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Immersa
nel verde della Piana di Gioia Tauro, la cittadina di Seminara,
come una fanciulla distesa su uno splendido paesaggio, sfiora con le sue dita
pietrose di scogliera il Mar Tirreno e Cala Janculla, una delle
più belle spiagge d’Italia, e poggia il suo morbido capo cinto di verde sulle
pendici dell’Aspromonte.
Teatro
di alcune importanti battaglie che hanno fatto la storia delle due
cinquecentesche guerre italiane, il borgo di Seminara è stato
uno dei luoghi più alla moda nel sud Italia del XVI secolo ed ha attirato
nobili, poeti e artisti di acclarata fama, che hanno lasciato diverse
testimonianze del loro passaggio.
Le
origini di Seminara sono molto discusse. Secondo alcuni studiosi il paese ebbe
origine nell’VIII secolo da monaci Basiliani che fuggivano dalla persecuzione
dell’imperatore di Bisanzio, Leone III d’Isaurico.
Fondato
su un’antica rocca qui si rifugiarono, nel 951, alcuni profughi della
distrutta città di Tauriana. Furono i fuggiaschi a portare a Seminara il culto
della Madonna dei Poveri. La statua, salvatasi miracolosamente da un incendio
che distrusse la città, fu ritrovata nel 1010 e collocata nel Santuario che fu
edificato in ricordo dell’evento.
Seminara
fu elevata a Università nel XIII secolo con giurisdizione su Palmi. Prima
Normanna, poi Angioina, fu teatro, nel 1495 e nel 1503, di cruente battaglie tra
Francesi e Spagnoli.
Considerata
città demaniale fu donata da re Ferrante in un primo momento all’imperatore
Carlo V che visitò la città nel 1535 e poi a una nota dinastia locale.
Seminara, munita di possenti mura di cinta, nel XVI secolo divenne la più
importante e popolosa della Calabria Ulteriore I. Nel ‘500 la città, quindi,
visse la sua epoca d’oro tanto da essere paragonata alle città rinascimentali
toscane.
Fu, così, che divenne meta di importanti pittori, scultori e letterati che
lasciarono qui testimonianza del loro passaggio.
I
terremoti del 1783 e del 1908 la rasero al suolo. Ricostruita ricalcando la
vecchia pianta urbana perse, tuttavia, i suoi tesori architettonici più
rappresentativi.
Al
tempo del riordino amministrativo voluto da Championnet Seminara fu a capo del
dipartimento della Sagra di cui facevano parte i comuni, tra gli altri, di
Oppido, Taurianova e Gioia.
Nel
1807 rientrò, invece, nel governo di Palmi. Fu dichiarato comune autonomo nel
1811.

Architetture
religiose
BASILICA
SANTUARIO DI MARIA SANTISSIMA DEI POVERI - La
Chiesa, riedificata nel 1930, dopo che il terremoto del 1908 l'aveva
praticamente distrutta, è in stile romanico e fu progettata da Cesare Umberto
Angelini.
L'edificio
si presenta con una struttura maestosa con pronao e doppia torre campanaria ed
è suddiviso in tre navate da due fila di archi. Ciascuna delle quali è
sorretta da colonne rivestite in marmo policromo con in alto capitelli finemente
scolpiti.
All'interno
sono conservati una statua in legno della
Madonna, coronata d'oro, proveniente dall'antica città di Tauriana e collocata
sull'altare maggiore. Portata in occidente da monaci bizantini fu trasportata in
città nel 651.
L'attuale
trono, in oro laminato, risale alla metà del 1700, dono di un ricchissima
famiglia spagnola.
Altre
statue di valore sono i Santi Pietro e Paolo del
XV secolo. In marmo, in precedenza, erano collocate sulla facciata dell'edificio
preesistente.
La
Madonna con il Bambino di scuola gaginiana,
invece, proviene dall'antica chiesa di Santa Maria degli Angeli. Da segnalare,
inoltre, una Maddalena dello scultore messinese Rinaldo Bonanno. Sono da
ascriversi al XVI secolo le due pale d'altare raffiguranti, rispettivamente, il
Santissimo e la scena dell'Adorazione
dei Magi.
