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La
cattedrale di Cremona, dedicata alla
Vergine Assunta, domina con la sua
imponente mole la grande piazza del
Comune, cuore dell'antica città
medioevale. Su quest'area, posta sul
punto più alto della città, si
fronteggiano i principali edifici
cittadini: il complesso monumentale
del Duomo, Battistero e Torrazzo,
polo della vita religiosa; il
palazzo Comunale con la loggia dei
Militi, centro dell'attività civile
e politica. 
La
cattedrale è il monumento più
antico dell'intero complesso e
rappresenta uno dei maggiori esempi
di architettura religiosa
dell'Italia settentrionale. Nella
sagrestia dei canonici è conservata,
murata nella parete d'ingresso,
l'antica pietra di fondazione:
l'iscrizione della lapide,
affiancata dal patriarca Enoch e dal
profeta Elia, ricorda la data
d'inizio dei lavori, 26 agosto 1107,
probabilmente sui resti di una
chiesa paleocristiana
precedente.
Nel
1117, a causa di un violento
terremoto che interessò anche
Piacenza, Parma, Reggio e Modena, la
cattedrale, quasi completata, crollò
rovinosamente. I lavori ripresero
intorno al 1129, quando furono
ritrovate le spoglie del vescovo San
Imerio sotto le macerie, mantenendo
la planimetria originaria con pianta
di tipo basicale, senza transetto, a
tre navate absidate, delle quali
quella centrale era coperta a
capriate con tetto a vista.
Le
navate erano sostenute da massicce
colonne alternate a grandi pilastri
mistilinei con capitelli compositi
scolpiti con fogliami, volute,
figure umane e animali. Al di sopra
erano le gallerie dei matronei
aperte in parete con polifore in
corrispondenza di ogni campata e terminanti
con due cappelle absidate. Il
presbiterio era assai sopraelevato,
con scalinate comunicanti con le
absidi delle navate laterali e
cripta sottostante estesa a queste
ultime. La facciata era in cotto con
profilo a salienti spezzati e con un
solo ingresso.
Già
nel Duecento l'edificio subì
profonde trasformazioni. Nella prima
metà del secolo vennero costruite
le volte gotiche in muratura della
navata centrale e la sopraelevazione
di quelle laterali. Più tardi venne
dato inizio alla costruzione dei
transetti: quello settentrionale fu
concluso nel 1288, quello
meridionale verso la metà del XIV
sec. Sempre alla prima metà del
Duecento risalgono la decorazione
scultorea della facciata per opera
di artisti di cultura antelamica,
come il bel fregio dei Mesi ora
collocato sotto l'arco del protiro.
Nella seconda metà la facciata fu
ridotta a capanna e rivestita di marmi,
venne dotata di un ampio rosone e di
un protiro davanti al portale. Ben
poco si conserva delle antiche
pitture murali che, secondo l'uso
dell'epoca, dovevano decorare le
ampie superfici interne del Duomo e
rari sono i frammenti di affreschi
due-trecenteschi che rimangono a
testimonianza di una ben più vasta
attività pittorica, come quelli recentemente
ritrovati del retroarco del catino
absidale e quelli posti sotto i
legni cinquecenteschi della
cantoria. Sulle volte delle navate
minori dei bracci del transetto si
è invece conservato un ciclo
affrescato con storie tratte
dall'Antico Testamento, databile o
agli ultimi decenni del Trecento o
ai primi del Quattrocento.
L'attività
artistica riprende con rinnovato
vigore nella seconda metà del XV
secolo in un momento di pace e di
benessere economico, contrassegno
del dominio di Francesco Sforza.
Infatti nel 1491 fu dato inizio alla
sopraelevazione della parte centrale
della facciata, comprendente
l'attico con le volute laterali e il
frontone tipicamente rinascimentale,
a opera di Alberto Maffiolo di
Carrara. Due anni dopo Lorenzo
Trotti diede inizio alla costruzione
del portico di marmo che collega il
Torrazzo alla cattedrale, dietro la
"Bertazzola" conclusasi
soltanto nel 1550. Tra il 1519 e il
1524 fu realizzata anche la loggetta
sopra il portico medesimo.
