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Il
palazzo si sviluppa in senso
longitudinale, ed è articolato in
tre blocchi principali, di cui
quello centrale, di dimensioni
maggiori rispetto agli altri due, è
costituito dalla corte d'onore a
forma quadrilatera che presenta una
struttura compatta e chiusa da
quattro corpi di fabbrica.
Ai
due lati della corte si sviluppano
simmetricamente le zone dei rustici:
la zona di sinistra, ovvero quella
situata nell'ala Nord del complesso,
costituita da una serie di
cortiletti minori, mentre quella di
destra, situata a Sud, è
caratterizzata da un unico cortile,
detto cortile delle scuderie.
Il
palazzo si estende poi sul suo lato
sinistro, ovvero nell'ala
Nord-Ovest, con un corpo che ospita
l'oratorio privato della famiglia e
con una ulteriore serie di corpi
rustici che cingolo il lato Est del
parco.
STORIA
- L’attuale
Palazzo Arese Borromeo sorge per
volontà di Bartolomeo III Arese
(1610–1674) che prosegue,
concretizzandolo, il progetto del
padre Giulio I.
Giulio,
fregiatosi del titolo di Conte di
Castel Lambro, sentì
l’esigenza di sancire
l’importanza degli Arese con la
costruzione di un edificio degno del
potere e della ricchezza della
famiglia.
Dal
1626 iniziarono i lavori con
l’abbattimento di una precedente
costruzione, forse a castellana.
Già
dal 1538 il nonno di Giulio I,
Bartolomeo II, aveva acquisito metà
del feudo della Pieve di Seveso,
grazie alla sue capacità politiche
e per l’incarico che rivestiva,
vice tesoriere del Ducato di Milano,
accumulando così nelle sue mani
importanti proprietà edilizie e
terriere.
La
sua evoluzione è caratterizzata da
numerose vicende costruttive
realizzate con armoniosa coerenza e
rispetto delle preesistenze,
giungendo fino a noi poco difforme
dalle sue vesti originarie.
L'anno
1654 è il punto di partenza
"reale o simbolico, del grande
ed unitario progetto che muterà nel
profondo la morfologia del borgo di
Cesano e che renderà palazzo Arese
Borromeo esempio unico di dimora
residenziale del XVII secolo".
L'edificazione
ha inizio come residenza di
dimensioni contenute, sorta sulle
tracce di una delle torri difensive
di Cesano, le cui mura sono visibili
ancora oggi. Con l'accrescersi
dell'importanza della famiglia
Arese, la configurazione della
fabbrica comincia a risultare
inadeguata per l'illustre casato,
tanto da avviare una serie di
interventi, capaci di mantenere
integra la fisionomia e la
consistenza, forse grazie alla
permanenza della stessa famiglia per
oltre tre secoli.
Bartolomeo
III è personaggio chiave della
politica lombarda del Seicento,
sotto la dominazione spagnola, in
quanto è il maggior interlocutore,
per la fiducia che seppe
conquistarsi, degli Asburgo. Il suo
cursus honorum fu rapido e lo portò
ai vertici dello stato: fu infatti
Capitano di giustizia nel 1636,
questore del Magistrato ordinario
nel 1638, senatore, membro del
consiglio segreto, presidente del
magistrato ordinario nel 1641,
reggente onorario del Consiglio
d’Italia dal 1649 e presidente del
Senato dal 1660.
Nel
1634 sposò Lucrezia Omodei,
appartenente a una famiglia
altrettanto importante e facoltosa,
il cui fratello, Luigi Alessandro,
divenne cardinale. Bartolomeo ebbe
tre figli: Giulio II, morto
prematuramente nel 1665, lasciando
Bartolomeo senza una discendenza
diretta; Giulia, che sposò il conte
Renato II Borromeo e Margherita, che
sposò Fabio Visconti Borromeo.
Dopo
la morte di Bartolomeo il palazzo
passa in eredità alla figlia
Giulia. Da allora inizia una nuova
era, che trova nel casato dei
Borromeo più di un degno
continuatore dell'opera di
ingrandimento e abbellimento.
