Il castello
di La Mothe detto
anche castello di
Arvier, è un castello
valdostano medievale
in rovina che domina il
capoluogo di Arvier.
È
uno dei due castelli
presenti nel territorio
comunale: l'altro, il castello
di Montmayeur, si
trova isolato,
all'imbocco della
Valgrisenche.
A tal proposito, il
castello di La Mothe è
stato talvolta
denominato
"Castello
d'Arvier", tra gli
altri dall'architetto
Carlo
Nigra; tuttavia
tale appellativo viene
oggi più frequentemente
associato al castello di
Montmayeur.
A
seguito
dell'acquisizione da
parte della Regione
Valle d'Aosta e degli
interventi di restauro,
al 2023 risulta
parzialmente aperto al
pubblico, in attesa di
una prossima conversione
funzionale in museo.
La
storia del castello di
La Mothe è in gran
parte oscura. Il
complesso viene citato
per la prima volta nei
documenti dell'omaggio
feudale del 1287,
in cui giurò Aymon de
Arviero. Per lo storico Jean-Baptiste
de Tillier prenderebbe
il nome dal nobile
savoiardo Aymar
de La Mothe,
segretario del conte
Filippo di Savoia, il
quale alla fine del XIII
secolo avrebbe
sposato l'ereditiera
della famiglia De
Arverio. Il de La Mothe
lo fece restaurare e gli
attribuì il proprio
nome, con il quale è
noto nelle Udienze.
Nel
1306 o nel 1409 passò
ai d'Avise, che lo
tennero come maison
de plaisance. Fu quindi
lasciato in consignoria
alla nobile famiglia dei Sarriod
de la Tour e
a quella di minor nome
dei Lostan. Trascurato
da questi proprietari,
agli inizi del XVIII
secolo il
castello era già in
rovina, utilizzato per
fini agricoli o
pastorali come fienile o
stalla.
Dopo
secoli di incuria, la
struttura venne
acquistata dalla
regione, che nel 2006
provvede a importanti
interventi di restauro e
messa in sicurezza.
Tuttavia, nonostante il
completamento dei
lavori, l'area è ancora
al 2023 in stato di
degrado, in attesa di
una nuova destinazione
d'uso.
Il
castello risulta oggi
composto di una torre a
pianta quadrata a cui è
addossato un rudere, un
corpo di fabbrica
sventrato, il cui
aspetto per André
Zanotto è
attribuibile al XIV-XV
secolo, quindi frutto di
un rimaneggiamento
successivo alla
costruzione. Si notano
inoltre alcune tracce di
una torre rotonda e
delle antiche mura.
All'interno
sono osservabili i resti
della scala elicoidale,
oggi crollata e non più
visibile, e quelli di un
camino, consistenti nei
due piedritti e la
relativa mensola,
facente parte del 1º
piano crollato.
I
restauratori hanno
trovato persino tracce
di affreschi che
farebbero protendere per
l'ipotesi della presenza
di una cappella, così
come avviene in altri
castelli posti nei
comuni limitrofi.
Per
il suo aspetto massiccio
il castello di La Mothe
è stato comparato
dall'architetto Bruno
Orlandoni alla domus
episcopalis del castello
di Issogne, alla
torre della casaforte
Villette di Cogne e
alla torre
Colin di Villeneuve.
Le
recenti indagini
archeologiche hanno
consentito la
distinzione di cinque
fasi costruttive.
Prima
fase costruttiva (ante 1250)
- La prima fase
costruttiva del castello
è di difficile
comprensione. A
tutt'oggi poco o nulla
è rimasto dell'edificio
originale, citato per la
prima volta in un
documento del 1287,
anche se le analisi
dendrocronologiche delle
poche parti superstiti
hanno restituito una
datazione riconducibile
agli anni 1236-1237.
I
principali resti
relativi a questo
periodo risultano essere
esigui e difficilmente
riconoscibili: sono per
lo più legni di
sostegno che formano le
centine delle finestre,
gli architravi delle
porte e le travi degli
impalcati. In generale
gran parte di questi
materiali sarà poi
riutilizzata in
successivi
rimaneggiamenti, sebbene
si sia constatata
l'assenza quasi totale
di manufatti ceramici,
vitrei o metallici
risalenti a quest'epoca.
Non è dunque
escludibile che questi
materiali siano ancora
presenti nel castello,
sebbene ricoperti da
alcuni strati di
muratura che li
occultano: ne sono
un'autorevole
testimonianza i resti di
alcuni muri
"raddoppiati".
