Visto
da lontano, fa pensare a
un grosso cubo che
qualche ignota divinità
rupestre piantò lì,
a picco sullo
strapiombo. Poi,
avvicinandosi, le facce
del cubo svelano trafori
di finestre e, alla
sommità, un ricamo di
merli e beccatelli che
lo incorona. Finché,
giunti a ridosso, ogni
particolare - roccia,
pietra, bifora, caditoia - si fonde e
trionfa nella pregnanza
erculea dell'insieme.
Questo è il castello di
Verrès: 30 metri per
lato, due metri e mezzo
di spessore delle
murature, e una
postazione ideale
all'imbocco della valle
di Challand-Ayas,
proprio all'ingresso
della Valle d'Aosta.
A
volerlo, forse
soggiogato dalle
peculiarità strategiche del sito,
non fu un dio in vena di
bizzarrie ma il
"magnifico
signore" Ibleto di
Challant, governatore e
capitano generale del
Piemonte al servizio dei
duchi di Savoia, che
sulla preesistente
casaforte già
appartenuta
ai nobili De Verretio
edificò le nuove
possenti strutture a
immagine del proprio
prestigio. Correva
l'anno 1390, come
attesta, all'interno,
un'iscrizione in
caratteri gotici
scolpita su un
architrave, e le fortune
degli Challant si
avviavano a toccare il
punto alto della
parabola.
Un'altra scritta latina,
sopra il portale
d'ingresso, ricorda
che "nell'anno di
Cristo 1536"
l'illustrissimo Renato
conte di Challant abbellì
questa fortezza e ne
rinnovò l'apparato
difensivo. E tanto basta
a legare i destini del
castello alla potente
famiglia valdostana che
per secoli ne resse le
sorti: la stessa che
in quegli anni andava
realizzando nel vicino
maniero di Issogne un
altro polo del suo
splendore.
L'INGRESSO
AL CASTELLO - Ogni
elemento del castello
sembra essere stato
studiato per rendere la
fortezza meglio
difendibile. Vi si
accede a piedi tramite
una mulattiera che sale
lungo il picco fino a
raggiungere l’ingresso
della cinta muraria, una
volta accessibile
tramite un ponte
levatoio. Questo
ingresso fu realizzato
da Renato di Challant
nel XVI secolo come
indicato
nell’iscrizione posta
sopra il portone di
ingresso.

