Le
Grotte Vaticane
Questo importante luogo sacro posto sotto la basilica vaticana
raccoglie le spoglie dei
pontefici e la tomba di
san Pietro, sulla quale
appunto sorse la
primitiva fondazione.
L'intricato intreccio di
ambienti in cui si
articolano le Grotte
Vaticane si suddivide in
tre zone principali: le
Grotte Vecchie, che si
estendono per una vasta
intercapedine compresa
tra il pavimento della
basilica attuale e
quello della basilica
originaria, in
corrispondenza con le
tre navate superiori,
custodisce le tombe di
numerosi pontefici, fra
cui quella di Bonifacio
VIII, che per primo
istituì la pratica del
giubileo, opera di
Arnolfo di Cambio, e
quelle dei papi più
recenti, come Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, ma anche sepolcri d'importanti
sovrani, come
l’imperatore Ottone II e
la regina Cristina di
Svezia. Qui furono
trasportati anche
numerosi altari,
sculture, affreschi e
mosaici che ornavano
l'antica basilica.
Le Grotte Nuove, cosiddette perché
risistemate successivamente
alle Grotte Vecchie, si
sviluppano in
semicerchio con numerose
cappelle radiali che,
alternate a nicchie con
statue di Apostoli di
Mino da Fiesole e di
altri maestri a lui
contemporanei, sorgono
attorno alla Cappella di
San Pietro, riccamente
decorata sotto Clemente
VIII, sorta sul luogo di
sepoltura del primo papa
della Chiesa cattolica.
Nella Cappella della
Bocciata si conserva un
interessante affresco
trecentesco di Pietro
Cavallini raffigurante
una Madonna con Bambino,
un tempo nell'atrio
dell'antica basilica.
Un terzo livello sotto le Grotte stesse ospita una vasta
necropoli
precostantiniana,
sviluppatasi tra la fine
del I
e
il IV
secolo,
nella quale sono
presenti, fra le
numerose sepolture
pagane, anche alcune
tombe cristiane, non
ultima quella di san
Pietro.
Le
sepolture
- Farsi seppellire nelle
Grotte Vaticane, vicino
alla tomba di Pietro, è
stato il desiderio di
molti papi, re e regine;
così come lo fu per i
primi cristiani e anche
per i pagani.
Tra le più antiche personalità
sepolte nelle Grotte
ricordiamo l’appena
venticinquenne papa
tedesco Gregorio V
(996-999),
l’imperatore Ottone II
(morto a Roma nel 983) e
Adriano IV (1154-1159),
unico papa inglese della
storia; papa Bonifacio
VIII (1294-1303), che
proclamò il primo Anno
Santo del Giubileo e che
riposa sotto la
splendida scultura di
Arnolfo di Cambio; papa
Pio VI Braschi (morto
prigioniero dei francesi
nel 1779) è racchiuso
in un sarcofago
paleocristiano, ma
rivive nel marmo in cui
Antonio Canova lo
immortalò in preghiera.
Tra i re, ancora Giacomo III Stuart e
i suoi figli, come pure
la regina Cristina di
Svezia (1626-1689),
attigua alla nicchia di
Giovanni Paolo II e a
pochi passi da quella
cripta della Confessione
il papa polacco è stato
tante volte a pregare,
come il papa Braschi del
Canova.
Se si eccettuano gli ultimi Papi
sepolti nelle Grotte
Vaticane (Benedetto XV,
Pio XI e Pio XII, Paolo
VI, Giovanni Paolo I e
II), molti Pontefici del
passato preferirono
invece essere sepolti
altrove: Pio IX, per
esempio, riposa nella
basilica di San Lorenzo
fuori le Mura, Leone
XIII in San Giovanni in
Laterano.
Pio XI, morto nel 1939, desiderò così
ardentemente essere
sepolto “quanto più
vicino fosse possibile
alla Confessione di
Pietro” che il suo
successore, Pio XII,
ordinò una vasta
campagna archeologica
intorno alla tomba di
Pietro per stabilire
l’autenticità di quel
luogo.
