Palazzi minoici di Creta - Centri palaziali minoici
(Grecia)
  

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2025

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Festo 

I resti dell'antica città di Festo sono situati nella parte meridionale dell'isola di Creta, nella piana della Messarà, a qualche chilometro dal mare. Il suo palazzo, assieme a quello di Cnosso, è uno dei siti più importanti della civiltà minoica.

La città, abitata sin dal neolitico, ebbe il maggiore sviluppo verso la prima metà del II millennio a.C., quando divenne un fiorente centro commerciale verso l'Egitto e le città costiere dell'Asia minore.

L'approvvigionamento idrico era assicurato dal fiume Geropotamos e da una serie di pozzi, alcuni dei quali assai profondi. Matala 9 km a sud-ovest costituiva lo scalo marittimo di Festo.

Il luogo del sito fu identificato nel 1850, mentre l'inizio degli scavi italiani (condotti da Antonio Taramelli e Federico Halbherr) risale al 1884.

Le ricerche portarono alla scoperta di vestigia palaziali, abbondante materiale ceramico policromo, riconducibile allo stile di Kamares, ed alcune iscrizioni in Lineare A. Nel 1908 in prossimità del palazzo fu scoperto il Disco di Festo. Nel 1950 nuove ricerche furono intraprese sotto l'egida della Scuola archeologica italiana di Atene allora diretta da Doro Levi.

Resti di un primo palazzo, risalente alla fine del XVI secolo a.C., permettono di ricostruirne l'impianto, costituito da un ingresso monumentale, che conduce alla corte rettangolare, chiusa da un colonnato, e da magazzini e sale di servizio.

Il successivo palazzo, distrutto da un incendio nella seconda metà del XV secolo a.C., si articolava su terrazze intorno al cortile centrale, sul quale si affacciavano gli appartamenti regali, le sale di rappresentanza ed i quartieri di servizio.

In età ellenistica l'occupazione del sito è documentata da numerose case private munite di cortile interno. Festo fu poi distrutta intorno al 150 a.C. dalla rivale Gortina, anche se venne successivamente ricostruita in età romana sopravvivendo fino all'età bizantina.

LA SCOPERTA DEL PALAZZO DI FESTO - Dopo millenni di abbandono, gli antichi siti archeologici di Creta tornarono alla luce nell’Ottocento. Infatti, nel 1884 l’archeologo italiano Federico Halbherr scoprì la città di Gortina e la sensazionale Grande Legge. Inoltre, dopo la scoperta di Cnosso del 1900 ad opera di Arthur Evans, iniziarono gli scavi all’antica Festo. Nello stesso anno venne quindi fondata la Scuola Archeologica Italiana di Atene, che lanciò la prima missione di scavi italiani all’estero.

Dunque, sotto la direzione di Halbherr e Pernier, nel 1902 l’intero palazzo fu portato alla luce e, con la scoperta del celebre disco di Festo, iniziarono così gli scavi della vicina Hagia Triàda. Infine, si ritornò a scavare dopo le due guerre mondiali e da questo momento verranno scoperte le aree esterne del palazzo, ancora oggi in fase di scavo.

Il palazzo si compone da quattro cortili interni e le aree riservate al potere sorgevano nell’area del cortile settentrionale, a cui si accedeva da un ingresso monumentale.

Nell’area del cortile superiore si trova invece l’ingresso attuale, che porta al cortile occidentale tramite antiche scalinate. Ad ogni modo, in passato si accedeva probabilmente da sud, dove si trovano un tempio e le abitazioni comuni che conducono al cortile centrale e all’ingresso monumentale del palazzo.

Area Teatrale - Una volta varcato l’attuale ingresso del sito archeologico di Festo si accede al Cortile Superiore. Questo spiazzo era una delle principali corti interne del palazzo, che conducevano tramite una scalinata all’Area Teatrale. Composta da alcune terrazze rialzate, questo era verosimilmente il luogo dove avvenivano le processioni e i riti sacri della città. Inoltre, guardando verso sud sorgono i resti della facciata del primo palazzo che venne distrutto dal primo incendio.

