Il
centro urbano è situato ai piedi della Sila e della montagna della
Noce e il suo territorio si estende per poco meno di 200 km². Porta
nord della Sila, la parte più antica, dalla quale è possibile osservare
le alte cime del Pollino, domina la valle del Mucone e la valle
del Crati.
Ne
attraversano il territorio i seguenti fiumi: il Mucone, il Calamo, il
Duglia (chiamato anche fiume degli schiavi) affluente del Crati (di km 51,59),
il San Martino (affluente del Mucone), il Cieracò affluente di sinistra del
Mucone, il Coriglianeto che sbocca nel mar Ionio attraversando la
città di Corigliano-Rossano, il Chàdamia che sbocca nel mar Ionio, il
Trionto, che attraversa la valle dell'Esaro e sbocca nel mar Ionio, il Galatrella (km
42,47) che sbocca nel mar Ionio. Nel territorio di Acri nasce anche il torrente Mizofato.
Nel
periodo 2006-2015 il comune di Acri risulta essere fra i comuni dove più si
sono verificati casi di incendio boschivo ad opera di ignoti.
L'etimologia del
lemma Acri deriverebbe dal greco ακρα (Akra) che significa sommità.
Tale nome è attestato già nel 1324 quando se ne fa riferimento con la frase In
castro Acri ovvero "nella città fortificata di Acra".
Secondo alcuni occuperebbe il posto di Acheruntia o di una città bruzia
chiamata Acra. Gli abbondanti ritrovamenti archeologici degli ultimi anni
suggeriscono la presenza di una città pre bruzia, probabilmente da identificare
con Pandosia Bruzia fondata e capitale del regno di Italo, re degli
Enotri (e degl'Itali-Morgeti), dal cui nome deriverebbe la parola Italia.
Gli abitanti si chiamano acresi, ma da alcuni decenni emerge la tendenza a usare
acritani, che ricalca il dialettale acriteani.
Di
origine incerte : secondo alcuni venne fondata dal popolo degli Osci, secondo
altri dagli Japiti, secondo altri ancora dai Greci o dai Sibariti. Alcuni
studiosi affermano che il nome della cittadina deriva dal nome greco Akra che
significa “sommità”, altri la indicano quale Acheruntia oppure Acriris (da
cui “Acris”e poi Acri). Altri, invece, rifacendosi agli scritti storici di
Strabone e di Tito Livio, identificano Acri nella famosa Pandosia, presso le cui
mura trovò la morte il re d’Epiro Alessandro il Molosso, zio di Alessandro
Magno.
Nel
corso dei secoli Acri fu assoggettata prima dai Longobardi e poi dai Bizantini,
dai Saraceni e dai Normanni. Le testimonianze che lasciarono i diversi popoli
che l’abitarono hanno fatto sì che la cittadina possieda un centro storico di
grande interesse per la ricchezza di palazzi e strutture architettoniche, per le
numerose chiese e tesori d’arte in esse racchiusi.
Acri
fu una delle comunità più importanti tra le Università demianali: fu, cioè,
un Comune dal reggimento popolare e democratico, come conserva ricordo nello
stemma: tre monti sormontati da tre stelle a campo azzurro, con la scritta
“Montes fertiles” U.A. (Università Acrea).
Nella
guerra tra Aragonesi e Angioini, parteggiò per questi ultimi e, solo per
tradimento, fu presa dagli Aragonesi, che la saccheggiarono e la incendiarono.
Nel 1799 per la Repubblica Partenopea innalzò l’albero della libertà in
Piazza Vittorio Emanuele III, subendo poi la reazione delle truppe sanfediste
del cardinale Ruffo, che operò stragi e distruzioni. Proprio in questi anni
esplose nel nostro paese con particolare violenza e crudeltà il fenomeno del
brigantaggio da episodi alquanto macabri (le tre caggiarole). Particolare
contributo diede Acri alla causa risorgimentale, per la quale si immolò
Gianbattista Falcone (Spedizione di Sapri) e si batterono i fratelli Francesco e
Vincenzo Sprovieri (Spedizione dei Mille).