La salma di Papa Giovanni XXIII è
stata trasferita nella
basilica in un'apposita
teca dorata, mentre di
fronte al sarcofago di
Benedetto XV si trova
Giovanni Paolo II, la
cui tomba è l'unica ad
avere sempre vicino dei
fiori freschi.
La
tomba di Pietro
- La tomba di Pietro è
attualmente ubicata
nelle grotte vaticane,
in corrispondenza
dell'altare della
Basilica di San Pietro
in Vaticano.
Anzitutto nessuna chiesa, a eccezione
di quella romana, ha mai
vantato il trofeo delle
reliquie di Pietro. È
certo quindi che la
tomba di Pietro deve
stare a Roma.
Riguardo alla sua ubicazione, è
certo pure che essa subì
uno o due spostamenti
nei primi due secoli
prima di tornare alla
posizione originaria.
L'interpretazione dei
dati della tradizione
non è facile, e dipende
sia dall'ipotesi che ci
sia stata un'unica o una
duplice traslazione
delle reliquie, sia
dalla questione relativa
al periodo in cui la o
le traslazioni si
sarebbero verificate.
I dati che la tradizione cristiana ha
espresso sulla tomba di
Pietro presentano
aspetti contrastanti:
secondo il presbitero
Gaio, la sepoltura di
Pietro era "alla
via del Vaticano o sulla
via di Ostia";
secondo altre
testimonianze la tomba
di Pietro era ad
Catacumbas, cioè presso
le attuali catacombe di
san Sebastiano.
La
ricostruzione delle
traslazioni
- Nell'ipotesi più
semplice bisogna
sostenere un'unica
traslazione delle
reliquie, quella
effettuata ad una data
storica accreditata e
che può essere presa in
considerazione in base a
ragioni storiche, e far
risalire ad essa tutti i
riferimenti ad eventuali
traslazioni rinvenibili
nelle prime fonti, anche
se alcuni di essi
sembrano essere in
contrasto riguardo alla
data.
È certo che la sepoltura di Pietro
non poteva avvenire con
grande pubblicità. Non
ci sarebbe stata alcuna
difficoltà ad ottenere
il corpo di Pietro dopo
il suo martirio, ed i
cristiani sembra abbiano
seguito la consueta
usanza di seppellirlo il
più vicino possibile
alla scena delle loro
sofferenze.
L'apostolo sarebbe stato sepolto
quindi nel terreno
appartenente a dei
proprietari cristiani,
lungo una strada ben
conosciuta che conduceva
fuori dalla città: la
Via Cornelia.
La tomba vera e propria sembra essere
stata una cripta
sotterranea,
raggiungibile dalla
strada attraverso una
scalinata, ed i corpi
riposavano in un
sarcofago di pietra al
centro di questa cripta.
La tomba di Pietro, così come quella
di Paolo, fu oggetto di
pellegrinaggio durante
le età delle
persecuzioni, e negli
Atti di numerosi martiri
è stata ritrovata la
testimonianza della loro
cattura mentre pregavano
sulle tombe degli
Apostoli.
Per due secoli le reliquie rimasero
in queste tombe, sebbene
fossero conosciute
pubblicamente, poiché
il rispetto tenuto dai
Romani per ogni posto
dove erano sepolti dei
morti le preservò da
qualsiasi pericolo di
sacrilegio.
Tuttavia,
nell'anno 258 questo
rispetto fu negato. Da
quel momento i Cristiani
vennero sottratti al
privilegio di cui
avevano precedentemente
goduto a causa dell'uso
che ne avevano fatto per
esprimere la loro
venerazione. Di
conseguenza fu
necessario spostare le
sacre reliquie dei due
grandi Apostoli allo
scopo di preservarli da
possibili oltraggi. Esse
furono spostate
segretamente di notte e
nascoste nelle Catacombe
di san Sebastiano, anche
se probabilmente solo in
pochi erano al corrente
del loro spostamento e
la maggior parte dei
cristiani romani credeva
che essi riposassero
ancora nelle loro tombe
originarie.
