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Taverna è
un comune italiano situato ai piedi della Sila Piccola. Il
territorio comunale è compreso tra i 358 e i 1765 metri s.l.m. del monte
Gariglione.
La
leggenda narra che Taverna, anticamente chiamata Trischene, fu fondata ai tempi
della dominazione greca in Calabria, quando Astiochema, Medicastena ed
Attila, le tre sorelle di Priamo, sopravvissute alla distruzione di Troia,
approdarono a Uria (attualmente frazione del comune di Sellia Marina) e vi
edificarono la città. Trischene etimologicamente vuol dire tre luoghi o tre
tabernacoli (Treis Schenè), ma altre interpretazioni la indicano anche
come tre generazioni di uomini.
Le
origini greche sono comprovate dal ritrovamento di scheletri e di monete
antiche, coniate con un'effigie rappresentante, sul dritto, i tre tabernacoli e,
sul rovescio, il Minotauro. Trischene, nei secoli VIII-VII a.C., fu
sotto la dominazione della città di Crotone e, successivamente con
l'espansione romana, si pose sotto la protezione di Roma per sfuggire alle
armate dei Bruzi e dei Cartaginesi, all'epoca alleati.
Dopo
la caduta dell'Impero romano d'Occidente, Trischene cade sotto la
dominazione bizantina e ne troviamo testimonianza in un documento storico del XII
secolo, rinvenuto nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara a Napoli.
Il manoscritto in questione è il Chronica Trium Tabernarum scritto da Ruggero
Carbonello, diacono canonico della Chiesa di Catanzaro. Il documento fu
pubblicato, per la prima volta nel 1642, da Ferdinando Ughelli nell'opera Italia
Sacra, il quale lo indicava come un falso storico per le sue inesattezze, per i
riferimenti confusi ed, infine, per la mancanza del senso cronologico degli
eventi.
La
cronaca narra che Trischene fu assediata e distrutta dai saraceni nell'852, così
come la maggior parte delle città di entrambi i versanti calabresi. Il Principato
di Benevento approfittò della situazione conquistando con facilità parte
della Calabria e della Lucania.
Nell'885 l'imperatore
bizantino Basilio I ordinò all'armata guidata da Niceforo Foca
il vecchio di riconquistare i temi bizantini. In questo periodo
storico ritroviamo, nella descrizione del Carbonello, la figura del condottiero
Giordano che ebbe il compito, secondo la cronaca citata, di ricostruire
nell'entroterra della regione le città distrutte, così da poterle fortificare
e renderle molto più sicure. Nasce così Taberna o Taverna Vecchia,
fondata dagli esuli di Trischene, situata sul Monte Panormite tra gli
attuali comuni di Albi e Sellia, dove Giordano acconsentì alla
richiesta di costruire una nuova diocesi. C'è, però, un'altra versione, dello
storico Ferrante Galas, che fa risalire la fondazione di Taberna al tempo
dell'imperatore Niceforo II Foca.
Con
l'avvento dei Normanni, nella seconda metà dell'XI secolo, Taberna fu
conquistata dalle armate di Roberto il Guiscardo che la diede al
nipote Baiolardo, il quale valorizzò la città con la costruzione di un
imponente sistema difensivo, supportato anche dagli impervi pendii che
circondano la zona. In questo periodo, presumibilmente nel 1064 circa,
cominciò anche la costruzione del castello situato alle pendici della Sila Piccola,
denominato Torrazzo, e del castello di Sellia, che veniva utilizzato
allo scopo di sentinella per eventuali invasioni dal mare. Dopo la rivolta
feudale dei nobili catanzaresi e il successivo tradimento di Matteo Bonello al
re Guglielmo I il Malo, Taberna ospitò nella sua fortezza la contessa
Clemenza di Catanzaro e sua madre Segelgarda. Guglielmo I, quindi, nel 1162,
pose sotto assedio la città di Taberna, che inizialmente resse l'attacco, tanto
da spingere il re a spostare la sua attenzione alla rivolta pugliese. Sedati
tutti i focolai di guerra nella Puglia, le armate che rientrarono sottoposero ad
un secondo assedio Taberna che, avendo sopravvalutato le sue capacità
difensive, fu espugnata e rasa completamente al suolo. La contessa Clemenza fu
arrestata e la rivolta fu spenta nel sangue.