Alla
chiesa appartiene, infine, un Crocifisso in legno di noce del XII-XIII secolo.

CHIESA
DI SAN MICHELE
- L'edificio è stato ricostruito dopo il terremoto del 1783 in stile barocco.
Nell'aula sulla sinistra è visibile una pala d'altare marmorea di scuola messinese
risalente al XVI secolo e raffigurante una scena dell'Epifania.
Da
segnalare il presbiterio decorato con bassorilievi in marmo nonché una statua
lignea di San Rocco e una tela raffigurante Santa Maria delle Grazie del XVI
secolo.
CHIESA
DI SANT'ANNA - Sorge nell'omonima frazione e al suo interno conserva la venerata statua
di Sant'Anna con la Vergine Maria.
CHIESA
DI SAN LUIGI
CHIESA
DI SANT'ANTONIO DEI PIGNATARI
- La chiesa si trova a 1 km circa
sulla strada che conduce a Castellace.
Da
segnalare la presenza in questa piccola chiesa di una scultura in marmo
raffigurante la Vergine con il Bambino di probabile scuola gaginiana
del XVI secolo. Qui è custodito lo stemma imperiale di Carlo V.
La
facciata di gusto semplice è abbellita da un bassorilievo posto sopra il
portale d'ingresso. Due nicchie laterali conservano altrettanti vasi scolpiti.
Affianca l'edificio la torre campanaria a pianta quadrata.
CHIESA
DI SAN MARCO - Ricostruita dopo il devastante terremoto del 1783 e
recentemente restaurata, essa appare oggi come uno splendido museo dell’arte
del XVI secolo in Calabria con la preziosa statua in marmo della Madonna degli
Angeli realizzata da Antonello Gagini agli inizi del 1500 e poggiante sul ricco
scannello con rappresentazioni della vita della Vergine, ed il grande
bassorilievo raffigurante la Natività attribuita a Giovanbattista Mazzolo, ma
anche contenitore di altre bellissime opere scultoree in marmo e legno e tanto
altro ancora. Sarà questa visita l’introduzione alla scoperta di Seminara,
della sua storia, dei suoi beni culturali, delle sue tradizioni con gli
affascinanti laboratori artigianali dove si producono le meravigliose e tipiche
ceramiche.
CHIESA
DI MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA - Sorge nella frazione di Barritteri, al suo interno è collocata la statua
della Madonna Addolorata;
CHIESA
DI SAN GIUSEPPE
CHIESA
DEI SANTI ELIA E FILARETE - Il moderno Monastero dei Santi Elia e Filarete,
che appartiene alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia del Patriarcato
Ecumenico di Costantinopoli, vede la luce agli inizi degli anni 2000 per volontà
di Santo Gioffrè, cultore dell’antica eredità greco-ortodossa del suo paese
natale, Seminara, il quale venne incontro alle esigenze dei nuovi ortodossi di
Calabria, immigrati dell’est Europa, donando il terreno per la costruzione
della chiesa. Tuttavia, la chiesa originaria affonda le sue radici in un’epoca
ben più lontana.
Sin
dall’VIII sec. a.C. la nostra regione, così come tutto il Sud Italia, è
stata parte della cosiddetta “Magna Grecia”, termine che indica la grandezza
e lo splendore che le terre come la Calabria raggiunsero durante la civiltà
ellenica. Col successivo avvento del Cristianesimo, è avvenuto lo sposalizio
tra due mondi, quello ellenico-romano e quello cristiano, che inaugurò tra
l’altro una seconda epoca di splendore per il Sud Italia: quella dell’Impero
Romano d’Oriente, volgarmente conosciuto come Impero Bizantino. Quest’ultimo
fu l’unico legittimo erede e continuatore della civiltà e della cultura
classica ormai cristianizzata. Ciò comportò che nel Mezzogiorno questa civiltà
vivesse una presenza plurisecolare, dall’VIII secolo a.C. sino alle porte
dell’età moderna. Di conseguenza, si comprende che l’ortodossia cristiana
è il risultato della continuità storica ininterrotta di un Cristianesimo di
origine apostolica che si è andato esplicitando, organizzandosi, in diocesi,
patriarcati, sotto la tutela dell’autorità imperiale romana, legittima erede
della civiltà greco-romano/cristiana.