Più tardi, quando la persecuzione
divenne meno feroce,
essi furono portati di
nuovo rispettivamente al
Vaticano e alla Via
Ostiense.
La
costruzione della
Basilica
- Quando la Chiesa fu di
nuovo in pace sotto
Costantino, i cristiani
poterono finalmente
dotarsi di edifici
adeguati alla
celebrazione del loro
culto, ed i luoghi per
tutto quel tempo
santificati in quanto
avevano ospitato le
reliquie degli Apostoli
furono naturalmente tra
i primi ad essere scelti
come sede delle grandi
basiliche.
A San Paolo, dove la tomba era
rimasta nelle sue
condizioni originali di
semplice cripta, non si
presentò alcuna
difficoltà, e l'altare
maggiore fu eretto al di
sopra della cripta.
L'iscrizione, la cui
data risale a questo
periodo, Paulo Apostolo
Martyri, può ancora
essere vista al suo
posto sotto l'altare.
A San Pietro, al contrario, la
questione sarebbe stata
più complicata. Fino
alla realizzazione degli
scavi archeologici si
riteneva che Papa
Anacleto, nel I secolo,
avesse costruito una
camera superiore o
memoria al di sopra
della cripta. Questa
camera superiore sarebbe
diventata cara ai Romani
durante le persecuzioni,
ed essi non avrebbero
voluto che fosse
distrutta. Allo scopo di
conservarla sarebbe
stata data alla basilica
una caratteristica
singolare ed unica
nell'abside sollevato e
nella Cappella delle
Confessioni sottostante.
Secondo la tradizione, la prima
Basilica di San Pietro
in Vaticano (costruita
dall'imperatore
Costantino nel IV secolo
e consacrata da papa
Silvestro I nel 326) fu
realizzata sul Circo di
Nerone in modo che il
punto esatto della tomba
di Pietro coincidesse
con l'altare maggiore
(con un costoso lavoro
di scavi e adeguamento
del terreno). E in tutte
le fasi di
arricchimento,
ampliamento e
ricostruzione successive
ne venne conservato
l'orientamento.
La costruzione della Basilica sul
colle Vaticano, coprendo
una necropoli ancora in
uso e con enormi costi e
tempi di realizzazione,
doveva pertanto avere il
pieno sostegno tanto di
papa Silvestro I, quanto
dell'imperatore
Costantino, oltre che di
una tradizione
sufficientemente solida
e condivisa da non
lasciar considerare
alternative.
Grazie alle certezze offerte dagli
scavi archeologici, papa
Pio XII, nel
radiomessaggio natalizio
a chiusura dell'Anno
Santo del 1950, poté
con esultanza dichiarare
al mondo: "La tomba
del Principe degli
Apostoli è stata
ritrovata!".
L'archeologa ed epigrafista
Margherita Guarducci
proseguì i lavori di
scavo e di studio dal
1957 al 1969,
confermando
l'identificazione della
tomba e delle ossa nel
1965, decifrando i
graffiti e polemizzando
con i precedenti autori
dello scavo per i metodi
e la frettolosità,
polemiche che proseguono
ancora oggi ad anni di
distanza dalla sua
morte.
Le ossa di Pietro furono poi studiate
dall'antropologo
palermitano Mario
Correnti e risultarono
appartenenti a un uomo
di corporatura robusta,
sul metro e
sessantacinque, di età
tra i 60 e 70 anni.
Nella nicchia erano
state ritrovate ossa di
ogni parte del sistema
scheletrico, ma erano
assenti quelle relative
ai piedi. Sulle ossa
erano presenti frammenti
di oro e di tessuto di
porpora, fatto inusuale
per una sepoltura in una
necropoli popolare. Il
26 giugno 1968 papa
Paolo VI confermò
durante un'udienza
pubblica
l'identificazione delle
ossa di Pietro, che dal
giorno dopo sono
nuovamente nel loculo
originario.

