- Festo
I
resti dell'antica città di Festo sono situati nella parte meridionale
dell'isola di Creta, nella piana della Messarà, a qualche chilometro dal
mare. Il suo palazzo, assieme a quello di Cnosso, è uno dei siti più
importanti della civiltà minoica.
La
città, abitata sin dal neolitico, ebbe il maggiore sviluppo verso la prima
metà del II millennio a.C., quando divenne un fiorente centro commerciale verso
l'Egitto e le città costiere dell'Asia minore.
L'approvvigionamento
idrico era assicurato dal fiume Geropotamos e da una serie di pozzi, alcuni dei
quali assai profondi. Matala 9 km a sud-ovest costituiva lo
scalo marittimo di Festo.
Il
luogo del sito fu identificato nel 1850, mentre l'inizio degli scavi
italiani (condotti da Antonio Taramelli e Federico Halbherr)
risale al 1884.
Le
ricerche portarono alla scoperta di vestigia palaziali, abbondante materiale ceramico policromo,
riconducibile allo stile di Kamares, ed alcune iscrizioni in Lineare
A. Nel 1908 in prossimità del palazzo fu scoperto il Disco di
Festo. Nel 1950 nuove ricerche furono intraprese sotto l'egida della Scuola
archeologica italiana di Atene allora diretta da Doro Levi.
Resti
di un primo palazzo, risalente alla fine del XVI secolo a.C., permettono di
ricostruirne l'impianto, costituito da un ingresso monumentale, che conduce alla
corte rettangolare, chiusa da un colonnato, e da magazzini e sale di servizio.
Il
successivo palazzo, distrutto da un incendio nella seconda metà del XV
secolo a.C., si articolava su terrazze intorno al cortile centrale, sul quale si
affacciavano gli appartamenti regali, le sale di rappresentanza ed i quartieri
di servizio.
In età
ellenistica l'occupazione del sito è documentata da numerose case private
munite di cortile interno. Festo fu poi distrutta intorno al 150 a.C. dalla
rivale Gortina, anche se venne successivamente ricostruita in età romana
sopravvivendo fino all'età bizantina.

LA
SCOPERTA DEL PALAZZO DI FESTO - Dopo
millenni di abbandono, gli antichi siti archeologici di Creta tornarono alla
luce nell’Ottocento. Infatti, nel 1884 l’archeologo italiano Federico
Halbherr scoprì la città di Gortina e la sensazionale Grande Legge.
Inoltre, dopo la scoperta di Cnosso del 1900 ad opera di Arthur Evans,
iniziarono gli scavi all’antica Festo. Nello stesso anno venne quindi fondata
la Scuola Archeologica Italiana di Atene, che lanciò la prima missione di
scavi italiani all’estero.
Dunque,
sotto la direzione di Halbherr e Pernier, nel 1902 l’intero palazzo fu portato
alla luce e, con la scoperta del celebre disco di Festo, iniziarono così
gli scavi della vicina Hagia Triàda. Infine, si ritornò a scavare dopo le
due guerre mondiali e da questo momento verranno scoperte le aree esterne del
palazzo, ancora oggi in fase di scavo.
Il
palazzo si compone da quattro cortili interni e le aree riservate al potere
sorgevano nell’area del cortile settentrionale, a cui si accedeva da un
ingresso monumentale.
Nell’area
del cortile superiore si trova invece l’ingresso attuale, che porta
al cortile occidentale tramite antiche scalinate. Ad ogni modo, in
passato si accedeva probabilmente da sud, dove si trovano un tempio e le
abitazioni comuni che conducono al cortile centrale e all’ingresso
monumentale del palazzo.
Area
Teatrale - Una volta
varcato l’attuale ingresso del sito archeologico di Festo si accede al Cortile
Superiore. Questo spiazzo era una delle principali corti interne del palazzo,
che conducevano tramite una scalinata all’Area Teatrale. Composta da alcune
terrazze rialzate, questo era verosimilmente il luogo dove avvenivano le
processioni e i riti sacri della città. Inoltre, guardando verso sud sorgono i
resti della facciata del primo palazzo che venne distrutto dal primo
incendio.