Taberna,
dopo la sua distruzione, fu completamente abbandonata dalla popolazione ridotta
alla miseria sia dalle guerre sia dalla continua lotta tra Angioini e Aragonesi per
l'eredità di Giovanna II di Napoli. Gli esuli si stabilirono attorno ai
casali di Bompignano (oggi quartiere Santa Maria) fondando l'attuale cittadina
di Taverna, situata tra i torrenti Alli e Litrello, ai piedi
della Sila Piccola. Nel febbraio del 1443, Alfonso d'Aragona concesse
alla cittadina la demanialità, che restò in vigore fino al 1630, fino a
quando Filippo IV decise di vendere Taverna al Principe Ettore Raveschieri,
il quale la rese libera, subito dopo aver ricevuto il pagamento del riscatto.
I
cittadini ora dipendevano direttamente dal sovrano, dal quale ottenevano
franchigie e altre agevolazioni economiche, tra cui ricordiamo:
-
l'amministrazione della giustizia affidata ai funzionari regi;
-
le franchigie sul frumento;
-
l'alleggerimento delle tasse;
-
le procrastinazioni dei pagamenti;
-
gli esoneri fiscali;
-
la facoltà di rifornimento delle vettovaglie dalle aree urbane vicine.
L'arco
temporale di queste concessioni parte dal regno di Alfonso D'Aragona e termina
con Carlo V nel 1536, che conferma anche i privilegi concessi da
tutti gli altri sovrani che regnarono prima di lui.
Chiesa
di San Domenico
La
costruzione dell'edificio religioso comincia con la fondazione del cenobio dei Padri
Domenicani il 4 gennaio 1464, ad opera di Fra Paolo da Mileto,
come testimonia la bolla di fondazione data dal Papa Paolo II. Secondo le
ricerche di Alfonso Frangipane, la chiesa fu costruita inizialmente
utilizzando il tufo ed, infatti, subì gravi danni col terremoto del 1662.
Nel 1678 venne
demolito l'altare, anch'esso in tufo, mentre in tutta la chiesa riprendevano i
lavori di ricostruzione dell'intero pavimento della navata e delle decorazioni
interne. Gli stilemi che ritroviamo ancora oggi, furono realizzati da Mattia
Preti, stilisticamente molto vicini a quelli della concattedrale di San
Giovanni a La Valletta. La ricostruzione terminò nel 1680, la
data coincide con l'iscrizione alla base dell'altare dedicato a San
Domenico.
Nel 1682,
invece, la famiglia Poerio finanziò la costruzione dell'altare del Santissimo
Crocefisso.
Il
ciclo degli affreschi che raffigura le Storie della vita di San Domenico,
situate sopra le arcate della navata centrale, fu ultimato nel 1693 e
fu in parte progettato da Mattia Preti, ma concluso poi da artisti minori.
Papa
Innocenzo VIII, con la bolla del 22 agosto 1748, unì l'Hospitale di
Taverna, sede dell'amministrazione cittadina, al convento. In quello stesso
anno, all'interno della chiesa, fu eretta la Cappella dedicata al patrono San
Sebastiano Martire, mentre nel 1794-1795, iniziarono i lavori di
riedificazione del campanile. Con la dominazione francese, agli inizi del XIX
secolo, il convento fu soppresso per poi essere ripristinato nel 1820.
L'intero
archivio della chiesa e la biblioteca dei Domenicani andarono perduti in un
incendio del 1861, provocato da un assedio di circa 200 briganti che
costrinse la popolazione inerme a barricarsi all'interno della chiesa fino
all'arrivo delle Guardie Regie. Nel 1867 cessa la vita monastica del
convento a causa della legge sull'”Eversione dell'asse ecclesiastico”.
Il
26 febbraio del 1970, furono trafugati dalla chiesa 8 dipinti di Mattia
Preti, La Madonna delle Grazie di Gregorio Preti e due opere
di autori ignoti del XVII secolo. La chiesa fu chiusa dopo il furto. Le
opere furono ritrovate appena due anni dopo, e sottoposte ad un accurato
restauro ad opera dei laboratori di Cosenza, Napoli e Roma.