Gli
scavi archeologici
- Gli scavi per la
ricerca della tomba
dell'Apostolo si
svolsero di nascosto per
dieci anni, anche
durante la seconda
guerra mondiale. Nessuno
aveva mai scavato in
quel luogo, sia per
timore di profanarlo,
sia perché per la
tradizione era quella
l'unica certa sepoltura
di San Pietro.
Con significativa continuità vi
furono infatti edificati
sopra tre altari: quello
di Gregorio Magno
(590-604), quello di
Callisto II (1123) e
l'attuale che risale a
Clemente VIII (1594).
Questi scavi della campagna 1939-1949
hanno fatto venire alla
luce un'intera
necropoli, una specie di
piccola Pompei sorta sul
colle Vaticano, nel
luogo in cui Pietro subì
il martirio
"insieme a un gran
numero di eletti" e
fu sepolto: il Circo di
Nerone, segnato al
centro dall'obelisco
egiziano che fu poi
spostato al centro di
Piazza San Pietro a
indicare la rivoluzione
copernicana portata dal
cristianesimo.
Gli scavi della fabbrica di san
Pietro, cominciati nel
1940 per ordine di papa
Pio XII, portarono alla
scoperta di una
necropoli utilizzata da
cristiani e non
cristiani fino alla
seconda metà del III
secolo e situata a lato
del Circo di Nerone.
Eusebio di Cesarea
attesta la presenza dei
"trofei" dei
fondatori della chiesa
di Roma (Pietro e
Paolo). Altre
testimonianze indirette
a favore dell'uso anche
cristiano della
necropoli vengono da
fonti pagane (come nel
caso di Tacito e Gaio).
Nella necropoli emersa dagli scavi
sotto la Basilica di san
Pietro fu rinvenuta una
piccola nicchia
contenente alcune ossa
con la particolare
caratteristica di avere
il muro esterno coperto
da graffiti cristiani,
in cui figurano con
grande frequenza i nomi
di Cristo, Maria e
Pietro. Attorno alla
nicchia era stata
costruita una piccola
mensa con due colonnine
in marmo, che mostra
segni di integrazioni e
manutenzione successive.
Costantino aveva fatto
racchiudere il tutto
entro tre pareti in
marmo paonazzetto
alternato a liste di
porfido, per poi farvi
costruire sopra la prima
Basilica.
Intorno alla poverissima sepoltura di
Pietro – avvenuta
nella nuda terra –
erano infatti sorte le
antiche tombe pagane,
vere e proprie domus in
muratura con urne
cinerarie, tombe,
sarcofagi e bellissimi
dipinti parietali: una
vera e propria città
dei morti dove la vita
quotidiana si prolungava
tranquillamente e dove
sulle terrazze estive si
organizzavano
addirittura banchetti,
il cosiddetto
refrigerium.
Questa necropoli, visitabile oggi a
piccoli gruppi guidati,
portò gli archeologi
alla tomba di Pietro:
quell'apparentemente
insignificante tumulo di
terra verso cui erano
orientate le tombe,
anche pagane, e che un
muro di rispetto metteva
in evidenza. Il famoso
"muro rosso"
davanti al quale già
nel II secolo fu eretta
l'edicola del trofeo di
Gaio che, con le sue
colonnine, segnava
l'ingresso alla
"tomba
gloriosa"
dell'Apostolo Pietro:
qui Costantino eresse
nel VI secolo un'edicola
che corrisponde
all'attuale Altare della
confessione.
Sempre ai tempi di Costantino furono
scoperchiati i tetti
della necropoli pagana,
così da interrarla e
renderla una solida base
per le fondamenta della
basilica costruita sulle
ossa di Pietro: si
sapeva che dietro quelle
mura stava la sua tomba.
Il luogo era certo per
tradizione, ma nessuno
avrebbe osato aprirlo,
profanarlo e traslare le
ossa.