L'ipotesi
più plauisibile
riguardo alla forma di
questa originaria
struttura è deducibile
dall'analisi morfologica
del pendio, che ha fatto
ipotizzare uno sviluppo
su più piani, dati i
livelli dei vari terrazzi
rocciosi costruiti,
che poi saranno
mantenuti nelle fasi
successive con la
funzione di
contenimento.
Seconda
fase costruttiva (XIV
secolo -
post 1376)
- Appartengono a questa
fase gran parte dei
corpi di fabbrica oggi
ancora visibili in
quanto il loro stato di
conservazione è
migliore rispetto alle
altre parti della
struttura: gli
interventi successivi
non ne hanno
praticamente modificato
la forma originale. Il
nuovo edificio presenta
un'ampiezza di 13 per 8
m e si basa direttamente
sul substrato roccioso
sottostante; riesce a
elevarsi per 14 m di
altezza e a ospitare 4
piani al suo interno.
Date
le dimensioni e la
posizione è intuibile
la sua funzione
maggiormente
residenziale piuttosto
che difensiva: non a
caso è l'unica parte
del castello priva di
feritoie. Per quanto
riguarda l'impianto
difensivo esterno non è
possibile delineare, se
non a grandi linee, lo
sviluppo di quel
periodo. È ipotizzabile
che la cinta muraria
ancora oggi visibile sia
collocabile
cronologicamente in un
lasso di tempo di poco
successivo allo stesso.

Terza
fase costruttiva (XV
secolo) - La
parte più cospicua
dell'intero complesso
che si è conservata,
appartenente a questa
fase, è costituita
dalle mura esterne e dai
loro resti. Questi
ultimi seguono per la
maggior parte il
prospetto dello sperone
roccioso sul quale
poggiano tutti gli
edifici e probabilmente
delimitano lo spazio che
si pensa possa essere
identificabile come il mastio del
castello.
Sul
lato posto a nord-est è
possibile scorgere
distintamente una parete
sulla quale è ancora
addossato e
riconoscibile quanto
rimane di una finestra
dotata di sedile,
sebbene ormai solamente
appena intuibile, in
quanto essa manca ormai
completamente di quello
che fu lo schienale,
posto nella sua parte
superiore. L'ipotesi più
probabile è che tutto
ciò costituisca i resti
di un edificio aventi le
fattezze di una torre,
ormai, tuttavia, in
stato di avanzato
dirudimento e quindi
solo parzialmente e
difficilmente
riconoscibile.
Purtroppo, proprio per
via dello stato
estremamente precario
con cui sono giunti ai
nostri giorni questi
reperti, né gli scavi
archeologici né le
successive analisi,
svolte nella prima
decade del 2000 durante
gli interventi di
restauro, hanno
consentito di arrivare
ad ulteriori progressi
nel comprendere
l'altezza, la
planimetria e la
funzione originaria di
questa struttura.
Appartenente
allo stesso periodo è
un altro edificio,
ubicato nell'area
centrale del castello,
che appare come se fosse
un prosieguo del corpo
di fabbrica
precedentemente citato.
Anche di quest'ultimo
resta solamente un
rudere, che consiste
nella parte sottostante
del muro perimetrale. È
tuttavia decisamente
probabile che all'epoca
i due edifici fossero
collegati più
agevolmente mediante
passaggi coperti,
presumibilmente lignei o
in muratura, che non si
possono essere
conservati o che sono
stati rimaneggiati e poi
demoliti
successivamente. Tale
definizione risulta
tuttavia particolarmente
difficile, proprio a
causa della mancanza di
vestigia significative
dovuta al profondo
stravolgimento che la
struttura dovrà subire
durante la successiva
ricostruzione del XVI
secolo.
Quarta
fase costruttiva (XVI
secolo) - In
questo periodo avvengono
importanti
riqualificazioni sia
volumetriche
dell'edificio sia di
restauro di antichi
dettagli decorativi di
singoli elementi
architettonici. Viene in
particolare costruito un
nuovo nucleo centrale
che funge da
collegamento tra i vani
già esistenti e che, di
conseguenza, deve
adattarsi nella
planimetria a questi
ultimi. Al contempo sul
lato sud si rende
necessaria la
costruzione di una scala
indipendente di forma
elicoidale (oggi
visibile solo
sommariamente poiché
diruta) avente funzione
di collegamento tra
piani alti e bassi e tra
nuove e vecchie parti.