Grande
Scalinata e Propileo - Dall’Area
Teatrale, guardando verso oriente, si ammirano i resti del Propileo. Si
trattava dell’ingresso principale, riservato però alle processioni e ai
sacerdoti che accedevano nel cortile settentrionale mediante una Grande
Scalinata, oggi ancora ben visibile. L’ingresso pubblico si trovava invece
nella porzione meridionale della città. Infine, al di sotto del Propileo, si
aprivano i magazzini. Qui sono stati rinvenuti i pithòi che venivano
adoperati per conservare il cibo.
Cortile
Centrale - Una volta
varcato il Propileo si accedeva al vero cuore del palazzo. Infatti, il Cortile
Centrale era circondato da portici e colonnati che rendevano sfarzoso ed
elegante il complesso. Qui gli scavi hanno portato alla luce una Cripta a
Pilastri e un Bacino Lustrale, probabilmente utilizzati per i
sacrifici. Infine, dal lato nord si accedeva al cortile settentrionale e gli
appartamenti reali mediante l’Ingresso Monumentale.
Megaron
del Re e della Regina - Oltrepassando
dunque l’ingresso monumentale si accedeva al Cortile Settentrionale,
l’area più intima del palazzo. Sulla sinistra del cortile si apre infatti il Cortile
a Peristilio, che originariamente era dotato di un portico lastricato. Mentre a
nord sorgevano il Megaron del Re e il Megaron della Regina, gli
appartamenti reali che rappresentavano la vera sede del potere di Festo a Creta.
Infatti, proprio in questa zona è stato rinvenuto il famoso Disco di Festo.
Tempio
e Capanna Neolitica - Infine,
vi consigliamo di concludere la visita oltrepassando il cortile centrale in
direzione sud. Infatti, qui sono stati rinvenuti i resti di un Tempio del
VII secolo a.C. dedicato a Leto, la madre dei gemelli Apollo e Artemide.
Inoltre, proseguendo nella stessa direzione si giunge alla Capanna
Neolitica. I resti di questo edificio quadrangolare risalgono a tempi molto
antichi ed era la dimora della gente comune.

Il
Disco di Festo - Una
visita al Sito Archeologico di Festo e di Creta non può escludere il Museo
Archeologico di Heraklion. Infatti, nel più importante museo cretese è
custodito il celeberrimo Disco di Festo. Rinvenuto dalla spedizione
archeologica italiana nel 1908, si tratta di un disco in terracotta di 16
cm di diametro. Datato attorno al 1700 a.C., contiene 242 simboli che
seguono un percorso a spirale in senso orario, dall’esterno verso il centro.
Questo
incredibile reperto archeologico è ad oggi un mistero ancora irrisolto.
Infatti, non è ancora chiaro che cosa potesse simboleggiare, ma soprattutto la
scrittura trova similitudini con la Lineare A tipica della società
minoica, anche se è comunque differente. Si è pensato che potesse essere una
preghiera, una chiamata alle armi, oppure un antico gioco da tavolo. Ad ogni
modo, qualunque cosa esso fosse, si tratta di un reperto di inestimabile valore
storico.
- Malia
Il
territorio del comune di Malia si estende dalle falde dei monti Dikti e Selena a
sud, fino alle coste del mare di Creta a nord. Il territorio è
montuoso eccetto una breve striscia costiera dove sorge la cittadina di Malia.
Malià
è una piccola cittadina a 34 km da Heraklion, al centro di una
sottile piana costiera molto fertile. È anche una stazione balneare
frequentatissima d'estate per via del suo lungo arenile e per le vicine rovine
del palazzo minoico.
PALAZZO
DI MALIA - A Malia si
trova un importante palazzo minoico strutturato come gli altri a Creta e
di cui condivise la sorte.
La
presenza umana a Malia risale al periodo del Neolitico (6000-3000 a.C.)
attestata da resti di mandrie, da grotte lungo la costa e da case del periodo
prepalaziale (2500 a.C.-2000 a.C.) trovate sotto le fondazioni del
palazzo.
