Trianon,
proprietà riservata
L'oasi di pace costituita oggi dalla tenuta di
Trianon è il frutto di espropri e di
ricostituzioni successive. Su queste terre si
trovava un villaggio chiamato appunto Trianon,
che Luigi XIV ha progressivamente acquistato.
Dopo averlo fatto radere al suolo nel 1668, il
sovrano chiede a Le Vau di costruire un piccolo
padiglione, che verrà chiamato "Trianon di
porcellana" per le varie sculture di
porcellana di Delft che lo ornano.
A
causa della sua fragilità ma anche della sua
destinazione originale (accogliere gli amori del
re e di Madame de Montespan), questo primo
castello viene sostituito più tardi dal Grande
Trianon. Stanco della vita regolamentata che lui
stesso impone alla corte, il Grande Re considera
il Trianon un mezzo per sfuggire ai vincoli
dell'etichetta. Il luogo diventa pertanto una
proprietà riservata per eccellenza e al monarca
vengono attribuite le seguenti parole: "Ho
fatto Versailles per la corte, Marly per gli
amici e Trianon per me".
Con
l'edificazione del Piccolo Trianon, la tenuta
conserva questo statuto particolare di residenza
privata nel XVIII secolo.

Grande Trianon
In
fondo al parco, celato dalle maestose piante
d'alto fusto, si erge il Gran Trianon, il cui
nome deriva dal villaggio e dalle terre
limitrofe che Luigi XIV aveva acquistato
nell'intento di ingrandire i suoi possedimenti.
Nel
1670 Luigi XIV chiese a Le Vau di costruirgli un
padiglione che venne chiamato Trianon di
Porcellana per il rivestimento esterno fatto di
mattonelle di maiolica bianca e azzurra di
Delft, di Nevers, di Rouen e di Lisieux. Ma un
edificio così
fragile, esposto alle intemperie, andò soggetto
a un rapido degrado, i costi di manutenzione
erano ingenti e il Re Sole, abituato alla
grandezza, doveva trovare le sue proporzioni
assai misere. Fu allora deciso di sostituirlo
con un padiglione di marmo e i lavori vennero
commissionati a Hardouin-Mansart nel 1687.
Robert de Cotte costruì il peristilio che
fungeva da sala da pranzo del re nei mesi
estivi. Così, a poco a poco, l'edificio andava
ingrandendosi.
Trianon
era destinato ad essere un luogo di riposo, uno
spazio privato, riservato ai concerti, alle
feste p agli spuntini in cui Luigi XIV voleva
invitare solo le dame della Corte. Più tardi
verrà dedicato alla famiglia
Si
tratta di una costruzione monopiano coronata da
una balaustra all'italiana, con la facciata
ornata da pilastri di marmo rosa della
Linguadoca con capitelli ionici.
Trianon
è il palazzo di Flora: tutte le stanze si
affacciano sui giardini, interamente consacrati
ai fiori, con un elevatissimo numero di varietà
scelte per il loro colore nonché per il loro
profumo. "Le tuberose ci obbligano a
lasciare Trianon ogni sera, scrive Mme de
Maintenon in una lettera dell'8 agosto 1689,
alcune persone si sentono male a causa
dell'eccessivo profumo". E tutte le
decorazioni, pitture e sculture dei pannelli in
legno se ne ispirano.
IL
SALONE DEGLI SPECCHI - Con la magnifica
vista sul Gran Canale e la decorazione a
specchi, questo salone è
il più bello dell'ala sud. E l'ultima stanza
dell'appartamento che Luigi XIV occupò in
questa parte del castello dal 1691 al 1703: vi
si teneva il consiglio.
Come
la maggior parte degli spazi del Trianon, ha
conservato la decorazione originale ma non il
mobilio, venduto durante la Rivoluzione e fatto
sostituire da Napoleone. Dal 1810 al 1814 fu
utilizzato come Grande Gabinetto
dall'arciduchessa Maria Luisa, nipote di Maria
Antonietta, con cui l'imperatore si sposò in
seconde nozze.


IL
PERISTILIO - Chiamato impropriamente "peristilio"
(questa denominazione risale all'epoca di Luigi
XIV), questo portico posto al centro
dell'edificio conferisce al Grande Trianon la
trasparenza che ne fa l'originalità e permette
di passare senza accorgersene dal cortile ai
giardini.
IL
SALONE TONDO - Questo vestibolo dava accesso
al primo appartamento che Luigi XIV occupò
solo per tre anni, dal 1688 al 1691. La
decorazione di colonne corinzie, il pavimento in
marmo e i quadri risalgono a questo periodo. A
destra del camino, una bussola in falegnameria
nasconde la scala usata dai musicisti per
accedere alla tribuna, che dava sulla stanza
successiva in cui il re cenava.
LA
CAMERA DELL'IMPERATRICE - Questa stanza ha
avuto lo stesso destino della precedente. Era la
camera di Luigi XIV ed ha conservato la sua
decorazione, caratterizzata dalla presenza di
colonne corinzie che dividono la stanza e da
pannelli in legno splendidamente scolpiti a
mosaico.