Sul muro costruito ai tempi di
Costantino,
l'epigrafista Margherita
Guarducci trovò
centinaia di graffiti
con invocazioni a Cristo
e a Pietro. Penetrati
infine nella tomba, gli
archeologi, guidati da
monsignor Ludwig Kaas,
trovarono un piccolo
ossario con la scritta
in greco, interpretata
come "Pietro è
qui", che diede
loro la certezza che
"quello" era
il luogo. Pio XII ne
diede l'annuncio alla
radio in occasione
dell'Anno Santo del
1950: "È stata
trovata la tomba del
Principe degli
Apostoli".
Ma l'ossario fu trovato vuoto. Solo
nel 1953 il ritrovamento
fortunoso di alcune ossa
di un uomo di 60-70
anni, avvolte in un
prezioso panno di
porpora intessuto con
fili d'oro e con
attendibilità
provenienti dal loculo
(ma spostate ai tempi di
Costantino nell'edicola,
come rivelano frammenti
di muro rosso), diedero
a papa Paolo VI la
convinzione che doveva
trattarsi con ogni
probabilità dei resti
del corpo di San Pietro,
che fece racchiudere in
una scatola di plexiglas
insieme a un cartiglio
chiuso in cui si afferma
che questi resti
"si pensa"
siano dell'Apostolo
Pietro.
Se al centro della cupola di
Michelangelo si
appendesse un filo a
piombo, questo andrebbe
a cadere esattamente su
quella modesta scatola
di plexiglas,
confermando una
tradizione di duemila
anni di arte e fede. Si
capirà allora meglio il
significato della
Confessione di Pietro,
quella nicchia da cui
risplende a mosaico
l'icona bizantina di
Cristo, visibile anche
dalla balaustra di San
Pietro, che arde delle
sue novantanove lampade
votive. Sotto l'icona,
la preziosa cassetta non
contiene le ossa di
Pietro (che si trovano
più in basso) bensì i
pallii (stole con croci)
che il Papa conferisce
ai neo-eletti vescovi
metropoliti per segnare
il loro legame con
Pietro.
Palazzi
Vaticani

All'origine
del grandioso complesso
che passa oggi sotto il
nome di Palazzi Vaticani
e che comprende una
serie di edifici tra
loro collegati, sorti in
un arco temporale di
quasi millecinquecento
anni, si trova la
primitiva residenza
apostolica fatta erigere
da papa Simmaco al
principio del VI secolo.
Tale costruzione, di cui
non rimane oggi più
alcuna traccia evidente,
serviva inizialmente
solo come dimora
temporanea per i
pontefici - che
all'epoca risiedevano
stabilmente nel Palazzo
del Laterano - durante
le loro visite
all'adiacente basilica
di San Pietro.
Il
piccolo palazzo
pontificio fu in seguito
ingrandito e assunse una
più rilevante
importanza, tanto che,
tra il IX
e il X
secolo, ospitò
gli imperatori Carlo
Magno e Ottone I,
giunti a Roma per
la loro incoronazione
all'interno della
basilica vaticana. Il
luogo in effetti
risultava estremamente
sicuro dopo l'erezione
della robusta cinta
muraria voluta da Leone IV
a protezione
dello spazio in cui
sorgevano sia la
basilica che la dimora
papale. Tuttavia, nel
corso dei secoli
seguenti, le vicende
storiche fecero sì che
l'edificio cadesse man
mano in un sempre
maggior stato
d'abbandono, rendendo
necessari ampi lavori di
restauro, che ebbero
luogo però solo a
partire dal XII
secolo. Nel corso
del Duecento si pensò
di ampliarne
ulteriormente la
struttura, nell'ottica
di una sua
trasformazione in
residenza stabile del
pontefice. Il progetto,
di cui si fece massimo
propugnatore papa
Innocenzo III, era
soprattutto dettato
dalla maggior
difendibilità del
luogo, vista le presenza
delle Mura Leonine e la
vicinanza di Castel
Sant'Angelo, cui il
palazzo apostolico fu
collegato verso la fine
del secolo attraverso il
cosiddetto Passetto o
Corridore di Borgo,
costruito per volontà
di Nicolo III.
