare in
cima al
Monte Fossa.
Si
prosegue
verso la
pittoresca
frazione di Rinella,
piccolo
borgo di
pescatori
dove è
presente
l’unica
spiaggia di
sabbia nera
dell’isola,
è
sormontata
da grotte
scavate
nella roccia
che
servivano da
ricovero per
le barche.
La
Malvasia è
prodotta con
l’uva
raccolta
nella prima
quindicina
di settembre
e i grappoli
sono esposti
in terrazze
in modo che
l’appassimento
attraverso
il sole
aiuti a
raggiungere
la giusta
gradazione
zuccherina.
Salina
è famosa
anche per un
altro
prodotto: i
capperi di
Salina,
presidio
Slow Food.
Ad
accrescere
la fama di
Salina, che
come tutto
l'Arcipelago
nella
seconda metà
del
Novecento ha
visto il
turismo
diventare
una risorsa
economica
fondamentale,
ha poi
contribuito
di certo
l'ultima
opera di
Massimo
Troisi, Il
postino
(1994): il
personaggio
da lui
interpretato
abitava in
prossimità
della
spiaggia di
Pollara,
abbracciata
da un
anfiteatro
naturale
formato
dalle rocce
e chiuso a
nord dal
Perciato, un
promontorio
dove sono
visibili le
grotte e i
rifugi
scavati nel
tufo per
sfuggire
alle
invasioni
saracene, da
cui si gode
di un
magnifico
tramonto.

- Panarea
Panarea
fu abitata
già in
epoca preistorica come
testimonia
il villaggio dell'età
del Bronzo (XIV
secolo a.C.)
sul
promontorio
di Capo
Milazzese, a
sud-ovest
dell'isola
(da cui
prende il
nome la Cultura
del
Milazzese).
La
particolare
posizione
del pianoro,
proteso
verso il
mare e
protetto da
alte pareti
a dirupo sul
mare -
dunque
facilmente
difendibile
- ne fece un
luogo ideale
per
l'insediamento:
nel
villaggio,
di cui sono
visibili e
visitabili i
resti di una
ventina di
capanne,
sono stati
ritrovati
materiali
d'origine micenea,
a
testimonianza
del ruolo
svolto,
anche in
antichità,
dall'arcipelago
eoliano, al
centro delle
principali
rotte
commerciali
del Mar
Mediterraneo.
Per il resto
Panarea
condivide la
storia delle
altre isole
Eolie ed in
particolare
di Lipari.
Abitate
fin dal neolitico,
nel periodo
fra il VII e
il VI
secolo a.C. le
isole furono
preda di
continue
scorrerie
etrusche
fino a
quando
questi
ultimi non
vennero
sostituiti
dalla
colonizzazione greca.
Nel 264
a.C. Lipari
è alleata
di Cartagine e
le isole
devono
quindi
subire i
continui
attacchi
della flotta
romana.
Nel 252
a.C. Lipari
e le sue
isole
passeranno
sotto il
dominio romano.
Ne sono
prova i
resti di una
villa romana
sulla
difficilmente
accessibile
sommità
dell'isolotto
di
Basiluzzo,
proprietà
di un
eccentrico
possidente
romano,
evidentemente
amante
dell'asprezza
e bellezza
dei panorami
panarellesi.
Con
la caduta
dell'Impero
romano
d'Occidente inizia
un periodo
di decadenza
che aumenta
con la
dominazione bizantina e
diviene
ancor più
rapida con
l'inizio
dell'occupazione
araba (827/1061).
Con
l'avvento
dei Normanni e
la nascita
del Regno
di Sicilia ricominciò
lo sviluppo
economico e
demografico
delle isole
(1340-1544 circa).
A
metà del 1500 infatti
gli arabi
ricominciarono
a insidiare
le isole (ne
resta
traccia
nella toponomastica isolana
nella baia e
relativa
contrada di
Drautto, dal
nome del
pirata Dragut.