Divenuta
più
tardi la camera dell'imperatrice Maria Luisa, fu
riammobiliata per lei come la vediamo oggi.
L'unico mobile che fa eccezione è il letto:
apparteneva a Napoleone nel castello delle
Tuileries, il suo successore Luigi XVIII
(fratello di Luigi XVI) vi morì nel 1824, e fu
poi portato qui dall'ultima occupante del
Trianon, la regina Maria Amelia, moglie del re
Luigi Filippo.

IL
SALONE DEI SIGNORI - Questa stanza ha
conservato il nome della sua destinazione
originale, quando tutta l'ala sud era utilizzata
per il servizio delle colazioni. Divenne poi la
prima anticamera del re e successivamente quella
dell'imperatrice.
Realizzata
nel 1692, era nota con il nome di Salone dei
Signori al tempo di Luigi XIV. Al pari di altri
vani della palazzina ebbe a subire varie
trasformazioni e divenne il Salone degli Uscieri
della regina Marie Amelia nel 1836.
La
decorazione delle pareti è originale; lungo la
cornice si sviluppa un motivo con trofei d'armi.
Il bel dipinto sopra il camino è una
riproduzione del Mignard eseguita da Delutel. Vi
è raffigurato un ospite del Grande Trianon, il
gran Delfino, figlio di Luigi XIV, e della sua
famiglia: la consorte Maria Anna di Baviera: il
duca di Borgogna, sulla destra, sarà il padre
di Luigi XV e il bambino seduto sul cuscino, il
duca di'Anjou, diverrà re di Spagna nel 1700;
un altro bambino, il piccolo duca di Berry, è
in grembo alla madre. Tutti e tre i bambini,
come i padre, portano il grande cordone blu
dell'ordine di santo spirito, istituito nel 1578
da Enrico III. Da notare i ritratti di Luigi XV
e di Maria Leczinska copiati da Van Loo e un
tavolo con il piano costituito da
un piano in teck di un solo pezzo, di 2,77 m di
diametrorealizzato nel 1823 da Felix Rémond.
IL
SALONE DELLE MALACHITI - In questo grande
salone dell'Imperatore erano esposti i regali di
malachite offerti dallo zar Alessandro I a
Napoleone, che diedero il nome alla stanza.
IL
GABINETTO TOPOGRAFICO DELL'IMPERATORE - Inizialmente
questo gabinetto si affacciava sul boschetto
delle Sorgenti, percorso da ruscelli che
serpeggiavano tra gli alberi. Quest'ultima
creazione di Le Nótre
scomparve sotto Luigi XVI. Il gabinetto dava
allora sull'appartamento di Mme de Maintenon e
nei suoi pannelli di legno del 1713 erano state
incastrate delle vedute dei giardini di
Versailles, in cui Luigi XIV è rappresentato
ormai vecchio, che passeggia "su
rotelle".
Nel
1810 Napoleone trasformò questa stanza in
gabinetto topografico ed utilizzò la
successione di stanze contigue come piccolo
appartamento.
IL SALONE DI FAMIGLIA DI LUIGI FILIPPO - Questo
grande salone fu creato da Luigi Filippo a
partire da due stanze già esistenti. Il re e la
sua famiglia, che amavano soggiornare nel
Trianon, si ritrovavano di sera in questa stanza
ammobiliata nello spirito dell'epoca: tavoli da
gioco e da lavoro, sedie e divani capitonné
rivestiti di canutiglia gialla con motivi blu.

LA
CAMERA DELL'IMPERATORE - La camera
dell'Imperatore, una delle cinque stanze del suo
piccolo appartamento, era stata decorata sotto
Luigi XV con pannelli in legno tuttora
esistenti. E' stata riammobiliata in stile
Impero, con le belle stoffe moire "legno di
limone" bordate di broccato color lilla ed
argento che erano state tessute a Lione per
Giuseppina nel 1807 e che furono riutilizzate
qui per Napoleone nel 1809.
Nel
dicembre di quell'anno, Napoleone soggiornò per
la prima vola in questo piccolo appartamento,
subito dopo il suo divorzio da Giuseppina. La
figlia di quest'ultima, la regina Ortensia, ha
raccontato in che modo l'Imperatore le accolse
il 25 dello stesso mese: "L'Imperatore si
recò al Trianon e ci invitò (Ortensia e
Giuseppina) a fargli una visita. Vi accompagnai
mia madre. Questo incontro fu commovente.
L'Imperatore le chiese di rimanere a cena. Coma
al solito, era seduto di fronte a lei. Sembrava
che non fosse cambiato nulla. Regnava un
profondo silenzio. Mia madre non riusciva a
mangiare e vedevo che stava per svenire.
L'Imperatore si asciugò due o tre volte gli
occhi senza dire niente e ce ne andammo subito
dopo cena".
