Villa Necchi Campiglio, il fascino discreto della borghesia
 Milano

  

Corso Venezia con il suo traffico impaziente è a pochi passi, ma tra queste mura non arriva che un'eco attutita. Nel grande giardino ombreggiato da faggi, magnolie e ippocastani l'unico suono a rompere il silenzio è il sommesso mormorio della cascatella che alimenta la piscina. Ecco la prima di numerose sorprese: una piscina, e pure un campo da tennis, in un'abitazione degli anni Trenta, per di più nel cuore di Milano. Varcare i cancelli di villa Necchi Campiglio in via Mozart, gioiello di architettura razionalista conservato miracolosamente intatto per oltre 70 anni, significa tuffarsi in un altro mondo.

La villa, oggi di proprietà del Fai, Fondo per l'Ambiente Italiano, che l'ha aperta alle visite nel maggio 2008 al termine di un certosino restauro, porta una doppia, inconfondibile impronta: quella di Piero Portaluppi, il geniale architetto che l'ha realizzata fin nei minimi particolari tra 1932 e 1935, e quella dei committenti, la famiglia di agiati imprenditori di Pavia che l'ha intensamente vissuta per oltre 60 anni all'insegna di un lusso raffinato e sobrio e di una mondanità non appariscente.

Gigina e Nedda Necchi, classe 1901 e 1900, sorelle del fondatore dell'omonima fabbrica di macchine per cucire, e il marito di Gigina, Angelo Campiglio, titolare con il suocero di una fonderia di ghisa, decidono di trasferirsi a Milano intorno agli anni Trenta. Nedda, che non si è mai sposata dopo un grande amore non andato a buon fine, vive stabilmente e in perfetta armonia con la coppia. 

La scelta del quartiere, centrale ma tranquillo, all'epoca completamente occupato dai parchi di alcune grandi ville patrizie, è casuale: una sera, persi nella nebbia dopo un spettacolo alla Scala, i coniugi Campiglio si imbattono nel cartello "Vendesi" appeso su un cancello che racchiude un giardino alberato, e l'indomani stesso trattano l'acquisto del terreno dai conti Cicogna.

Ponderata e mirata è invece la scelta dell'architetto più in voga del momento: Piero Portaluppi, professore del Politecnico già firmatario di importanti progetti che, in virtù di una spiccata vocazione mondana, annovera tra i suoi clienti i più bei nomi della Milano che conta. Gli danno un budget illimitato e carta bianca: Portaluppi può così progettare la nuova dimora da cima a fondo, sbrigliando la sua creatività nel disegnare architetture e arredi, pavimenti in marmo e soffitti a stucco, decori e ogni minimo particolare, serramenti, rubinetti, servizi di piatti. Il risultato è il capolavoro che da poco si è rivelato al pubblico con il restauro del Fai: un gioiello di architettura razionalista con tocchi déco che ancora stupisce per la modernità della concezione. 

La più avanzata tecnologia dell'epoca è messa al servizio del comfort: ed ecco la piscina riscaldata e a ricambio d'acqua automatico, la saracinesca elettrica che sale dal pavimento proteggendo l'ingresso, il sistema di citofoni interni, l'ascensore, le porte scorrevoli a scomparsa. Dietro la facciata dal disegno geometrico, essenziale, tutta giocata sulle linee orizzontali, dirompente novità per la Milano dell'epoca ancora legata al gusto déco, l'intera dimora è concepita all'insegna di un lusso impensabile ai giorni nostri: un lusso raffinato che si traduce nella generosa vastità degli spazi, nella ricercatezza dei marmi e legni pregiati impiegati a profusione, nell'attenzione ai mille dettagli che è una delizia scoprire, una stanza dopo l'altra: come i copricaloriferi in ottone, a disegni geometrici diversi per ogni ambiente della casa, compresi i locali di servizio, concepiti con la stessa cura delle sale destinate a ricevere; oppure le porte blindate della veranda, massicce protezioni che il disegno a grata di Portaluppi trasforma in elementi d'arredo. 