Il
figlio di Giulia e Renato, Carlo IV
adottò il cognome Borromeo Arese
per la propria casata, ereditando
dalla madre il palazzo di Cesano.
Ricoprì prestigiose cariche
pubbliche a Milano alla fine del
XVII e nei primi decenni del XVIII
secolo; fra il 1710 e il 1713 fu
viceré a Napoli.
E'
a Carlo IV Borromeo Arese che si
deve riconoscere la prima serie di
interventi atti ad adattare il
palazzo al gusto settecentesco. La
trasformazione "alla
moderna", ovvero in chiave
rococò, di alcuni degli ambienti
del piano nobile è opera del nipote
Renato III, redattore anche
dell'Inventario Baselino del 1762,
che ci restituisce una preziosa
descrizione degli ambienti e dei
decori.
Il
palazzo vive giorni di gloria fino
all'occupazione austriaca:
trasformato in caserma, patisce,
dopo il conflitto, anni di incuria e
abbandono. Torna alla famiglia solo
alla fine del XIX sec., ma la sua
sorte sembra ormai segnata e dopo un
esile tentativo di ripristino da
parte del conte Guidi, viene
definitivamente abbandonato.
La
villa, disabitata, è stata per anni
oggetto di furti e vandalismi che la
segnarono nel profondo. Solo dopo
l'acquisto da parte
dell'Amministrazione Comunale il
palazzo risorge a nuova vita,
offrendosi al pubblico e concedendo
spazi all'Università San Raffaele,
riuscendo in un progetto di gestione
mista che a Cesano sembra aver
trovato un perfetto equilibrio
attuativo.

PIAZZA
ESEDRA - L’apertura della
piazza, detta Esedra o del Teatro,
per l’uso che ne era fatto, dilata
sulla fronte del palazzo lo spazio
del viale d’accesso, determinando
un effetto elegante e scenografico
ed evitando volutamente la
sensazione di monumentalità.
Lo
spazio, nella sua tipologia, ricorda
più quello di un giardino che la
piazza di un palazzo importante. Le
due ali architettoniche della
recinzione sono delimitate da due
pilastri a manicotti di pietra con
obelisco (simbolo di unione tra
terra e cielo) sulla sommità.
I
semplici muri intonacati presentano
una cadenza alternata di lesene e
nicchie con manicotti in granaglia,
entrambi sormontati da pinnacoli a
fiamma in pietra spugnosa.
La
presenza di due fontane arricchisce
senza appesantire questo splendido
esempio di spazio che, non solo fa
risaltare la facciata del palazzo,
ma diviene anche spazio vissuto
socialmente, per ricevere degli
ospiti, tenere il mercato o dare
spettacolo per gli abitanti del
borgo di Cesano.
Oggi
la piazza con la sua
riqualificazione storica viene
utilizzata, in specie nei mesi
estivi, come spazio di
manifestazioni culturali e di
intrattenimento.
FACCIATA
- La facciata è estremamente
semplice e rigorosa, totalmente
intonacata di bianco. Pochi
gli elementi che la caratterizzano,
come il bel portale in bugnato,
sovrastato da uno splendido balcone
in ferro battuto con ampio disegno
tipicamente barocco, lo zoccolo in
mattoni, probabilmente a ricordare
la costruzione castellana precedente
che nel lato a nord presenta invece
conci in pietra, poiché questa
parte dell’edificio risale
probabilmente al Cinquecento.
Nessuna cornice in rilievo contorna
le finestre rettangolari, come
quelle del mezzanino, ridotte nelle
dimensioni e di forma ovale, con
asse orizzontale.
L’andamento
del tetto è articolato a più
livelli determinando con la presenza
della torre un effetto geometrico
non statico. Quest'ultima è a
pianta ottagonale, ed è dotata di
un orologio e di un terrazzino
terminale.