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Grande Scalinata e Propileo - Dall’Area Teatrale, guardando verso oriente, si ammirano i resti del Propileo. Si trattava dell’ingresso principale, riservato però alle processioni e ai sacerdoti che accedevano nel cortile settentrionale mediante una Grande Scalinata, oggi ancora ben visibile. L’ingresso pubblico si trovava invece nella porzione meridionale della città. Infine, al di sotto del Propileo, si aprivano i magazzini. Qui sono stati rinvenuti i pithòi che venivano adoperati per conservare il cibo.

Cortile Centrale - Una volta varcato il Propileo si accedeva al vero cuore del palazzo. Infatti, il Cortile Centrale era circondato da portici e colonnati che rendevano sfarzoso ed elegante il complesso. Qui gli scavi hanno portato alla luce una Cripta a Pilastri e un Bacino Lustrale, probabilmente utilizzati per i sacrifici. Infine, dal lato nord si accedeva al cortile settentrionale e gli appartamenti reali mediante l’Ingresso Monumentale.

Megaron del Re e della Regina - Oltrepassando dunque l’ingresso monumentale si accedeva al Cortile Settentrionale, l’area più intima del palazzo. Sulla sinistra del cortile si apre infatti il Cortile a Peristilio, che originariamente era dotato di un portico lastricato. Mentre a nord sorgevano il Megaron del Re e il Megaron della Regina, gli appartamenti reali che rappresentavano la vera sede del potere di Festo a Creta. Infatti, proprio in questa zona è stato rinvenuto il famoso Disco di Festo.

Tempio e Capanna Neolitica - Infine, vi consigliamo di concludere la visita oltrepassando il cortile centrale in direzione sud. Infatti, qui sono stati rinvenuti i resti di un Tempio del VII secolo a.C. dedicato a Leto, la madre dei gemelli Apollo e Artemide. Inoltre, proseguendo nella stessa direzione si giunge alla Capanna Neolitica. I resti di questo edificio quadrangolare risalgono a tempi molto antichi ed era la dimora della gente comune.

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Il Disco di Festo - Una visita al Sito Archeologico di Festo e di Creta non può escludere il Museo Archeologico di Heraklion. Infatti, nel più importante museo cretese è custodito il celeberrimo Disco di Festo. Rinvenuto dalla spedizione archeologica italiana nel 1908, si tratta di un disco in terracotta di 16 cm di diametro. Datato attorno al 1700 a.C., contiene 242 simboli che seguono un percorso a spirale in senso orario, dall’esterno verso il centro.

Questo incredibile reperto archeologico è ad oggi un mistero ancora irrisolto. Infatti, non è ancora chiaro che cosa potesse simboleggiare, ma soprattutto la scrittura trova similitudini con la Lineare A tipica della società minoica, anche se è comunque differente. Si è pensato che potesse essere una preghiera, una chiamata alle armi, oppure un antico gioco da tavolo. Ad ogni modo, qualunque cosa esso fosse, si tratta di un reperto di inestimabile valore storico.

Malia

Il territorio del comune di Malia si estende dalle falde dei monti Dikti e Selena a sud, fino alle coste del mare di Creta a nord. Il territorio è montuoso eccetto una breve striscia costiera dove sorge la cittadina di Malia.  

Malià è una piccola cittadina a 34 km da Heraklion, al centro di una sottile piana costiera molto fertile. È anche una stazione balneare frequentatissima d'estate per via del suo lungo arenile e per le vicine rovine del palazzo minoico.  

PALAZZO DI MALIA - A Malia si trova un importante palazzo minoico strutturato come gli altri a Creta e di cui condivise la sorte.