Si
dovette tuttavia
attendere il secolo
successivo perché esso
diventasse dimora
stabile dei pontefici.
Il 17 gennaio 1377, papa
Gregorio XI,
definitivamente
tornato a Roma dopo il
periodo d'esilio delle
massime gerarchie
ecclesiastiche ad
Avignone, in Francia, si
stabilì presso il
Vaticano, dichiarandolo
sede pontificia
permanente. Per tutto il
corso del Quattrocento e
del Cinquecento si
succedette una lunga
serie d'interventi
d'ingrandimento e di
trasformazione delle
strutture preesistenti e
di costruzione di nuovi
edifici.
Il
progetto di un nuovo
Palazzo Vaticano prese
corpo con Nicolo V,
che nel 1450
ampliò la dimora
pontificia trasferendovi
la propria corte.
Incorporando gli edifici
trecenteschi egli dette
vita a un grandioso
palazzo a pianta
quadrata sviluppatosi
intorno al Cortile del
Pappagallo. L'edificio
constava di numerose
sale, alla decorazione
delle quali
parteciparono grandi
maestri dell'epoca, come
Andrea del Castagno e
Piero della Francesca.
Esso possedeva inoltre
una cappella, la
cosiddetta Cappella di
Niccolo V,
affrescata dal
Beato Angelico con
Storie dei Santi Stefano
e Lorenzo, e, al piano
terreno numerosi locali
prospicienti il cortile,
in cui fu sistemato il
primitivo nucleo della
Biblioteca Vaticana,
istituita dal pontefice
nel 1451.
Nel
1473 Sisto IV
incaricò
Giovanni de' Dolci della
costruzione di una
cappella dedicata alle
funzioni papali, che dal
suo nome fu appunto
detta Cappella Sistina.
Alla sua decorazione
interna si dedicarono
artisti di scuola umbra
e toscana, soprattutto
Botticelli, Pinturicchio
e Perugino, che, nel
periodo compreso tra il
1481 e il 1483, dettero
vita ai due cicli
dedicati alla Vita di
Mosè e alla Vita di
Cristo. Il completamento
dell'edificio iniziato
da Nicolo V
fu invece opera
di Alessandro VI Borgia,
che negli ultimissimi
anni del Quattrocento
fece appunto realizzare
il cosiddetto
Appartamento Borgia,
costituito da sei sale,
di cui tre all'interno
del palazzo apostolico e
tre nella Torre Borgia,
la cui decorazione fu
affidata al Pinturicchio
e ai suoi allievi. Le
varie sale prendono
appunto il nome dagli
affreschi: nella Sala
delle Sibille l'artista
umbro e i suoi discepoli
dipinsero le figure
delle sibille e dei
profeti predicenti la
venuta del Messia; la
Sala del Credo fu invece
incentrata sulla
professione di Fede
cristiana, i cui versi
sono illustrati da
figure di profeti e
apostoli; nella Sala
della Arti liberali
Antonio da Viterbo
dipinse, entro riquadri
decorati con gli emblemi
araldici dei Borgia, le
Arti del Trivio
(Grammatica, Dialettica,
Retorica) e del
Quadrivio (Geometria,
Aritmetica, Musica,
Astronomia); infine la
Sala dei Santi,
capolavoro del
Pinturicchio, ornata con
Storie di Santi e
Martiri della Chiesa, la
Sala dei Misteri della
Fede, in cui l'artista
lavorò con numerosi
aiuti, e la Sala dei
Pontefici, completamente
ristrutturata dopo il
crollo del 1500 e
decorata con stucchi e
affreschi di Giovanni da
Udine e Perin del Vaga.