LA
CAMERA DELLA REGINA DEI BELGI - L'ala
destra, che si affaccia sul cortile d'Onore, ha
accolto un teatro sotto Luigi XIV, poi una sala
di ricevimento sotto Luigi XV (sala da giochi,
sala da pranzo e sala dei buffet). Luigi Filippo
la trasformò
per creare un appartamento destinato al genero e
alla figlia Luisa Maria d'Orléans, re e regina
dei Belgi. Fra il mobilio fatto venire dal
castello delle Tuileries si trovava il letto
dell'imperatrice Giuseppina.
IL
SALONE DEI GIOCHI - Benché
collegato all'appartamento dei giovani sovrani
belgi, l'ex salone dei giochi di Luigi XV ha
conservato la sua forma centinata, nonché i
suoi pannelli in legno e il bel camino di
breccia viola.
LA
GALLERIA DEI COTELLE - Giudiziosamente
edificata per proteggere i parterre del Trianon
dai rigori dell'inverno, questa galleria ha
undici portefinestre esposte a sud e solo cinque
finestre a nord. E' decorata con ventiquattro
tele (di cui ventuno attribuite a Jean Cotelle)
che raffigurano i boschetti di Versailles e del
Trianon all'epoca in cui furono ordinati, nel
1687. Sono preziose testimonianze sui giardini
cosi come erano nel XVII secolo.
Le
nicchie erano destinate originariamente ai
divani, ma Luigi Filippo vi fece sistemare due
rinfrescatoi in marmo di Linguadoca provenienti
dai buffet di Luigi XV. Fu in questa galleria
che, il 4 giugno 1920, fu firmato il trattato di
pace con l'Ungheria che poneva fine alla prima
guerra mondiale.
IL
SALONE DEI GIARDINI - All'estremità
della galleria dei Cotelle, il salone dei
Giardini dà sulla sala degli Ippocastani del
Trianon e, al di là del parterre alto, sul
braccio trasversale del Gran Canale.
Ala
di Trianon-sous-Bois
Vent'anni
dopo la sua costruzione, il Trianon era
diventato troppo piccolo per accogliere tutta la
famiglia di Luigi XIV. Per soddisfare il re,
Jules Hardouin-Mansart, poco prima di morire nel
1708, edificò
quest'ala di Trianon-sous-Bois, la cui sobrietà
ed eleganza annunciano lo stile del XVIII
secolo.
Questo
corpo di edificio, l'unico con un piano,
contiene un insieme di appartamenti che furono
assegnati in un primo tempo alla principessa
Palatina, cognata del re, e poi ai suoi figli.
LA
CAPPELLA - Accanto al salone dei Giardini e
al suo biliardo ad archetti, Luigi Filippo fece
edificare una cappella, al posto del salone da
biliardo di Luigi IV. In questa cappella furono
celebrate le nozze della seconda figlia, la
principessa Maria, con il duca Alessandro di
Wurtemberg, il 17 ottobre 1837. Le colonne
intorno all'altare vengono dal boschetto delle
Cupole, la vetrata fu ordinata alla Manifattura
di Sèvres
e rappresenta L'Assunzione della Vergine
di Pierre-Paul Prud'hon.
L'UFFICIO
DEL GENERALE - Tra il 1962 ed il 1967, il
generale de Gaulle fece restaurare l'ala di
Trianon-sous-Bois per accogliervi i presidenti
della Repubblica francese. Vi si trova tra
l'altro l'ufficio del generale.
Piccolo Trianon
Luigi
XV detestava l'etichetta imposta dal Re Sole,
suo bisnonno. La marchesa di Pompadour ebbe
l'idea di far costruire una palazzina di
dimensioni ridotte nei pressi dell'Orto botanico
del Grand Trianon per offrire al sovrano dei
momenti di riposo lontano da Versailles. Ma per
soddisfare questa necessità
di vita alla campagna non basterà costruire una
fattoria, tracciare delle nuove aiuole, il
Giardino Francese, a cui Gabriel aggiungerà nel
1750 un grazioso padiglione di pietra bianca, il
Padiglione Francese, costituito da un salone
ovale fiancheggiato da quattro piccole camere.
Di
gusto squisitamente classico, esteriormente
presenta una facciata in bugnato liscio a un
solo ordine, coronata da una balaustra recante
grandi vasi e sculture di putti.
Quest'angolo
di quiete non era una dimora abitabile, serviva
solo per organizzare una merenda o per
trascorrere un'ora di svago. Fu allora che
Jacques-Ange Gabriel progettò
una nuova palazzina: il Piccolo Trianon.
L'architetto era l'autore di edifici e di
progetti urbanistici considerevoli, a Choisy, a
Fontainebleau, a Marly, e avrebbe fornito ancora
una dimostrazione del proprio talento con la
costruzione del Piccolo Trianon, della Sala
dell'Opera a Versailies e della piazza dedicata
a Luigi XV, la futura Place de la Concorde.
L'architetto
del re abbandonò l'estetica
"rocaille" e adottò una forma cubica
e linee molto pure, conformi al nuovo siile
allora in voga, detto "alla greca".
La
sua semplicità è solo apparente: tutte le
facciate sono diverse e trattate in funzione
dello spazio su cui si affacciano: il cortile,
il giardino francese con il suo bel padiglione,
il giardino botanico e il giardino di fiori.