La presenza umana a Malia risale al periodo del Neolitico (6000-3000 a.C.) attestata da resti di mandrie, da grotte lungo la costa e da case del periodo prepalaziale (2500 a.C.-2000 a.C.) trovate sotto le fondazioni del palazzo. 

Il primo palazzo di Malia fu costruito tra il 2000 a.C. e il 1900 a.C. Questo fu distrutto nel 1700 a.C. e ricostruito nel 1650 a.C. nello stesso luogo del precedente e seguendone fedelmente il piano. Nel 1450 a.C. anche il nuovo palazzo fu distrutto insieme agli altri centri minoici di Creta. 

Il sito fu occupato per un breve periodo nel XIII secolo a.C. Bisognò quindi aspettare il periodo romano perché il luogo venisse nuovamente ripopolato. Malia e il suo palazzo vennero ricostruiti. La città venne anche ampliata tra cui la costruzione di una basilica ben conservata del VI secolo. Malia venne definitivamente abbandonata durante il medioevo.

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Gli scavi furono intrapresi dall'archeologo Chatzidakis nel 1915 sulla collina Azymo ed ebbero il merito di portare alla luce l'ala occidentale del palazzo e tombe lungo la costa. Più tardi fu la scuola archeologica francese di Atene ad iniziare ricerche accentrate nella zona del palazzo, del villaggio circostante e nelle necropoli della costa. I reperti sono esposti al museo archeologico di Iraklio ma una piccola parte di essi si trova al museo archeologico di Agios Nikolaos. Le rovine del Nuovo palazzo, cui si accede attraverso una strada pavimentata intersecata da numerosi sentieri, le cosiddette vie processionali, sono oggi le meglio conservate.

Ogni fianco del palazzo aveva un'entrata. Il cortile centrale del palazzo aveva un altare al centro e portici ai lati. L'ala occidentale del palazzo era dedicata al culto e vi si trovavano gli appartamenti dei dignitari e i magazzini. Il cortile era dominato da una loggia. A fianco al Kernos, tavola in pietra circolare con 34 cavità probabilmente utilizzata per offerte votive stava un'altra gradinata che forse costituiva l'area del teatro.

A sud e a sud ovest si trovavano i diversi ambienti del tesoro reale. Ad est le cucine e i magazzini dove venivano riposte le giare dell'olio e del vino. Al lato nord che era quello più corto del cortile c'era la sala ipostila, a due file di tre colonne, preceduta da un'anticamera. Sopra vi era una sala di uguali dimensioni che forse era adibita a banchetti. Ad est vi era un corridoio che connetteva il cortile centrale con quello nord circondato da laboratori e magazzini.

Il cimitero del palazzo era dislocato in grotte della costa a nord est. La più importante di queste grotte era quella di Chrysolakko che ha restituito il famoso gioiello delle api sulla goccia di miele, oggi esposto al museo archeologico di Iraklio.

Hagia Triada

Agía Triáda è un sito archeologico cretese, distante circa 3 chilometri da Festo, situato su una sporgenza rocciosa sulla pianura di Messara.

Agia Triada fu costruita intorno al 1600 a.C. (secondo periodo palaziale) e fu distrutta nel 1450 a.C., come avvenne per gli altri palazzi minoici. Sulle sue rovine fu costruito nel XIV secolo a.C. un grande palazzo postminoico di tipo miceneo e un intero abitato a nord est con un'agorà munita di portici. Nel periodo geometrico (VIII secolo a.C.) divenne luogo di culto e in epoca ellenistica fu costruito un piccolo tempio dedicato a Zeus.

La villa di Agia Triada aveva al centro un cortile destinato a funzioni religiose. Da questo si sviluppavano due ali:

- L'ala sud, destinata agli alloggi della servitù

- L'ala nord, destinata a residenza dei dignitari e a magazzini vari, nella quale vennero rinvenute numerose tavolette con scrittura lineare A.