Ulteriori
analisi hanno consentito
di dire che la nuova
costruzione aveva uno
sviluppo principalmente
verticale ed era
suddivisa al suo interno
in tre piani di cui
rimangono solo
scanalature lignee oggi
restituite dalla
dendrocronologia. Questi
spazi appartenevano con
ogni probabilità al
piano nobile dati i
resti di un camino (a
tutt'oggi sospesi nel
vuoto a causa del crollo
del solaio) di elevata
qualità decorativa.
Al
fine di collegare gli
ambienti e attenuare i
dislivelli, il pavimento
viene abbassato di circa
un metro nelle strutture
precedenti e viene
realizzata una nuova
apertura sul lato della
sala con il camino.
Le travi del soffitto
dovevano essere a vista:
la dendrocronologia ha
restituito una datazione
per tutte prossima al 1514 ed
esse risultano omogenee
anche per la scelta del
legno. Quelle dei
pavimenti, invece, poiché
dedite a essere
ricoperte da questi
ultimi, utilizzano anche
elementi di reimpiego
preesistenti. Nel
frattempo, mentre veniva
edificato un ampliamento
della cinta muraria
verso est, si ricorre
ala costruzione di un
nuovo portale
d'ingresso, orientato
verso nord, e
caratterizzato da una
ricca decorazione
scultorea.
I
proprietari dell'epoca,
i D'Avise, avrebbero
avuto con ogni
probabilità un elevato
gusto artistico,
testimoniato, oltre che
dalle decorazioni
scultoree già
menzionate, anche da un
ciclo di affreschi,
l'unico rintracciato nel
castello, ritraente
soggetti naturalistici,
che ci è pervenuto.
Quinta
fase costruttiva (XIX
secolo) -
Questa fase costruttiva,
in realtà, secondo gli
archeologi, potrebbe
paradossalmente anche
non essere considerata
tale. Il motivo di
questa scelta è dovuto
principalmente al fatto
che tale fase, a
differenza delle altre,
non andò ad aggiungere
nulla nell'ambito
costruttivo ma, al
contrario, portò alla
rovina e al dirudimento
di parti preesistenti.
La
causa principale fu
l'abbandono
dell'edificio,
riconvertito a fini
rurali che ne hanno
causato il progressivo
declino facendolo
rinvenire nell'attuale
stato, alquanto
precario.
Il
primo segno di rovina lo
si attesta nel 1740 con
il crollo dell'area
orientale. Tale squarcio
risulta ancora oggi ben
visibile in uno dei
corpi di fabbrica,
parzialmente sventrato.
Inoltre, in successivi
interventi, si
ricostruiranno alcuni
muri interni ed esterni
con funzione o di
terrazzamento o di
divisori per le stalle,
ubicate al piano terra
del torrione. Nei
medesimi locali sono
state ritrovate persino
canaline o vasche di
abbeveraggio per gli
animali.
Fortunatamente
gran parte di queste
attività,
particolarmente invasive
per la struttura, si
sono concentrate solo
presso tale piano,
consentendo in massima
parte di preservare le
parti più alte.
All'esterno
si trovava un importante
apparato difensivo che
seguiva lo sviluppo del
rilievo sul quale sorge
l'intero edificio.
L'urbanizzazione del borgo ha
concorso alla modifica
della struttura
originale ma è
ipotizzabile che lo
sviluppo del centro
abitato abbia seguito le
linee guida dettate da
queste costruzioni
precedenti. Non è
quindi escludibile che
la vicina chiesa
parrocchiale abbia
potuto essere nata con
funzione puramente
castrale come già
riscontrato presso Cly o Graines.
Il
castello oggi - Dopo
secoli di incuria, il
comune di Arvier e
la regione Valle
d'Aosta, con il
presupposto di
riutilizzare il sito per
fini turistici e di
frenare la rovina che lo
stava pian piano
deteriorando, decisero
di restaurarlo. I primi
interventi avvennero nel
maggio del 2006 e
terminarono un anno dopo
circa.
Mentre
questi venivano svolti
furono eseguite anche
analisi archeologiche da
parte della
sovraintendenza dei beni
culturali della regione
autonoma Valle
d'Aosta.
Al 2023 il
castello risulta
liberamente visitabile.
L’area a esso
adiacente inoltre, in
varie occasioni, è
stata utilizzata per la
messa in scena di
spettacoli musicali e
teatrali. Nel 2022 il
castello, grazie ai
fondi ricevuti con il
PNRR, viene proposto
all'interno del progetto
"Agile Arvier"
per una sua parziale
riconversione d'uso per
ospitare il Museo del
Futuro Alpino.
|