Oltrepassato
il portone ci si ritrova
in un’antiporta, in
salita e in curva per
rendere difficoltoso
l’eventuale uso di un
ariete. Su questo spazio
si apre il portone che
conduce al parco interno
ai bastioni, un tempo
occupato dalle scuderie,
non accessibile ai
visitatori.
Superata
l’antiporta si
raggiunge il corpo di
guardia, sotto il quale
si trovavano le prigioni
e oggi adibito a
biglietteria, e
l’ingresso vero e
proprio del castello,
chiuso da un portale in
legno rinforzato da
chiodi di ferro,
ricostruzione di quello
originale, racchiuso da
un doppio arco a tutto
sesto e a sesto acuto.
IL
PIANO TERRENO -
Entrati nel castello ci
si ritrova in un androne
quadrato ricoperto da
una volta a sesto acuto,
ulteriore elemento di
difesa del castello. Su
di esso si aprono
infatti diverse feritoie
ed una botola sul
soffitto, dalle quali
sarebbe stato possibile
bersagliare eventuali
invasori intrappolati
all’interno.
Per
entrare veramente nel
castello bisogna ancora
oltrepassare un doppio
portale sormontato da un
tutto sesto dal lato
verso l'androne e da un
sesto acuto dal lato che
da sul cortile interno,
un tempo protetto da una
saracinesca che scorreva
tra i due portali.
Il
cortile interno del
castello è
semplicemente uno spazio
quadrato dal quale si
accede ai due grandi
saloni ai lati orientale
e occidentale del
maniero. L’apertura
del tetto in
corrispondenza del
cortile permetteva una
migliore illuminazione
dei locali e la raccolta
dell’acqua piovana
nella grande cisterna
posta sotto di esso. Lo
stesso pavimento del
cortile è stato
realizzato in pendenza
in modo da convogliare
tutta l’acqua verso il
suo centro, dove si
trova l’apertura della
cisterna, in modo da
poter disporre di una
riserva d’acqua
preziosa in caso di
assedio.
La
divisione interna del
castello è semplice ed
essenziale come il suo
aspetto esteriore. Il
piano terreno, oltre che
dall’androne di
ingresso, è composto da
tre locali che
circondano il cortile
interno. L’intero lato
orientale del castello
è occupato da una
grande stanza
rettangolare coperta da
una volta a botte a
tutto sesto. Questo è
l’unico salone non
riscaldato del castello
e doveva probabilmente
servire come magazzino
ed armeria. È oggi
utilizzato come sala da
ballo durante le
celebrazioni del
carnevale storico.
Sul
lato opposto si trova il
grande salone
occidentale, accessibile
tramite un portale e
coperto da una volta
entrambi a sesto acuto.
Questo salone,
probabilmente adibito ad
alloggi e sala da pranzo
per i soldati e per il
personale di servizio,
era riscaldato da due
monumentali camini e
collegato tramite un
passavivande alla cucina
posta sul lato sud del
piano terreno e –
tramite una scala –
con la cucina a nord
ovest del piano
superiore.
Da
questo salone si apre
inoltre una feritoia che
punta sull’androne di
ingresso. In alcuni
punti emerge qui la
roccia: il castello era
infatti fondato sulla
nuda roccia e sarebbe
stato impossibile
rimuovere gli
affioramenti senza
comprometterne la
stabilità.
IL
PRIMO PIANO - Il
primo piano era
riservato ai signori del
maniero. Vi si accede
salendo lungo il
monumentale scalone ad
archi rampanti della
larghezza di circa due
metri che, partendo dal
cortile interno, si
arrampica lungo le
pareti interni
dell’edificio.
L’architrave
della prima porta che si
incontra salendo lo
scalone riporta
l’incisione che
ricorda Ibleto di
Challant come
costruttore del castello
nel 1390. La porta
immette in una stanza
adibita a corpo di
guardia, che si trova al
di sopra dell’androne
di ingresso. Sul
pavimento della stanza
si trova la botola dalla
quale era possibile
bersagliare i nemici
sottostanti. La stanza
è illuminata sul lato a
nord da una finestra
dalla quale era
possibile vedere il
castello di Villa a
Challand-Saint-Victor.
Da
questa stanza si accede
alla seconda cucina
della guarnigione, un
tempo collegata al
salone al piano terreno
da una scala. Il locale
era provvisto, come il
sottostante e il
soprastante, di una
porticina che si apre
sul vuoto nella parete
settentrionale del
castello, forse una
sorta di uscita di
sicurezza. La stanza
comprende anche una
dispensa a muro, con un
foro per conservare
meglio i cibi grazie al
freddo esterno, ed un
camino sulla parete che
confina con la sala da
pranzo nobiliare, con la
doppia funzione di
cuocere i cibi e
scaldare la stanza
adiacente.
Dalla
cucina si accede a
quella che era la sala
da pranzo patronale,
accessibile anche dallo
scalone, che occupa il
resto del lato
occidentale del piano.
La sala era riscaldata
da due grandi bracieri
posti ai suoi angoli ed
era collegata tramite un
passavivande alla cucina
sul lato sud del
castello. La stanza era
illuminata da bifore
gotiche che danno
sull’esterno e da una
quadrifora trecentesca
che si apre sul cortile
interno.
La
cucina patronale, posta
sul lato meridionale del
piano, era dotata di tre
grandi camini, di cui
quello sul lato verso lo
scalone di dimensioni
eccezionali e destinato
alla cottura di animali
interi. La stanza è
coperta da una volta a
vele multiple risalente
ai tempi di Renato di
Challant e che ne
riporta al centro lo
stemma, unica copertura
originale del castello a
differenza delle altre
rifatte durante i
restauri del XX secolo.
Il lato orientale della
cucina è occupato da
alcuni armadi a muro a
da una grande dispensa
ricavata
nell’intercapedine del
muro.
Il
lato orientale del
castello era occupato
dalle camere da letto
dei signori, quella di
mezzo visitabile durante
la visita guidata. Essa
era riscaldata da un
grande camino in pietra
e coperta da un soffitto
in legno a cassettoni.
Caratteristiche sono le
due latrine a muro che
scaricavano verso
l’esterno sulle rocce
sottostanti.

