Il
sito si trova nella parte centro-meridionale della penisola dello
Yucatán, nel Messico meridionale e comprende i resti dell'importante
città Maya di Calakmul, immersa nella foresta tropicale delle Tierras
Bajas. La città ha svolto un ruolo chiave nella storia di questa
regione per oltre dodici secoli ed è caratterizzata da strutture ben
conservate che offrono un'immagine vivida della vita in un'antica
capitale Maya. La proprietà rientra anche nell'hotspot di biodiversità
del Mesoamerica, il terzo più grande al mondo, che comprende tutti gli
ecosistemi subtropicali e tropicali dal Messico centrale al Canale di
Panama.
Una
foresta immensa, che copre quasi il 15% di tutto lo stato
di Campeche e che si estende in Belize e Guatemala su una
superficie di oltre 7.000 km², questa è la Biosfera di
Calakmul, la più grande riserva tropicale del Messico. Al suo interno,
oltre a tantissimi animali, è presente uno dei più importanti
siti archeologici della civiltà Maya, Calakmul appunto, che
tradotto significa “la città di due piramidi adiacenti“. Dalla cima
di entrambe si può godere di una vista impareggiabile su
tutta la giungla sottostante, con lo sguardo che arriva fino in
Guatemala.
La
Biosfera di Calakmul è stata dichiarata riserva naturale nel
1989 diventando poi anche patrimonio dell’UNESCO. Al suo interno
ospita 86 diverse specie di mammiferi, tra cui 5 dei 6 “gatti di
grandi dimensioni” originari del Messico: qui possiamo trovare
giaguari, jaguarundi, puma, ocelot e margay. Ci sono
inoltre 385 specie di uccelli, 18 di anfibi, 75 di rettili, 400 di
farfalle e 31 di pesci, oltre a più di 1600 varietà di
piante diverse. Tra di esse sono presenti alcuni alberi che,
sfruttando la biodiversità della zona, sono riusciti a sopravvivere nel
tempo. Nella grotta dei pipistrelli di Calakmul vivono tra i 2
e i 5 milioni di pipistrelli che la notte emergono per andare a caccia
di insetti.

Calakmul
è un sito archeologico maya situato nello stato messicano del Campeche,
vicino al confine con il Guatemala e circa 150 km a est di Chetumal. Gli
scavi condotti negli ultimi anni dall'archeologo Ramón Carrasco hanno
portato questa gigante metropoli maya all'attenzione del mondo
accademico. Il glifo emblema di Calakmul era già conosciuto da anni
agli studiosi, ma non si sapeva a quale sito associarlo.
Fino
a pochi anni fa tutto sembrava chiaro riguardo alla storia di Calakmul
ed alla sua dinastia. Finalmente si era confermata l'associazione al
sito del Glifo Emblema dalla testa si serpente letto "kan" in
maya ch'olti classico. La scoperta a Dzibanche di una scalinata con
prigionieri scolpiti in rilievo ed iscrizioni celebrative di vittorie
militari hanno però messo in dubbio molte certezze. Sembre ora chiaro
che Calakmul non fu sempre governata dalla dinastia del glifo emblema
testa di serpente, ma che essa fu la sede dinastica solo nel periodo che
va dal 636 d.C. al 736 d.C.
Fu
il più potente sovrano che le terre maya videro, Yuhknoom Ch'een II, a
portare la corte sua corte a Calakmul. Questo re è l'individuo più
citato nelle iscrizioni maya di città straniere. Molti erano i re che
gli dovevano pagare tributo e pochi erano quelli che sfuggivano al suo
controllo. L'unica città che si tentava di mantenere indipendente era
Tikal, nell'odierno Guatemala. Ma alla fine persino Tikal fu sconfitta
in una guerra condotta dal re di Dos Pilas B'ahlaj Chan K'awiil.
Quest'ultimo era in realta null'altro che la longa manus del sovrano di
Calakmul. Per un paio di anni Calakmul controllo un fragile impero maya,
che fini al più tardi nel 695 d.C. quando un nuovo re di Tikal vinse
una battaglia importantissima contro Calakmul. A quell'epoca a Calakmul
regnava gia Yuhknoom Yich'aak K'ah'k, l'erede di Yuhknoom Ch'een II.