Nel
Quattrocento la chiesa si
arricchisce di nuovi e preziosi
arredi, tra ai quali la Grande Croce
d'argento del 1478 e lo splendido
coro canonicale intagliato e
intarsiato da Giovanni Maria da
Piadena, viene detto il Platina, tra
il 1482 e il 1490. Dai primi anni
del Cinquecento viene dato inizio
alla grande impresa pittorica che
interessò la tazza absidiale e le
pareti della navata maggiore.
L'esecuzione degli affreschi fu
avviata nel 1506 dal pittore
cremonese Boccaccio Boccaccino e
continuata da altri più giovani
artisti quali Gianfrancesco Bembo,
Altobello Melone, Girolamo Romani
detto il Romanino, il Pordenone e
Bernardino Gatti che concluse il
ciclo delle "Storie della
Vergine e di Cristo" nel 1529.
I
dettami formulati dalla
Controriforma, concretizzatisi dopo
la visita di San Carlo Borromeo del
1575, riguardarono l'apertura di due
porte della facciata (1569), di due
finestroni nel catino absidiale
(1573) con la distruzione di due
affreschi del Boccaccino, la
sopraelevazione del pavimento
(1605-1606), la creazione della
piazzetta Senatoria ricavata
abbassando il livello della prima
parte del presbiterio, che comportò
una riduzione in altezza della
cripta. Nel 1634 e nel 1645 anche le
cappelle del Santissimo e della
Madonna del Popolo, poste ai lati
dell'altare maggiore, vennero
completamente rinnovate con una
ornamentazione a bassorilievi in
stucco dorato.
Alla
prima metà del secolo risale
l'acquisizione di 12 arazzi con le
storie di Sansone fabbricati a Bruxelles
per ornare e tappezzare la navata
maggiore, oggi custoditi in palazzo
vescovile. All'Ottocento risalgono
le decorazioni delle navate mediane
dei due transetti (Giovanni Motta),
mentre tra il 1830 e il 1834
Giuseppe Diotti completò la
decorazione ad affresco delle pareti
del presbiterio con quattro episodi
evangelici.

La
medievale piazza del Comune, su cui
si affaccia il complesso
monumentale, consente di coglierne
tutta la bellezza. La facciata è
preceduta da un elegante portico
detto "la Bertazzola", con
struttura tipicamente
rinascimentale, di ispirazione
bramantesca, opera di Lorenzo Trotti
realizzata tra il 1493 e il 1524.
Al
centro del portico si eleva il
protiro (1283) di gusto gotico, che
inquadra il portale maggiore. In
esso trovarono una nuova
collocazione, durante la
ristrutturazione campionese,
numerose opere scultoree, in parte
provenienti dalla decorazione della
chiesa originaria. Due leoni, in
marmo rosso di Verona, opera di
Giambonino da Bissone (1285),
sorreggono le colonne sulle quali si
imposta un arco ogivale; al di sopra
una loggetta a tre archi.
L'elegante
portale, detto anche Porta Regia, è
fortemente strombato con spigoli e
conserva negli stipiti quattro
stupendi bassorilievi raffiguranti i
profeti Geremia, Isai, Daniele, ed
Ezechiele. Provengono dal portale
della facciata originaria, databili
quindi tra il 1107 e il 1117, opera
eponima del Maestro dei
Profeti.

Sull'architrave
del portale un'epigrafe in latino
ricorda che il grande rosone della
facciata fu eseguito nel 1274 da
Giacomo Porrata da Conio: è la
documentazione più antica del nome
di uno degli artisti operanti nella
cattedrale.
Sulla
destra sono collocati due
bassorilievi rappresentanti San
Matteo e un'aquila simbolo di San
Giovanni Evangelista, entrambi
attribuiti alla bottega del Maestro
dei Profeti. Allo stesso artista
sono state riferite anche le due
sculture soprastanti le colonnette
ai lati del portale, raffiguranti un
bue e un leone, simboli degli
evangelisti Matteo e Marco. Di
particolare bellezza sono i telamoni
che sorreggono queste colonnette:
probabilmente provenienti da un
antico ambone della chiesa, sono
considerate opera di un artista
della cerchia di Wiligelmo, a cui è
stato dato il nome di Maestro dei
Telamoni.
