Choirokoitia
Cipro

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1998

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Il sito preistorico di Choirokoitia risale al VI millennio a.C.. Si trova nei pressi dell’omonimo villaggio, nel distretto di Larnaka, sulla sponda occidentale del fiume Maroni, con una vista panoramica sulla costa meridionale, a 6 chilometri dal mare. Dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Culturale dell’Umanità nel 1988, quello di Choirokoitia è uno degli insediamenti neolitici meglio conservati dell’isola e del Mediterraneo orientale. 

L’unico ingresso all’insediamento è costituito da una scala che si snoda all’interno di un blocco in pietra che poggia contro la facciata esterna delle mura di cinta. Queste ultime sono rintracciabili lungo un percorso di più di 180 metri. Questa scala, che può servire perfettamente sia da entrata che da uscita, ha risolto il problema posto dal fatto che l’insediamento si trovava 2 metri più in alto rispetto all’area circostante. 

Protette dalle mura, le abitazioni si trovavano in un spazio piuttosto concentrato ed erano separate soltanto da strette strisce di terra, utilizzate come passaggio o come area di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Gli edifici costruiti all'interno della cinta muraria consistono di strutture circolari ammassate le une sulle altre. Queste costruzioni avevano spesso una base in pietra e raggiungevano proporzioni notevoli mediante l'aggiunta di ulteriori strati di pietre. Il loro diametro esterno varia fra 2,3 e 9,2 metri, mentre quello interno varia fra soli 1,4 e 4,8 metri. Recentemente è stato ritrovato un tetto collassato di forma piatta, che ha smentito l'ipotesi precedentemente avanzata che i tetti delle case fossero tutti di forma sferica.

Le divisioni interne di ogni capanna variavano a seconda dell'utilizzo che se ne doveva fare. Si pensa, in base a ritrovamenti archeologici, che alcune di queste costruzioni fossero dotate di un piano superiore, sorretto da pilastri. La teoria più comunemente accettata è che ognuna di queste costruzioni fosse una sorta di stanza, tutte raggruppate intorno ad un cortile centrale aperto, e che tutte insieme formassero la casa.

Con ogni probabilità la popolazione del villaggio non ha mai superato le poche centinaia di unità; gli uomini avevano un'altezza media di circa 1,60 metri e le donne di circa 1,50. La mortalità infantile doveva essere molto alta e l'aspettativa di vita raggiungeva a stento i 22 anni. Gli uomini più anziani avevano probabilmente 35 anni e le donne 33, e i morti venivano sepolti in posizione rannicchiata al di sotto del pavimento delle case. 

Gli abitanti di Choirokoitia seppellivano i defunti sotto le fondamenta delle proprie case. In un'abitazione sono stati trovati in tutto 26 scheletri sepolti in posizione fetale. Tra gli arredi funebri sono stati scoperti vasi per le provviste, ornamenti, strumenti di culto e scodelle. Il pezzo di ceramica più antico rinvenuto è la testa di un idolo in terracotta.

Questa società, la più antica che si conosca sull'isola di Cipro, era molto ben organizzata, soprattutto nell'agricoltura, nell'allevamento e nella raccolta di frutti che crescevano spontaneamente nella foresta nei pressi del villaggio.

Per ragioni a noi sconosciute, intorno al 6000 a.C. il villaggio venne improvvisamente abbandonato. Sembra che il sito sia stato disabitato per 1.500 anni fino allo stanziamento di un altro gruppo, quello di Sotira.

  

              

     

 

  
Grotte e Palazzi vaticani 
Città del Vaticano

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1984

Le Grotte Vaticane

Questo importante luogo sacro posto sotto la basilica vati­cana raccoglie le spoglie dei pontefici e la tomba di san Pietro, sulla quale appunto sorse la primitiva fondazione. L'intricato intreccio di ambienti in cui si articolano le Grotte Vaticane si suddivide in tre zone principali: le Grotte Vecchie, che si estendono per una vasta intercapedine compresa tra il pavimento della basilica attuale e quello della basilica originaria, in corrispondenza con le tre navate superiori, custodisce le tombe di numerosi pontefici, fra cui quella di Bonifacio VIII, che per primo istituì la pratica del giubileo, opera di Arnolfo di Cambio, e quelle dei papi più recenti, come Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, ma anche sepolcri d'importanti sovrani, come l’imperatore Ottone II e la regina Cristina di Svezia. Qui furono trasportati anche numerosi altari, sculture, affreschi e mosaici che ornavano l'antica basilica.

