San Giovanni Bianco
(Bergamo)
 
 
 

Collocato in posizione strategica, alla confluenza tra il Brembo e l'Enna, il paese si distingue per la fisionomia caratteristica e inconfondibile che gli conferiscono le strette strade, il lunghi porticati, gli antichi ponti e le vecchie case allineate in fregio ai corsi d'acqua e dominate dall'alto dalla maestosa mole neoclassica della chiesa parrocchiale, innalzata nell'Ottocento sul precedente edificio di epoca medioevale. 

Il paese è diviso in una ventina di frazioni, più o meno consistenti, che fanno corona al capoluogo e sono distribuite in un'ampia conca dominata a nord-ovest dal massiccio del Cancervo (1.750 m) e a sud-ovest dal Ronco (Molinasco 1.100 m) e dal Sornadello (1.550 m), montagne che sono meta abituale di escursionisti non troppe impegnative e piacevoli per la varietà del paesaggio. 

L'aspetto preminente è la buona conservazione dell'ambiente, ricco di estesi boschi e prati ben coltivati, dove l'espansione urbana ha interessato solo il capoluogo e le frazioni limitrofe, mentre per il resto del territorio predominano gli edifici tradizionali, spesso ristrutturati senza scapito della fisionomia originaria. 

San Giovanni Bianco offre parecchi spunti di interesse per il visitatore, a cominciare dal centro storico che conserva gran parte della sua primitiva struttura: i ponti romanici, il tracciato della Strada Priula, la suggestiva Piazza Zignoni, le eleganti linee della chiesa parrocchiale, il quattrocentesco palazzo Boselli, attuale residenza parrocchiale, considerato tra gli edifici più signorili dell'intera Valle Brembana, ricco di saloni pregevolmente affrescati e abbelliti da una superba collezione di quadri. Il piano terra e gli scantinati di palazzo Boselli sono da qualche anno adibiti a locali espositivi dove trovano spazio mostre di varia natura, rese più apprezzabili dalla bellezza degli ambienti. 

Il nome di San Giovanni Bianco sembra derivare quel "bianco" dalle stratificazioni calcaree di cui è caratterizzata parte del suo territorio. Fu importante centro della Valle anche per la sua posizione geografica alla confluenza della Val Taleggio. 

Diffuso fu il commercio del ferro e anticamente si estraeva nella zona, pirite ferrea esagona, nonche' anche della pseudogalena doviziosa di argento. 

Nel centro storico esistevano vari edifici per la "riduzione" e la lavorazione del ferro. San Giovanni diede i natali a diversi personaggi illustri, tra cui i pittori Antonio BOSELLI, seguace del Gianbellino e del LOTTO, Carlo CERESA (1609/1679) seguace di Guido RENI, Marco GOZZI (1759/1839), e un eminente medico e chimico del secolo XVI Guglielmo GRATAROLO. Qui ebbe i natali anche tale Francesco ZIGNONI, che la tradizione vuole inventore delle bombe, quando militava nella corona di Spagna usandole per la prima volta nel 1640 contro i Francesi che occupavano TORINO.

Nella frazione ONETA esiste la "CASA di ARLECCHINO" abitava a suo tempo dal "GANASSA" uno dei piu' celebri attori della "commedia dell'arte", che diede vita alla famosissima maschera bergamasca di ARLECCHINO.  

La sacra spina - Nella piazza principale, l'antica piazza del mercato di San Giovanni Bianco si erge il monumento eretto in favore di Vistallo Zignoni (nato in paese), valorosissimo ed audace guerriero che nel 1495 durante la battaglia di Fornovo sul Taro sottrasse ad un segretario di Carlo VIII , re di Francia e donò al paese una Spina della Corona di Gesù'. La Sacra Spina dopo essere stata anche a Parigi si trova tutt'ora conservata e venerata nella Parrocchiale dedicata a San Giovanni Evangelista, dove ritroviamo tracce dell'episodio nei dipinti di Antonio Morali.  

La Sacra Reliquia è quindi da tempo segno di una profonda devozione popolare che dura tutt'ora e che vede coinvolta oltre alla popolazione di San Giovanni Bianco tutta la popolazione vallare che partecipa alla festa celebrata nella Domenica di Passione che precede di 15 giorni la Pasqua. A questa festa di carattere religioso si affianca immancabile e benvenuta la sagra paesana in cui sopravvivono ritualità pagane, come l'annunciare della primavera e quindi del risveglio della natura. Così la notte della vigilia si illumina di caratteristici falò , mentre le case del paese sono disegnate dallo sfavillio ardente dei lumini che danno un piacevole brivido lungo la schiena.... Si finisce con gli immancabili fuochi d'artificio che richiamano migliaia di persone in cerca di emozioni, divertimento e tradizioni.