Sopra
l'arco del protiro domina il bel
fregio dei Mesi. Ogni mese è
rappresentato da una attività
agricola ed è affiancato dal
relativo segno zodiacale. Già
attribuito allo stesso Antelami,
oggi è riferito al cosiddetto
Maestro di Abdon e Sennen, databile
attorno al 1215. Sotto gli archi
della loggia sono conservate tre
sculture, databili ai primissimi
anni del Trecento, raffiguranti la
"Madonna col Bambino",
affiancata dal vescovo "San
Imerio" e da "San Omobono",
patroni della Diocesi. Queste
splendide sculture, sono state
recentemente attribuite a Marco
Romano, discepolo di Giovanni
Pisano.
A
livello della loggia superiore corrono
due piani di loggette che
determinano una superficie marmorea
con effetti chiaroscurali: i
capitelli delle colonnine sono
decorati con pietre scolpite in
marmo, databili alla seconda
metà del XIII sec, riferibili
all'attività dei Maestri Campionesi.
Al di sopra si apre l'ampio rosone,
opera di Giacomo Porrata da Conio
(1274), la cui vetrata è chiusa da
26 colonnine comunicanti tra loro
con una serie di delicati archetti.
La parte alta della facciata mostra
il suo aspetto pienamente
rinascimentale, frutto dei lavori di
ristrutturazione iniziati nel 1491 e
protrattasi per tutto il decennio
del secolo, mentre quella centrale,
di gusto bramantesco, è opera di
Maffiola da Carrara.
 
Nonostante
le molteplici rielaborazioni, l'interno ha
sostanzialmente mantenuto la monumentalità e la
severità dell'originaria struttura romanica.
Definita
più volte la "Cappella Sistina dell'Italia
settentrionale" per il ciclo pittorico che
decora le pareti e il coro della navata
maggiore, essa si presenta come uno dei massimi
capolavori della pittura lombarda del
Rinascimento. La decorazione fu avviata in un
momento di diffusa ripresa artistica a seguito
del rientro in città di Massimiliano Sforza
dopo la dominazione veneta: nel 1506 Boccaccio
Boccaccino affrescò la tazza absidiale con
"Il Redentore tra i Santi patroni: il
vescovo Imerio, Marcellino, Omobono e Pietro
esorcista"; un anno più tardi realizzò l"Annunciazione"
sulla fronte dell'arco del presbiterio.
Il
ciclo pittorico con "Storie della Vergine e
di Cristo", che si svolge sulle pareti al
di sotto dei matronei e sulla controfacciata,
ebbe inizio nel 1514, affidato al Boccaccino.
Questi affrescò i primi otto episodi nelle
prime quattro campate settentrionali, mentre le
due scene successive, prima della grande cassa
clorata dell'organo, sono state eseguite nel
1516 da Gianfrancesco Bembo. Altobello Melone
concluse il ciclo nella parete settentrionale,
lasciando l'ultima scena di "Gesù tra i
dottori nel tempio" al Boccaccino (1518),
dipingendo certamente i quadri dell'"Ultima
Cena" e altri quattro riquadri della
"Passione" sulla parete opposta.
Nel
1519 Girolamo Romani, detto il Romanino, illustrò
quattro episodi; l'anno successivo venne
sostituito da Antonio de Sacchis detto il
Pordenone che affrescò le ultime tre campate
del lato meridionale e, sulla contro facciata,
la grande "Crocifissione" con la
deposizione sottostante. Il ciclo pittorico
venne ultimato nel 1529 da Bernardino Gatti con
la "Risurrezione".

Addossati
ai due pilastri della navata centrale si
incontrano i due pulpiti, (frutto di una
ricomposizione di Luigi Vogherà (1813-17), che
utilizzò otto formelle scolpite dall'Amadeo
(1482) per l'Arca dei santi martiri
persiani.
Nella
zona absidale va ricordato il grande organo, la
cui cassa è della seconda metà del 1500, come
la cantoria, recentemente restaurati.
L'altare
maggiore è costituito da una mensa monolitica
del Settecento: su disegni dello Zaist (1732),
è stata trasformata in senso monumentale e
ornata da eleganti volute a marmi policromi e
bronzi dorati. Non va dimenticato lo splendido
coro canonicale intarsiato dal Platina tra il
1482 e il 1489: un complesso ligneo organizzato
su due registri di stalli, uno dei documenti più
significativi della pittura cremonese del
Quattrocento. Al centro dell'abside è collocata
la monumentale "Assunzione della
Vergine" di Bernardino Gatti, incompiuta a
causa della morte dell'artista (1576).