Custodi
e propagatori di questa civiltà furono i monasteri italogreci, numerosissimi in
tutto il Sud e anche nell’attuale Piana di Gioia Tauro, conosciuta in antichità
come Valle delle Saline, dove la natura offriva il contesto ideale per la vita
eremitica e monastica e fungeva da nascondiglio per i monaci che in fuga dalle
minacce musulmane. Seminara fu uno dei centri più importanti di tale
monachesimo, che fornì alla Chiesa importantissime testimonianze culturali.
Basti pensare al monaco greco Barlaam, professore di teologia e filosofia a
Costantinopoli nel XIII secolo e al suo discepolo Leonzio Pilato, maestro di
greco del Petrarca e del Boccaccio che, grazie alle sue traduzioni, aprì per
l’Italia e l’Europa la via della riscoperta delle lettere classiche.
Circa
un secolo dopo, un monaco siciliano, Elia di Enna, fondò il primo monastero in
questa zona. La sua fama giunse addirittura fino alla corte imperiale di
Costantinopoli, tant’è che l’imperatore Leone VI il Saggio offrì al
monastero la sua diretta protezione. Dopo la morte di Elia la chiesa si ingrandì,
attirando nuovi monaci, spinti dalla devozione per Sant’Elia. Nell’XI
secolo, da Palermo giunse anche un giovane di nome Filippo, devoto del santo,
che qui si fece monaco prendendo il nome di Filarete. In pochi anni, come Elia,
si attirò la fama di santità e così, dopo la sua morte, divenne il secondo
santo patrono del Monastero.
L’antica
struttura, purtroppo, cessò di esistere col terremoto del 1783, che pose fine
alla plurisecolare civiltà greco-ortodossa della Calabria, già di per sé
indebolita dai dominatori francesi e spagnoli e dalle persecuzioni della Chiesa
Cattolica.
L’attuale
chiesa nasce nella zona in cui, secondo le fonti, sorgeva l’antico Monastero
imperiale. Fu il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo,
a porre la prima pietra. Così, grazie ad un finanziamento concesso
dall’allora provincia di Reggio Calabria e, tramite gli aiuti dei monasteri
del Monte Athos e dei fedeli ortodossi di Grecia e Cipro, il 30 ottobre 2005 il
cenobio, fondato undici secoli prima da Sant’Elia di Enna, riapriva, con la
benedizione solenne di Gennadio Zervos, Metropolita Ortodosso d’Italia.
Il
Monastero, oltre ad essere una rara testimonianza dell’eredità religiosa e
culturale lasciata dall’antichità, è anche uno splendido esempio dal punto
di vista artistico e simbolico. Ci accompagna a visitarla padre Benedetto,
leccese di origine ma da tre anni titolare della chiesa seminarese.
La
struttura, rivolta ad Oriente secondo l’antica tradizione cristiana, è a
croce latina con cupola. La navata termina con un’abside, così come anche il
transetto risulta absidato da entrambi i lati.
Il
suo stile si rifà all’arte bizantina calabra, ricordando molto la
cattolica di Stilo e il monastero di san Giovanni Theristìs di Bivongi. Al suo
fianco si nota il campanile, alla cui base è stata ricavata la vasca
battesimale, dal momento che il battesimo ortodosso si svolge ancora oggi
attraverso la completa immersione del catecumeno. Idealmente, il tempio può
essere distinto in quattro parti. In primis il nartece, che è l’ambiente che
serve per alcune celebrazioni particolari e per prepararsi convenientemente
all’ingresso nel luogo di culto vero e proprio.
Qui
un tempo sostavano i catecumeni, quelli che ancora non erano stati battezzati,
insieme ai penitenti. Per questo motivo, la decorazione di questo ambiente si
differenzia rispetto al resto della chiesa. Entrando dalla porta principale, si
può ammirare una scena da corte imperiale, ovvero Cristo in trono, raffigurato
nelle vesti dell’Imperatore bizantino, tra i santi Elia e Filarete che
intercedono per alcuni personaggi ancora in vita. Lo si intuisce dal fatto che
vengono rappresentati senza aureola. Essi sono i personaggi storicamente
collegati alla nuova chiesa: il Patriarca, il Vescovo, il dottore Gioffrè e
altri benefattori.