Basilica
di Sant'Angelo d'Acri
La Basilica
di Sant'Angelo d'Acri è la più importante chiesa di Acri. Dedicata
a Sant'Angelo
d'Acri, ne custodisce le sue spoglie mortali. Il 21
luglio 1980 Papa Giovanni Paolo II ha elevato il Santuario alla
dignità di basilica
minore.
La
costruzione della Basilica annessa al convento dei Cappuccini fu
promossa da Padre Giacinto Osso di Belmonte
Calabro come segno di devozione al Santo. Il progetto, affidato al
romano Guido Quercioli, prese avvio con la posa della prima pietra l’11
maggio 1893 e
si concluse con la solenne consacrazione il 17
luglio 1898.
L’apparato
decorativo interno fu arricchito dagli affreschi del
napoletano Vincenzo Montefusco e dal calabrese Emilio Iuso, autore di
alcune delle più recenti opere pittoriche che resero la basilica uno dei più
significativi luoghi di culto francescani della regione.
All’interno
si trovano dodici cappelle votive,
disposte simmetricamente. Nella cappella centrale sinistra è custodita l’urna
in bronzo e cristallo,
sigillata ermeticamente, che contiene il corpo ricomposto del Santo. Spicca
inoltre un pregiato mosaico ideato
dal cappuccino Padre Ugolino da Belluno.
La facciata esterna
riccamente decorata, è caratterizzata dalla presenza di due maestose torri
campanarie, mentre nella zona posteriore della chiesa spicca la possente cupola.
Tra gli elementi di maggiore rilievo si annoverano anche l’organo
a canne (costituito da circa 3.000 canne e due tastiere) e il portale bronzeo,
del peso di 54 quintali e riccamente decorato.
Nei
locali dell’antica chiesa annessa al complesso è oggi ospitato il Museo dedicato
a Sant’Angelo d’Acri, che conserva testimonianze storiche e religiose legate
alla sua figura.
Chiesa
dell'Annunziata
La Chiesa
dedicata a Maria Santissima Annunziata è uno dei luoghi sacri più antichi di
Acri, la cui prima menzione risale al 1269 in un documento del vescovo
Ruffino. Sorge al di fuori delle mura medievali dell’antico abitato e presenta
una pianta romanica a croce latina con tre navate, alle
quali si accede dal portale centrale e da due ingressi laterali. La facciata è
scandita da sei colonne portanti e da altre quattro collocate nella
parte superiore, al centro della quale si erge una croce in pietra.
Caratteristico è anche il campanile in pietra calcarea, impostato su tre ordini sovrapposti
e divenuto nel tempo quasi interamente meccanizzato, con un sistema di campane automatizzato
e un orologio elettrico.
A partire dal XVII
secolo, la chiesa divenne luogo di sepoltura per alcune delle famiglie
nobili della città, che qui eressero le proprie cappelle gentilizie. Tra queste
si ricordano le famiglie Salvidio, Giannone, Spezzano e Falcone.
L’interno, sobrio ed elegante, è arricchito dagli affreschi di Raffaele
D’Alvisio di Aiello Calabro, autore delle scene evangeliche che decorano
la volta a botte e della cupola dell'altare maggiore, dove
raffigurò i quattro evangelisti, restaurati nel 1950 da Emilio Jusi di Rose. Sempre
al D’Alvisio si devono la raffigurazione dell’Annunciazione,
dell’Adorazione dei Magi e dello Sposalizio della Vergine con San Giuseppe. Il presbiterio ospita
un possente e decorato altare maggiore in marmi policromi,
affiancato negli ultimi decenni da uno di moderna concezione.
Nel corso dei
secoli la chiesa si arricchì di numerose opere d’arte: due tavole
cinquecentesche di scuola napoletana raffiguranti San Giuseppe e Sant’Anna,
una porta lignea finemente intagliata, una tela di Luigi Medollo di Corigliano datata 1850,
oltre a diversi dipinti di artisti locali dei secoli XVIII e XIX.