Il
transetto meridionale conserva nelle volte delle
due navate laterali alcune pitture murali con
"Storie del Vecchio Testamento",
risalenti alla fine del Trecento o all'inizio
del Quattrocento. Tale decorazione in origine si
estendeva anche alle navate laterali del corpo
longitudinale della chiesa, dove in seguito è
stata ricoperta dalla decorazione secentesca a
fini cassettoni ancora visibili. Il ciclo, di
grande interesse artistico, narra le storie dei
Patriarchi tratte dalla Genesi: Abramo, Lot e
Isacco, Giacobbe ed Esaù in quella a ovest;
Giuseppe e i suoi fratelli in quella a est.
Particolare attenzione meritano gli altari anche
per le pale che li caratterizzano: tra gli
autori ricordiamo il Pordenone, i Campi, il
Malosso.
 
Nel
transetto settentrionale spicca davanti
all'altare di S. Michele la Grande Croce, uno
dei capolavori dell'oreficeria lombarda del
Quattrocento. L'opera, compiuta nel 1478, fu
realizzata dagli orafi Ambrogio Pozzi e Agostino
Sacelli in argento con smalti e decorazioni in
oro. La base, con personificazioni delle Virtù
e i putti che sostengono i simboli della
Passione, è frutto di una sostituzione
successiva opera dell'orafo cremonese Giuseppe
Berselii (1775).
Attraverso
una piccola porta della cappella del Santissimo
si scende nella cripta, il cui aspetto attuale,
a tre navate con volte a vele sorrette da
colonnine binate, risale agli inizi del
Seicento. Tali colonnine, in gran parte di
recupero, presentano capitelli e basi romaniche.
A destra si trova l'arca dei santi Archelao,
Arealdo, Babibla e Simpliciano (1668), seguita
dall'arca di S. Facio da Verona, opera del XII
sec. Sull'altare maggiore è l'arca dei santi
Marcellino e Pietro esorcista, composta
all'inizio del Seicento utilizzando elementi di
varia provenienza. Sulla parete di sinistra
troviamo l'arca di San Imerio costituita da un
sarcofago del XII sec.
Il
nuovo monumento di S. Omobono, patrono
principale della città e della diocesi, è
posto sulla parete di fronte all'altare maggiore
ed è stato eseguito nel 1922. Dietro l'altare
si conserva un mosaico databile alla metà del
XII sec.

IL
SIGNIFICATO RELIGIOSO
Il
primo significato religioso di ogni chiesa
cattedrale riguarda il ruolo che essa svolge
all'interno di ogni diocesi, d'essere la
"chiesa madre" nel significato
teologico più alto, perché sede della cattedra
del vescovo, pastore e maestro, espressione
visibile di unità della Chiesa locale. Infatti
il vescovo presiede personalmente e con
frequenza le sacre funzioni, soprattutto nelle
solennità e nelle circostanze particolari per
la vita di fede della comunità cristiana; qui
annuncia la Parola, presenta i documenti
significativi che regolano la vita delle singole
comunità, celebra l'Eucarestia. Sono queste le
motivazioni in forza delle quali la comunità
cittadina ha sempre prestato un'attenzione
particolare al Duomo, non soltanto perché al
centro della città, ma soprattutto come
espressione più alta della fede e della cultura
di tutta la comunità religiosa e civile.
La
cattedrale di Cremona è dedicata alla Vergine
Assunta, una dedicazione abbastanza frequente
per le chiese madri soprattutto in epoca
medioevale, anche perché la Vergine è Madre
della Chiesa. Il dipinto di Bernardino Gatti che
nel 1576 iniziò, incompiuto - nella parte
inferiore sono soltanto sei gli apostoli
rappresentati -, a campeggiare quasi come un
monumento nel catino absidale, è espressione
della fede e della devozione della comunità
cremonese. Un'impresa ritenuta talmente
importante da sacrificare i due affreschi di
Boccaccio Boccaccino - "Gesù battezzato
nelle acque del Giordano" nel lato nord e
l'"Ingresso di Gesù a Gerusalemme"
nel lato sud - per dare luce all'area
presbiteriale. Pur collocata in un periodo
dell'anno che vede la città quasi vuota per
l'esodo estivo, la solennità dell'Assunta (15
agosto) viene celebrata con solennità nella
celebrazione presieduta dal vescovo e di norma
vede un significativo concorso di popolo.