In
basso, poi, ai lati della porta, i due Arcangeli Michele e Gabriele, custodi
delle chiese, che invitano il fedele – in greco – a entrare all’interno
con rispetto. Nelle pareti laterali, invece, sono raffigurati i santi che
rappresentano le nazionalità che frequentano la chiesa: Grecia, Russia,
Ucraina, Bulgaria e Romania. In alto, sotto il tetto, due scene legate alla
storia di Seminara: San Filarete immerso nel fiume gelido in preghiera e la
condanna di Barlaam come eretico a Costantinopoli. Infine, nella controfacciata,
nei quattro tondi sono rappresentati i filosofi dell’Antica Grecia: Omero,
Socrate, Aristotele e Platone, sia per indicare la continuità con la Grecia
Antica, ma soprattutto perché essi preannunciarono in maniera profetica la
venuta di Cristo.
Il
secondo ambiente è costituito dalla navata dove prendono posto i fedeli.
Solitamente, i fedeli ortodossi restano in piedi per tutta la durata delle
celebrazioni, ma per chi ne ha bisogno sono disposti dei posti a sedere lungo il
perimetro. La particolarità di questa sala sono i santi rappresentati, i
cosiddetti Santi Italogreci: si tratta di uomini e donne della Calabria e del
Sud Italia che vissero e si santificarono secondo la fede ortodossa e che sono
venerati sia dagli Ortodossi, sia dai Cattolici. Tra loro, Elia e Filarete, Nilo
da Rossano, Fantino il Cavallaro, Nicodemo di Mammola, Bartolomeo di Simeri,
Giovanni Theristis, Fantino il Nuovo, Elia lo Speleota, Cipriano di Calamizzi,
Leone di Africo, Giuseppe e Metodio di Siracusa.
Al
vertice della chiesa, nella cupola, il Cristo Pantocratore circondato dai
profeti. Egli, in quanto Dio, è il solo Santo per gli ortodossi, la fonte della
vita e della santità, per cui gli altri santi sono tali in quanto vissero e
vivono in comunione con lui. Oltre a Cristo, sono raffigurate le scene più
importanti del Nuovo Testamento, ovvero la Natività, la Trasfigurazione, la
Crocifissione e la Resurrezione, mentre sulla controfacciata è rappresentata la
Dormizione della Vergine. La parte più sacra della chiesa, indubbiamente, è
quella del presbiterio o santuario, e lo si capisce anche dall’emozione che
prova Padre Benedetto nel raccontarcela. L’area è separata dalla restante
chiesa dall’iconostasi, un’alta parete di legno, che corrisponde alla
balaustra delle chiese cattoliche.
Il
santuario, così lo descrive Benedetto, è il luogo per eccellenza della
presenza di Dio e l’altare custodisce la Parola di Dio e la Santa Eucarestia.
Nella parte più interna è rappresentata la Madre di Dio, «colei che è più
ampia dei cieli», poiché nel suo ventre Dio si è fatto carne. Intorno ad essa
sono rappresentati i Santi vescovi della Chiesa, come Basilio e Giovanni
Crisostomo. La porta centrale, chiamata “Porta Bella”, è aperta solamente
durante le celebrazioni per ricordare che ogni chiesa è già il Paradiso sulla
terra quando i fedeli si riuniscono per pregare Dio e celebrare il Santo
Sacrificio della Messa.
Essa,
nella quale accede solo il sacerdote rivestito dei paramenti sacri, è un
concentrato di simboli: è rivolta infatti a est, dove il Paradiso fu posto,
dove c’è Gerusalemme, con il Santo Sepolcro vuoto, e dove per gli ortodossi
Cristo tornerà a giudicare il mondo. Per tutte queste ragioni, il sacerdote,
insieme ai fedeli, prega rivolto a Oriente.
Per
concludere, si tratta di un Monastero speciale, l’unico nel suo genere
nell’intera Piana di Gioia Tauro, che costituisce, da una parte, un luogo di
incontro e di fede per i cristiani ortodossi che dimorano in Calabria e in
generale nel Meridione e, dall’altra, un’occasione di riscoperta delle
profonde radici spirituali e culturali di questa terra per i tanti visitatori
locali e stranieri. (di Antonino Casadonte).