La navata sinistra ospita una cappella con l’affresco della Madonna di
Fatima, la statua della Vergine e una scena del Battesimo di Cristo,
seguita da una cappella con un dipinto della Madonna di Guadalupe.
Nella navata
destra si incontrano invece la cappella della famiglia Falcone con una Crocifissione attribuita
a un pittore napoletano del XVII secolo, la cappella della famiglia
Giannone con un San Nicola di Bari e la cappella della famiglia
Spezzano, che fino a pochi decenni fa conservava una tela del 1776 raffigurante Santa
Lucia con i santi Rocco ed Emilio.
Sull’altare
maggiore domina la statua della Madonna del Carmine con il Bambino,
affiancata da due affreschi di Guido Faita da Montalto Uffugo che
illustrano rispettivamente i Discepoli di Emmaus e Gesù
nell’Orto degli Ulivi. All’ingresso, nella navata sinistra, si può infine
ammirare una Crocifissione di grande finezza esecutiva, accompagnata da un
frammento di iscrizione gotica.
È certo che la
chiesa, oggi, non si presenti esattamente come era stata concepita e realizzata
in origine. In fondo alla navata destra, un ampio arco a pieno sesto introduce
in una cappella quadrangolare con volta a crociera, che accoglie un ricco
altare ornato da due colonne scanalate. Sin dal 1729 è attestata
inoltre la presenza della “Congregazione dell’Annunziata”, confraternita che
prendeva nome proprio dalla chiesa e che contribuì a rafforzarne la centralità
religiosa nella vita cittadina.
Chiesa
di Santa Maria Maggiore
La
Chiesa di Santa Maria Maggiore è uno degli edifici religiosi più
antichi di Acri e sorge sui resti di un preesistente tempio pagano. Viene
già citata dal vescovo Ruffino da Bisignano nel 1269. La chiesa
si trova su un colle nel quartiere di Padia, uno dei nuclei più antichi del
centro storico acrese. Per raggiungerla si sale un’ampia scalinata, che
conduce alla facciata in stile romanico, impostata su due livelli e
coronata da un timpano.
Nel
corso dei secoli l’edificio ha conservato elementi sia romanici che barocchi,
riflesso delle numerose trasformazioni subite. La struttura originaria era
costituita da una lunga navata unica con abside semicircolare,
sede del coro e dell’altare maggiore. In seguito furono aggiunte due cappelle laterali:
a destra la Cappella del Santissimo Sacramento, ornata da un altare ligneo
intagliato, da un baldacchino verde e oro e da un affresco del Cenacolo,
probabilmente attribuibile alla scuola di Luca Giordano; a sinistra la
Cappella del Crocifisso, che custodiva un antico quadro raffigurante la
morte di Gesù. Durante i lavori di ristrutturazione promossi dal Comune nel 1859,
andarono perduti sia l’altare ligneo sia l’affresco della Cena. L’edificio
fu profondamente rimaneggiato già nella prima metà del Settecento dal parroco
Diego Luzzi Gaeta, con la conseguente perdita di molte strutture
originarie.
Nel 1780 un
incendio distrusse la volta dipinta, mentre nel 1806, durante la rivolta
brigantesca, un altro rogo devastò i registri parrocchiali[21]e gran parte
della documentazione custodita nella chiesa.
I
lavori di restauro e scavo condotti tra il 2004 e il 2007 hanno
riportato alla luce importanti testimonianze che hanno confermato la sua
datazione al periodo protocristiano, restituendo nuova luce alla sua
antichissima origine. L’interno si presenta oggi con pianta basilicale a tre navate,
nella cui volta centrale campeggia il quadro dell’Assunta, al quale è legata
la principale ricorrenza celebrata il 15 agosto.
Nella
navata destra si trovano un piccolo quadro della Madonna, una nicchia lignea con
statua di San Pietro apostolo, un altare con Crocifisso e un tabernacolo intarsiato
di grande pregio; nella navata sinistra si aprono invece nicchie con statue più
recenti dedicate all’Assunta, al Cuore di Maria e al Sacro
Cuore di Gesù. Nell’abside rimane una monofora, unico elemento
superstite della costruzione primitiva.