Dedicata alla Vergine, la cattedrale di Cremona
manifesta comunque un itinerario di ricerca di
fede cristocentrico.

Il
recente restauro dell'arco del presbiterio, che
raffigura l'"Annunciazione", permette
di cogliere il progetto unitario che
caratterizza il grande ciclo cinquecentesco
della navata maggiore: chi entra dalla porta
principale con un solo colpo d'occhio può
osservare il grande catino absidale che
rappresenta il "Cristo giudice della
storia", attorniato dai simboli dei quattro
evangelisti e dalle figure dei patroni della
diocesi - S. Pietro esorcista, S. Omobono, il
Vescovo S. Imerio e S. Marcellino - al di sopra
del quale l'Annunciazione" chiarisce che
Cristo è parte integrante della storia degli
uomini proprio in forza
dell'Annunciazione.
Anche
il tema del grande ciclo, la "Storia della
Vergine e del Cristo", preannunciato dalle
storie dell'Antico Testamento dei transetti - ma
questi affreschi medioevali sono presenti anche
nelle navate laterali -, trovano il loro culmine
nei fatti della vita di Cristo, presentandosi
quindi come la "Bibbia dei poveri",
utilizzata nei tempi passati come strumento di
istruzione e di predicazione per persone che non
sapevano leggere.
Estremamente
significativa, anche per la scelta di alcuni dei
patroni che si venerano nella cattedrale,
patroni della città, come S. Facio, e anche
della Diocesi, come S. Omobono. Trattasi di due
santi laici, rari a raggiungere l'onore degli
altari a quel tempo, importanti per la vita
sociale delle rispettive città - S. Facio è
veronese, mentre S. Omobono è cremonese. In
onore di S. Facio si conserva una croce in
argento dorato del XII sec, che viene utilizzata
per aprire le processioni nelle solennità
maggiori dell'anno liturgico. Di S. Omobono nel
1998 si celebra l'ottavo centenario della morte
(13 novembre 1197) e la canonizzazione (12
gennaio 1199).
La
riesumazione delle ossa di S. Omobono, voluta
dal Vescovo, ha permesso di sfatare alcune
notizie tradizionali - non era un uomo piccolo,
ma assai robusto, di etnia longobarda, alto 1,76
m, morto longevo - con le rotule assai
consumate, tipiche di persona che rimaneva
costantemente in ginocchio per l'esperienza
della preghiera.
Il
recente convegno storico, con una interpretazione
critica della bolla di canonizzazione, ha messo
in evidenza il molo pacificatore svolto dal
Santo nella città in preda a lotte intestine,
come uomo superpartes, dedito alla vera e
autentica solidarietà verso i più poveri.
Proverbiale per i Cremonesi è la citazione
della "borsa di S. Omobono", come
spesso è stato rappresentato, come segno
concreto delle sua attenzione verso i bisognosi.
L'analisi dei parametri degli indici encefalici
e del viso ha permesso agli studiosi di
elaborare una ricostruzione fisiognomica del
protettore, risultata significativamente simile
alla statua di Marco Romano del protiro della
facciata della cattedrale, così che ora i
devoti possono pregarlo in modo più dignitoso,
poiché ricoperto di una maschera d'argento.
La
cattedrale, anche se museo aperto, è anzitutto
luogo di quotidiana e intensa vita liturgica e
pastorale. I canonici vi celebrano la
Lausperennis della preghiera ufficiale della
Chiesa, espressione e voce della Chiesa che
perennemente eleva la lode a Dio e intercede per
la salvezza di tutto il mondo.
Essendo
anche "chiesa parrocchiale", i fedeli
hanno imparato a vivere i momenti delle
celebrazioni liturgiche aperti anche alle
necessità di tutti gli uomini, soprattutto dei
più poveri, per essere segno di conforto, di
consolazione e di speranza.
