Villa Arconati 
Castellazzo di Bollate (Milano)

    

Il complesso di Castellazzo nel Parco delle Groane rappresenta una struttura unica nel milanese, circondata da estesi boschi, brughiere, campi agricoli. La Villa Arconati appare come un'immagine da favola a chi percorre la Strada Statale Varesina tra Garbagnate e Bollate per poi raggiungerla per il Viale dei Leoni, un maestoso viale alberato con filari di Carpinus Betulus.

La storia di Castellazzo e di Villa Arconati, è molto interessante e ricca di passaggi che in qualche modo si collegano a vicende di una storia più ampia.

Tutto cominciò da un certo Guido Cusani, questo signore fu un esattore delle tasse per conto del governo spagnolo, un ricchissimo banchiere milanese e infine, amministratore dell’eredità di Tommaso Marino, banchiere genovese e nonno della monaca di Monza.

Guido Cusani acquistò Castellazzo e costruì, nel 1588, il primo nucleo della villa.

Quando morì, Castellazzo passò, dopo una lunga causa, agli eredi di Tommaso Marino, i Pio di Savoja marchesi di Sassuolo, che vendettero il tutto a Galeazzo Arconati nel 1610.

Galeazzo Arconati si occupò personalmente della costruzione del resto della villa, dal 1619 al 1627.

Molto probabilmente, l’impianto idraulico dei giardini della villa che generano i giochi d’acqua, furono ricavati dai progetti contenuti nei tredici codici di Leonardo da Vinci, proprietà dell'Arconati, pezzo forte delle sue collezioni, che era conteso dai maggiori stati europei quali Francia, Inghilterra, Spagna e Roma, ma che lui invece regalò a Milano.

Galeazzo Arconati, essendo un grande ed esperto collezionista d’opere d’arte, fece allestire nell’ala nord-ovest il museo Arconati e una gipsoteca con molti gessi tratti dalla scultura classica, ma le collezioni di Galeazzo si arricchivano di pezzi provenienti da più parti, da Roma fece arrivare molti marmi e l’enorme statua di Pompeo Magno, alta circa 3 metri e mezzo,  dove dinnanzi ad essa sarebbe stato pugnalato Giulio Cesare, inoltre molte sculture realizzate per l’incompiuto monumento funebre di Gaston de Foix, di Agostino Busti detto “Bambaja”, ora conservate al Castello Sforzesco di Milano.

L’attuale aspetto della villa però, si deve a Giuseppe Antonio Arconati, che nel 1742 fece costruire l’ala sud-ovest ispirandosi alle ville coeve dell’architetto Giovanni Ruggeri.

Nel 1750 fu rifatto lo scalone e il salone antico del piano nobile fu dipinto dai pittori Galliari, famosi scenografi del Teatro alla Scala di Milano.

Appartenuta per quasi due secoli, il Seicento e il Settecento, alla nobile famiglia degli Arconati che resero il Castellazzo una delle “Ville di Delizie” del territorio di Milano più ricche e prestigiose, dopo varie vicissitudini, alla morte dell'ultima proprietaria, la marchesa Beatrice Crivelli è da alcuni anni di proprietà di una immobiliare.

Ma uno dei vanti del Castellazzo sono i giardini di notevole pregio architettonico, uno dei rari esempi in Italia di giardino alla francese. Si sviluppano a sud e ad est dell'edificio principale. Di impianto formale, sono organizzati su tre assi prospettici principali da cui si dipartono gli assi diagonali minori. Carpinate, berceaux, fontane e vasche arricchiscono e completano il sito che presenta frequenti episodi di edifici di arredo come le orangeries, la voliera, il teatro di Diana e quello di Pompeo.