Le Grotte Nuove, cosiddette perché risistemate successi­vamente alle Grotte Vecchie, si sviluppano in semicerchio con numerose cappelle radiali che, alternate a nicchie con statue di Apostoli di Mino da Fiesole e di altri maestri a lui contemporanei, sorgono attorno alla Cappella di San Pietro, riccamente decorata sotto Clemente VIII, sorta sul luogo di sepoltura del primo papa della Chiesa cattolica. Nella Cappella della Bocciata si conserva un interessante affresco trecentesco di Pietro Cavallini raffigurante una Madonna con Bambino, un tempo nell'atrio dell'antica basilica.

Un terzo livello sotto le Grotte stesse ospita una vasta necropoli precostantiniana, sviluppatasi tra la fine del I e il IV secolo, nella quale sono presenti, fra le numerose sepolture pagane, anche alcune tombe cristiane, non ultima quella di san Pietro.

Le sepolture - Farsi seppellire nelle Grotte Vaticane, vicino alla tomba di Pietro, è stato il desiderio di molti papi, re e regine; così come lo fu per i primi cristiani e anche per i pagani.

Tra le più antiche personalità sepolte nelle Grotte ricordiamo l’appena venticinquenne papa tedesco Gregorio V (996-999), l’imperatore Ottone II (morto a Roma nel 983) e Adriano IV (1154-1159), unico papa inglese della storia; papa Bonifacio VIII (1294-1303), che proclamò il primo Anno Santo del Giubileo e che riposa sotto la splendida scultura di Arnolfo di Cambio; papa Pio VI Braschi (morto prigioniero dei francesi nel 1779) è racchiuso in un sarcofago paleocristiano, ma rivive nel marmo in cui Antonio Canova lo immortalò in preghiera.

Tra i re, ancora Giacomo III Stuart e i suoi figli, come pure la regina Cristina di Svezia (1626-1689), attigua alla nicchia di Giovanni Paolo II e a pochi passi da quella cripta della Confessione il papa polacco è stato tante volte a pregare, come il papa Braschi del Canova.

Vaticano Grotte PaoloVI.jpg (35524 byte)Se si eccettuano gli ultimi Papi sepolti nelle Grotte Vaticane (Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e II), molti Pontefici del passato preferirono invece essere sepolti altrove: Pio IX, per esempio, riposa nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura, Leone XIII in San Giovanni in Laterano.

Pio XI, morto nel 1939, desiderò così ardentemente essere sepolto “quanto più vicino fosse possibile alla Confessione di Pietro” che il suo successore, Pio XII, ordinò una vasta campagna archeologica intorno alla tomba di Pietro per stabilire l’autenticità di quel luogo.

La salma di Papa Giovanni XXIII è stata trasferita nella basilica in un'apposita teca dorata, mentre di fronte al sarcofago di Benedetto XV si trova Giovanni Paolo II, la cui tomba è l'unica ad avere sempre vicino dei fiori freschi. 

Vaticano Grotte UrbanoVI.jpg (58916 byte) Vaticano Grotte PioIX.jpg (115685 byte) Vaticano Grotte InnocenzoIX.jpg (77107 byte) Vaticano Grotte BenedettoXV.jpg (84416 byte) Vaticano_Basilica_GiovanniXXIII.jpg (102862 byte) Vaticano Grotte PaoloII.jpg (79917 byte)

La tomba di Pietro - La tomba di Pietro è attualmente ubicata nelle grotte vaticane, in corrispondenza dell'altare della Basilica di San Pietro in Vaticano.