IL
TORRAZZO
Affianca
il duomo la torre campanaria comunemente
chiamata Torrazzo. Alta oltre 112 metri è
frutto della sovrapposizione di due strutture
diverse. La prima, edificata probabilmente nel
1267, è una torre romanica con merlatura
guelfa. La seconda è costituita da due tamburi
ottagonali (ghirlanda) collocati alla sommità
della torre. Si ipotizza che la costruzione sia
stata terminata nel 1305. La palla e la croce
poste alla sommità della cupola risalgono al
XVII secolo.
Suggestiva è la salita del Torrazzo dalla cui
sommità si gode uno stupendo panorama della
città e del fiume Po.
La
cella campanaria racchiude 7 campane fuse nel
1744. Ognuna è dedicata ad un santo, compreso
il protettore della città, S. Omobono. I loro
suoni formano un concerto in la bemolle
L’orologio
astronomico del campanile viene installato nel
1583 da Francesco Divizioli in sostituzione di
uno più antico e a seguito della Riforma
Gregoriana del calendario. Il meccanismo
perfettamente funzionante è quello originale,
mentre il quadrante è stato più volte
ridipinto. La versione attuale risale al 1970.
L’orologio è in grado di indicare il moto
degli astri, le fasi lunari e il moto del sole.
IL
BATTISTERO DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Il
Battistero di San Giovanni Battista è situato
accanto al duomo della città. È alto 34 metri
e ha un diametro di 20.50 metri; la pianta
dell'edificio è ottagonale, con riferimento
numerologico all'otto (che era l'unione del
sette, il tempo, più l'uno, Dio, quindi
simboleggiava eternità).
Fu
iniziato nel 1167 in muratura di laterizi; nel
1370 vi venne posta la statua bronzea
dell'arcangelo Gabriele che si può ammirare
presso la volta. Notevole fu lo sforzo di creare
la copertura a cupola, che anticipò di circa
due secoli la famosa cupola di Santa Maria del
Fiore.
Fu
comunque solo durante l'epoca rinascimentale,
dopo alcuni restauri ed ampliamenti, che la
costruzione ha assunto il suo assetto attuale
(furono rifatte, tra l'altro, la pavimentazione,
la copertura in marmo di alcune pareti ed il
tetto con la volta).
L'esterno
aveva originariamente tre porte, ma quelle sud
ed est
vennero chiuse nel 1592; oggi resta solo quella
nord, affacciata sulla piazza, composta da un
portico con due leoni stilofori, similmente al
protiro del Duomo.
La
copertura è in marmo, che riprende la facciata
del Duomo, ma solo su alcuni lati, mentre sugli
altri è in laterizio a vista. Nella fascia
superiore corre una galleria con archetti a
tutto sesto, tipicamente romanica, che riprende
sempre elementi della vicina cattedrale.
Sul
lato meridionale sono murate le unità di misura
cittadine fissate nel 1388.
La
luce penetra all'interno da una doppia serie di
bifore sovrapposte e dalla lucerna alla sommità
della cupola.
Su
ciascuna parete sono appoggiate due colonne,
come sobria decorazione sullo sfondo del
laterizio. Infine si aprono in alto una serie di
balconate tutto intorno.
Il
Battistero ospita un fonte battesimale
cinquecentesco, che troneggia al centro
dell'interno con la sua grande cisterna,
ottagonale come la pianta dell'edificio: si
tratta di un blocco monolitico di marmo rosso di
Sant'Ambrogio di Valpolicella presso Verona,
opera di Lorenzo Trotti (1527). Il fonte è
coronato da una statua lignea dorata del Cristo
risorto.
L'interno
è inoltre abbellito da un crocifisso
trecentesco, posto sull'altare opposto
all'entrata da una confraternita nel 1697. Ai
lati sono presenti altri due altari, a sinistra
con una Madonna Addolorata, attribuita a
Giacomo Bertesi, e quello di destra, dedicato a
San Biagio, fatto costruire dalla confraternita
cittadina dei cardatori lanieri tra il 1592 e il
1599.
Sono
presenti anche due statue di legno raffiguranti San
Filippo Neri ed il San Giovanni Battista,
opere di Giovanni Bertesi, ed altre statue e
frammenti risalenti all'epoca medievale.



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