All'interno, la stessa modernità di stile.
Perfettamente
inserito in mezzo al verde, questo elegante
edificio dalle linee purissime viene costruito
in due anni, tra il 1762 e il 1764, ma per il
completamento della decorazione interna
occorsero ancora quattro anni.
Mme
de Pompadour morì nel 1764 e non vide la fine
dei lavori e oggi il castello conserva
soprattutto il ricordo di Maria Antonietta: nel
1774 Luigi XVI regalò infatti la tenuta di
Trianon a sua moglie, che poté condurre qui una
vita lontano (troppo lontano, per alcuni) dalla
corte.

Per
ordine della regina - Regalando il Petit
Trianon a Maria Antonietta, Luigi XVI le concede
l'usufrutto completo e le dice: "Madame,
lei ama i fiori. Le voglio offrire un mazzo di
fiori, ossia il Trianon." La sovrana ne fa
la sua tenuta privata, in cui si reca in
compagnia degli intimi e poi dei figli, senza
esitare a promulgare testi che iniziano con
"Per ordine della regina". La formula,
inopportuna, urta i suoi contemporanei.
Maria
Antonietta e la compagnia invitata al Trianon -
che suscitava necessariamente delle gelosie -
vivevano in questa residenza in tutta semplicità,
lontano dalla rigida etichetta di Versailles. Il
Trianon le ricorda infatti la sua infanzia a
Vienna; un cortigiano parla addirittura di
una "piccola
Vienna",
metafora infelice che viene
attribuita immediatamente alla regina,
soprannominata da allora l'"Austriaca".
Di
fronte alla vita ritirata della regina, il
pubblico - come gli esclusi dal Trianon - si
sfoga in maldicenze e non esita più a dubitare
della moralità della società della regina, o
addirittura di Maria Antonietta stessa. Queste
critiche sono poco fondate, ma le si rimprovera
a ragione di investire enormi somme di denaro
nella ristrutturazione dei dintorni della tenuta
sotto la direzione dell'architetto Richard
Mique, creando in particolare un giardino
all'inglese al posto del giardino botanico di
Luigi XV, nonché un teatro privato e un Hameau,
per soddisfare il suo bisogno di avvicinarsi
alla natura.

IL
SALONE DI COMPAGNIA - Dedicato al gioco,
alla conversazione e alla musica, questo salone
del primo piano, decorato in modo sobrio, da
un'idea della ricerca di felicità
caratteristica del XVIII secolo. Le tele nelle
sovrapporte, ispirate alle Metamorfosi di
Ovidio, ricordano l'importanza attribuita ai
fiori nel Trianon. Rappresentano: Clizia
trasformata in girasole e Apollo e
Giacinto di Nicolas-René Jollain; Adone
trasformato in anemone e Narciso
trasformato nel fiore dello stesso nome di
Nicolas-Bernard Lépicié. L'uovo di struzzo
posato al centro, sul tavolino rotondo, viene
dalle collezioni di Madame Adelaide, una delle
figlie di Luigi XV.
IL
TEATRO DELLA REGINA - Mentre l'Opera di
Versailles è
un teatro di corte, la piccola sala del Trianon
è un teatro di società, come ve ne erano
all'epoca in molte residenze di campagna, in cui
i castellani e i loro invitati creavano
rappresentazioni teatrali od opere per passare
il tempo. Nella sua infanzia, Maria Antonietta
era stata abituata a queste rappresentazioni
familiari. Volle fare la stessa cosa con i
principi della famiglia reale e qualche raro
amico.
Già
nel 1776 era stata sistemata una sala
provvisoria nella vecchia Orangerie, detto Petit
Trianon, oggi scomparsa. Due anni dopo,
nel mese di giugno, cominciarono i lavori per la
costruzione del teatrino, conclusi
l'anno seguente.
Le
prime rappresentazioni vennero date solo a
partire dal 1780. Della compagnia fecero parte
alcuni membri della famiglia reale e amici. Gli
spettacoli erano rigorosamente riservati alla
famiglia ed al suo seguito. La regina calcò le
scene una dozzina di volte, interpretando ruoli
comici di servetta,
cameriera e lattaia. Il 19 agosto
1785 impersonò il ruolo di Rosina nelle
barbiere di Siviglia, con il Conte d’Artois,
il futuro re Carlo X, nella parte di Figaro.
Esteriormente,
la costruzione è assai modesta e solo il
portone d'ingresso è ornato da due colonne
ioniche sormontate da un timpano triangolare in
cui è rappresentato Apollo bambino con la lira,
opera di Deschamps. I quattro bassorilievi del
vestibolo, dello stesso autore, raffigurano le
muse. Le espressioni del viso sono
particolarmente graziose e
la morbidezza
conferisce ai personaggi
una connotazione
di pacifica armonia.
Su
entrambi i lati del palcoscenico con una sipario
azzurro e frange d'oro e, e recante labbro
formato da un gruppo femminile con una
cornucopia, il carta pesta dorata.