Il
primo palazzo di Malia fu costruito tra il 2000 a.C. e il 1900
a.C. Questo fu distrutto nel 1700 a.C. e ricostruito nel 1650
a.C. nello stesso luogo del precedente e seguendone fedelmente il piano.
Nel 1450 a.C. anche il nuovo palazzo fu distrutto insieme agli altri
centri minoici di Creta.
Il
sito fu occupato per un breve periodo nel XIII secolo a.C. Bisognò
quindi aspettare il periodo romano perché il luogo venisse nuovamente
ripopolato. Malia e il suo palazzo vennero ricostruiti. La città venne anche
ampliata tra cui la costruzione di una basilica ben conservata del VI
secolo. Malia venne definitivamente abbandonata durante il medioevo.


Gli
scavi furono intrapresi dall'archeologo Chatzidakis nel 1915 sulla
collina Azymo ed ebbero il merito di portare alla luce l'ala occidentale del
palazzo e tombe lungo la costa. Più tardi fu la scuola archeologica francese di
Atene ad iniziare ricerche accentrate nella zona del palazzo, del villaggio
circostante e nelle necropoli della costa. I reperti sono esposti al museo
archeologico di Iraklio ma una piccola parte di essi si trova al museo
archeologico di Agios Nikolaos. Le rovine del Nuovo palazzo, cui si accede
attraverso una strada pavimentata intersecata da numerosi sentieri, le
cosiddette vie processionali, sono oggi le meglio conservate.
Ogni
fianco del palazzo aveva un'entrata. Il cortile centrale del palazzo aveva un
altare al centro e portici ai lati. L'ala occidentale del palazzo era dedicata
al culto e vi si trovavano gli appartamenti dei dignitari e i magazzini. Il
cortile era dominato da una loggia. A fianco al Kernos, tavola in pietra
circolare con 34 cavità probabilmente utilizzata per offerte votive stava
un'altra gradinata che forse costituiva l'area del teatro.
A
sud e a sud ovest si trovavano i diversi ambienti del tesoro reale. Ad est le
cucine e i magazzini dove venivano riposte le giare dell'olio e del vino. Al
lato nord che era quello più corto del cortile c'era la sala ipostila, a due
file di tre colonne, preceduta da un'anticamera. Sopra vi era una sala di uguali
dimensioni che forse era adibita a banchetti. Ad est vi era un corridoio che
connetteva il cortile centrale con quello nord circondato da laboratori e
magazzini.
Il
cimitero del palazzo era dislocato in grotte della costa a nord est. La più
importante di queste grotte era quella di Chrysolakko che ha restituito il
famoso gioiello delle api sulla goccia di miele, oggi esposto al museo
archeologico di Iraklio.
- Hagia
Triada
Agía
Triáda è un sito archeologico cretese, distante circa 3
chilometri da Festo, situato su una sporgenza rocciosa sulla pianura
di Messara.
Agia
Triada fu costruita intorno al 1600 a.C. (secondo periodo palaziale) e
fu distrutta nel 1450 a.C., come avvenne per gli altri palazzi minoici.
Sulle sue rovine fu costruito nel XIV secolo a.C. un grande palazzo
postminoico di tipo miceneo e un intero abitato a nord est con un'agorà munita
di portici. Nel periodo geometrico (VIII secolo a.C.) divenne luogo di culto e
in epoca ellenistica fu costruito un piccolo tempio dedicato
a Zeus.
La
villa di Agia Triada aveva al centro un cortile destinato a funzioni religiose.
Da questo si sviluppavano due ali:
-
L'ala sud, destinata agli alloggi della servitù
-
L'ala nord, destinata a residenza dei dignitari e a magazzini vari, nella quale
vennero rinvenute numerose tavolette con scrittura lineare A.
La
peculiarità della villa sta nel ritrovamento a nord est del palazzo nel luogo
dove sorse nel periodo postminoico il villaggio, del grande spazio porticato cui
davano 8 grandi stanze che ricordava nella pianta l'agorà di epoca ellenistica.