Altre
architetture
PALAZZO
MUNICIPALE - L'edificio,
che, oggi, ospita l'Amministrazione comunale conserva nell'androne e sulla scala
frammenti in marmo di monumenti proveniente dalla vecchia Seminara andata
distrutta dopo il terremoto dl 1908.
Tra questi si segnala un bassorilievo del XVI secolo che faceva parte di un
monumento a Carlo Spinelli e che lo raffigura in un momento della battaglia di
Seminara del 1495.
Diversi gli stemmi in pietra e due statue lapidee mutilate, forse, di epoca
rinascimentale
MUSEO
DI ARTE SACRA -
all'interno della Basilica-Santuario che contiene anche opere riguardanti l'arte
profana e la storia di Seminara
ALTARE
DEL CALVARIO
FONTANA
ROSELLA
OBELISCO
BASILIANO - L'
Obelisco fu edificato nel X secolo con l'arrivo dei monaci basiliani.
Si presenta a pianta quadrata ed è formato da mattoncini. La base doppia è in
pietra. In alto è collocata una colonna recante una sfera con sopra una croce
in ferro.
BORGO
DI SANT'ANTONIO - Antiche
mura di cinta della città;
ARCO
DI ROSEA
RUDERI
DELL'OSPEDALE - Costruito tra il 1400 ed il 1450,
ed il più antico ospedale della Calabria.
CASTELLO
MEZZATESTA - Dell'antica dimora dei nobili Mezzatesta rimangono in piedi
soltanto le imponenti mura perimetrali.
La
facciata formata da blocchi megalitici dalle forme sinuose era arricchito da un
portale a bugne con chiave di volta.
Edificato
probabilmente tra la fine del XVI e del XVII secolo versa, oggi, in pessime
condizioni.
Ai
piani nobiliari, probabilmente, si accedeva da alcune scalinate che sono in
parte visibili
Tradizioni
e folclore
Sono
numerose le tradizioni di Seminara, soprattutto legate a festeggiamenti
religiosi. La più importante di esse è la festa di Maria Santissima dei
Poveri, celebrata fin dall'anno 1010 ogni 14 agosto, con solenne
processione della statua della Vergine per le vie cittadine. Tra i
festeggiamenti civili in onore della Madonna vi sono concerti, spettacoli
pirotecnici ed il tradizionale ballo dei Giganti. Si fa anche la
processione del palio, fino al 1908 c'era anche la varia alta 20 metri.
L'elenco
completo delle celebrazioni cattoliche che vengono svolte durante l'anno, nel
territorio comunale, è il seguente:
Festa
di San Giuseppe, 19 marzo, nella frazione di Barritteri;
Festa
di Sant'Antonio da Padova, 13 giugno;
Festa
di San Luigi Gonzaga, 20 giugno, nella frazione di Sant'Anna di
Seminara;
Festa
di Maria Santissima del Carmelo, 16 luglio;
Festa
di Sant'Anna, 26 luglio, nell'omonima frazione;
Palio
di Seminara
Festa
di Maria Santissima dei Poveri, 14 agosto;
Festa
di Maria Santissima Addolorata, seconda domenica di settembre, nella
frazione di Barritteri;
Festa
di San Rocco, terza domenica di settembre;
Festa
di San Mercurio, 25 novembre.
Processione
dell'Addolorata, venerdì Santo, processione molto emozionante che
rappresenta la Madonna vestita di nero che si incontra con il corpo del figlio
morto;
Affruntata,
periodo di Pasqua, anch'essa molto emozionante rappresenta la Madonna che
incontra suo figlio risorto;
Passione
di Cristo è una rappresentazione della vita di Cristo nel periodo della sua
passione, essa avviene durante il periodo di Pasqua nelle vie del paese
anch'essa è molto emozionante e raccoglie migliaia di turisti.
