Per
ammirare le bianche
torrette del Castel
Savoia, che
sbucano dal fitto bosco,
bisogna spingersi fino a
Gressoney-Saint-Jean
presso la località
Belvedere, nella terra
dei Walser, dove si
parla il titsch, proprio
ai piedi del colle
Ranzola.
Qui,
al cospetto del Monte
Rosa, tra la fine
dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento
la Regina
Margherita, prima
Regina d’Italia,
elegge la località a
dimora per le sue
vacanze estive. La
palazzina fu uno degli
ultimi doni che Re
Umberto I fece
alla sua consorte perché
poco dopo morì
nell’attentato di
Monza.
La
sovrana amava questi
luoghi che da anni
facevano da cornice alle
sue vacanze, trascorse
inizialmente in paese
presso la residenza del
Barone Luigi Beck
Peccoz, suo fidato
amico.
A
seguito di alcuni
soggiorni di
villeggiatura trascorsi
a partire dal 1889 dalla regina
Margherita e
dal consorte Umberto I presso
la Villa
Margherita,
residenza del barone
Beck Peccoz, la regina
volle far costruire una
residenza per sé sul
versante della valle al
di sotto del Colle
Ranzola, da cui
si gode un ampio
panorama sulla valle e
sulle cime del Monte
Rosa.
Dopo
alcune resistenze di
Umberto I, che preferiva
soggiornare nel Castello
di Sarre per
lunghe battute di
caccia, la regina
Margherita ottenne il
permesso per realizzare
a 1.440 m di altitudine
la sua dimora di
villeggiatura che fece
progettare
all'architetto Emilio
Stramucci, già
adoperatosi per i
rimaneggiamenti di Palazzo
Reale e di
altre dimore sabaude.
La
posa della prima pietra
avvenne nell'estate del
1899, ma re Umberto I
nel castello non
soggiornò mai, poiché
venne assassinato a
Monza nel 1900
dall'anarchico Gaetano
Bresci, prima del
completamento dei lavori
avvenuto nel 1904.
La regina
Margherita,
vedova e ormai relegata
alla sola funzione di regina
madre, vi
trascorse lunghi periodi
di villeggiatura fino al
1925, ospitando illustri
membri della letteratura
di cui amava
circondarsi, tra cui il
poeta Giosuè
Carducci e
l'affezionato nipote, il
giovane principe di
Piemonte Umberto
II.
Dopo
la morte della regina
Margherita, avvenuta a Bordighera nel
1926, durante il suo
soggiorno invernale a Villa
Margherita, il
castello rimase chiuso
per alcuni anni e venne
venduto nel 1936
all'industriale milanese Ettore
Moretti che lo mantenne
quasi intatto. I suoi
eredi vendettero il
castello alla regione
autonoma Valle
d'Aosta nel
1981.
L'edificio,
pur fregiandosi del nome
di «castello», è in
realtà una grande villa
a tre piani in stile
eclettico,
caratterizzata dalle
cinque torri neogotiche.
La commistione di stili
fu un'esplicita
richiesta della sovrana,
che partecipò
personalmente al
procedere dei lavori con
particolare assiduità.
L'edificio
è stato costruito con
ampio uso di rocce
locali e appare in tutta
la sua austerità ma
l'alternarsi di moduli
architettonici, la
moltitudine di finestre, bifore, trifore e
la varietà di stili,
gli conferiscono un
aspetto piuttosto
omogeneo e armonioso. La
struttura si sviluppa su
tre piani e presenta una
pianta rettangolare
affiancata dalle cinque
torri neogotiche di
differenti altezze, di
cui una ottagonale. Esse
sono sormontate da
guglie tutte differenti
l'una dall'altra, mentre
la torre centrale, la più
alta, ospita un terrazzo
coperto caratterizzato
da una copertura a
cuspide con abbaini che
garantivano la vista ai
Carabinieri Reali su
tutta la proprietà.
Al
piano terreno vi sono la
sala da pranzo, la sala
da gioco con un biliardo,
alcuni salotti, la
grande veranda semicircolare
e il salone d'onore con
la pregevole scala in
legno di rovere a doppia
rampa semicircolare.
Essa, insieme agli
arredi, alle boiseries delle
pareti e ai soffitti
lignei a cassettoni fittamente
decorati con simboli
sabaudi e motivi
floreali che
richiamano
esplicitamente il nome
stesso della sovrana,
sono opera
dell'intagliatore
torinese Michele
Dellera; i
dipinti murali e i
disegni delle tappezzerie in
tessuto di lino e seta,
sono invece opera di Carlo
Cussetti,
anch'egli fornitore
della Real Casa.
Il
piano nobile ospita gli
appartamenti privati
della regina Margherita,
del figlio, Vittorio
Emanuele III, della
nuora, la regina Elena e
del nipote Umberto II.
Una stanza più piccola
era riservata alla
marchesa Paola
Pes di Villamarina
Al
secondo piano vi sono
ancora alcune stanze per
gli ospiti e l'accesso
al terrazzo coperto
della torre più alta,
mentre il piano
interrato è adibito a cantina.
Una
particolarità
contraddistingue questa
residenza, ovvero
l'assenza delle cucine,
che la regina stessa
volle far costruire al
di fuori dell'edificio,
a circa trenta metri di
distanza, nella
struttura che dal 1981
ospita la biglietteria e
i servizi igienici per i
visitatori. Il
collegamento con le
cucine per trasportare
le vivande era garantito
da una galleria ipogea
dotata di un doppio binario
Decauville, dove
le portate percorrevano
il loro breve tragitto
su appositi carrelli
elettrici chiusi
ermeticamente fino a un
ascensore interno che
portava i pasti
direttamente nella sala
da pranzo del castello.

L'ubicazione
sul fianco della valle
consente di godere di
un'ampia vista sul ghiacciaio Lyskamm e
sul Monte
Rosa. L'edificio
è inoltre circondato da
un ampio parco che
ospita una piccola
pineta e il giardino
roccioso ai
piedi dell'edificio.
Collegate dal viale
d'accesso al castello,
vi sono anche alcune
strutture abitative: la Villa
Belvedere, che fungeva
da foresteria, alloggio
per i custodi, per la
servitù e per la scorta
di Carabinieri
Reali e il Romitaggio
Carducci, dedicato alla
memoria del poeta
e amico della regina che
vi soggiornò.


|