Interno,
azzurro e oro, è ornato sontuosamente. Nel
cartiglio dei soffitto voltato, sorretto
da due figure, da cui si dipartono raggi, spicca
il monogramma della regina. Il soffitto dipinto
da Legrange non esiste più; sappiamo che
raffigurante Apollo circondato dalle grazie e
dalle muse.
Ma
il maggior lusso non stava nella sala di legno
dipinta con falsi marmi bianchi venati ed ornati
di sculture in cartongesso, bensì nei
macchinari di Pierre Boullet, utilizzati per
cambiare gli scenari, che fortunatamente sono
stati conservati.
A
partire dal 1785 le condizioni di salute del
giovane Delfino vanno peggiorando e
l'ambiente di corte e s’intristisce. Cessano i
balli e la regina chiude sul teatro. I
rappresentanti delle province del regno, le
inutili alla riunione degli stati generali del 5
maggio 1789, chiesero di poter visitare il
Trianon e il teatrino, pensando di
scoprire chissà quale ostentazione di lusso,
supposizione rinfocolata abilmente da una
campagna di stampa denigratoria.
Ma
ripartirono delusi perché al posto della
decorazione
"tutta di diamanti "
scoprirono una semplice scena vagamente
adorna di paillettes.
IL
PADIGLIONE FRANCESE - Questo padiglione è
detto "alla francese" in quanto si
trova al centro di uno di quei giardini regolari
che furono chiamati "francesi" in
opposizione alla moda nascente dei giardini
all'inglese. Edificato da Gabriel nel 1750, è
una delle prime creazioni di Luigi XV nel
Trianon, una tenuta che lo attirava sin
dall'infanzia.
Il
Padiglione è costituito da un ampio salone
circolare circondato
da quattro
stanzette utilizzate
come boudoir, cucina e guardaroba. Il re
veniva in questo padiglione in compagnia della
marchesa di Pompadour, per riposarsi ed
ascoltare la musica dopo aver visitato il
giardino botanico o dopo uno spuntino nel Salone
contiguo.
IL
TEMPIO DELL'AMORE - Questo Tempio dell'Amore
che la regina poteva vedere dalla sua camera del
Piccolo Trianon è
stato edificato da Richard Mique nel 1778, in
puro siile neoclassico. Questo prezioso edificio
completamente in marmo è notevole soprattutto
per la qualità delle sculture di Deschamps che
ornano i capitelli corinzi, i fregi e l'interno
della cupola.
Questa
eccezionale qualità è dovuta al fatto che era
destinato ad accogliere un celebre capolavoro
della scultura francese, L'Amore che ricava
il suo arco dalla clava di Ercole di
Bouchardon. L'originale si trova oggi al museo
del Louvre ed è stato sostituito da una copia
di Mouchy, un altro grande scultore del XVIII
secolo.
IL
BELVEDERE - Questo grazioso padiglione
ottagonale per la musica è
stato costruito da Richard Mique nel 1777. È
decorato all'esterno da sculture di Deschamps:
un fregio con una ghirlanda di frutta,
originariamente colorata, dei frontoni che
evocano i piaceri della caccia e del
giardinaggio, delle imposte alle finestre che
simboleggiano le quattro scagioni. All'interno,
il pavimento del salone-circolare è ricoperto
con mosaici di marmo e i muri sono ornati con
sottili arabeschi.

L'HAMEAU
DELLA REGINA - Il giardino inglese di Maria
Antonietta, che ha sostituito l'orto botanico di
Luigi XV,
ha ereditato da quest'ultimo il criterio
della varietà
nella scelta delle essenze; tuttavia le essenze
non sono più
selezionate a fini scientifici, come
rappresentanti della specie, ma per la loro
bellezza intrinseca e per gli effetti di
contrasto che si possono trarre dalla loro
diversità.
Il borgo (hameau) che Maria Antonietta fa
costruire all'estremità
del giardino inglese può
anche ricordare gli ermitages della Pompadour.
Tuttavia gli ermitages altro non erano che dei
piccoli castelli o delle dimore borghesi sena
una particolare impronta architettonica, mentre
il borgo imita alle case contadine o perlomeno
riproduce l'immagine che ne ha dato la pittura.
Non si possono né
confrontare i rustici di Maria Antonietta con
quelli della Pompadour, né
trascurare ciò
che i primi devono ai secondi.
Nel
luglio 1774, la novella regina di Francia approvò
un disegno di giardino inglese presentato dal
conte di Caraman che ne aveva creato uno per uso
proprio in quello stile. Anche Antoine Richard,
il giardiniere, aveva preparato un disegno. Il
progetto eseguito si ispira a queste proposte ma
è
opera dei due protetti della regina, Richard
Mique, e Hubert Robert, per il quale è
appena stata creata la carica di disegnatore dei
giardini del re.
Il
celebre pittore delle rovine e dei siti
espressivi era perfettamente indicato per creare
uno di quei giardini pittoreschi, in auge di una
trentina d'anni e ispirato ai quadri dei
paesaggisti classici. Attendendosi alle regole
del genere, questo concentrato di natura è
accompagnato
da alcune strutture architettoniche; esse sono
dovute a Mique: un tempio dell'amore
(1777-1778), un belvedere (1778-1779), un teatro
(1779).