Chiesa
di San Domenico
La
chiesa di San
Domenico fu fondata nel 1524 dai monaci
domenicani. In origine, sorgeva in aperta campagna, nei pressi del fiume
Calamo, in una posizione ideale per questo genere di costruzione. Di forma
quadrata, il complesso presentava un chiostro centrale
e un solo piano, a cui ne fu aggiunto un secondo negli anni successivi. La
chiesa e il convento erano originariamente dedicati a San
Giovanni Battista, ma nel tempo la devozione e la denominazione passarono
a San Domenico; l’intitolazione attuale risale agli anni
’80.
Nel 1806,
a seguito della sommossa popolare del 15
agosto, durante la quale il convento fu saccheggiato dai briganti,
e poco dopo per la legge di soppressione degli ordini religiosi
emanata da Gioacchino
Murat, i Domenicani lasciarono definitivamente Acri e il complesso passò
alla proprietà comunale. Il convento fu formalmente soppresso nel 1809,
all’epoca della dominazione francese. Successivamente, nel 1870,
l’edificio fu acquistato dalla famiglia Sprovieri, che apportò numerose
modifiche, trasformandolo in un vero e proprio palazzo-fortezza dotato di torri,
pensate per difendersi da eventuali attacchi. Nel 1915,
divenne sede
parrocchiale, ottenendo il beneficio da Santa Maria Maggiore. Il 12
novembre 1937,
il primo parroco, Don Biagio Grandinetti, fondò l’ordine delle Suore
Domenicane. Negli anni Ottanta furono eseguiti importanti lavori di restauro
voluti dal sacerdote Don Nicola Montalto.
La
facciata della chiesa, in stile gotico e
realizzata con pietra di Mendicino, è impreziosita da colonne che
sostengono l’architrave,
sormontate da piccoli pinnacoli e
da una grande cimasa con
tre stemmi scolpiti:
a destra quello dell’Università Acrese, a sinistra la scritta E.S.M.J.B.
ossia Ecclesia Sancti Martyris Johannis Baptistae, e al centro lo stemma
dei principi Sanseverino.
L’interno si presenta con un’aula a navata unica,
sobria ma elegante.
Accanto
alla chiesa, sulla destra è presente la Confraternita del
Rosario, in stile barocco.
La chiesa offre un campanile con
orologio e un interno decorato con un altare in stucco policromo sormontato
dalla statua della Madonna
del Rosario, il busto ligneo dell’Ecce
Homo, e opere di grande valore come l’Adorazione
dei Magi e la Fuga
in Egitto, che rendono la visita un’esperienza di grande suggestione
storica e artistica.
Altre
Chiese e Cappelle
Nel
territorio di Acri sono presenti anche altre numerose chiese e cappelle.
-
Chiesa dell'Addolorata ai
Cappuccini e l’annesso convento. La piccola chiesetta, attigua al
convento dei Padri Cappuccini, è stata realizzata intorno al 1590.
Il monastero contava fra le altre cose 18 celle, il refettorio, il laboratorio e
la foresteria, si ritrovano all'interno del chiostro opere di un artista
sconosciuto dei primi del Settecento. La chiesa è semplice, con alcune tele e
pochi arredi, ma custodisce in una nicchia sull'altare la statua di perenne
devozione della Madonna dei Bisogni, consegnata al popolo di Acri da
Sant'Angelo d'Acri.
-
Chiesa di San Nicola Ante Castillum (o San
Nicola di Mjra). Probabilmente fondata tra il X e
l’XI secolo,
fu ricostruita nei primi anni del XV
secolo. Nel corso dei secoli ha mantenuto una struttura sobria e alta,
caratterizzata da otto monofore e
da un presbiterio di ispirazione bizantino-gotica.