Per le
scorrerie
della
pirateria
arabo-turca
l'isola
rimase
pressoché
disabitata,
gli abitanti
infatti non
superavano
il
centinaio.
Verso la
fine del XVII
secolo i
contadini di
Lipari
ripresero a
coltivarla
(senza
portarvici
però donne
e bambini,
per via del
pericolo
delle
scorrerie
piratesche).
È
significativo
come sopra
il villaggio
preistorico
di Cala
Junco esista
il
"Castello
del
Salvamento"
(nella
toponomastica
eoliana
"castello"
sta per
pinnacolo
roccioso di
notevole
altezza),
usato
appunto come
provvidenziale
rifugio
degli
abitanti
durante
queste
incursioni.
In seguito,
con il
miglioramento
della
situazione
politica
nelle isole,
la
popolazione
di Panarea
aumentò
sino a circa
1000
persone. Ma
alla fine
dell'Ottocento diminuì
nuovamente
per via
dell'emigrazione,
verso Stati
Uniti, Sud
America e Australia.
Ai
giorni
nostri la
popolazione
è intorno
ai 200
abitanti
stabili (in
inverno, nei
mesi estivi
con i
turisti può
facilmente
decuplicare).
Gli isolani
vivono ora
soprattutto
del successo
turistico
dell'isola,
esploso alla
fine degli anni
settanta,
ma iniziato
alla fine
degli anni
cinquanta,
con la
scoperta di
queste isole
da parte di
villeggianti
più
avventurosi,
alla ricerca
di un'oasi
di vita più
semplice e a
contatto
diretto con
la natura.

Panarea
è la più
piccola
isola
dell'arcipelago
e forma, con
numerosi
scogli
(Basiluzzo,
Spinazzola,
Lisca
Bianca,
Dattilo,
Bottaro,
Lisca Nera,
i Panarelli
e le
Formiche),
un piccolo
arcipelago
situato su
un unico
basamento
marino.
Anche gli
scogli hanno
una loro
storia:
Lisca Bianca
è
caratterizzata
da una
grotta dalla
quale un
tempo si
estraeva
l'allume,
mentre
Basluzzo ha
forma di una
cupola con
pareti a
picco sul
mare;
nell'Ottocento
fu visitato
e descritto
da Alexandre
Dumas.
Panarea
è formata
da un
massiccio
vulcanico;
sulla
spiaggia
della
Calcara sono
visibili
alcune
fumarole
segno di
attività
vulcanica
secondaria,
che arrivano
anche a 100°C
di
temperatura.
Fu abitata
sin dal
Neolitico;
un villaggio
preistorico
risalente
all'età del
bronzo è
stato
ritrovato
sul
promontorio
del
Milazzese.
Si tratta di
23 capanne,
risalenti a
1400 anni
prima di
Cristo,
tutte ovali
(esclusa una
di forma
rettangolare)
e collocate
sulla sommità
del
promontorio
in evidente
posizione
difensiva.
Proprio
presso il
promontorio
di Punta
Milazzese
sorge il
luogo forse
più
suggestivo
dell'isola:
Cala Junco,
una
splendida
piscina
naturale di
acqua
trasparente
dalle
inverosimili
striature
verdi,
turchesi e
blu.
La
vegetazione
delle isole
Eolie è
tipicamente
mediterranea,
con 900
specie
registrate,
cinque delle
quali
endemiche:
Bassia
saxicola,
Dianthus
rupicola,
Silene
hicesiae,
Cytiscus
aeolicus e
Ophrys
lunata. La
specie più
celebre,
tuttavia, è
senz'altro
il cappero
(Capparis
spinosa), i
cui frutti
sono un
ingrediente
fondamentale
della cucina
locale. La
fauna
comprende 40
specie di
uccelli,
prevalentemente
migratori
che si
fermano
sulle isole
durante le
loro
traversate.
Tra i
mammiferi
vale la pena
di ricordare
il quercino
, una specie
endemica di
coniglio
selvatico, e
sette specie
di
pipistrelli.
