Borgo di Clanezzo
Valle Imagna (Bergamo)
 

Cercare Clanezzo in auto non è facilissimo in quanto i cartelli stradali indicano Ubiale ed effettivamente il paese è dato dall'unione dei due borghi. Distante circa 16 chilometri da Bergamo, verso nord, è situato in una posizione affascinante, alla confluenza di tre valli bergamasche (Brembana, Brembilla ed Imagna), e di due fiumi, l'Imagna e il Brembo. 

Questa favorevole posizione naturale ha indotto l'Uomo preistorico ad abitare il territorio almeno dal 10.000 a.C., come testimoniano alcuni reperti databili al Paleolitico Superiore ritrovati in alcune località (Piane o Castello, grotte di Costa Cavallina, Piana di Bondo o in quelle denominate Büs dei Cornei e Büs di Laür).

I Romani governarono la zona per quattro secoli; è probabile che nell'area dove oggi sorge la chiesa di S. Gottardo vi fosse una necropoli, in quanto - nella parte posteriore del coro - furono trovate tombe quadrate e chiuse da tegoloni contenenti fittili, ossa calcinate e una borchietta metallica ageminata. Lungo le rive del Brembo sono venute alla luce delle monete del basso Impero e in località Castello alcuni rozzi frammenti di terracotta. Lungo la mulattiera che unisce Clanezzo ad Ubiale - nei pressi del "Ponte della Sposa" - fu scoperta una sepoltura che induce gli studiosi a ritenere che gli insediamenti romani si spingessero fino a Zogno e che una strada, passando per Ubiale, li collegasse ad Almenno, il principale centro romano della zona attraversato da una rilevante via militare.

A dispetto dei suoi pochi abitanti attuali (circa 1.400), il sito di Clanezzo fu dunque di rilevante importanza per i suoi antichi abitatori e per la storia bergamasca.  

Visitare oggi questo borgo è tuffarsi in un incantevole, fantastico paesaggio naturalistico ed archeologico. Poche tracce restano dell'antico castello che si ergeva sulla rupe del Monte Ubione, che si dice fatto costruire da Attone Leuco, il quale avrebbe fatto realizzare anche il massiccio ponte sul fiume - tutt'ora percorribile a piedi - che lo collegava alla strada. Dell'opera romana, oggi rimane un pilone, che è stato recentemente restaurato.

Su questo maniero, dove pare abitassero nel medioevo feroci ghibellini, le leggende non mancano. Si narra che fosse teatro di efferati delitti e chiunque vi si trovasse a passare, di notte, veniva circondato da fantasmi insanguinati, in cerca forse di vendetta o di giustizia. Un castello dalla fama così torbida che nemmeno le serpi, introdotte durante un lungo assedio nelle feritoie da parte degli assalitori, vollero restarvi e strisciarono frettolosamente fuori, mettendo in fuga gli assedianti! 

Una leggenda più nota racconta delle gesta di un signorotto Ghibellino, Enguerrando Dalmasano, che verso la metà del 1300 si trovava ad abitare il castello stesso. Egli era solito ordinare incendi e saccheggi nei territori guelfi della valle Imagna ma un giorno un frate del monastero di Pontida, Pinamonte da Capizzone, decise di mettersi in mezzo e aiutare la popolazione. Con un gruppo di stoici sconfisse le soldataglie del Dalmasano e partì alla riscossa, credendo di poter assalire il maniero e uccidere Enguerrando. Sfortunatamente il figlio di questi, Beltramo, riuscì ad intercettare la manovra del frate, che venne imprigionato nelle orrende segrete di una delle torri, dove morì. Le sue grida e i suoi lamenti verrebbero ancora oggi sentiti - specie nelle notti di luna piena - da chi si trova nei paraggi.

Ai tempi della Serenissima, il borgo ghibellino parteggiava per i Visconti, nemici della Repubblica Veneta, che giunse al limite della sopportazione e decise di porre fine alle scelleratezze ghibelline. A quel tempo, Ubiale si chiamava Brembilla Vecchia, oggi scomparsa poiché nel 1443 Venezia la rase al suolo, imprigionando tutti i capi famiglia a Bergamo mentre al resto della popolazione vennero concessi tre soli giorni per sgomberare il territorio (18 villaggi della Valle Brembilla). Fu una diaspora, che portò gli abitanti originari a stanziarsi a Milano, dove pullulano ancora cognomi come  Brembilla o Brambilla.

I tre ponti di Clanezzo  

Ma la sua posizione non è l'unica cosa che caratterizza e rende unico il borgo di Clanezzo. Infatti la presenza di tre ponti che permettono il passaggio da una parte all'altra sono straordinari e pieni di suggestioni e valgono da soli una bella gita in questo luogo.