Nel 2012,
grazie a un intervento della Soprintendenza della Regione
Calabria, la chiesa è stata completamente restaurata, riportando alla
luce la sua struttura medievale e
conservando al contempo elementi originali di epoca più antica. Durante i
lavori di consolidamento è emersa una porzione della chiesa originaria,
risalente all’incirca all’VIII
secolo, che ha permesso di documentare le fasi più antiche
dell’edificio. La datazione di questa fase è stata confermata dall’analisi
dell’arco a sesto
acuto in tufo,
simile a quello presente nella Cattolica
di Stilo, presso Rossano.
La chiesa è citata anche nella platea del vescovo Ruffino, che ne documenta la
riapertura al culto dopo il devastante terremoto del 1080-1081,
con la consacrazione di cinque sacerdoti di rito
greco. La riapertura al culto dell’edificio restaurato è avvenuta il 3
ottobre 2012,
restituendo alla comunità un prezioso esempio di architettura religiosa
alto-medievale e di continuità liturgica sul territorio di Acri.
-
Chiesa di Santa
Caterina del Clero: detta anche di Santa Croce. Dedicata
originalmente a Sant'Agostino,
venne probabilmente costruita intorno al 1500.
Distrutta in parte dal terremoto del 1638,
grazie all'opera di Giuseppe Leopodo Sanseverino,
principe di Acri e Bisignano venne
restaurata. Si ritrovano una tela di Cristoforo
Santanna (1767),
una tela del trionfo della croce di artista ignoto del XII
secolo, un olio su tela del XVI
secolo, ed una tela di Santa Caterina del XVII
secolo.
-
Chiesa e convento di San Francesco di Paola. La data della fondazione
del convento non è certa, rimane comunque databile fra il XVI e il XVII secolo.
All'esterno si osservano marmi bianchi e una torre campanaria di stile
romanico-bizantino. All'interno sono seppelliti vari principi di Bisignano come
Luigi Sanseverino e la moglie Cornelia Capece-Galeota; vi si trovano
anche le spoglie del Beato Francesco Maria Greco.

-
Chiesa casa natale di Sant'Angelo
d'Acri. Piccola cappella ricavata dalla casa natale del Santo Angelo
da Acri. La chiesa, di semplice fattura, presenta una piccola scalinata
all'ingresso e un piccolo campanile a vela.
-
Chiesa di San Nicola da Belvedere. Un tempo dedicata a San Nicola del
Campo e appartenente all’antico rito
greco, sorge nell’antico quartiere di Casalicchio, il cui nome deriva
dal piccolo casale originario. La prima testimonianza scritta risale al 1070,
quando la chiesa è menzionata in relazione a un dono della Regina Giovanna
d’Angiò al conte Simone Cofone, signore di Acri e Padia,
confermando così la sua antichissima origine e la rilevanza nella vita
religiosa e sociale del territorio. L’edificio conserva oggi alcuni elementi
caratteristici della sua architettura: un piccolo campanile in
mattoni, un pavimento decorato in vari colori e un bassorilievo sul portone
d’ingresso che raffigura San Nicola con una grande chiave,
simbolo della sua figura di protettore. La chiesa rappresenta così non solo un
luogo di culto, ma anche un importante documento della storia medievale e
religiosa di Acri.
-
Chiesa del Cuore
Immacolato di Maria. In località Cocozzello. Il 9 ottobre 1988,
in occasione dell’Anno
Mariano indetto da Papa
Giovanni Paolo II, la chiesa è stata proclamata Santuario Mariano
Diocesano da Monsignor
Dino Trabalzini. Il 1º novembre 1999 Monsignor
Giuseppe Agostino ne ha confermato ufficialmente la qualifica di
Santuario Mariano. Infine, il 30 gennaio 2006,
l'arcivescovo Monsignor
Salvatore Nunnari ha istituito canonicamente la Rettoria.
La festa principale si celebra ogni anno il 13
ottobre, in memoria dell’ultima apparizione della Madonna
di Fatima ai tre pastorelli, avvenuta il 13 ottobre 1917.