I
PIANI SUPERIORI - Il
secondo piano del
maniero, non visitabile,
rispecchia la divisione
del primo piano ed era
riservato ai funzionari
e al personale di
servizio. Le stanze del
lato orientale
disponevano di due
latrine a muro analoghe
a quelle del primo
piano. La stanza al di
sopra della cucina
nell'angolo nord ovest
presentava come la
sottostante una
porticina a strapiombo
sull'esterno forse usata
come uscita di servizio.
Una
scala in legno,
completamente
ricostruita, collega
questo piano al
camminamento di ronda
delle caditoie. Il tetto
in pietra è stato
completamente
ricostruito negli anni
'80.
Il
piano delle caditoie era
costituito da soffitte
in cui erano depositate
le pietre; il
camminamento esterno per
la gronda, pur se non
accessibile, è tuttora
praticabile; la
merlatura è realizzata
in muratura di mattoni,
su un triplo ordine di
beccatelli in pietra e
il manto di copertura
del tetto è il lastre
di pietre, le
tradizionali lose
valdostane.
Le pareti e le strutture
della scala ci appaiono
non intonacati ed è
probabile che non lo
siano mai state, vista
l'accuratezza nella
realizzazione della
tessitura muraria.
Porte finestre e camini
del castello sono
arricchiti da pregevoli
elementi in pietra
lavorata con modanature
e pregevoli decorazioni;
in particolare, sono
notevoli per la qualità
delle rifiniture i
sedili in pietra che
affiancano le finestre.

ANDRONE
- Situato appena oltre
il portale d'ingresso,
è sormontato da una
volta a sesto acuto.
All'apice c'è una
botola che permette di
sorvegliare il
passaggio.
LOCALI
DI SERVIZIO - Si trovano
al secondo piano del
castello: fortemente
rovinati, non sono
ancora visitabili.
SCALONE
- Impostato su archi
rampanti in pietra,
conduce al primo e al
secondo piano.
SALA
DA PRANZO - Elegante
ambiente collegato alla
cucina padronale da un
passavivande e
riscaldato da due
bracieri angolari.
CORTILE
- Di forma quadrata
presenta al centro il
pozzo cisterna per la
raccolta dell'acqua
piovana. Da qui si
ammira lo scenografico
scalone.
SALA
D'ARMI - Coperta da una
volta a sesto acuto è
arricchita da due
monumentali camini dagli
stipiti sagomati.
CORPO
DI GUARDIA - Situato di
fronte all'ingresso, è
l'edificio che ospitava
la guarnigione del
castello.

CENNI
STORICI
Sul
luogo dove sorge il
castello di Verrès
esisteva una torre, di
cui si parla nei
documenti a partire dal
1287 in occasione di un
atto feudale prestato da
Rollet di Verrès al
conte di Savoia. Ibleto
di Challant la demolì
nel 1390, quando iniziò
la costruzione della
rocca, come testimonia
l'iscrizione, scolpita
in caratteri gotici
sopra la porta che dalla
scala del cortile porta
alle camere del primo
piano.
Ibleto,
morto il 10 Febbraio
1410, viene sepolto
nella cappella che nel
1407 si fece costruire
presso la chiesa
dell'abbazia di
Saint-Gilles, a Verrès;
gli succedette il figlio
François, e alla morte
di questo nel 1442 i
suoi possedimenti furono
ereditati dalle figlie
Catherine, vedova di
Giovanni di Challant del
ramo di Fénis, e
Marguerite, vedova di
Antonio di Montbel. La
successione per linea
femminile non era
accettata dalla società
dell'epoca, ma
Catherine, che aveva
acquistato dalla sorella
la sua parte sui diritti
di successione del
padre, sfidò
apertamente le
consuetudini fino
all'evento clou del
ballo del 21 Maggio del
1450, ricordato
annualmente dalla
rievocazione storica del
Carnevale.
Ludovico di Savoia pose
termine alla questione
infeudando dei contadi
di Challant, Verrès e
Issogne, nel 1456,
Jacques di Challant; a
lui seguì il figlio
Louis, con la moglie
Marguerite de La Chambre
quindi, nel 1487,
Giorgio di Challant,
cugino di Louis, in
qualità di tutore del
giovane Filiberto di
Challant.
Alla morte di Filiberto
le proprietà della
famiglia passano al
conte René di Challant,
maresciallo di Savoia e
comandante generale
della Val d'Aosta. René
promosse, a partire dal
1536, lavori di
ampliamento del castello
consistenti nella
realizzazione di muri
bastionati a rinforzo
degli angoli del
castello e di una nuova
cinta munita di ridotte
e cannoniere, che
inglobava i resti della
torre del 1287.
L'accesso tramite la
nuova cinta avveniva da
una porta, presso
l'angolo nord
occidentale del
castello, munita di
ponte levatoio e difesa
da un piccolo burrone;
fu inoltre realizzata
un'altra cinta,
accessibile da una
posterla, che costeggia
la sponda a ridosso
dell'Evançon, e a
ridosso di questa
struttura furono
edificate le prigioni e
la piccionaia.
Tutto questo è
ricordato
dall'iscrizione che si
trova sopra la porta con
il ponte levatoio, in
caratteri gotici,
affiancata dagli stemmi
di René di Challant e
del suo matrimonio con
Manzia di Braganza.