Anzitutto nessuna chiesa, a eccezione di quella romana, ha mai vantato il trofeo delle reliquie di Pietro. È certo quindi che la tomba di Pietro deve stare a Roma.

Riguardo alla sua ubicazione, è certo pure che essa subì uno o due spostamenti nei primi due secoli prima di tornare alla posizione originaria. L'interpretazione dei dati della tradizione non è facile, e dipende sia dall'ipotesi che ci sia stata un'unica o una duplice traslazione delle reliquie, sia dalla questione relativa al periodo in cui la o le traslazioni si sarebbero verificate.

I dati che la tradizione cristiana ha espresso sulla tomba di Pietro presentano aspetti contrastanti: secondo il presbitero Gaio, la sepoltura di Pietro era "alla via del Vaticano o sulla via di Ostia"; secondo altre testimonianze la tomba di Pietro era ad Catacumbas, cioè presso le attuali catacombe di san Sebastiano.

La ricostruzione delle traslazioni - Nell'ipotesi più semplice bisogna sostenere un'unica traslazione delle reliquie, quella effettuata ad una data storica accreditata e che può essere presa in considerazione in base a ragioni storiche, e far risalire ad essa tutti i riferimenti ad eventuali traslazioni rinvenibili nelle prime fonti, anche se alcuni di essi sembrano essere in contrasto riguardo alla data.

È certo che la sepoltura di Pietro non poteva avvenire con grande pubblicità. Non ci sarebbe stata alcuna difficoltà ad ottenere il corpo di Pietro dopo il suo martirio, ed i cristiani sembra abbiano seguito la consueta usanza di seppellirlo il più vicino possibile alla scena delle loro sofferenze. 

L'apostolo sarebbe stato sepolto quindi nel terreno appartenente a dei proprietari cristiani, lungo una strada ben conosciuta che conduceva fuori dalla città: la Via Cornelia. 

La tomba vera e propria sembra essere stata una cripta sotterranea, raggiungibile dalla strada attraverso una scalinata, ed i corpi riposavano in un sarcofago di pietra al centro di questa cripta.

La tomba di Pietro, così come quella di Paolo, fu oggetto di pellegrinaggio durante le età delle persecuzioni, e negli Atti di numerosi martiri è stata ritrovata la testimonianza della loro cattura mentre pregavano sulle tombe degli Apostoli.

Per due secoli le reliquie rimasero in queste tombe, sebbene fossero conosciute pubblicamente, poiché il rispetto tenuto dai Romani per ogni posto dove erano sepolti dei morti le preservò da qualsiasi pericolo di sacrilegio.

Tuttavia, nell'anno 258 questo rispetto fu negato. Da quel momento i Cristiani vennero sottratti al privilegio di cui avevano precedentemente goduto a causa dell'uso che ne avevano fatto per esprimere la loro venerazione. Di conseguenza fu necessario spostare le sacre reliquie dei due grandi Apostoli allo scopo di preservarli da possibili oltraggi. Esse furono spostate segretamente di notte e nascoste nelle Catacombe di san Sebastiano, anche se probabilmente solo in pochi erano al corrente del loro spostamento e la maggior parte dei cristiani romani credeva che essi riposassero ancora nelle loro tombe originarie.

Più tardi, quando la persecuzione divenne meno feroce, essi furono portati di nuovo rispettivamente al Vaticano e alla Via Ostiense. 

La costruzione della Basilica - Quando la Chiesa fu di nuovo in pace sotto Costantino, i cristiani poterono finalmente dotarsi di edifici adeguati alla celebrazione del loro culto, ed i luoghi per tutto quel tempo santificati in quanto avevano ospitato le reliquie degli Apostoli furono naturalmente tra i primi ad essere scelti come sede delle grandi basiliche.

A San Paolo, dove la tomba era rimasta nelle sue condizioni originali di semplice cripta, non si presentò alcuna difficoltà, e l'altare maggiore fu eretto al di sopra della cripta. L'iscrizione, la cui data risale a questo periodo, Paulo Apostolo Martyri, può ancora essere vista al suo posto sotto l'altare.