In questo insieme così coerente si inseriscono gli interventi di gusto più decorativo di Tomaso Buzzi, il secondo architetto di villa Necchi, che ne­gli anni 50, cambiata la moda, ingentilisce l'eccessivo rigore razionalista introducendo nell'arredo pezzi d'antiquariato, panneggi, tende con inserti antichi.  

La hall, con l'altissimo soffitto, il parquet in noce pregiato e l'elegante scalone dalla balaustra a doppia greca, da la misura della sontuosità della dimora e divide a metà il piano terra, tutto destinato a ricevere: da un lato la grande biblioteca con le librerie in palissandro a tutta parete che inglobano il camino dalle linee essenziali, la veranda affacciata sul giardino, il salone con i ricchi tendaggi e divanetti rococò, dall'altra lo studio di Campi­glio, il fumoir, la sala da pranzo. Si respira ovunque l'atmosfera di una casa intensamente vissuta fino a ieri: Gigina Necchi, che è scomparsa nel 2001, pochi giorni prima di compiere 100 anni, vi ha abitato fino all'ultimo. Villa_Necchi_Veranda.jpg (65927 byte)Villa_Necchi_ScalonePrincipale.jpg (64085 byte)

Sembra ancora di vedere il continuo via via di ospiti sprofondati nelle poltrone davanti al camino o alla libreria, o seduti ai tavolini da gioco per una partita a carte o nella fuciliera, intenti a passare in rassegna le armi da caccia con il padrone di casa. Le sorelle Necchi e "Nene" Campiglio, benvoluti in società per la gentilezza di modi e l'eleganza, tengono la casa sempre aperta a una assidua ma discreta vita mondana; ai grandi balli preferiscono le cene intime con un selezionato gruppo di amici, i dopo teatro, le partite a tennis o il pigro oziare intorno alla piscina. 

Frequentano la casa aristocratici e teste coronate come Juan Carlos di Spagna, Simeone di Bulgaria con la moglie Margarita e giovani rampolli di casa Savoia, Maria Gabriella, amica di famiglia che ha una stanza riservata, e il cugino Maurizio d'Assia, scenografo alla Scala, ospite fisso nei suoi soggiorni a Milano. Una tradizione di ospitalità oggi ripristinata: il seminterrato, che in origine ospitava spogliatoi e docce per il tennis e perfino una sala cinema, ora è uno spazio per eventi culturali, il sottotetto un tempo abitato dalla servitù è sede di mo­stre e il tennis, coperto, ospita grandi happening.

La magnificenza del piano terra si ripete al primo piano, che ospita le camere da letto delle sorelle Necchi. Strepitosi i bagni, rivestiti di marmi arabescati; la doccia, racchiusa in un box spaziosissimo e con tre getti d'acqua, sembra uscita da una rivista moderna, ma il set di spazzole e profumi sulla pettiniera, con le iniziali in oro della proprietaria, ci riporta agli anni Trenta.  

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Gli armadi conservano abiti, cappellini, scarpe e accessori delle case più prestigiose, da Ferragamo a Gucci, testimoni del raffinato stile delle due sorelle, note per l'eleganza mai vistosa di abiti e gioielli; in un cassetto si possono vedere i foulard con dedica di Dior.

Ultimo tocco prezioso, le opere d'arte: in una stanza al primo piano è allestita la collezione di dipinti, arredi settecenteschi e porcellane donata da Alighiero ed Emilietta de' Micheli, mentre sono distribuite nelle varie stanze 44 opere del '900, tra sculture e dipinti, di Arturo Martini, Morandi, De Chirico, Sironi, concesse in prestito permanente dalla collezionista Claudia Gian Ferrari.

Che in cambio ha chiesto e ottenuto un unico, invidiabile privilegio: quello di poter dormire nella villa, di tanto in tanto. E chi non vorrebbe sentirsi, anche per una notte soltanto, padrone di casa in un posto simile?

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(Tratto da Bell’Italia – Sandra Minute