LOGGIA
E CORTILE D'ONORE - Il cortile
d’onore presenta due soli portici
opposti. Se riflettiamo che siamo in
piena epoca barocca e pur tenendo
conto che il barocco lombardo è
contenuto nei suoi aspetti
ridondanti, si evidenzia come lo
straordinario rigore e la semplicità
dell’architettura esterna siano
frutto di una scelta precisa e
voluta.
Il
portico est, verso l’appartamento
di rappresentanza del piano terra,
è detto degli imperatori per
la presenza dei busti in arenaria
ocra degli imperatori romani,
racchiusi in eleganti nicchie
decorate a stucco bianco.
Nell’elemento
architettonico di maggior rilievo
del palazzo, che è la straordinaria
Loggia sul lato est del cortile, si
riscontra l’evidente volontà di
mantenere estremamente semplice
l’architettura, nonché un senso
delle proporzioni e dei rapporti
armonici che è più rinascimentale
che barocco.

La
loggia, ideata probabilmente
guardando agli esempi genovesi, si
presenta al primo piano, unica in
Lombardia, e nel chiudere il cielo
al suo interno sottolinea e
ripropone una volta di più
l’importanza di uno stretto legame
con lo spazio circostante e la
natura. A tutt’oggi non si conosce
ancora il nome dell’architetto
progettista, si fanno più nomi:
Carlo Buzzi, Gerolamo Quadrio,
Francesco Castelli, Giovanni
Ambrogio Pessina, che sono quelli
ricorrenti nelle committenze di
Bartolomeo III anche a Milano.
E’
probabile anche una collegialità di
interventi sotto la inevitabile
supervisione dello stesso Bartolomeo
III.
 
PIANO
TERRA - Nella organizzazione
degli spazi è chiara la
ripartizione in quartieri. Locali di
servizio ai lati dell’ingresso,
nell’ala sud del cortile lo
scalone degli stemmi e le scuderie,
nell’ala nord vestiboli che
immettono al grande scalone che
porta al piano nobile.
Sul
lato est le sale di rappresentanza.
Queste si caratterizzano per la
presenza di affreschi nelle volte,
mentre sulle pareti, semplicemente
intonacate, era esposta la
importante quadreria di palazzo
(attualmente esposta dai Borromeo
all’isola Madre sul Lago
Maggiore).
 
Gli
affreschi al centro della volta sono
contornati da eleganti cornici in
stucco colorato, diverse per ogni
sala. I soggetti trattano temi
mitologici classici che vanno letti
con puntuali riferimenti alle
esigenze di Bartolomeo III di
attestare e chiarire la propria
posizione storico politica.
Nelle
vele e lunette vi è un
aggiornamento in stile Rococò degli
anni quaranta del settecento.
La
Sala Aurora è centrale e altamente
rappresentativa, oltre che essere
elemento ideale di raccordo tra
interni ed esterni: sala, cortile e
giardino. È attraversata
dall’asse viario, prima descritto,
ha elementi del portico al suo
interno (nicchie con busti di
imperatori romani) ma
particolarmente vive della
straordinaria luminosità del
giardino. Una luce naturalistica è
infatti lo strumento pittorico
utilizzato da Giovanni Stefano
Doneda detto il Montalto, autore
dell’affresco con “Aurora e il
carro solare di Apollo”.
 
Verso
sud le sale di Vulcano e della
Monarchia, verso nord la sala dei
Giganti, la galleria dei Centauri,
la sala di Semele, la sala
neoclassica (l’unica aggiornata
stilisticamente nel 1822) che
immette direttamente alle “sale
alla mosaica”(oggi dette ninfeo).
SALE
ALLA MOSAICA (NINFEO) - È un
piccolo quartiere vero e proprio
caratterizzato da un rivestimento a
mosaico di piccoli sassolini di
fiume bianchi e neri con eleganti
disegni tipicamente barocchi e
costituito da due sale, così
interamente decorate, una saletta affrescata
a boscareccia col solo pavimento a
mosaico e un piccolo cortiletto
con affreschi a temi marini (quelli
rimasti), molto danneggiati e
grottaglie.