Corteo
storico di Carlo V - Famoso
è il corteo storico in memoria dell'entrata trionfante di Carlo V a Seminara
dopo aver sconfitto i mori in Tunisia. Si tratta di una sfilata per le vie della
città con costumi d'epoca; questa manifestazione avviene la prima decade di
agosto a cadenza non annuale.
Artigianato
La
ceramica di Seminara è famosa in tutto il mondo. Le sue origini ci portano
indietro nel tempo di molti secoli sebbene non si sappia con certezza quando la
lavorazione della ceramica per fini artistici e decorativi sia diventata la
principale attività del piccolo Borgo calabrese. Per certo sappiamo che nel
1746 risultano presenti almeno 23 botteghe di ceramica.
Nel
1777 il viaggiatore inglese Henry Swinburne, di passaggio a Seminara,
scriverà di “un fermento di botteghe ceramiche”. Nel ‘700
infatti Seminara è famosa per la
sua ceramica al pari di Caltagirone in Sicilia. Il disastroso terremoto del 1783
rase al suolo il paese. Uno dei più nobili e ricchi borghi del reggino fu
praticamente cancellato e con esso la sua arte e la sua cultura.
La
ricostruzione della città fu lenta, ma a metà ‘800 si registra già una
nuova e intensa attività di produzione di ceramica, per lo più
nel quartiere Pignatari. Nel 1880 si attestano ben 28 fornaci nel borgo con
i relativi mulini per la lavorazione degli smalti usati per la colorazione delle
stesse. L’attività dava lavoro a molte famiglie.
Gli
abitanti di Seminara a metà ‘900
fondano una cooperativa di ceramisti a cui aderiscono circa 60 artigiani del
borgo. Tra i mastri ceramisti vi aderiscono Domenico Ditto, Antonio
Ferraro e Antonio Latino. Oggi sono soprattutto le famiglie Condurso e
Ferraro a portare avanti questa antica tradizione. Mentre
i Condurso sono fedeli seguaci delle antiche tecniche e forme (con
prevalenza cromatica di verdi e blu e giallo), i Ferraro, sebbene abbiano
mantenuto il rispetto delle antiche tradizioni e colorazioni su una linea di
prodotti ceramici, hanno tuttavia introdotto tecniche di lavorazione innovative
che conferiscono uno stile unico e riconoscibile (con prevalenza cromatica dei
gialli).
Le
maschere apotropaiche hanno origini greche e, secondo la tradizione,
servono ad allontanare gli spiriti cattivi dalle case. Queste maschere hanno
delle forme goffe.
I
ceramisti vengono detti "Pignatari" e producono le
ceramiche seguendo le antiche tecniche bizantine. Le fornaci tradizionali sono
alimentate a nocciolo di olivo.
I
colori utilizzati sono preparati direttamente in una macina mescolando il piombo
cotto in una fornace con gli ossidi metallici, a base di rame per il verde, di
ferro per il giallo, di manganese per il marrone, e il blu Sevres.
Oggi,
le forme maggiormente lavorate, sono: orci a forma di riccio o “porroni
a riccio”, comunemente noto come il "Riccio di Seminara";
boccali dette "cannate", spesso con ornati a rilievo detti "cuccumi";
brocche con becco dette "bumbuleji"; anfore biansate dette "lancelle";
borracce a ciambella; borracce a forma di pesce che avevano uno scopo
strettamente votivo in quanto destinate ai pellegrini che si recavano a venerare
San Rocco a Rosarno; lanterne; bottiglie e fiasche antropomorfe dette “babbaluti”;
vasi da balcone dette "graste". Per finire, il “gappacumpari” o
“bevi se puoi”: una brocca da vino con una serie di fori da cui può bere
solo chi è molto abile.
Oltre
alle ceramiche, sono ancora presenti botteghe per la lavorazione
dell’oggettistica in oro ed in rame, che si distingue per la fusione di vecchi
e nuovi stili e per l'originalità. La tessitura della seta su antichi
telai col solo supporto delle mani, dove si realizzano splendidi tappeti.
Di
notevole pregio è stata la produzione di manufatti in vimini e tamburelli in
legno e pelle.
Infine,
la produzione di liquori e distillati, quali la grappa ha cessato la sua attività
intorno agli anni novanta con l'acquisto da parte di un noto marchio.

Fonte
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