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La peculiarità della villa sta nel ritrovamento a nord est del palazzo nel luogo dove sorse nel periodo postminoico il villaggio, del grande spazio porticato cui davano 8 grandi stanze che ricordava nella pianta l'agorà di epoca ellenistica.

Affreschi molto belli decoravano le pareti. I reperti rinvenuti tra cui il vaso dei mietitori, il rhyton con scene atletiche e la coppa detta del giovane principe sono esposti al Museo archeologico di Iraklio.

Gli scavi furono intrapresi una prima volta dal 1902 al 1914 dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene, sotto la guida di Federico Halbherr e Luigi Pernier, i quali rinvennero fra l'altro il famoso sarcofago, e vennero ripresi intorno al 1970 dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene.

Il sarcofago - Il sarcofago è dipinto su ogni lato a vivaci colori e rappresenta delle scene cultuali funerarie. E' l'unico esempio conosciuto di scene funerarie nell'arte minoica, che predilige scene allegre e vivaci. 

Le donne sono le protagoniste del rito funebre e sono raffigurate convenzionalmente con pelle bianca, mentre gli uomini hanno la pelle scura. Da uno dei lati lunghi, si svolge un'offerta sacrificale compiuta da una sacerdotessa che porge due grandi recipienti pieni di liquido (forse vino o sangue delle vittime scarificate) a una giovane assistente, che li versa su un grande bacile o cratere. Sono accompagnate da un suonatore di cetra, la prima rappresentazione di questo strumento in Grecia. Il contenuto dei recipienti è versato in un bacile posto tra due colonne, sormontate dalle sacre bipenni, su cui sono posati degli uccelli. 

Gli uccelli sono una manifestazione o ierofania delle divinità. Volti nell'altra direzione, tre uomini trasportano le offerte (due piccoli buoi e una nave funeraria) davanti all'anima del defunto, raffigurato in piedi, avvolto da un mantello, davanti ad un edificio, forse la sua tomba. 

Davanti alla porta sporge un albero sacro cui si accede con dei gradini, che, evidentemente, era al centro della funzione religiosa.

Dall'altro lato, la scena rappresenta il sacrificio di un toro, legato e posto su un altare e di due capre, da parte di una sacerdotessa e di un'assistente, vestita di una gonna di pelle. Seguono la cerimonia altre cinque donne, ma qui l'affresco è rovinato. A fianco del corteo, un suonatore di doppio flauto accompagna il rito. Secondo Nanno Marinatos, il santuario posto di fronte alla sacerdotessa è un edificio con un cancello sormontato da corna, da cui fuoriesce un albero. 

Il santuario posto introno all'albero ha funzione equivalente a un tempio, ovvero è l'abitazione del dio. Sui lati più corti del sarcofago, assistono alla cerimonia due coppie di dee che guidano con la frusta un carro trainato, su un lato da un cavallo, e dall'altro da un grifone, accompagnato da un uccello in volo.

Zominthos  

Zominthos è un piccolo altopiano tra le colline settentrionali del Monte Ida (Psiloritis), nell'isola di Creta. Zominthos si trova approssimativamente a circa 7.5 chilometri a ovest del villaggio di Anogia, sul sentiero che va da Cnosso a Idaion Andron, la grande caverna del santuario vicino alla vetta del Monte Ida. Zominthos è ben conosciuta per il grande edificio minoico ivi scoperto; segni di insediamento permanente risalgono al 1800 a.C. ca.

Nel 1982 l’archeologo Yiannis Sakellarakis identificò a quota 1.187m un edificio minoico con una superficie di 1.360 mq. e stabilì che la sua costruzione risalirebbe al 1900 a.C. circa, mentre la sua massima espansione al 1600 a.C. e la sua fine intorno al 1400 a.C.
L’edificio principale si sviluppava su due o tre piani ed era suddiviso in 80 vani con aree adibite a laboratori e magazzini. 