La
valenza di questo ambiente era anche
sapienzale e ciò è sottolineato
dalla tematica dei tre affreschi
nella volta, nonché dalla raccolta,
su mensole di marmo, di statuaria
antica.
Il
rapporto con la natura era non solo
presente nei sassolini, quale
simbolo della terra, nella
boscareccia, ma anche nel piccolo
giardino de’ fiori prospiciente il
quartiere ed isolato dal grande
giardino da un muro, giardinetto
purtroppo sacrificato alla fine
dell’800.
ORATORIO
DELL'ANGELO CUSTODE -
Puntualmente aderente
all’ordinanza di S. Carlo, che
obbligava per ogni Cappella
costruita in un palazzo ad avere un
accesso pubblico, lungo la facciata
verso nord, abbiamo l’ingresso che
immette in un atrio con piccolo
porticato da cui si accede
all’Oratorio comune dell’Angelo
Custode, prima dedicato a S. Antonio
da Padova.
La
pianta dell’Oratorio a pavimento
è rettangolare e in alzato si
trasforma in ottagonale con
l’inserimento negli angoli di
quattro archi a tutto tondo,
concludendosi nella volta ad
ombrello con otto spicchi al cui
centro un ovale racchiude
l’affresco del Montalto con Cristo
risorto e la Trinità.
Sulla
porta d’ingresso, all’interno,
vi è una piccola tribuna che
ospitava l’organo, e sopra questa
la tribuna più grande e i coretti
dai quali gli Arese prima e i
Borromeo dopo assistevano alle
cerimonie.
Nel
presbiterio il bell’altare, in
marmi rosa e nero con cherubino nel
timpano, conteneva la pala, dipinta
sempre dal Montalto con la Vergine,
Gesù bambino, l’Angelo Custode e
S. Antonio da Padova (attualmente
all’Isola Madre).
L’Associazione
Amici del Palazzo e Parco Arese
Borromeo ha voluto porre in loco una
riproduzione fotografica della
stessa per ricreare l’effetto
originario.
PIANO
NOBILE - Al piano nobile,
diversamente dal piano terra, gli
affreschi ricoprono tutte le pareti,
per la maggior parte da terra al
soffitto, che è a passasotto e
costantemente decorato.
Il numero di stanze affrescate nel
palazzo è veramente notevole, in
specie per un palazzo privato,
attualmente ne contiamo quasi
quaranta.
Per
la maggior parte gli affreschi si
devono al secondo Seicento milanese
ed al preciso programma iconografico
di Bartolomeo III che qui dispiega
il proprio pensiero con stretta
coerenza, in ogni minimo dettaglio e
con una ampiezza che non ha quasi
paragoni. Proprio in questo è la
straordinarietà del palazzo, la sua
totale concezione unitaria,
puntualmente leggibile
nell’insieme e nel particolare.
Nella
significativa importanza, qualità e
quantità degli affreschi è
l’aderenza allo spirito del
barocco. Dallo Scalone degli stemmi,
in cui si evidenziano le parentele e
le alleanze, si accede a una
sequenza di stanze dai vari
significati: Sala delle Rovine, due
boscarecce, il salone dei”Fasti
romani”, la sala del Castello (con
fondamentale riproduzione del
Castello Sforzesco di Milano a metà
seicento), serie di sale (ancora da
restaurare) che conducono
direttamente all’Oratorio
dell’Angelo Custode.
La
Boscareccia che dà sulla
piazza, opera di Giovanni Ghisolfi,
è uno straordinario capolavoro
della pittura del Seicento lombardo.
La natura, sempre e costantemente
frequentata dall’uomo, è
raffigurata in una visione a 360
gradi in cui alberi ed archi
naturali assumono il ruolo di
pilastri e colonne, il tutto
espresso con tonalità intense e
nelle varianti dei bruni.
Di
seguito abbiamo il Salone d’onore,
l’ambiente più grandioso ora
detto dei “Fasti romani” in
quanto sulle grandi pareti sono
raccontati per brevi cenni momenti
significativi della storia romana,
nonché due grandi scene con
l’inizio della civiltà romana e
il trionfo della Chiesa.