Venendo dalla strada principale che porta in Valle Imagna, verso Sant'Omobono, dopo la deviazione verso Ubiale di Clanezzo, scendendo verso il Castello di Clanezzo si deve attraversare un ponte moderno regolato da un semaforo.

Tra la fitta vegetazione che copre le sponde dell'Imagna fa capolino lo splendido ponte di Attone, in pietra gettato sul torrente Imagna nel X secolo.

Sempre dall'alto, dalla Dogana, guardando verso il Brembo noterete un altro ponte molto particolare: una passerella lunga oltre 70 metri che collega le due sponde. 

Castello di Clanezzo

Il Castello di Clanezzo è una splendida e imponente residenza padronale, nata alla trasformazione dell'antico castello dei Carminati, poi passato alla famiglia Ghibellina dei Dalmasso. Il castello ha visto un periodo di degrado durante il Quattrocento con l'arrivo della dominazione veneziana, all'epoca di stampo guelfa, che si adoperò per cacciare i ghibellini presenti in Val Brembilla, alleati dei Visconti, all'epoca contenditori del territorio ai lagunari. 

Proprio a quel periodo risale una leggenda riguardante un assedio al castello da parte delle truppe del doge in cui vennero utilizzati armi più o meno convenzionali. I veneziani, stanchi di attendere invano l'attesa della caduta della roccaforte, catturarono nei boschi attorno al castello numerosi esemplari di serpi velenose e le introdussero all'interno delle feritoie. A differenza di quello che ci si potesse aspettare i rettili, invece di colpire gli assediati, uscirono dal castello ed attaccarono i lagunari, facendoli fuggire lungo i colli circostanti.

Il castello dopo poco tempo cadde comunque nelle mani della Serenessima, ma nonostante ciò la tradizione popolare sostiene che ancora oggi nei boschi attorno alla struttura siano presenti esemplari di animali velenosi.

Il castello riprese lustro soltanto nell'Ottocento, quando nel 1804 la famiglia Beltrami acquistò lo stabile e lo trasformò in un albergo con struttura ad L ancora oggi visibile.

All'edificio vennero forniti connotati romantici come si può osservare nel giardino dove furono collocati pugnali, picche e chiodi oltre ad un Kaffehaus che venne costruito all'interno di esso e lì vi alloggiarono importanti personaggi dell'epoca quali l'Arciduca Ranieri d'Austria, il politico e scrittore Massimo d'Azeglio ed il compositore Giuseppe Verdi. 

Negli ultimi due secoli il castello di Clanezzo ha spesso cambiato proprietà, nonostante ciò ha sempre mantenuto il proprio fascino.

Oggi è di proprietà privata ed è una location per eventi e matrimoni. Ha uno splendido parco e accanto si trova una chiesina.

Mulattiera

Dopo aver oltrepassato il ristorante Castello di Clanezzo, si raggiunge l'imbocco di una strada di ciottolati molto suggestiva che un tempo era una vera mulattiera che costeggiava la ripida parete che scende al fiume.

Dogana veneta

Scendendo l'acciottolata e ben tenuta mulattiera, prima di arrivare al vecchio ponte romanico, si incontra l'edifico della dogana veneta.

La torre, costruita con conci di pietra squadrata, possiede una sommità mozzata e fungeva da struttura di difesa, dove erano presenti guarnigioni poste a controllo del ponte. 

Dal ponte si ha una stupenda vista d'insieme del paesaggio circostante, con il torrente Imagna che si getta nelle azzurre acque del Brembo nelle quali si specchiano i verdi monti sovrastanti.

Ponte di Attone

Il ponte è un'opera alto medioevale, fatta costruire nel 975 da Attone Guiberto, conte di Lecco che governava tutta la zona. 

E' un pregevole esempio di architettura che permetteva il superamento del torrente Imagna, collegando Clanezzo in val Brembana con la piana di Almenno e la valle Imagna.

Porto di Clanezzo  

Attraversato il ponte e superato l'antico edifico della dogana, siamo scesi lungo la stradina che porta al piccolo porto. 

Questo porticciolo è stato, per quasi un millennio, l'unica possibilità di collegamento tra le due valli e per i mercanti l'opportunità di attraversare il Brembo su piccole barche con le loro mercanzie.

Passerella

L'edifico del porto, oggi in disuso, è collegato all'altra sponda del fiume tramite una dondolante passerella in legno e funi metalliche lunga 75 mt., che permette di raggiungere l'altra sponda e imboccando altri sentieri raggiungere la statale n. 470 della valle Brembana.

  Aprile 2019