La sua insolita dimensione e l'accurata costruzione, che incorpora alcune caratteristiche pertinenti soltanto all'architettura palaziale, ha attratto l'interesse degli archeologi. Il significato della scoperta viene enfatizzato anche ulteriormente dal fatto che esso giace considerevolmente al di sopra del limite altimetrico degli insediamenti sia minoici che cretesi moderni. Gli scavi hanno portato alla luce soltanto una piccola parte dell'edificio e sono ancora in corso. Tuttavia, essi hanno messo in chiaro che la struttura è stata costruita in modo robusto ed è insolitamente ben conservata, con alcuni resti murari alti fino a 3 metri. 

Fu costruito con pietra grigia locale e le pareti furono intonacate e decorate. Una scoperta importante è senz’altro il laboratorio di produzione ceramica risalente al XVI secolo. a.C. e conservato quasi intatto con le attrezzature e le materie prime al loro posto.
Nel sito sono stati rinvenuti anche aree religiose, laboratori per la lavorazione delle materie prime e la fabbricazione di oggetti, come il laboratorio delle ceramiche, la fornace per la fusione del rame, giare di stoccaggio che servivano per conservare prodotti come lana ed erbe aromatiche.

La presenza di strutture di questo tipo confermano l’ipotesi che Zominthos fosse un importante centro economico, religioso e produttivo direttamente correlato ai palazzi di Cnosso e a centri di culto come l’Antro Ideo.

L'edificio appartiene al periodo neopalaziale ed è stato abbandonato dopo un grande terremoto intorno al 1600 a.C. La ricerca archeologica è stata condotta sotto la direzione del Prof. Yannis Sakellarakis con la breve collaborazione (2005-2007) dell'Università di Heidelberg (Prof Diamantis Panagiotopoulos). Dopo la morte di Yannis Sakellarakis nel 2010 lo scavo continua sotto la direzione del Dr. Efi Sapouna - Sakellaraki.

Gournia  

Il sito archeologico di Gournia si trova a 19 km a sud-est di Agios Nikolaos. In quest'area sorgeva un'antica città, che era molto potente nel periodo tardo minoico (1600 - 1400 a.C).

Secondo una leggenda popolare, questo territorio ricevette il nome di “Gournia" per via delle antiche cisterne ("Gournes" in greco), che si trovano accanto ad ogni casa ed erano utilizzate per dar da bere al bestiame.

Il declino della città comincia nel 1200 a.C o, secondo altri, nel 1450 a.C, a causa di un grande incendio.

Le più importanti scoperte hanno riportato alla luce, grazie agli scavi dell'americano H. Boyd agli inizi del secolo (1901-1904), il palazzo, la residenza dell'amministratore locale, il mercato e e le fondamenta delle case in pietra con i vicoli lastricati in ardesia.

Tra i reperti oggetti cerimoniali, utensili e strumenti domestici, che illustrano pienamente quale fosse la vita quotidiana di un tempo, tra pesca, artigianato ed agricoltura.

Pseira  

Pseira è una piccola isola situata nel Golfo di Mirabella, nella parte nord-orientale di Creta, in Grecia.

Circondata da scogliere, la piccola e arida isola è un sito minoico, esplorato nel 1906–1907 da Richard Seager e parzialmente documentato da Halvor Bagge con inchiostro e acquerelli basati su fotografie (University Museum, Università della Pennsylvania, 1910); in modo più dettagliata venne esaminata nel 1984–1992 da Philip P. Betancourt e Costis Davaras, per la Temple University. I materiali archeologici in questo centro portuale, situato al di sopra del suo porto, al quale era collegato tramite scalinate poste ai lati della scogliera, abbracciano l'arco di tempo che va dalla fine del neolitico (IV millennio) alla tarda età del bronzo, in un'alta fase culturale che si estende dall'Antico Minoico al Tardo Minoico 1B. A quel tempo la prospera città aveva quasi 60 edifici, disposti intorno a un quadrato aperto (plateia), con un grande edificio singolo che occupava un lato. In modo simile a molti siti contemporanei del Tardo Minoico 1B, venne violentemente distrutto, 1550–1450 a.C. ca. Il resto della sua popolazione sgombrò gli spazi tra le macerie e per un certo tempo continuò a dimorare nella città.