Nel
registro superiore sono raffigurati,
personaggi dei diversi strati
sociali: nobili, musici e contadini,
che idealmente partecipano agli
avvenimenti che si svolgono nel
grande salone.
Tramite
la Galleria delle Arti Liberali si
accede agli appartamenti privati di
Giulio II e del padre Bartolomeo III.
 
La
Galleria ospitava una collezione di
statue marmoree a soggetto
biblico-storico e mitologico, oggi
all’Isola Madre, commissionate dal
Presidente Arese agli scultori
milanesi più in voga del suo tempo
(Bussola, Albertini, Volpino,
Simonetta).
Le
Arti sono raffigurate sul lato del
cortile e di fronte ad ognuna appare
il relativo personaggio storico che
le rese importanti.
A
metà galleria si apre la piccola
cappella privata dedicata a S.
Pietro Martire, realizzata alla
morte prematura di Giulio II. Tutte
le scene raffigurate sono contenute
da splendide quadrature eseguite da
Giovanni Ghisolfi e aiuti che esegue
anche le serie dei paesaggi
Gli
altri affreschi sono opera dei più
importanti pittori del secondo
seicento lombardo: Giovanni Stefano
Doneda il Montalto e il fratello
Giuseppe, Ercole Procaccini il
Giovane, Giuseppe Nuvolone, Federico
Bianchi, Antonio Busca e relative
botteghe.
  
GIARDINO
- La prima indicazione che riferisce
del giardino di Palazzo Arese
Borromeo proviene da una
raffigurazione pittorica del piano
nobile della dimora.
E’
una veduta del prospetto anteriore
del Palazzo che illustra il giardino
attorno al 1654, prima delle
modifiche apportate da Bartolomeo
III.
A
differenza dell’odierna
impostazione, la raffigurazione
risalente alla seconda metà del
XVIII secolo conserva solo
l’accenno all’impronta
geometrica degli spazi. Sono
tuttavia già presenti il tracciato
del viale principale ed il suo
attraversamento a metà dall’asse
trasversale.
Il
successivo intervento, forse di
Francesco Castelli, architetto di
fiducia dei Borromeo e del
presidente Arese, conduce alla
grandiosa impostazione
“all’italiana”, accostabile
allo straordinario esempio
dell’Isola Bella ricco di statue,
fontane e di numerose specie di
piante.
Il
giardino del Palazzo di Cesano
tuttavia, con impostazione
pianeggiante, si propone come meglio
adattabile ad una concezione di
influenza francese.
Già
Bartolomeo III nel 1671 vi aveva
portato l’acqua, derivandola dalla
famosa roggia viscontea di Desio che
scorreva nella campagna a est del
borgo.
Poi,
nel 1690, tramite la Roggia Borromeo
viene assicurato il costante
approvvigionamento proveniente dalle
sorgenti della Val Sorda, nei pressi
di Carugo,cosa che consentì
l’irrigazione del giardino e
l’attivazione dei giochi
d’acqua.
La
roggia azionava anche un mulino,
purtroppo oggi demolito, esterno al
giardino, progettato nel 1709
dall’architetto Filippo Cagnola,
attivo per i Borromeo anche alle
Isole e nella vicina villa di Senago.
Fino
al 1755, come raccontato da Guido
Borromeo, il giardino era suddiviso
in due parti tramite un muro con
grandi cancelli che consentivano la
comunicazione tra la porzione ovest,
verso il palazzo di impostazione
all’italiana e quella est
caratterizzata da un ampio prato a
marcita e dal bosco sullo sfondo.
Fu
il conte Renato III, verso la metà
del ‘700 a demolire tale
separazione, prolungando la
carpinata (bersò) e facendo
realizzare dallo scultore G.B.