-
Chiesa Parrocchiale di San
Giorgio Martire. In Serricella
di Acri. Edificata nel primo decennio del XX secolo, presenta uno stile
neoclassico, semplice ma elegante. Conserva al suo interno alcune statue e tele
di artisti locali. La chiesa è a tre navate, nonostante le sue modeste
dimensioni. Dal lato sinistro spicca il campanile.
-
Chiesa della Madonna del Rinfresco. La chiesa venne edificata dal
parroco Giacomo De Piris nel 1521 a seguito dell'apparizione
leggendaria ad un'anziana signora del luogo. Secondo il racconto, la donna
raccontò che mentre andava a lavare il bucato al fiume si fermò per dissetarsi
e, stanca dal troppo lavoro, invocò la Vergine, che le apparve e le chiese
di scavare un pozzo proprio in quel luogo per benedire quella terra che era
stata bagnata da troppo sangue umano. Cento anni prima infatti la città provò
proprio in quel luogo il peggiore assedio della sua storia ad opera
dell'esercito aragonese nel 1462, e proprio in quel luogo
esisteva la Giudeica, l'antico quartiere ebraico. Sempre secondo la
leggenda locale, inizialmente la donna raccontò la storia dell'apparizione al
parroco, che dopo qualche titubanza iniziò i lavori: a poco più di un metro
sgorgò acqua freschissima, limpidissima e abbondante; al pozzo con l'immagine
della Vergine affluiva una grande quantità di popolo, dato che l'acqua era
ritenuta miracolosa, e si faceva bere per prima ai bambini che erano portati in processione.
Successivamente si eresse alla fine del 1540 la chiesetta, ma
dell'originario splendore non rimase nulla a causa dell'incendio avvenuto a metà
dell'Ottocento. La chiesa fu ricostruita ed ogni anno viene ripetuta la solenne
celebrazione, con l'usanza di portare una bottiglia d'acqua ai propri cari o di
berne un bicchiere chiedendo soccorso alla Madonna. Questa chiesetta è situata
nei pressi del torrente Calamo e appartiene alla parrocchia di San
Domenico di Acri.
-
Chiesa di San Giacomo Apostolo. Sita nella frazione omonima, sorge nel 1897 per
volontà del Cav. Giacomo Falcone e
dell'intera comunità. Fu eretta parrocchia autonoma, da quella di Santa Maria
Maggiore, il 15 maggio 1921 per volontà di Sua Ecc. Mons. Salvatore Scanu,
Vescovo di San Marco - Bisignano. Nel tempo ha conosciuto diversi interventi di
ristrutturazione a causa del terremoto del 1908 e dell'incendio del 1935. Oggi
si presenta come un edificio ecclesiastico di notevole importanza civile e
religiosa. Il patrono della comunità viene solennemente festeggiato il 25
luglio.
-
Chiesa del Santissimo Crocifisso. In località Montagnola, fu restaurata
e intitolata al Santissimo
Crocifisso nel 1971 dal
parroco e missionario Padre
Fedele Bisceglie.
-
Chiesa della Madonna
della Catena. Situata nell'omonima via di Acri, di modeste
dimensioni.
-
Chiesetta della Madonna
del Pettoruto. Piccola cappella votiva in località Caccia.
-
Chiesa del Santissimo
Salvatore. In località Duglia, chiesa parrocchiale di moderna
concezione
-
Chiesa della Natività
di Maria. In località Pagania-Vallonecupo, piccola chiesetta
recentemente restaurata.
-
Chiesa di San Giorgio Martire. Nella località Picitti.
-
Chiesa di Santa Chiara. Costruita intorno al 1420, dai
padri Romitai Agostiniani, fu acquistata dal principe Luigi Sanseverino per
realizzare il convento, che inizialmente veniva chiamato monastero di Santa
Chiara dell'ordine dei cappuccini, detto delle Cappuccinelle e Poverelle di
Gesù Cristo. Molti furono i lavori per migliorare la struttura, come quelli
condotti nell'anno 1724. Nel 1810 le truppe francesi invasero e
distrussero il monastero, e alcune delle suore preferirono morire piuttosto che
affrontare le loro sevizie. A seguito dell'accaduto il convento venne soppresso
e venduto al comune, che vi realizzò la prima sede municipale cittadina. La
chiesa rimase invece proprietà ecclesiastica, ed è inclusa attualmente nella
parrocchia facente parte della Basilica del Beato Angelo d'Acri. Si ritrovano al
suo interno ai lati dell'altare lapidi marmoree che raffigurano
don Beniamino Parvolo e il vescovo Bonaventura Sculco,
entrambi sepolti in quel luogo.