Affreschi
molto belli decoravano le pareti. I reperti rinvenuti tra cui il vaso dei
mietitori, il rhyton con scene atletiche e la coppa detta del giovane
principe sono esposti al Museo archeologico di Iraklio.
Gli
scavi furono intrapresi una prima volta dal 1902 al 1914 dalla Scuola
Archeologica Italiana di Atene, sotto la guida di Federico Halbherr e Luigi
Pernier, i quali rinvennero fra l'altro il famoso sarcofago, e vennero
ripresi intorno al 1970 dalla Scuola Archeologica Italiana di
Atene.
Il
sarcofago - Il sarcofago è dipinto su ogni lato a vivaci colori e
rappresenta delle scene cultuali funerarie. E' l'unico esempio conosciuto di
scene funerarie nell'arte minoica, che predilige scene allegre e vivaci.
Le
donne sono le protagoniste del rito funebre e sono raffigurate convenzionalmente
con pelle bianca, mentre gli uomini hanno la pelle scura. Da uno dei lati
lunghi, si svolge un'offerta sacrificale compiuta da una sacerdotessa
che porge due grandi recipienti pieni di liquido (forse vino o sangue delle
vittime scarificate) a una giovane assistente, che li versa su un grande bacile
o cratere. Sono accompagnate da un suonatore di cetra, la prima
rappresentazione di questo strumento in Grecia. Il contenuto dei recipienti è
versato in un bacile posto tra due colonne, sormontate dalle sacre bipenni,
su cui sono posati degli uccelli.
Gli
uccelli sono una manifestazione o ierofania delle divinità. Volti
nell'altra direzione, tre uomini trasportano le offerte (due piccoli buoi e una
nave funeraria) davanti all'anima del defunto, raffigurato in piedi, avvolto da
un mantello, davanti ad un edificio, forse la sua tomba.
Davanti
alla porta sporge un albero sacro cui si accede con dei gradini, che,
evidentemente, era al centro della funzione religiosa.
Dall'altro
lato, la scena rappresenta il sacrificio di un toro, legato e posto su un altare
e di due capre, da parte di una sacerdotessa e di un'assistente, vestita di una
gonna di pelle. Seguono la cerimonia altre cinque donne, ma qui l'affresco è
rovinato. A fianco del corteo, un suonatore di doppio flauto accompagna
il rito. Secondo Nanno Marinatos, il santuario posto di fronte alla
sacerdotessa è un edificio con un cancello sormontato da corna, da cui
fuoriesce un albero.
Il
santuario posto introno all'albero ha funzione equivalente a un tempio, ovvero
è l'abitazione del dio. Sui lati più corti del sarcofago, assistono alla
cerimonia due coppie di dee che guidano con la frusta un carro trainato, su un
lato da un cavallo, e dall'altro da un grifone, accompagnato da un uccello
in volo.

- Zominthos
Zominthos è un piccolo altopiano tra le colline settentrionali del Monte
Ida (Psiloritis), nell'isola di Creta.
Zominthos si trova approssimativamente a circa 7.5 chilometri a ovest del
villaggio di Anogia,
sul sentiero che va da Cnosso a Idaion
Andron, la grande caverna del santuario vicino
alla vetta del Monte Ida. Zominthos è ben conosciuta per il grande edificio minoico ivi
scoperto; segni di insediamento permanente risalgono al 1800
a.C. ca.
Nel 1982 l’archeologo Yiannis Sakellarakis
identificò a quota 1.187m un edificio minoico con una superficie di 1.360 mq. e
stabilì che la sua costruzione risalirebbe al 1900 a.C. circa, mentre la sua
massima espansione al 1600 a.C. e la sua fine intorno al 1400 a.C.
L’edificio principale si sviluppava su due o tre piani ed era suddiviso in 80
vani con aree adibite a laboratori e magazzini.