Rainaldi la fontana barocca dei
dromedari nel cesto, emblema di casa
Borromeo, come pure i cavalli marini
un tempo collocati nel bacino ovale
sottostante. In quel tempo è
testimoniata la presenza del gruppo
di statue in arenaria, e in gran
parte ancora oggi conservate,
commissionate a scultori milanesi
attorno alla metà del XVII secolo.
Attualmente
il giardino conserva il viale
principale lungo l’asse
loggia-fontana. Più ampio rispetto
ai primi progetti, si estende su di
un’area di poco inferiore ai
100.000 mq e costituisce uno dei
polmoni verdi della città, posto
com’è nel cuore del centro
abitato.
Il
bosco di tigli, querce e tassi,
lungo il confine est dell’area
verde, si collega al portale del
Giardino affacciato sul parcheggio
esterno alle mura.
Il
viale dei carpini, ed il più
recente filare di pioppi cipressini
lungo il lato nord, costituiscono,
col laghetto d’impronta
naturalistica al centro degli ampi
prati, i punti salienti di
passeggio.
EDICOLE
E TEMPIETTI - La presenza
all’interno del giardino di
edicole e tempietti indica uno
stretto rapporto col mondo classico
- con riferimento per eccellenza a
Roma - che si rifà alla
testimonianza seicentesca del Leti.
Questi
riferisce, parlando del complesso di
palazzo Arese Borromeo, che lo
stesso può “pareggiare con quello
di Tivoli e Frascati nella campagna
romana”.
All’estremità
sud est del parco si trova il
seicentesco edificio, in origine
chiamato semplicemente Casino in
fondo al giardino, poiché la statua
del dio Pan, ora collocata al centro
dell’aula al piano terra, era
anticamente posta su una collinetta
in mezzo al vicino bosco.
Costruzione
a croce greca con angoli smussati
costituiti da quattro absidiole
aperte sorrette da colonne
tuscaniche architravate, è
completato alla sommità da una
cupoletta sferica, esternamente
sorretta da tiburio e sormontata da
una statua.
All’interno,
gli affreschi seicenteschi
presentano soggetti legati al tempo
(i mesi e lo zodiaco) la natura
(nella cupola si possono individuare
le quattro stagioni) ed un probabile
riferimento alla cultura agreste di
derivazione mitologica.
Sotto
il pavimento, una cisterna o
ghiacciaia, di piccole dimensioni,
serviva per conservare i rinfreschi
da consumarsi nel parco durante la
stagione calda.
UCCELLIERA
E PORTALE - L’uccelliera,
posta all’arrivo del viale
trasversale verso metà dell’area
del giardino, lungo il lato
settentrionale del parco, è una
pregevole costruzione di forma
quadrata aperta verso il giardino da
un portico a serliana e, su un altro
lato, da un vasto lunettone.
Era
riservata all’alloggiamento di
volatili, più probabilmente per
diletto che per l’esercizio della
caccia.(In attesa di restauro
conservativo gli affreschi
naturalistici che la decorano
all’interno). Sull'angolo nord/est
del muro di recinzione si trova
l'edicola della "Fontana del
Mascherone", ora disattivata e
priva della vasca antistante.
Il
portale del Giardino a est (lungo il
muro di recinzione del parco di
Palazzo Arese Borromeo) e i pilastri
a manicotti di pietra con obelisco
di piazza Esedra si ricollegano al
sistema di sequenze che costituivano
l’asse viario trasversale
qualificante della città.
Il
portale monumentale del Giardino che
assume forma di arco rivestito da
bugnato liscio è sormontato da un
timpano spezzato a volutine
richiniane con al centro un piccolo
obelisco, inquadrato da due doppi
pilastri pure sovrastati da
obelischi in pietra (continua è la
riproposta di questo specifico
elemento).
Dal
portale iniziava in direzione est il
viale, attuale asse stradale delle
vie Alberto da Giussano e Beato
Angelico, che portava al Serraglio
degli animali, un recinto boscato
documentato dal 1675 e realizzato
probabilmente dallo stesso
Bartolomeo III, dove si allevavano
cinghiali, cervi e daini per le
battute di caccia.

Link
www.vivereilpalazzo.it


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