Secondo la tradizione ogni Venerdì Santo la Sacra Spina produceva fiori miracolosi, finché ad interrompere il prodigio venne nel 1598 il sacrilego furto da parte di un ex filatore ed ex galeotto del paese, tal Bernardo Archaino. La reliquia fu ben presto ritrovata, ma da allora il miracolo non ebbe più luogo. Ciò non impedì che il culto della reliquia divenisse quello più sentito dell'intera Valle Brembana. Ed dopo oltre 3 secoli tornò anche la fioritura miracolosa. Parliamo di quanto avvenuto nella notte del 27 Marzo 1932, una data impressa a fuoco nella storia di San Giovanni Bianco e delle migliaia di fedeli della Sacra Spina. 

Ed eccoci dunque alla notte del 27 Marzo 1932. L'attesa era grandissima già da alcuni giorni perché si sapeva che le Sacre Spine conservate in altre chiese Italiane, come ad Andria e a Napoli, davano luogo a manifestazioni prodigiose ogni qual volta il Venerdì Santo coincideva con il 25 Marzo. Com'era il caso di quell'anno. Da mesi i fedeli di San Giovanni Bianco si preparavano all'evento con veglie, preghiere, digiuni e penitenze.   

Ma non per questo cessarono le preghiere e le adorazioni pubbliche diurne e notturne. Il giorno di Pasqua alle ore 14.30 la reliquia  viene esposta sull'altare ed è un fiume ininterrotto di folla quello che vi sfila davanti. Verso le 23.00 il parroco Don Davide Brigenti nota nella Santa Spina qualcosa di strano ma, spossato dalla fatica, decide di ritirarsi. Viene quindi chiamato il medico comunale, dottor Paolo Bianchi, membro della commissione tecnica, il quale rileva sulla reliquia "una macchia rossa sanguigna, viva ed umida che tendeva a dilatarsi visibilmente in alto, visibile ad occhio nudo ad un metro di distanza". Il Coadiutore Don Taramelli ne da' notizia alla folla ancora numerosa. Si, è davvero una striscia di colore sanguigno vivo quella che si vede, a forma di fiamma rovesciata, dalla lunghezza di circa 10 mm e dalla larghezza di 2 mm. La voce del miracolo si diffonde in un attimo in paese e nelle frazioni e la chiesa si riempie di gente emozionata e commossa 

Frazioni

Fuipiano al Brembo - In posizione favorevole, al centro di un esteso pianoro è anche Fuipiano al Brembo, che nella varietà delle architetture, ora nobili, ora rustiche, arricchite da logge e balconi, rivela l’origine illustre delle famiglie dei Busi Cariani e dei Cavagnis. Notevole è la piazzetta centrale abbellita da una fontana con bassorilievo bronzeo, dono dello scultore Giacomo Manzù, in memoria della madre, nativa della contrada. 

Da segnalare ancora la presenza, nella parrocchiale, di opere di pregio ed in particolare di tre tele del Ceresa. Poco distante, Alino, nella cui chiesa, ai piedi del Ronco, si custodiscono tele di autori diversi, tra cui è apprezzato il Cifrondi, e affreschi dei Baschenis.  

Roncaglia - Seguendo il tratto iniziale della provinciale per la Valle Taleggio, poco prima dell’imbocco dell’orrido, si raggiunge Roncaglia, contrada caratterizzata dal recente sviluppo produttivo e dal connesso ampliamento del tessuto urbano. 

Non mancano tuttavia richiami ad architetture tradizionali, soprattutto nei piccoli nuclei che circondano l’abitato principale, quali il Sole, Ronco Polacco, Ronco Matelli, toponimi che ne denotano la caratteristica di luoghi favorevolmente esposti e adatti alle attività agricole.Nella chiesetta in stile neogotico, dedicata a San Francesco e a Maria Ausiliatrice, si conservano alcune tele e sculture di un certo interesse.

Oneta - terra d'Arlecchino - Le origini di Oneta frazione di San Giovanni Bianco risalgono probabilmente al periodo delle invasioni barbariche e la sua storia è legata a quella della nobile famiglia dei Grataroli cui appartenne la casa dell' Arlecchino. Fin dagli inizi del Trecento, il territorio del borgo faceva parte della Pieve di Dossena. A quei tempi la maggior parte dei terreni erano di proprietà della Chiesa e di facoltose famiglie. Le contese fra Guelfi e Ghibellini, a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento, sconvolsero e funestarono anche il territorio bergamasco. 

Con la Serenissima, la situazione di contrasto tra le diverse famiglie si placò; nacquero edifici rurali e nuovi centri in particolare in prossimità dei tracciati viari più frequentati. Alla fine del periodo medioevale, per i borghi situati lungo gli antichi percorsi (in particolare quelli attraversati dalla cosiddetta Via Mercatorum o via dei Trafficanti) iniziò un lento declino originato dalla costruzione di una nuova strada di fondovalle, detta Priula, che attirò ben presto tutti i traffici locali. 