Le
Hameau, costruito nel 1783-1785, 10 anni dopo
quello di Chantilly, comprendeva
originariamente, oltre alla dimora della regina,
che lo ha reso celebre, parecchie costruzioni
rustiche che sono state solo parzialmente
conservate: il mulino, il boudoir, la casa del
biliardo, il forno, la colombaia, la casa del
giardiniere, il granaio, la latteria. La torre
di Malbrough, ispirata alla celebre canzone, è
fatta per evocare il castello signorile. La
fattoria è
appartata.
Le
Hameau ha la reputazione poco lusinghiera di
essere un villaggio da operetta. Per giudicarne,
occorre innanzitutto dimenticare i nomi
affiliati alle case del XIX
secolo (casa del signore, casa del
bolivo, canonica, ecc.) e tener conto di un
disastroso restauro dell'inizio del XX
secolo. Fatto questo, le case a uso della
regina non sono meno artificiose, in quanto,
sotto il loro aspetto rustico esteriore, si
nascondono gli interni degni del Petit Trianon.
Ma le altre case, in cui si sono sistemati i
servizi, e la fattoria sono più
fedeli
al loro modello di quanto non si ritenga
generalmente.
Le
Hameau si ispira direttamente alla casupola e
alla fattoria del paese di Caux. Esso è
formato da piccole costruzioni separate,
destinate a una singola funzione, costruite di
assiti, con il tetto di paglia e raggruppate su
un prato. Questo complesso è
indicato dai teorici come il luogo ideale per il
ritorno alle abitudini patriarcali. Le Hameau,
le cui case sono costruite da artigiani tenuti
dalle campagne, riproduce il modello persino
nella dispersione delle funzioni.
Con
la salita al trono di Luigi XVI,
il ciclo naturale dell'invecchiamento,
che porta alla scomparsa del sistema politico di
Luigi XIV,
segna anche la condanna degli alberi e
dei suoi giardini, che vengono abbattuti nel
1774, anno della morte del re.
Museo
di storia della Francia
Dopo
la rivoluzione del 1830, che aveva cacciato
Carlo X, l'ultimo fratello di Luigi XVI e
l'ultimo dei Borbone ancora sul trono, fu
proclamato re dei Francesi il cugino Luigi
Filippo d'Orléans.
Nel 1833 il nuovo sovrano decise di finirla con
l'Ancien Regime togliendo a Versailles la sua
qualità di residenza reale e trasformandola in
museo. Appassionato di storia ad un'epoca in cui
questa disciplina stava diventando una vera
scienza, decise di riunire tutte le immagini
dipinte, scolpite ed incise che illustravano
eventi o personaggi della storia di Francia
dalle sue origini.
Attinse
pertanto negli archivi delle antiche collezioni
reali, principesche, private ed istituzionali,
che completò con migliaia di copie e di opere
retrospettive ordinate ad artisti contemporanei.
Incaricò l'architetto Nepveu di organizzare le
collezioni. Questi dovette distruggere numerosi
appartamenti principeschi, soprattutto nelle due
grandi ali del castello in cui queste gallerie
si trovano ancora oggi.
Benché
per Luigi Filippo questo museo inaugurato nel
1837 e dedicato "a tutte le glorie della
Francia" rispondesse ad una volontà
politica (riconciliare i partigiani dei vari
regimi che si erano susseguiti dal 1789
riaffermando la propria legittimità di re di
tutti i Francesi), è certo che questo museo,
con oltre 6.000 pitture e 3.000 sculture, è la
principale fonte iconografica della
storia francese.
LA
GALLERIA DELLE BATTAGLIE - Questa galleria
fu creata nel 1837 dagli architetti Fontaine e
Nepveu. Lunga 120 m, occupa la maggior parte
dell'ala Sud, edificata nel 1681 per accogliere
i principi della famiglia reale.
Cinque appartamenti al primo piano e
quattordici alloggi per i cortigiani nell'attico
sono stati distrutti per far posto alla galleria
voluta da Luigi Filippo, nonché alla successiva
sala, del 1830.
La
galleria delle Battaglie illustra su trentatre
grandi tele ed ottantadue busti le gesta e le
grandi figure militari della Francia. Il ciclo
inizia con la rappresentazione di Tolbiac, la
vittoria che ha preceduto la creazione della
monarchia francese, conseguita da Clodoveo nel
496, e termina con la vittoria di Napoleone a
Wagram nel 1809. Fra i pittori che parteciparono
alla realizzazione di questa prestigiosa
commessa ufficiale vi sono Eugène Delacroix,
Francois Gerard ed Horace Vernet.
LE
SALE DELLE CROCIATE - Luigi Filippo creò
le sale delle Crociate per onorare le vecchie
famiglie della nobiltà che avevano partecipato
a queste spedizioni in Medio Oriente. I loro
stemmi sono dipinti sui soffitti delle cinque
sale. In origine era stata prevista solo la più
grande di queste sale, e ciò spiega che
l'epopea delle otto crociate, dal XI al XIII
secolo, vi si trovi illustrata.