La sua insolita dimensione e l'accurata costruzione, che incorpora
alcune caratteristiche pertinenti soltanto all'architettura
palaziale,
ha attratto l'interesse degli archeologi. Il significato della scoperta viene
enfatizzato anche ulteriormente dal fatto che esso giace considerevolmente al di
sopra del limite altimetrico degli insediamenti sia minoici che cretesi moderni.
Gli scavi hanno portato alla luce soltanto una piccola parte dell'edificio e
sono ancora in corso. Tuttavia, essi hanno messo in chiaro che la struttura è
stata costruita in modo robusto ed è insolitamente ben conservata, con alcuni
resti murari alti fino a 3 metri.
Fu costruito con pietra grigia
locale e le pareti furono intonacate e decorate. Una scoperta importante è
senz’altro il laboratorio di produzione ceramica risalente al XVI secolo. a.C. e conservato quasi intatto con le attrezzature e le materie prime al loro
posto.
Nel sito sono stati rinvenuti anche aree religiose, laboratori per la
lavorazione delle materie prime e la fabbricazione di oggetti, come il
laboratorio delle ceramiche, la fornace per la fusione del rame, giare di
stoccaggio che servivano per conservare prodotti come lana ed erbe aromatiche.
La presenza di strutture di questo tipo confermano l’ipotesi che Zominthos
fosse un importante centro economico, religioso e produttivo direttamente
correlato ai palazzi di Cnosso e a centri di culto come l’Antro Ideo.
L'edificio
appartiene al periodo neopalaziale ed
è stato abbandonato dopo un grande terremoto intorno
al 1600
a.C. La ricerca archeologica è stata condotta sotto la direzione del
Prof. Yannis Sakellarakis con la breve collaborazione (2005-2007) dell'Università
di Heidelberg (Prof Diamantis Panagiotopoulos). Dopo la morte di Yannis
Sakellarakis nel 2010 lo scavo continua sotto la direzione del Dr. Efi Sapouna -
Sakellaraki.

- Gournia
Il
sito archeologico di Gournia si trova a 19 km a sud-est di Agios Nikolaos. In
quest'area sorgeva un'antica città, che era molto potente nel periodo tardo
minoico (1600 - 1400 a.C).
Secondo una leggenda popolare, questo territorio ricevette il nome di
“Gournia" per via delle antiche cisterne ("Gournes" in greco),
che si trovano accanto ad ogni casa ed erano utilizzate per dar da bere al
bestiame.
Il declino della città comincia nel 1200
a.C o, secondo altri, nel 1450
a.C, a
causa di un grande incendio.
Le più importanti scoperte hanno riportato alla luce, grazie agli scavi
dell'americano H. Boyd agli inizi del secolo (1901-1904), il palazzo, la
residenza dell'amministratore locale, il mercato e e le fondamenta delle case in
pietra con i vicoli lastricati in ardesia.
Tra i reperti oggetti cerimoniali, utensili e strumenti domestici, che
illustrano pienamente quale fosse la vita quotidiana di un tempo, tra pesca,
artigianato ed agricoltura.
- Pseira
Pseira è una piccola isola situata nel Golfo
di Mirabella, nella parte nord-orientale di Creta,
in Grecia.
Circondata
da scogliere, la piccola e arida isola è un sito minoico,
esplorato nel 1906–1907 da Richard Seager e parzialmente documentato da Halvor
Bagge con inchiostro e acquerelli basati su fotografie (University Museum,
Università della Pennsylvania, 1910); in modo più dettagliata venne esaminata
nel 1984–1992 da Philip P. Betancourt e Costis Davaras, per la Temple
University. I materiali archeologici in questo centro portuale, situato al
di sopra del suo porto, al quale era collegato tramite scalinate poste ai lati
della scogliera, abbracciano l'arco di tempo che va dalla fine del neolitico (IV
millennio) alla tarda età
del bronzo, in un'alta fase culturale che si estende dall'Antico Minoico al
Tardo Minoico 1B. A quel tempo la prospera città aveva quasi 60 edifici,
disposti intorno a un quadrato aperto (plateia), con un grande edificio singolo
che occupava un lato. In modo simile a molti siti contemporanei del Tardo
Minoico 1B, venne violentemente distrutto, 1550–1450 a.C. ca. Il
resto della sua popolazione sgombrò gli spazi tra le macerie e per un certo
tempo continuò a dimorare nella città.