La casa d’Arlecchino:lLa contrada di Oneta è famosa per l’edificio signorile, di epoca quattrocentesca, noto come Casa d’Arlecchino. Il palazzo apparteneva in origine alla potente famiglia locale dei Grataroli i cui componenti vantavano ricchezze e fortune acquisite a Venezia e avevano poi voluto nobilitare l’edificio di Oneta quasi ad ostentare in patria, con questo segno tangibile, il livello della potenza raggiunta. 

La tradizione che identifica Oneta come patria, prima degli zanni e poi di Arlecchino, può ben essere inserita nelle vicende della nobile famiglia Grataroli. Va considerato, infatti, che gli zanni (dei quali rimangono qui ancora le tracce nel cognome di diverse famiglie), vestivano sulle scene veneziane i panni del servo balordo e opportunista, ruolo comunemente attribuito ai valligiani brembani che affollavano la città lagunare svolgendo i lavori più faticosi.

Cornalita - Una serie di recenti costruzioni, aggiuntesi al nucleo originario caratterizzano Cornalita, protetta dai crinali del Sornadello ed in posizione ben esposta, attenta a significare l’antica fondazione tuttora ravvisabile nei vecchi rustici e soprattutto nella caratteristica struttura architettonica della chiesa del Corpus Domini, ritenuta la più antica del comune, che conserva all’interno, e soprattutto sui pilastri e sull’abside del portico, un pregevole ciclo di affreschi di epoca quattrocentesca.  

Pianca - Le moderne strade carrozzabili consentono di raggiungere agevolmente la miriade di nuclei abitati, più o meno consistenti, disseminati sul vasto territorio che si estende alla base del Cancervo. E’ tuttavia gratificante seguire le antiche mulattiere, ancora in buone condizioni, teatro per secoli dell’operoso andirivieni di generazioni di contadini e dei loro armenti. Superata l’erta della Corna Albana, lo sperone roccioso che incombe sull’abitato di San Giovanni Bianco, e lasciato sulla destra il borgo di Oneta, si incontrano i Ronchi, il cui nome testimonia della millenaria fatica per dissodare il terreno esposto in pieno sole, terrazzarlo e renderlo coltivabile.

Poco più avanti, il Cassino, e poi Capatiglio, contrada viva e operosa, adagiata su un verde pianoro, con le sue case addossate l’una all’altra, le caratteristiche lobbie in legno, i portali in pietra e tutt’intorno un fiorire di moderne villette.  

Sulla destra, Sentino e la solitaria chiesa di San Marco, che conserva pregevoli opere d’arte, prima fra tutte la celebre Pietà, capolavoro del Ceresa. Da qui in avanti l’itinerario assume connotazioni diverse: i prati lasciano il posto a fitti boschi di latifoglie, per lo più castagneti, separati da fresche vallette e da dossi terrazzati su cui sorgono i minuscoli nuclei di Costa Lupi, Pradavalle, Foppo, località un tempo piene di vita, ora quasi del tutto spopolate, che conservano nelle strutture cadenti solo l’eco degli abitanti che se ne sono andati da tempo, verso il fondovalle, in cerca di nuove opportunità di lavoro. 

Più su, seminascosta dalle morbide forme di una collinetta, la Pianca, con le case raccolte in ordine, sotto le rocce nude del Cancervo, quasi in preghiera davanti alla bella chiesa dove la devozione dei fedeli venera la Madonna della Pietà ed invoca la protezione di Sant’Antonio, plasticamente effigiato in una rara scultura lignea policroma.

San Gallo - La borgata di San Gallo, suddivisa in una miriade di nuclei sparsi a mezza costa. 

La parrocchiale dell’Assunta vanta lo splendido polittico quattrocentesco a sei scomparti di Leonardo Boldrini da Murano, raffigurante l’Annunciazione e l’Incoronazione di Maria.

Più avanti si incontra la chiesetta della Trinità, posta sul colle omonimo, tra la quiete e il profumo dei pini, in prossimità di Dossena.

San Pietro d'Orzio - Salendo lungo la mulattiera che ricalca la via Mercatorum, si incontra prima il nucleo antico e ben conservato di Grabbia, patria del Ceresa. 

Quindi si raggiunge San Pietro d’Orzio, nella la cui chiesa parrocchiale si possono ammirare, accanto a tre belle tele del Ceresa, una preziosa tavola della fine del ‘400 o di inizio ‘500, raffigurante la Pietà, opera attribuita ad Adolfo Venturi o Andrea Previtali.  

La Portiera - Frazione di San Giovanni Bianco, ma si accede da Camerata Cornello (Camerata Bassa), con una carrozzabile che sale per 1 km dalla statale della valle Brembana, posta ad un altitudine di 550 metri s.l.m.

Costa San Gallo - Santuario della Madonna della Costa dalle eleganti linee barocche, eretto a seguito di prodigiosi e reiterati fenomeni che videro protagonista un’immagine della Madonna.

  Aprile 2019