Precedentemente
all'intervento di
Alessandro VI, tra il
1484 e il 1492, nella
parte più alta della
valle del Belvedere, in
corrispondenza col
Palazzo Vaticano,
Innocenzo VIII aveva
fatto realizzare da
Giacomo da Pietrasanta
il cosiddetto Palazzetto
del Belvedere, sorto
come luogo di riposo e
di svago nella cornice
verdeggiante delle
ultime propaggini del
Monte Vaticano.
Fu
questa la situazione che
Giulio II trovò al
momento della sua
elezione al soglio
pontificio nel 1503: due
palazzi distanti circa
300 metri l'uno
dall'altro che egli
volle riunire a formare
un'unica struttura. Di
tale operazione il papa
Della Rovere incaricò
il Bramante, che
all'epoca sovrintendeva
ai lavori di
riedificazione della
basilica di San Pietro.
L'architetto marchigiano
progettò così due
lunghissime Gallerie con
portici sovrapposti in
seguito riservate ai
Musei Vaticani, con le
quali collegò i due
edifici delimitando un
enorme cortile centrale,
detto appunto Cortile
del Belvedere. La
facciata interna del
Palazzetto fu modificata
con la costruzione di
un'esedra a gradinate,
trasformata a metà del
Cinquecento da Pino
Ligorio nell'enorme
nicchione, a torto
ritenuto opera del
Bramante. Fu invece
opera sua il Cortile di
San Damaso, nato
dall'ampliamento del
Palazzo Vaticano e
caratterizzato da tre
ordini sovrapposti di
logge, che Raffaello
ultimò dopo la morte
del Bramante nel 1514 e
che affrescò con
l'aiuto dei propri
discepoli, fra cui
Giulio Romano, Perin del
Vaga e Polidoro da
Caravaggio. Dodici delle
tredici campate con
volte a padiglione che
costituiscono
l'armoniosa e aerea
struttura della
cosiddetta Loggia di
Raffaello furono
decorate con Scene del
Vecchio Testamento,
mentre la tredicesima fu
abbellita con episodi
tratti dal Nuovo
Testamento. L'urbinate
si dedicò anche alla
decorazione di alcune
sale all'interno del
Palazzo Vaticano, che
Giulio II aveva
precedentemente affidato
ad artisti di fama quali
Lorenzo Lotto, il
Perugino e il Sodoma, e
che dal grande artista
presero il nome di
Stanze di Raffaello.
In
quello stesso periodo
Giulio II affidò la
decorazione della
Cappella Sistina a
Michelangelo, che tra il
1508 e il 1512 ne
affrescò la volta e i
lunettoni sovrastanti le
finestre. Per la prima
il grande artista
toscano scelse temi
tratti dall'Antico
Testamento, in
particolare la Genesi
che gravita intorno
all'episodio centrale
della Creazione di
Adamo, mentre i
lunettoni accolsero la
Genealogia di Cristo,
caratterizzata dalle
figure degli antenati di
Cristo in attesa della
sua venuta.
I
lavori iniziati
sotto Giulio II
proseguirono durante il
pontificato del suo
successore, Leone X,
che lasciò nelle
strutture del complesso
vaticano l'impronta del
Rinascimento fiorentino.
Tra il 1536 e il 1541,
regnante papa Paolo III
Farnese, la Cappella
Sistina conobbe la sua
totale realizzazione con
l'immenso capolavoro
michelangiolesco del
Giudizio Universale.
Accanto alla decorazione
della Sistina, divenuta
sede del conclave, il
pontefice volle dar vita
ad altro luogo di culto
riservato e così, nel
1540, affidò ad Antonio
da Sangallo il Giovane
la realizzazione della
cosiddetta Cappella
Paolina, dove si trovano
affrescati gli ultimi
due capolavori di
Michelangelo, la
Conversione di san Paolo
e la Crocifissione di
san Pietro. Nello stesso
anno il Sangallo iniziò
la costruzione della
Sala Regia, alla
decorazione della quale
contribuirono numerosi
artisti tra cui Perin
del Vaga, Daniele da
Volterra e il Vasari. I
successori di
Paolo III fino a Sisto V
si dedicarono ad
opere di
ristrutturazione, quasi
tutte sotto la direzione
di Pino Ligorio,
culminate sotto Gregorio
XIII
con la
costruzione, a ridosso
del Cortile di San
Damaso, dell'ala del
Palazzo Vaticano rivolta
verso oriente.