Castello
Il castello
di Acri, noto anche come Rocca dei Bruzii, era un'opera difensiva, eretta
probabilmente in epoca bruzia, della quale rimane a tutt'oggi solo più una
splendida torre, che è il simbolo della città.
È
situato a controllo del territorio, al limite del territorio controllato ai
tempi della Magna Grecia dalla potente Sibari. L'ipotesi
dell'edificazione bruzia sembra ora del tutto avvalorata dagli svariati
ritrovamenti archeologici datati dall'Eneolitico al età del
Bronzo finale, rinvenuti tutt'intorno alla città vecchia di Acri.
In
seguito fu fortilizio romano, come descritto dallo storico Capalbo in
una lapide marmorea in lingua latina (rinvenuta nel 1890), con
l'iscrizione "XII LEGIO", ed inoltre un altro frammento di lapide con
iscritto "Sacellum Dedicatam ad Veneri", e piccole porzioni
di mosaico, probabilmente greche, rinvenute nelle vicinanze del castello.
I
testi storici fin qui pervenuti lo descrivono come "Castel Vetere",
ossia molto antico. Nel 1190 fu descritto da una prima Platea della
diocesi di Bisignano, con annessa la chiesa di Sante Nicola ante ad
Castillum: questa chiesa una volta si trovava nelle mura di cinta del castello,
mentre ora è invece poco al di fuori. La chiesa possiede svariati elementi
stilistici ed è stata classificata al X - XI secolo d.C.
Il Pontano nella
sua opera scrive che "Acri, summo in monte posita, rupibus undique
ferme cincta", mentre il Barrio scrive "Intus est Acrae
oppidum: ab effectutice situm sit, cuius meminit Stefanus Bisantinus. Acrae
inquit urbis Iapigiae, altera Italiae dicta Idrusiaem".
La
forma del castello in origine era trapezoidale con tre torri poste nella parte
più alta, e la quarta posta nel livello più basso delle mura difensive a
controllo del ponte levatoio o della porta a caditoia. Le mura difensive
cingevano tutta la cittadella del quartiere Pàdia compresa la chiesa
matrice Santa Maria Maggiore.
Nella
chiesa, che fino al 1290 dalla Platea del vescovo Ruffino da Bisignano veniva
descritta come "Sancta Mariae de Padiae", sono state rinvenute durante
alcuni recenti lavori di restauro, tracce di un tempio paleocristiano.
Le
mura di cinta del castello hanno un diametro di circa due metri nella parte più
alta del perimetro, mentre le mura del livello inferiore erano descritte aventi
un diametro di circa quattro metri. Visibile fino ai primi del Novecento, la
cisterna per l'approvvigionamento dell'acqua in caso di assedio era posta a nord
della torre esistente: era alta circa due piani (cioè sei metri di altezza) e
larga venti.
Nel 1999 furono
rinvenute nelle mura del castello parecchie monete di origine greca, tra cui
alcune di Sibari, altre di Thurii, ed una sola di Crotone, ora in
possesso della Soprintendenza Archeologica della Sibaritide.
Palazzi
-
Palazzo Sanseverino-Falcone. Edificato nel XVII secolo per
volontà di Giuseppe Leopoldo Sanseverino, principe di Bisignano, il
palazzo sorse su un terreno già appartenuto a don Fabrizio Julia, poi
acquistato dai Sanseverino. Il progetto, attribuito a un architetto romano, fu
realizzato dal costruttore Stefano Vangeri da Rogliano, attivo fino al 1720.