L'intervento
di René, come ricorda
l'iscrizione, non si
limita alle sole
funzioni difensive, ma
riguarda anche le
decorazioni e gli arredi
del castello. Alla morte
del conte nel 1565 venne
redatto un inventario,
pubblicato dall'abate
Frutaz, che testimonia
dell'esistenza di sei
arazzi, particolarmente
ricercati all'epoca, di
mobili piatti scodelle,
nonché di finimenti per
cavalli, di oltre 40
armature, bombarde,
picche archibugi,
balestre e provviste di
polvere da sparo e
proiettili.
Alla morte di René la
sua eredità passa alla
figlia Isabella di
Challant e al marito
Giovanni Federico di
Madruzzo. Ancora una
volta la successione per
linea femminile viene
contestata dagli altri
membri della famiglia: i
cugini maschi di
Isabelle vi si oppongono
dando luogo ad un
contenzioso che avrà
termine solo nel 1696.
Un secolo più tardi,
nel 1796, muore François
Maurice, l'ultimo conte
di Challant; quattro
anni più tardi muore il
figlioletto
Jules-Hyacinthe di soli
7 anni, e la discendenza
si esaurisce; alla morte
di Gabriella di Canalis
di Cumiana, vedova di
François Maurice di
Challant, avvenuta nel
1841, il castello passa
al suo secondo marito,
il conte Amédée-Louis
Passerin d'Entrèves e
di Courmayeur, e alla
morte di questo ai suoi
eredi.
Nel
1858 il castello è
acquistato, insieme a
quello di Issogne, da
Alexandre Gaspard di Châtillon,
che pochi anni dopo
rivendette entrambi al
barone Marius de
Vautheleret, ingegnere
francese impegnato nello
studio del collegamento
ferroviario tra Aosta ed
Ivrea; ma questi
fallisce e il 15 Giugno
1872 i castelli sono
messi all'asta: Issogne
è acquistato dal
pittore torinese
Vittorio Avondo, che si
impegna nel restauro
architettonico del
castello e nel
riallestimento degli
interni con arredi
originari o con copie
appositamente
commissionate, mentre
Verrès diviene possesso
della contessa Crotti di
Castigliole.
In
questi anni il castello
di Verrès è
abbandonato a se stesso
e versa in gravi
condizioni di degrado e
dissesto: nel 1888 la
volta di copertura di un
ambiente del secondo
piano, esposta alle
intemperie per la
mancanza del tetto,
crolla e provoca il
crollo della sottostante
volta della cucina e la
rovina di uno dei tre
monumentali camini. A
questa situazione di
abbandono pone fine
l'intervento di Alfredo
d'Andrade che sollecita l'acquisto da parte
della soprintendenza ai
monumenti del Piemonte,
che verrà perfezionato
il 1894. I primi
interventi riguardano la
ricostruzione del tetto
e il completamento della
merlatura; seguirono poi
gli interventi di
sistemazione degli
interni, con la
ricostruzione dei solai
lignei e delle volte
crollate.

Un
altro tipo di visita,
però, attende gli
appassionati:
una visita che riguarda
ancora la famiglia
Challant e la sua
magione, ma che, anziché
svolgersi nella
dimensione dello spazio,
ama tentare quella più
arrischiata e
improbabile del tempo.
Ha luogo negli ultimi
giorni di Carnevale,
quando le mura del
castello e le strade di
Verrès è come se
ripiombassero in piena
epoca medievale, tra
sciami di personaggi in
costumi rutilanti. Sulla
piazza, in mezzo alla
folla, ecco Caterina di
Challant procedere al
braccio del suo
consorte, Pierre
d'Introd. Non avendo
fratelli maschi, la gran
dama fu costretta a
lottare con i Savoia per
mantenere il titolo
comitale. Ed ecco, d'un
tratto, al suono di
pifferi e tamburi,
Caterina staccarsi dal
marito e mettersi a
danzare con la gioventù
del borgo. Un gesto
scopertamente diretto a
propiziarsi il favore
del popolo a fronte di
questa eredità contesa
ma capace di sollevare
l'esultanza dei
presenti, che erompono
nel grido: "Vive
Introd et Madame de
Challant!"
La
rievocazione si ripete
ogni anno, nel solco di
una tradizione nata nel
1949 e intesa a
celebrare quel legame
tra terra, casato e
castello che sembra aver
trovato qui a Verrès il
suo paradigma vivente.
Un paradigma sancito
nell'episodio che,
stando alle cronache
del tempo, sarebbe per
davvero accaduto, in un
lontano giorno di maggio
del 1450.



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