A San Pietro, al contrario, la questione sarebbe stata più complicata. Fino alla realizzazione degli scavi archeologici si riteneva che Papa Anacleto, nel I secolo, avesse costruito una camera superiore o memoria al di sopra della cripta. Questa camera superiore sarebbe diventata cara ai Romani durante le persecuzioni, ed essi non avrebbero voluto che fosse distrutta. Allo scopo di conservarla sarebbe stata data alla basilica una caratteristica singolare ed unica nell'abside sollevato e nella Cappella delle Confessioni sottostante.

Secondo la tradizione, la prima Basilica di San Pietro in Vaticano (costruita dall'imperatore Costantino nel IV secolo e consacrata da papa Silvestro I nel 326) fu realizzata sul Circo di Nerone in modo che il punto esatto della tomba di Pietro coincidesse con l'altare maggiore (con un costoso lavoro di scavi e adeguamento del terreno). E in tutte le fasi di arricchimento, ampliamento e ricostruzione successive ne venne conservato l'orientamento.

La costruzione della Basilica sul colle Vaticano, coprendo una necropoli ancora in uso e con enormi costi e tempi di realizzazione, doveva pertanto avere il pieno sostegno tanto di papa Silvestro I, quanto dell'imperatore Costantino, oltre che di una tradizione sufficientemente solida e condivisa da non lasciar considerare alternative.

Grazie alle certezze offerte dagli scavi archeologici, papa Pio XII, nel radiomessaggio natalizio a chiusura dell'Anno Santo del 1950, poté con esultanza dichiarare al mondo: "La tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata!".

L'archeologa ed epigrafista Margherita Guarducci proseguì i lavori di scavo e di studio dal 1957 al 1969, confermando l'identificazione della tomba e delle ossa nel 1965, decifrando i graffiti e polemizzando con i precedenti autori dello scavo per i metodi e la frettolosità, polemiche che proseguono ancora oggi ad anni di distanza dalla sua morte.

Le ossa di Pietro furono poi studiate dall'antropologo palermitano Mario Correnti e risultarono appartenenti a un uomo di corporatura robusta, sul metro e sessantacinque, di età tra i 60 e 70 anni. Nella nicchia erano state ritrovate ossa di ogni parte del sistema scheletrico, ma erano assenti quelle relative ai piedi. Sulle ossa erano presenti frammenti di oro e di tessuto di porpora, fatto inusuale per una sepoltura in una necropoli popolare. Il 26 giugno 1968 papa Paolo VI confermò durante un'udienza pubblica l'identificazione delle ossa di Pietro, che dal giorno dopo sono nuovamente nel loculo originario.   

Gli scavi archeologici - Gli scavi per la ricerca della tomba dell'Apostolo si svolsero di nascosto per dieci anni, anche durante la seconda guerra mondiale. Nessuno aveva mai scavato in quel luogo, sia per timore di profanarlo, sia perché per la tradizione era quella l'unica certa sepoltura di San Pietro.

Con significativa continuità vi furono infatti edificati sopra tre altari: quello di Gregorio Magno (590-604), quello di Callisto II (1123) e l'attuale che risale a Clemente VIII (1594).

Questi scavi della campagna 1939-1949 hanno fatto venire alla luce un'intera necropoli, una specie di piccola Pompei sorta sul colle Vaticano, nel luogo in cui Pietro subì il martirio "insieme a un gran numero di eletti" e fu sepolto: il Circo di Nerone, segnato al centro dall'obelisco egiziano che fu poi spostato al centro di Piazza San Pietro a indicare la rivoluzione copernicana portata dal cristianesimo.

Gli scavi della fabbrica di san Pietro, cominciati nel 1940 per ordine di papa Pio XII, portarono alla scoperta di una necropoli utilizzata da cristiani e non cristiani fino alla seconda metà del III secolo e situata a lato del Circo di Nerone. Eusebio di Cesarea attesta la presenza dei "trofei" dei fondatori della chiesa di Roma (Pietro e Paolo). Altre testimonianze indirette a favore dell'uso anche cristiano della necropoli vengono da fonti pagane (come nel caso di Tacito e Gaio).