Una sigillo in pietra proveniente dal sito raffigurante una nave ricorda che il porto fosse un tempo stato essenziale. La comunità minoica praticava la pesca e l'agricoltura, dissodava profondamente i sisti agricoli a terrazza, concimando il sottile suolo calcareo con i rifiuti umani dell'insediamento. Nell'isola, essi non recintavano le loro piantagioni, come avvenne molto più tardi con la pratica bizantina, segno questo che le capre non pascolavano libere nella Pseira minoica; neppure si tenevano maiali. Le dighe raccoglievano il deflusso delle acque piovane, poiché l'acqua era scarsa sull'isola, sebbene la regione egea fosse meno secca nel secondo millennio a.C. rispetto a oggi.

Conforme al lungo periodo di occupazione, le sepolture nella necropoli aovest della città sono di cinque tipi: sepolture nei rifugi rocciosi neolitici; tombe a cista formate da lastre verticali con paralleli cicladici; piccole tombe costruite in pietre; sepolture in giara; e tombe che imitano le case. I reperti delle necropoli includono vasi d'argilla, vasi in pietra, ossidiana, utensili in bronzo e gioielleria. Le sepolture si interrompono nel Medio Minoico, prima che la città subisse la sua espansione del Tardo Minoico. L'edificio del Tardo Minoico I che occupa il lato settentrionale della plateia, viene identificato con cautela come un "santuario civico", caratterizzato al suo piano superiore da bassorilievi di stucco dipinto dove si è conservato un frammento di affresco, raffigurante due donne poste una di fronte all'altra in abiti minoici di un complicato disegno intrecciato. Gli scavi a Pseira sono stati oscurati dal successivo sviluppo avutosi negli stadi preistorici che offuscarono quelli rispettivamente più arcaici, in contrasto, per esempio, con i più chiaramente definiti strati a Cnosso.

Pseira2.jpg (548924 byte)Lo scavo effettuato nella Casa dei Rhyta svelò la prova di alcune pratiche cultuali minoiche che ci fanno conoscere alcuni riti minoici, sebbene il significato essenziale che essi evocavano ci sfugga. In tre differenti strutture l'attività cultuale coinvolgeva l'uso di rhyta, coppe per bere di forme variegate, tutte con un buco alla base, un vaso a forma di toro, conchiglie di tritone, calici, e un grande numero di tazze.

"Le pratiche cultuali che implicavano un grande numero di rhyta continuarono nei periodi successivi, nella tarda età del bronzo, come viene dimostrato da un'interessante struttura religiosa a Ras Shamra con 15 rhyta, che comprendono esempi micenei e minoici".

Le tracce chimiche in un rhyton fanno pensare a orzo, birra e vino. Considerato il loro uso stagionale, tutto questo vasellame rituale veniva immagazzinato, in grandi gruppi che sarebbero stati raccolti nelle stanze del piano superiore, che avevano rilievi di stucco dipinti e bianco di calce sulle pareti e un pavimento che era ritualmente imbiancato lo stesso con calce (nell'edificio che fronteggia la plateia) o lastricato con lastre di pietra (Casa dei Rhyta). Nella Casa dei Rhyta, c'era uno spazio per la cucina sottostante, troppo importante per gli occupanti del singolo edificio; esso aveva un focolare all'angolo, un mortaio costruito nella roccia nell'angolo opposto, e pietre per la molatura. Le bevute rituali osservate nella stanza superiore erano apparentemente accompagnate dal banchetto.