Al
centro del muro di fronte alle finestre fu posta
la grande porta di cedro proveniente
dall'ospizio dei cavalieri di San Giovanni di
Gerusalemme a Rodi, offerta a Luigi Filippo dal
sultano ottomano nel 1836. Gli ornamenti gotici
di questa porta hanno ispirato tutta la
decorazione delle sovrapporte, dei lampadari e
delle panchette, che fanno di questo insieme uno
dei più begli esempi di stile
"troubadour" in voga all'epoca
romantica. Si sa che, per rispondere a questa
richiesta, i pittori effettuarono un lavoro di
ricerca nelle antiche cronache: pertanto le loro
opere, retrospettive, presentano non solo
un'elevata qualità artistica, ma anche un vero
interesse storico.
LE
SALE DELLA RIVOLUZIONE - Come si poteva
prevedere, la Rivoluzione è
poco presente a Versailles. Per illustrare
questo periodo ancora doloroso alla sua epoca,
Luigi Filippo si limita ad acquistare alcuni
ritratti e a creare la sala del 1792. Situata
tra la sala dell'Incoronazione e la galleria
delle Battaglie, questa sala ricorda le vittorie
dell'esercito francese che difende "la
patria in pericolo", in particolare a Valmy
e a Jemappes. Luigi Filippo fa rappresentare se
stesso mentre è un giovane luogotenente
generale. Oggi questo periodo è evocato in
altre quattro sale dell'attico Chimay, situato
sopra i gabinetti della Regina. Oltre alla tela
incompiuta del Giuramento del Jeu de Paume a
Versailles il 20 giugno 1789 e al Marat
assassinato, stupende opere del pittore
David, che fu membro della Convenzione, vi si
vedono soprattutto ritratti di protagonismi
della Rivoluzione, nonché ricordi del tragico
destino della famiglia reale.
LA
SALA DEL 1792 - Questa sala di circa 155 mq,
unica testimonianza delle giornate successive
alla Rivoluzione, viene creata da Luigi Filippo
al posto dell'antica sala dei Mercanti di Luigi
XV, diventata sala dei Cento Svizzeri ai tempi
di Luigi XVI. È
in questo luogo che il re raggruppa i ritratti
degli eroi delle guerre della Rivoluzione e
dell'Impero in divisa, da settembre 1792 fino al
momento della proclamazione della Repubblica.
Lui stesso è rappresentato sotto le sembianze
del duca di Chartres.
Oltre
a questi ritratti sono esposte due composizioni
delle battaglie di Valmy e di Jemappes, ad opera
di Horace Vernet, a cui parteciparono il duca di
Chartres e il giovane fratello, il duca di
Montpensier. Nell'allestire queste sale
storiche, Luigi Filippo tiene probabilmente a
mente la continuità del salone della Guerra,
della galleria degli Specchi e del salone della
Pace: la sala del 1792 evoca infatti la guerra,
la galleria delle Battaglie (nel suo
prolungamento) evoca le vittorie francesi e, più
lontano, la sala di 1830 evoca la
riconciliazione nazionale.
LA
SALA DELL'INCORONAZIONE - Questa grande sala
è
stata completamente trasformata nel XIX secolo,
quando il re Luigi Filippo fece di Versailles un
museo che raccontava, con pitture e sculture, la
storia della Francia fino al suo regno. La sala
dell'Incoronazione è collegata quindi con le
gallerie storiche che occupano oggi gran parte
delle sale del castello ed altri spazi.
I
quadri presenti in questa sala si riferiscono
all'epopea napoleonica e il suo nome è dovuto
alla presenza della celebre composizione di
David, che raffigura la cerimonia
dell'incoronazione di Napoleone Bonaparte e di
Giuseppina, che si svolse a Notre-Dame di Parigi
il 2 dicembre 1804. Sappiamo
che la celebrazione si svolse secondo i rigidi
dettagli del cerimoniale mentre sotto covavano
rancori e gelosie; le sorelle dell’imperatore
si erano dimostrate recalcitranti all’idea di
dover portare lo strascico di Giuseppina;
Letizia Bonaparte, Madame Mere, ritratta nella
tribuna, con un’espressione fissa ed attenta,
irrigidita, in realtà non fu presente alla
cerimonia, essendosi rifiutata di assistere
all’incoronazione della nuora. Quest'opera,
dipinta da David tra il 1808 e il 1822,
con i suoi centocinquanta ritratti, è
un’autentica pagina della storia.
Louis
David (1748 – 1825), allievo di Vien,
accompagnò il maestro in Italia dove imparò a
conoscere l’antichità romana. Divenuto
caposcuola del neoclassicismo, ritornò a Roma
dove dipinse il famoso giuramento degli Orazi.
Impegnato politicamente, aveva votato a favore
della morte del re ed era diventato
sovrintendente alle belle arti. L’epopea di
Napoleone gli fornì l’occasione di mettere in
pratica i suoi interessi per l’antichità e di
tracciare un parallelo tra gli imperatori
dell’antica Roma e il piccolo Corso coperto di
aquile imperiali e divorato dall’ambizione,
che aveva stremato le sue legioni attraverso
l’Europa.