Nella necropoli emersa dagli scavi sotto la Basilica di san Pietro fu rinvenuta una piccola nicchia contenente alcune ossa con la particolare caratteristica di avere il muro esterno coperto da graffiti cristiani, in cui figurano con grande frequenza i nomi di Cristo, Maria e Pietro. Attorno alla nicchia era stata costruita una piccola mensa con due colonnine in marmo, che mostra segni di integrazioni e manutenzione successive. Costantino aveva fatto racchiudere il tutto entro tre pareti in marmo paonazzetto alternato a liste di porfido, per poi farvi costruire sopra la prima Basilica.

Intorno alla poverissima sepoltura di Pietro – avvenuta nella nuda terra – erano infatti sorte le antiche tombe pagane, vere e proprie domus in muratura con urne cinerarie, tombe, sarcofagi e bellissimi dipinti parietali: una vera e propria città dei morti dove la vita quotidiana si prolungava tranquillamente e dove sulle terrazze estive si organizzavano addirittura banchetti, il cosiddetto refrigerium.

Questa necropoli, visitabile oggi a piccoli gruppi guidati, portò gli archeologi alla tomba di Pietro: quell'apparentemente insignificante tumulo di terra verso cui erano orientate le tombe, anche pagane, e che un muro di rispetto metteva in evidenza. Il famoso "muro rosso" davanti al quale già nel II secolo fu eretta l'edicola del trofeo di Gaio che, con le sue colonnine, segnava l'ingresso alla "tomba gloriosa" dell'Apostolo Pietro: qui Costantino eresse nel VI secolo un'edicola che corrisponde all'attuale Altare della confessione.

Sempre ai tempi di Costantino furono scoperchiati i tetti della necropoli pagana, così da interrarla e renderla una solida base per le fondamenta della basilica costruita sulle ossa di Pietro: si sapeva che dietro quelle mura stava la sua tomba. Il luogo era certo per tradizione, ma nessuno avrebbe osato aprirlo, profanarlo e traslare le ossa.

Sul muro costruito ai tempi di Costantino, l'epigrafista Margherita Guarducci trovò centinaia di graffiti con invocazioni a Cristo e a Pietro. Penetrati infine nella tomba, gli archeologi, guidati da monsignor Ludwig Kaas, trovarono un piccolo ossario con la scritta in greco, interpretata come "Pietro è qui", che diede loro la certezza che "quello" era il luogo. Pio XII ne diede l'annuncio alla radio in occasione dell'Anno Santo del 1950: "È stata trovata la tomba del Principe degli Apostoli".

Ma l'ossario fu trovato vuoto. Solo nel 1953 il ritrovamento fortunoso di alcune ossa di un uomo di 60-70 anni, avvolte in un prezioso panno di porpora intessuto con fili d'oro e con attendibilità provenienti dal loculo (ma spostate ai tempi di Costantino nell'edicola, come rivelano frammenti di muro rosso), diedero a papa Paolo VI la convinzione che doveva trattarsi con ogni probabilità dei resti del corpo di San Pietro, che fece racchiudere in una scatola di plexiglas insieme a un cartiglio chiuso in cui si afferma che questi resti "si pensa" siano dell'Apostolo Pietro.

Se al centro della cupola di Michelangelo si appendesse un filo a piombo, questo andrebbe a cadere esattamente su quella modesta scatola di plexiglas, confermando una tradizione di duemila anni di arte e fede. Si capirà allora meglio il significato della Confessione di Pietro, quella nicchia da cui risplende a mosaico l'icona bizantina di Cristo, visibile anche dalla balaustra di San Pietro, che arde delle sue novantanove lampade votive. Sotto l'icona, la preziosa cassetta non contiene le ossa di Pietro (che si trovano più in basso) bensì i pallii (stole con croci) che il Papa conferisce ai neo-eletti vescovi metropoliti per segnare il loro legame con Pietro.