Gli
affreschi delle sale principali, tra cui L’allegoria del
Tempo e Il ratto di Proserpina, sono opera del pittore napoletano
Donato Vitale, che affrescò le sale tra il 1714 e il 1718. L’edificio,
articolato su quattro piani, presenta al piano terra la monumentale Sala delle
Colonne, ampia oltre 350 m², con otto colonne in pietra di stile
tardo cinquecentesco e pareti scandite da nicchie semicircolari. Il
piano nobile, residenza della famiglia, conserva affreschi ancora parzialmente
visibili, mentre il livello superiore era destinato alla servitù.
Il
palazzo passò alla famiglia Falcone dopo il matrimonio tra don Angelo
Falcone e la principessa Carmela Sanseverino. Negli anni 1980 fu
donato al Comune di Acri e oggi ospita il Museo della Civiltà Contadina, il
MACA – Museo d’Arte Contemporanea Silvio Vigliaturo e una
pinacoteca cittadina in corso di allestimento.
-
Palazzo Dodaro - Situato nel rione medievale di Padia, è uno
degli edifici storici più rappresentativi della città e rientra tra gli
immobili di interesse storico-artistico della Provincia di Cosenza.
La
sua struttura attuale deriva da un progressivo accorpamento di abitazioni
preesistenti, iniziato nel 1788 con l’acquisto della prima unità da parte di
Domenico Francesco Dodaro e proseguito dai suoi discendenti. Il complesso,
ampliato nel tempo con giardini e case adiacenti, assunse la forma definitiva
nell’Ottocento grazie al Regio Giudice Giuseppe Dodaro (1802-1878), che
unificò due corpi di fabbrica originariamente separati da un viottolo.
L’edificio
principale, sviluppato su tre livelli, ospita magazzini e cantine al piano
strada e ambienti residenziali ai piani superiori, arricchiti da soffitti in
carta dipinti risalenti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
La parte più antica, situata su un livello superiore, comprende
la cappella di famiglia dedicata a San Giovanni Battista,
accessibile tramite una scalinata esterna. Fondata originariamente nel 1660
a Rogliano, la cappella fu trasferita ad Acri nel 1857 con autorizzazione
pontificia, e nel 1951 papa Pio XII ne dichiarò l’altare
“privilegiato in perpetuo”.
Negli anni
1990 fu proposto un progetto di recupero del centro storico che prevedeva
il restauro del palazzo e la creazione di spazi culturali come museo, biblioteca
e galleria d’arte, mai però realizzato.
La
famiglia Dodaro possedeva anche una tenuta a Serracavallo di Bisignano,
acquistata nel 1858 e utilizzata come residenza estiva. Tra i membri di rilievo
si ricordano il Regio Giudice Giuseppe Dodaro e Francesco Saverio Natale Dodaro
(1876-1944), Presidente del Tribunale Civile e Penale di Venezia.
-
Palazzo Padula. Di proprietà del poeta Vincenzo Padula, venne
edificato in una zona in origine isolata e priva di costruzioni, la sua
edificazione voluta dall'artista calabrese, era secondo il Padula la
rappresentazione della posizione raggiunta dall'uomo di cultura acrese.
Sul
portale del palazzo fece scolpire due penne e un calamaio, simbolo dello
stemma del suo casato. Il palazzo fu dotato di feritoie, adatte a
posizionare armi da fuoco, per difendersi da eventuali attacchi
dei briganti, assai frequenti in quel periodo. Interessante è il
cornicione estremamente curato, considerando il periodo storico.
-
Palazzo Julia. Databile al XV secolo, fu sempre proprietà della
famiglia Julia, che lo ereditò da padre in figlio. È un fabbricato diviso in
parti, anche molto grandi, come altri in Acri. Esso fu realizzato in due epoche
diverse: il primo periodo è datato nel cinquecento- seicento e il secondo alla
fine del Settecento.
Il
fabbricato si erge su tre piani, e dispone di una ricchissima biblioteca,
composta da oltre cinquemila volumi, con testi del Cinquecento e del Seicento e
alcune rare edizioni antiche.