LE
SALE DEL CONSOLATO E DELL'IMPERO - È
a Versailles che si trova la migliore
rappresentazione dell'epopea napoleonica. Viene
narrata in trentuno sale, suddivise tra il
pianterreno dell'ala Sud e gli attici superiori.
Quando Luigi Filippo creò il suo museo, i
partigiani dell'Imperatore erano ancora numerosi
ed influenti, e la materia ancora abbondante, in
quanto Napoleone aveva mobilitato tutti gli
artisti per esaltare la sua gloria.
Sono
illustrati tutti gli aspetti del suo regno,
dalla sua ascesa al potere prima
dell'incoronazione del 2 dicembre 1804 fino alla
seconda abdicazione nel 1815: campagne
militari in Italia, in Egitto e attraverso
l'Europa fino alla Russia, alleanze
diplomatiche, riassetti amministrativi, famiglia
imperiale e dignitari del regime. All'interesse
storico della mostra si aggiunge il valore
artistico delle opere, eseguite dai più
grandi pittori di storia o di ritratti (Gros, Guérin,
Girodet-Trioson, David, Regnault), da pittori
topografici (Lejeune, Bagetti) e da scultori
(Houdon, Boizot o Canova).
LE
SALE DEL XIX SECOLO - Dopo la rivoluzione
del 1848, che obbligò
Luigi Filippo a partire in esilio, i suoi
successori continuarono la sua opera. Queste
ventuno sale del XIX secolo, situate nell'attico
dell'ala Nord, evocano i vari periodi del
secolo, dalla caduta di Napoleone I al trattato
di Versailles: la Restaurazione (dal 1814 al
1830), la monarchia di Luglio (dal 1830 al
1848), il secondo Impero (dal 1852 al 1870), la
nascita della Terza Repubblica e la Prima Guerra
mondiale (1914-1918).
Le
spedizioni militari, le scene della vita di
corte, le giornate rivoluzionarie, le serie di
ritratti di principi eseguiti da Gerard e
Winterhalter, ma anche i personaggi del mondo
politico (come Thiers, Gambetta e Clemenceau) ed
artistico (come Lamartine, Baudelaire, Stendhal,
Hugo, Mallarmé,
Debussy) prolungano e concludono le gallerie
storiche, che costituiscono un vero e proprio
album della Francia.
LA
GALLERIA DELLA STORIA DEL CASTELLO - Nell'ala
Nord, tra la Cappella e l'Opera, le undici sale
del pianterreno presentano la sToria del
castello. Dopo un'introduzione globale sul
castello e sulla tenuta, il visitatore viene
informato sulle principali fasi della
costruzione, dalla prima Versailles di Luigi
XIII, il palazzo del Re Sole, i giardini,
l'evoluzione nel XVIII e XIX secolo, fino alla
Versailles di oggi. Delle sale multimediali
facilitano la comprensione di questa
trasformazione di Versailles attraverso le sue
varie faccette: il padiglione di caccia, la
residenza reale, il museo di Storia e il palazzo
nazionale.
Al
primo piano,
per riecheggiare
la galleria
del pianterreno, viene presentata tutta
la ricchezza delle collezioni del palazzo
relative al Grande Secolo - pitture, sculture,
mobilio. La figura tutelare di Luigi XIV è
la linea direttrice del percorso. Le prime
quattro sale, ad esempio, evocano in tono
biografico l'infanzia del sovrano e la reggenza
di Anna d'Austria; la famiglia reale; la presa
di potere e la politica del regno; la corte di
Versailles. Per le ultime sei sale è stata
scelta una presentazione tematica, organizzata
intorno alle grandi figure del "re di
guerra", del "re molto
cristiano", degli "artisti di Luigi
XIV" o delle grandi case reali con le loro
decorazioni.
IL
MUSEO DELLE
CARROZZE - Il Museo delle Carrozze è
situato nella Grande Scuderia che fu edificata
da J. Hardouin-Mansart nel 1679-1682. Occupa una
galleria che ha conservato il suo aspetto
antico, i rivestimenti di quercia con le
rastrelliere per il foraggio e le eleganti
lanterne in ferro battuto. Le vetture presentate
sono state riunite da Luigi Filippo.
Vi
si trovano, ad esempio, le berline del
matrimonio di Napoleone I: sette vetture di gala
che evocano gli splendori della corte imperiale
al suo apogeo, il 2 aprile 1810. Oppure la
carrozza dell'incoronazione di Carlo X, disegnata
dall'architetto Percier per Luigi XVIII, ma che
questi non osò
utilizzare nel contesto politico della recente
Restaurazione. Luigi Filippo acquistò anche
delle portantine e delle slitte; queste ultime
si trovavano già a Versailles nell'Ancien
Regime e servivano per le corse nei viali
ricoperti di neve del parco o sul Gran Canale
ghiacciato. Nel 1833, il carro funebre di Luigi
XVIII si aggiunse alla collezione: è l'unico
esempio di carro funebre reale che sia stato
conservato.

Ottobre
2014
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