Palazzi Vaticani

All'origine del grandioso complesso che passa oggi sotto il nome di Palazzi Vaticani e che comprende una serie di edifici tra loro collegati, sorti in un arco temporale di quasi millecinquecento anni, si trova la primitiva residenza apostolica fatta erigere da papa Simmaco al principio del VI secolo. Tale costruzione, di cui non rimane oggi più alcuna traccia evidente, serviva inizialmente solo come dimora temporanea per i pontefici - che all'epoca risiedevano stabilmente nel Palazzo del Laterano - durante le loro visite all'adiacente basilica di San Pietro. 

Il piccolo palazzo pontificio fu in seguito ingrandito e assunse una più rilevante importanza, tanto che, tra il IX e il X secolo, ospitò gli imperatori Carlo Magno e Ottone I, giunti a Roma per la loro incoronazione all'interno della basilica vaticana. Il luogo in effetti risultava estremamente sicuro dopo l'erezione della robusta cinta muraria voluta da Leone IV a protezione dello spazio in cui sorgevano sia la basilica che la dimora papale. Tuttavia, nel corso dei secoli seguenti, le vicende storiche fecero sì che l'edificio cadesse man mano in un sempre maggior stato d'abbandono, rendendo necessari ampi lavori di restauro, che ebbero luogo però solo a partire dal XII secolo. Nel corso del Duecento si pensò di ampliarne ulteriormente la struttura, nell'ottica di una sua trasformazione in residenza stabile del pontefice. Il progetto, di cui si fece massimo propugnatore papa Innocenzo III, era soprattutto dettato dalla maggior difendibilità del luogo, vista le presenza delle Mura Leonine e la vicinanza di Castel Sant'Angelo, cui il palazzo apostolico fu collegato verso la fine del secolo attraverso il cosiddetto Passetto o Corridore di Borgo, costruito per volontà di Nicolo III.

Si dovette tuttavia attendere il secolo successivo perché esso diventasse dimora stabile dei pontefici. Il 17 gennaio 1377, papa Gregorio XI, definitivamente tornato a Roma dopo il periodo d'esilio delle massime gerarchie ecclesiastiche ad Avignone, in Francia, si stabilì presso il Vaticano, dichiarandolo sede pontificia permanente. Per tutto il corso del Quattrocento e del Cinquecento si succedette una lunga serie d'interventi d'ingrandimento e di trasformazione delle strutture preesistenti e di costruzione di nuovi edifici. 

Il progetto di un nuovo Palazzo Vaticano prese corpo con Nicolo V, che nel 1450 ampliò la dimora pontificia trasferendovi la propria corte. Incorporando gli edifici trecenteschi egli dette vita a un grandioso palazzo a pianta quadrata sviluppatosi intorno al Cortile del Pappagallo. L'edificio constava di numerose sale, alla decorazione delle quali parteciparono grandi maestri dell'epoca, come Andrea del Castagno e Piero della Francesca. Esso possedeva inoltre una cappella, la cosiddetta Cappella di Niccolo V, affrescata dal Beato Angelico con Storie dei Santi Stefano e Lorenzo, e, al piano terreno numerosi locali prospicienti il cortile, in cui fu sistemato il primitivo nucleo della Biblioteca Vaticana, istituita dal pontefice nel 1451.