Sette sono
anche i
rettili, tra
i quali la
lucertola
delle Eolie
(Podarcis
raffonei),
che vive
sull'isola
di Vulcano.
Amate
da scrittori
come
Alexandre
Dumas padre
e Curzio
Malaparte,
le Eolie
cominciarono
a diventare
una meta
turistica
intorno agli
anni
Cinquanta
del
Novecento,
quando
Roberto
Rossellini
vi girò
Stromboli,
terra di
Dio,
interpretato
da Ingrid
Bergman. Da
allora, i
circa 10.000
abitanti
delle isole
hanno
rivolto al
turismo
quella che
prima era
un'economia
agricola
chiusa. E
oggi sono
ormai
200.000 i
visitatori
che, ogni
anno,
trascorrono
le vacanze
nelle isole
dei vulcani.
San
Pietro è
il centro
dell'Isola,
in cui si
trova il
molo adibito
allo sbarco
di aliscafi.
Dall’area
portuale si
snodano
tutte le
stradine che
conducono ai
tre centri
abitati di
San Pietro a
est, Drautto
a sud-ovest
e a nord-est
Ditella. Le
modeste
dimensioni
dell’isola
permettono
di girarla
completamente
a piedi ma
ciò non
toglie la
possibilità
di prendere
il classico
e pittoresco
taxi
eoliano,
un’ape
sapientemente
adibita al
trasporto di
persone o le
classiche
macchine
elettriche.
Famosa
è la
sorgente
termale
adiacente
all’area
portuale che
si manifesta
con
l’emanazione
dal fondale
di acqua
calda a 50°C,
sfrutta
ta
a scopo
terapeutico.
Percorrendo
la stradina
che conduce
verso la
montagna si
entra nel
centro
abitato del
paese.
L’abitato
si sviluppa
lungo un
dolce pendio
sormontato
da
terrazzamenti
che venivano
utilizzati a
scopo
agrario.
Le
case
mantengono
un’architettura
dal tipico
colore
bianco.
Percorrendo
la strada a
monte si
incontra la
chiesetta di
San Pietro.
Tra
le vie che
compongono
l’abitato
di San
Pietro,
trova spazio
il piccolo
museo di
Panarea,
sede
distaccata
del museo
Barnabò
Brea di
Lipari. Al
museo sono
esposti
rinvenimenti
che
raccontano
sia la
storia
geologica
che quella
umana con
reperti
risalenti al
Neolitico e
alla media
età del
Bronzo,
quasi tutti
rinvenuti
nel
villaggio
preistorico
di Capo
Milazzaese.
Dalla
chiesa di
San Pietro,
percorrendo
la strada
panoramica
in direzione
sud, si
giunge a Drautto.
A sud della
zona
abitata,
dopo aver
superato un
promontorio
roccioso, si
arriva alla
frequentata Caletta
degli
Zimmari,
spiaggia di
sabbia.
Continuando
nella
medesima
direzione si
arriva a Punta
Milazzese,
sede di un
villaggio
preistorico
dove ancora
oggi sono
ben visibili
i resti
delle 23
capanne che
lo
componevano.
Da qui un
antico
sentiero
conduce a Cala
Junco, la
baia che lo
compone è a
forma di
anfiteatro,
delimitata
ai lati da
stravaganti
formazioni
rocciose che
creano così
una piscina
naturale.
Dall’abitato
di San
Pietro,
girando a
destra in
direzione
nord,
arriviamo a Ditella,
piccola
contrada
conosciuta
sopratutto
per le
sorgenti
termali e
per le
innocue
fumarole
della Spiaggia
Calcara,
situata in
una conca,
probabilmente
resto di un
edificio
vulcanico
collassato
che regala
un paesaggio
scottante
perchè dal
suolo si
elevano i
gas delle
fumarole.
Basiluzzo è
situato a
circa 2
miglia a
nord-est di
Panarea e si
estende su
una
superficie
di 300 mq,
rappresentando
l’isolotto
disabitato
più grande
delle Isole
Eolie.

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