Una
sigillo in pietra proveniente dal sito raffigurante una nave ricorda che il porto fosse
un tempo stato essenziale. La comunità minoica praticava la pesca e
l'agricoltura, dissodava profondamente i sisti agricoli a terrazza, concimando il
sottile suolo calcareo con i rifiuti umani dell'insediamento. Nell'isola,
essi non recintavano le loro piantagioni, come avvenne molto più tardi con la
pratica bizantina,
segno questo che le capre non pascolavano libere nella Pseira minoica; neppure
si tenevano maiali. Le dighe raccoglievano il deflusso delle
acque piovane, poiché l'acqua era scarsa sull'isola, sebbene la regione egea fosse
meno secca nel secondo millennio a.C. rispetto a oggi.
Conforme
al lungo periodo di occupazione, le sepolture nella necropoli aovest della città sono di cinque tipi: sepolture nei rifugi
rocciosi neolitici;
tombe a cista formate
da lastre verticali con paralleli cicladici;
piccole tombe costruite in pietre; sepolture in giara; e tombe che imitano le
case. I reperti delle necropoli includono
vasi d'argilla, vasi in pietra, ossidiana,
utensili in bronzo e gioielleria. Le sepolture si interrompono nel Medio
Minoico, prima che la città subisse la sua espansione del Tardo
Minoico. L'edificio del Tardo Minoico I che occupa il lato settentrionale
della plateia, viene identificato con cautela come un "santuario
civico", caratterizzato al suo piano superiore da bassorilievi di stucco dipinto
dove si è conservato un frammento di affresco,
raffigurante due donne poste una di fronte all'altra in abiti minoici di un
complicato disegno intrecciato. Gli scavi a Pseira sono stati oscurati dal
successivo sviluppo avutosi negli stadi preistorici che offuscarono quelli
rispettivamente più arcaici, in contrasto, per esempio, con i più chiaramente
definiti strati a Cnosso.
Lo
scavo effettuato nella Casa dei Rhyta svelò la prova di alcune pratiche
cultuali minoiche che ci fanno conoscere alcuni riti minoici, sebbene
il significato essenziale che essi evocavano ci sfugga. In
tre differenti strutture l'attività cultuale coinvolgeva l'uso di rhyta,
coppe per bere di forme variegate, tutte con un buco alla base, un vaso a forma
di toro,
conchiglie di tritone, calici,
e un grande numero di tazze.
"Le
pratiche cultuali che implicavano un grande numero di rhyta continuarono
nei periodi successivi, nella tarda età del bronzo, come viene dimostrato da
un'interessante struttura religiosa a Ras
Shamra con 15 rhyta, che comprendono esempi micenei e
minoici".
Le
tracce chimiche in un rhyton fanno pensare a orzo, birra e vino.
Considerato il loro uso stagionale, tutto questo vasellame rituale veniva
immagazzinato, in grandi gruppi che sarebbero stati raccolti nelle stanze del
piano superiore, che avevano rilievi di stucco dipinti e bianco di calce sulle
pareti e un pavimento che era ritualmente imbiancato lo stesso con calce
(nell'edificio che fronteggia la plateia) o lastricato con lastre di pietra
(Casa dei Rhyta). Nella Casa dei Rhyta, c'era uno spazio per la cucina
sottostante, troppo importante per gli occupanti del singolo edificio; esso
aveva un focolare all'angolo, un mortaio costruito nella roccia nell'angolo
opposto, e pietre per la molatura. Le bevute rituali osservate nella stanza
superiore erano apparentemente accompagnate dal banchetto.
Gli
oggetti preziosi trovati da Seager, nei pressi del porto inferiore, comprendono
un rhyton a forma di canestro decorato con doppie
asce, dei rhyta a forma di pera decorati con delfini, vasi a forma di toro,
e una giara decorata con edera -
che in un contesto greco indicherebbe la presenza di Dioniso -
tra gli altri oggetti.