Nel 1473 Sisto IV incaricò Giovanni de' Dolci della costruzione di una cappella dedicata alle funzioni papali, che dal suo nome fu appunto detta Cappella Sistina. Alla sua decorazione interna si dedicarono artisti di scuola umbra e toscana, soprattutto Botticelli, Pinturicchio e Perugino, che, nel periodo compreso tra il 1481 e il 1483, dettero vita ai due cicli dedicati alla Vita di Mosè e alla Vita di Cristo. Il completamento dell'edificio iniziato da Nicolo V fu invece opera di Alessandro VI Borgia, che negli ultimissimi anni del Quattrocento fece appunto realizzare il cosiddetto Appartamento Borgia, costituito da sei sale, di cui tre all'interno del palazzo apostolico e tre nella Torre Borgia, la cui decorazione fu affidata al Pinturicchio e ai suoi allievi. Le varie sale prendono appunto il nome dagli affreschi: nella Sala delle Sibille l'artista umbro e i suoi discepoli dipinsero le figure delle sibille e dei profeti predicenti la venuta del Messia; la Sala del Credo fu invece incentrata sulla professione di Fede cristiana, i cui versi sono illustrati da figure di profeti e apostoli; nella Sala della Arti liberali Antonio da Viterbo dipinse, entro riquadri decorati con gli emblemi araldici dei Borgia, le Arti del Trivio (Grammatica, Dialettica, Retorica) e del Quadrivio (Geometria, Aritmetica, Musica, Astronomia); infine la Sala dei Santi, capolavoro del Pinturicchio, ornata con Storie di Santi e Martiri della Chiesa, la Sala dei Misteri della Fede, in cui l'artista lavorò con numerosi aiuti, e la Sala dei Pontefici, completamente ristrutturata dopo il crollo del 1500 e decorata con stucchi e affreschi di Giovanni da Udine e Perin del Vaga. Precedentemente all'intervento di Alessandro VI, tra il 1484 e il 1492, nella parte più alta della valle del Belvedere, in corrispondenza col Palazzo Vaticano, Innocenzo VIII aveva fatto realizzare da Giacomo da Pietrasanta il cosiddetto Palazzetto del Belvedere, sorto come luogo di riposo e di sva­go nella cornice verdeggiante delle ultime propaggini del Monte Vaticano.

Fu questa la situazione che Giulio II trovò al momento della sua elezione al soglio pontificio nel 1503: due palazzi distanti circa 300 metri l'uno dall'altro che egli volle riunire a formare un'unica struttura. Di tale operazione il papa Della Rovere incaricò il Bramante, che all'epoca sovrintendeva ai lavori di riedificazione della basilica di San Pietro. L'architetto marchigiano progettò così due lunghissime Gallerie con portici sovrapposti in seguito riservate ai Musei Vaticani, con le quali collegò i due edifici delimitando un enorme cortile centrale, detto appunto Cortile del Belvedere. La facciata interna del Palazzetto fu modificata con la costruzione di un'esedra a gradinate, trasformata a metà del Cinquecento da Pino Ligorio nell'enorme nicchione, a torto ritenuto opera del Bramante. Fu invece opera sua il Cortile di San Damaso, nato dall'ampliamento del Palazzo Vaticano e caratterizzato da tre ordini sovrapposti di logge, che Raffaello ultimò dopo la morte del Bramante nel 1514 e che affrescò con l'aiuto dei propri discepoli, fra cui Giulio Romano, Perin del Vaga e Polidoro da Caravaggio. Dodici delle tredici campate con volte a padiglione che costituiscono l'armoniosa e aerea struttura della cosiddetta Loggia di Raffaello furono decorate con Scene del Vecchio Testamento, mentre la tredicesima fu abbellita con epi­sodi tratti dal Nuovo Testamento. L'urbinate si dedicò anche alla decorazione di alcune sale all'interno del Palazzo Vaticano, che Giulio II aveva precedentemente affidato ad artisti di fama quali Lorenzo Lotto, il Perugino e il Sodoma, e che dal grande artista presero il nome di Stanze di Raffaello.

In quello stesso periodo Giulio II affidò la decorazione della Cappella Sistina a Michelangelo, che tra il 1508 e il 1512 ne affrescò la volta e i lunettoni sovrastanti le finestre. Per la prima il grande artista toscano scelse temi tratti dall'Antico Testamento, in particolare la Genesi che gravita intorno all'episodio centrale della Creazione di Adamo, mentre i lunettoni accolsero la Genealogia di Cristo, caratterizzata dalle figure degli antenati di Cristo in attesa della sua venuta.