L'ampliamento del
palazzo nelle sue parti
rivolte verso il Borgo e
piazza San Pietro furono
invece il risultato del
progetto di
ristrutturazione
dell'intero complesso
voluto da Sisto V,
che tra il 1587 e
il 1588 interruppe il
cortile bramantesco del
Belvedere verso la metà,
facendo erigere
longitudinalmente dal
Fontana l'ala della
Biblioteca Apostolica
Vaticana. Si vennero così
a formare due distinti
cortili: il primo, a
ridosso del Palazzo
Vaticano, cui rimase la
denominazione di Cortile
del Belvedere, e un
secondo, prospiciente il
Palazzetto di Innocenzo
Vili, che prese il nome
di Cortile della Pigna,
per via della pigna di
bronzo, un'antica
fontana romana rinvenuta
presso le Terme di
Agrippa e il Tempio di
Iside e Serapide vicino
a Santa Maria Sopra
Minerva, posta sul
ripiano della scalinata
dell'edificio e
affiancata da due
pavoni, anch'essi in
bronzo, ritenuti parte
della decorazione del
Mausoleo di Adriano,
l'odierno Castel
Sant'Angelo.
Nel
Seicento il complesso
degli edifici apostolici
conobbe una prima serie
d'interventi patrocinata
da Clemente VIII, cui si
deve l'ingrandimento
ulteriore del Palazzo
Vaticano con la
creazione della Sala del
Concistoro, ultimata nel
1603, e della cosiddetta
Sala Clementina,
utilizzata come
anticamera per le
udienze papali. La
seconda serie
d'interventi fu invece
promossa da Urbano VIII,
che commissionò al
Bernini la costruzione
della Scala Regia,
compiuta sotto
Alessandro VII, e della
Sala Ducale. In ordine
di tempo, le ultime
modifiche apportate al
complesso vaticano
riguardano soprattutto
la sua trasformazione in
entità museale, che
prese avvio alla fine
del Settecento. Così la
risistemazione degli
edifici già esistenti e
l'edificazione di nuove
strutture mutò
parzialmente il volto
dei Palazzi Vaticani: il
Palazzetto del Belvedere
fu ampliato e
trasformato nel Museo
Pio-Clementino, una
delle due Gallerie del
Bramante fu
ristrutturata al fine di
ospitare il Museo
Chiaramonti, furono
fondati i Musei Etrusco
ed Egizio. In
particolare papa Pio
VII, allo scopo di
sistemare alcune delle
opere appartenenti alla
collezione di antichità
classiche, commissionò
nel 1817 all'architetto
Raffaele Stern la
realizzazione del
Braccio Nuovo - una
galleria parallela al
braccio vecchio
costituito dall'ala
della Biblioteca
Apostolica Vaticana -
che ripartì
ulteriormente il Cortile
del Belvedere,
generandone un terzo,
detto Cortile della
Biblioteca.
Nella
seconda metà
dell'Ottocento Pio IX
fece completare
un'ala delle logge di
Raffaello, che fu detta
appunto Loggia di Pio IX,
mentre nel 1860
fece costruire uno
scalone d'onore, la
Scala Pia, che conduce
al Corridore di Borgo.
Nel 1932 venne
realizzato il
monumentale ingresso ai Musei Vaticani
infine Giovanni XXIII
e Paolo VI, fra
gli anni sessanta e
settanta, dettero vita a
nuove strutture per
ospitare le collezioni
conservate nel Palazzo
del Laterano.
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