Gli oggetti preziosi trovati da Seager, nei pressi del porto inferiore, comprendono un rhyton a forma di canestro decorato con doppie asce, dei rhyta a forma di pera decorati con delfini, vasi a forma di toro, e una giara decorata con edera - che in un contesto greco indicherebbe la presenza di Dioniso - tra gli altri oggetti.

Karfi  

Karfi è un'area archeologica cretese poco visitata, posizionata ad un'altitudine della catena del Ditte, cosa che ha portato a definirla la "Machu Picchu della civiltà minoica". Le ricostruzioni archeologiche suggeriscono che, quando i bellicosi gruppi misti convenzionalmente riferiti come Dori arrivarono a Creta dal Peloponneso, dopo il 1100 a.C. ca., avrebbero trovato il popolo minoico insieme ai micenei, ma come una classe subalterna. Non c'è dubbio che la lingua minoica continuasse ad essere parlata dalle classi inferiori, sebbene le iscrizioni, ora in Lineare B, fossero tutte in una forma di greco associato a una classe superiore micenea (BBC).

Sembra che i Dori avessero spinto la popolazione locale fino alle colline; gli insediamenti più recenti, con una cultura materiale minoica, sono in luoghi sempre più inaccessibili; l'ultimo, benché il periodo di datazione per il sito sia ampio, è Karfi, in cima ai Monti Dikti. Ci sono complessi abitativi, un edificio a mégaron tripartito con focolare e santuario, dove vennero trovate delle figure votive.

A Karfi l'ultimo insediamento minoico eteocretese si ritirò verso i pendii di questa arida montagna, dalla quale si poteva controllare dall'alto il Mar di Creta, la valle di Pediada, e l'altopiano di Lassithi con Candia (dove i reperti provenienti da Karfi sono esposti nel Museo Archeologico, Stanza 11). Nelle montagne meridionali di Creta una lingua non-greca era ancora parlata e talvolta scritta in epoca classica, e le persone che la parlavano venivano ancora identificati come "eteocretesi" - "veri cretesi".

La vetta di Karfi era originariamente un santuario montano, che occupava un tipico sito sopra un'alta spalla (circa 1,1 km sopra il livello del mare), con un vasto "panorama" (Soetens, Driessen ed altri), connettendolo in linea d'aria ad altri siti, tipici della rete sviluppata dal "primo periodo palaziale" (Medio Minoico IB–II, 1900–1800 a.C.) in avanti, ma probabilmente abbandonato, forse sotto l'incremento della centralizzazione religiosa, nel Medio Minoico IIIA (1650 a.C. ca.) (Soetens, Driesen ed altri). 

Il sito roccioso dove gli ultimi dei minoici si ritirarono è dominato da una pietra affiorante biforcuta che è inequivocabilmente simile agli altari in pietra, con corna crescenti incise e modellate, conosciuti a Creta e Cipro. In questo alto, remoto e antico sito sacro un frammento di civiltà minoica sopravvisse intatto per circa 400 anni dopo l'occupazione di Cnosso. Molte statuette votive d'argilla vi sono state trovate, incluse le dee raffigurate con gonne cilindriche e le braccia sollevate nel gesto dell'epifania.

J. D. S. Pendlebury e la Scuola Archeologica Britannica (British Archaeology School) scavarono estensivamente le rovine nel 1937 e 1939. Alcuni pensano che soltanto un terzo del sito sia stato scavato (Swindale).

Jones afferma che Karphi sia un santuario montano, mentre altre fonti pongono dei dubbi (vedi Swindale). I reperti inventariati da Jones comprendono pesi per telai in ceramica, vasi in miniatura, e statuette in argilla (onnipresenti tra i santuari montani) raffiguranti forme umane e animali.

La città minoica include un santuario con un altare, case a un piano e strade lastricate. Due cimiteri minoici con tombe a tholos sono situati nei presso del villaggio, risalente fino al Tardo Minoico IIIc, e se invero il sito include un santuario montano, vuol dire che esso è del Medio Minoico.

 
Fonte
Cnosso - Antonis Vasilakis