- Karfi
Karfi è un'area
archeologica cretese poco
visitata, posizionata ad un'altitudine della catena del Ditte,
cosa che ha portato a definirla la "Machu
Picchu della civiltà
minoica". Le ricostruzioni archeologiche suggeriscono che, quando i
bellicosi gruppi misti convenzionalmente riferiti come Dori arrivarono
a Creta dal Peloponneso,
dopo il 1100 a.C. ca., avrebbero trovato il popolo minoico insieme ai micenei,
ma come una classe subalterna. Non c'è dubbio che la lingua minoica continuasse
ad essere parlata dalle classi inferiori, sebbene le iscrizioni, ora in Lineare
B, fossero tutte in una forma di greco associato a una classe superiore
micenea (BBC).
Sembra
che i Dori avessero spinto la popolazione locale fino alle colline; gli
insediamenti più recenti, con una cultura materiale minoica, sono in luoghi
sempre più inaccessibili; l'ultimo, benché il periodo di datazione per il sito
sia ampio, è Karfi, in cima ai Monti
Dikti. Ci sono complessi abitativi, un edificio a mégaron tripartito
con focolare e santuario, dove vennero trovate delle figure votive.
A
Karfi l'ultimo insediamento minoico eteocretese si ritirò verso i pendii di
questa arida montagna, dalla quale si poteva controllare dall'alto il Mar
di Creta, la valle di Pediada, e l'altopiano di Lassithi con Candia (dove
i reperti provenienti da Karfi sono esposti nel Museo Archeologico, Stanza 11).
Nelle montagne meridionali di Creta una lingua non-greca era ancora parlata e
talvolta scritta in epoca classica, e le persone che la parlavano venivano
ancora identificati come "eteocretesi" - "veri cretesi".
La
vetta di Karfi era originariamente un santuario
montano, che occupava un tipico sito sopra un'alta spalla (circa 1,1 km
sopra il livello del mare), con un vasto "panorama" (Soetens, Driessen ed
altri), connettendolo in linea d'aria ad altri siti, tipici della rete
sviluppata dal "primo periodo palaziale" (Medio Minoico IB–II,
1900–1800 a.C.) in avanti, ma probabilmente abbandonato, forse sotto
l'incremento della centralizzazione religiosa, nel Medio Minoico IIIA (1650 a.C.
ca.) (Soetens, Driesen ed altri).
Il sito roccioso dove gli ultimi dei
minoici si ritirarono è dominato da una pietra affiorante biforcuta che
è inequivocabilmente simile agli altari in pietra, con corna crescenti incise e
modellate, conosciuti a Creta e Cipro.
In questo alto, remoto e antico sito sacro un frammento di civiltà minoica
sopravvisse intatto per circa 400 anni dopo l'occupazione di Cnosso.
Molte statuette votive d'argilla vi sono state trovate, incluse le dee
raffigurate con gonne cilindriche e le braccia sollevate nel gesto dell'epifania.
J.
D. S. Pendlebury e la Scuola
Archeologica Britannica (British Archaeology School) scavarono
estensivamente le rovine nel 1937 e 1939. Alcuni pensano che soltanto un terzo
del sito sia stato scavato (Swindale).
Jones
afferma che Karphi sia un santuario
montano, mentre altre fonti pongono dei dubbi (vedi Swindale). I reperti
inventariati da Jones comprendono pesi
per telai in ceramica, vasi in miniatura, e statuette in argilla
(onnipresenti tra i santuari montani) raffiguranti forme umane e animali.
La
città minoica include un santuario con un altare, case a un piano e strade
lastricate. Due cimiteri minoici con tombe a tholos sono
situati nei presso del villaggio, risalente fino al Tardo
Minoico IIIc, e se invero il sito include un santuario montano, vuol dire
che esso è del Medio Minoico.

Fonte
Cnosso
- Antonis Vasilakis
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