I lavori iniziati sotto Giulio II proseguirono durante il pontificato del suo successore, Leone X, che lasciò nelle strutture del complesso vaticano l'impronta del Rinascimento fiorentino. Tra il 1536 e il 1541, regnante papa Paolo III Farnese, la Cappella Sistina conobbe la sua totale realizzazione con l'immenso capolavoro michelangiolesco del Giudizio Universale. Accanto alla decorazione della Sistina, divenuta sede del conclave, il pontefice volle dar vita ad altro luogo di culto riservato e così, nel 1540, affidò ad Antonio da Sangallo il Giovane la realizzazione della cosiddetta Cappella Paolina, dove si trovano affrescati gli ultimi due capolavori di Michelangelo, la Conversione di san Paolo e la Crocifissione di san Pietro. Nello stesso anno il Sangallo iniziò la costruzione della Sala Regia, alla decorazione della quale contribuirono numerosi artisti tra cui Perin del Vaga, Daniele da Volterra e il Vasari. I successori di Paolo III fino a Sisto V si dedicarono ad opere di ristrutturazione, quasi tutte sotto la direzione di Pino Ligorio, culminate sotto Gregorio XIII con la costruzione, a ridosso del Cortile di San Damaso, dell'ala del Palazzo Vaticano rivolta verso oriente. L'ampliamento del palazzo nelle sue parti rivolte verso il Borgo e piazza San Pietro furono invece il risultato del progetto di ristrutturazione dell'intero complesso voluto da Sisto V, che tra il 1587 e il 1588 interruppe il cortile bramantesco del Belvedere verso la metà, facendo erigere longitudinalmente dal Fontana l'ala della Biblioteca Apostolica Vaticana. Si vennero così a formare due distinti cortili: il primo, a ridosso del Palazzo Vaticano, cui rimase la denominazione di Cortile del Belvedere, e un secondo, prospiciente il Palazzetto di Innocenzo Vili, che prese il nome di Cortile della Pigna, per via della pigna di bronzo, un'antica fontana romana rinvenuta presso le Terme di Agrippa e il Tempio di Iside e Serapide vicino a Santa Maria Sopra Minerva, posta sul ripiano della scalinata dell'edificio e affiancata da due pavoni, anch'essi in bronzo, ritenuti parte della decorazione del Mausoleo di Adriano, l'odierno Castel Sant'Angelo.  

Nel Seicento il complesso degli edifici apostolici conobbe una prima serie d'interventi patrocinata da Clemente VIII, cui si deve l'ingrandimento ulteriore del Palazzo Vaticano con la creazione della Sala del Concistoro, ultimata nel 1603, e della cosiddetta Sala Clementina, utilizzata come anticamera per le udienze papali. La seconda serie d'interventi fu invece promossa da Urbano VIII, che commissionò al Bernini la costruzione della Scala Regia, compiuta sotto Alessandro VII, e della Sala Ducale. In ordine di tempo, le ultime modifiche apportate al complesso vaticano riguardano soprattutto la sua trasformazione in entità museale, che prese avvio alla fine del Settecento. Così la risistemazione degli edifici già esistenti e l'edificazione di nuove strutture mutò parzialmente il volto dei Palazzi Vaticani: il Palazzetto del Belvedere fu ampliato e trasformato nel Museo Pio-Clementino, una delle due Gallerie del Bramante fu ristrutturata al fine di ospitare il Museo Chiaramonti, furono fondati i Musei Etrusco ed Egizio. In particolare papa Pio VII, allo scopo di sistemare alcune delle opere appartenenti alla collezione di antichità classiche, commissionò nel 1817 all'architetto Raffaele Stern la realizzazione del Braccio Nuovo - una galleria parallela al braccio vecchio costituito dall'ala della Biblioteca Apostolica Vaticana - che ripartì ulteriormente il Cortile del Belvedere, generandone un terzo, detto Cortile della Biblioteca.

Nella seconda metà dell'Ottocento Pio IX fece completare un'ala delle logge di Raffaello, che fu detta appunto Loggia di Pio IX, mentre nel 1860 fece costruire uno scalone d'onore, la Scala Pia, che conduce al Corridore di Borgo. Nel 1932 venne realizzato il monumentale ingresso ai Musei Vaticani infine Giovanni XXIII e Paolo VI, fra gli anni sessanta e settanta, dettero vita a nuove strutture per ospitare le collezioni conservate nel Palazzo del Laterano.

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