Furono, poi, riportate nella chiesa che riaprì al culto nel settembre del 1988.

Chiesa
di Santa Barbara
La
prima costruzione della chiesa risale al 1427, ad opera dei frati
francescani, proprio nel periodo in cui si stava organizzando l'esodo da Taberna
nella nuova città.
Nel 1438, Papa
Eugenio IV attribuisce alla chiesa di Santa Barbara il titolo di Chiesa
Arcipretale. Alfonso Vincenzo Poerio, nel 1651, fonda l'altare padronale
della Purificazione.
Nel 1655,
Don Francesco Cirillo dà il via alla costruzione dell'altare di Santa Maria del Loreto e
Marcello Anania invia da Roma delle reliquie da conservare all'interno della
chiesa.
Nel 1691,
ai lati della navata troviamo sei altari oltre quelli già citati e sono:
-
l'altare del Santissimo Crocifisso, fondato da Agostino Cristiano;
-
'altare del Santissimo Salvatore;
-
l'altare di San Francesco Saverio;
-
l'altare dell'Ascensione, fondato da Don Paolo Ricca;
-
l'altare dell'Assunta, fondato da Prudenza Marzotto;
-
l'altare della Madonna dell'Arco, fondato da Giovanni Parrello.
A
seguito del terremoto del 1783 la chiesa subì gravi danni e fu
soggetta ad una serie di lavori di consolidamento e, successivamente, fu
arricchita con varie opere tra cui il Crocifisso Ligneo e la Pala
della Madonna delle Grazie di Fabrizio Santafede. Nella seconda metà
dell'Ottocento venne trasferito temporaneamente dalla chiesa padronale di San
Giovanni Battista il dipinto denominato Il battesimo di Cristo di
Mattia Preti, che trovò collocazione su un pilastro della navata.
Nel 1970,
subito dopo il furto avvenuto nella chiesa di San Domenico, seguì quello del
dipinto Cristo Fulminante esposto temporaneamente in Santa Barbara.
Nel 1988 la maggior parte delle opere fu recuperata e nuovamente
esposta sugli altari originari.
Chiesa
di Santa Maria Maggiore
Storicamente
è la prima chiesa di Taverna, infatti la sua fondazione coincide con l'esodo da
Taberna ai casali di Bompignano dell'attuale Taverna. Il 14 luglio 1477, Giovanni
Geraldino, vescovo di Catanzaro, assegna il titolo di Collegiata alla
chiesa. Agli inizi del XVII secolo la chiesa viene ristrutturata e
viene arricchita con un vasto arredamento.
Nel 1605 e
nel 1614 vengono commissionati due dipinti all'artista fiorentino Giovanni
Balducci, mentre nel 1609 lo scultore napoletano Marco Santillo realizza
il Crocifisso ligneo. Sempre agli inizi del XVII secolo, vengono
commissionati vari dipinti, tra cui quelli realizzati dal pittore siciliano Giovanni
Bernardino Azzolino per la famiglia Catizzone. Nel 1655 Marcello
Anania invia da Roma le reliquie di San Fortunato Martire che vengono
custodite all'interno della chiesa.
Nel 1668 e
nel 1684 vengono fondate due Cappelle Padronali, la prima
commissionata dalla famiglia Scarnati e dedicata a San Leonardo, la seconda
invece commissionata dalla famiglia Carafa e dedicata all'Angelo Custode. A metà
del Settecento l'intero soffitto ligneo della chiesa viene decorato con cinque
tele incastonate, realizzate dall'artista Cristoforo Santanna. Il terremoto
del 1783 causò molteplici danni sia alla struttura interna della
chiesa sia al campanile, che fu poi ristrutturato nel 1789.
Nel 1954 dopo
l'alluvione che colpì la cittadina si verificò anche il crollo parziale della
chiesa e la perdita di molte opere di grande interesse artistico. Nel 1958 terminarono
i lavori per la ristrutturazione, che cancellarono definitivamente tutti gli
stilemi dell'architettura originaria.
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