Era
la primavera del 1931. Ormai da diversi giorni Cyrus L. Lundell,
esploratore-biologo, si apriva la strada a colpi di machete nella
foresta tropicale del Peten, nello Yucatan meridionale. Da anni sfidava
quell'ambiente frequentato da serpenti e giaguari per conto di una
compagnia per lo sfruttamento delle risorse forestali del Messico. Il
suo compito era quello di individuare le zone più ricche di legname
pregiato e soprattutto segnalare la presenza dell'«albero del chicle»;
poi sarebbero arrivati i chicleros a raccogliere il lattice da inviare
negli Stati Uniti dove diventava chewingum, l'ultima mania degli
americani.
Quella
volta, però, non era stato l'albero del chicle (Manilkara sapota) a
spingerlo tanto lontano dall'ultima baracca della compagnia. Era stata
una strana storia che due taglialegna gli avevano raccontato parlando di
una città ingoiata dalla selva, di piramidi alte come colline, di
muraglie avvolte dalle radici, di bassorilievi affondati tra le paludi
che rendevano quella foresta un vero inferno verde. Una storia confusa,
ma Lundell decise di partire alla ricerca della città perduta. Si
diresse a sud, e dopo giorni di fatiche se la trovò davanti all'
improvviso, dominata da due piramidi-colline che gli suggerirono come
battezzarla: Calakmul, «tra due alture» in lingua maya.
Così
venne scoperta Calakmul e da allora è stato un susseguirsi di scavi
archeologici e di scoperte che alla fine hanno delineato una lunga
storia (dal 450 a.C. al 900 d.C.), tanto sorprendente quanto poco
conosciuta al grande pubblico, perché Calakmul non è ancora nel
circuito turistico internazionale. Una storia fatta di intrighi,
alleanze, guerre e protagonisti dai nomi suggestivi, come «Artiglio di
Giaguaro», signore del regno «Testa di Serpente», il vero nome maya
di Calakmul.
Campeche
sembra ferma nel tempo, col suo centro storico in bello stile coloniale
circondato da mura ottagonali che avrebbero dovuto difenderla dagli
attacchi di pirati come Henry Morgan, Leoncillo, L'Olonese, Rock
Brasiliano e persino Pie de Palo (Gamba di Legno). Ma quando la muraglia
fu terminata, nel 1704, i pirati se ne erano già andati in altri mari.
Stessa sorte ebbero i due forti ai lati della città, che ora ospitano
due musei. E proprio nel Forte San Miguel c'è una maschera maya in
mosaico di giada che da sola meriterebbe un posto nella lista delle
Sette meraviglie. Raffigura il volto di un ignoto signore che salì sul
trono di Testa di Serpente nel VII secolo d.C. Ha un'espressione serena
e uno sguardo nero d'ossidiana come si addice a un sovrano: un
capolavoro assoluto.
Nelle
altre vetrine ancora maschere di giada e la ricostruzione delle tombe di
grande Artiglio di Fuoco (più noto come Artiglio di Giaguaro), sovrano
di Calakmul, e di una delle sue mogli che venne sacrificata insieme a un
bambino quando il suo sposo morì, attorno all'anno 705. I veri resti
del re sono nelle mani dei restauratori e nella tomba ricostruita c' è
solo una parte del prezioso corredo funebre. Ma la storia di Artiglio di
Giaguaro va cercata a Calakmul, la città dove visse e morì.

All'ingresso
della zona archeologica di Calakmul una stele alta sembra una sentinella
a guardia della prima piramide ripida come un picco. A pochi metri
un'altra piramide fronteggia un edificio lungo con tre templi allineati
in cima: tre «punti di mira» che guardati dalla piramide segnalavano
rispettivamente la posizione del sorgere del Sole al solstizio d'estate,
all'equinozio e al solstizio d' inverno. Testimonianza del legame quasi
maniacale che i Maya avevano con stelle e pianeti.
Tutti
gli edifici sono assediati dagli alberi, stretti da radici che paiono
piovre. Appena un po' più libero lo spazio della grande Acropoli ovest
dove gli edifici si accavallano l'uno sull'altro per lasciare poi lo
spazio al campo del gioco della palla, un gioco rituale che finiva con
sacrifici umani.
Il
reticolo delle costruzioni prosegue e si infittisce nel quartiere detto
il Labirinto. Da qui la nobiltà controllava il lavoro degli artigiani
che producevano armi e utensili raffinatissimi scheggiando l'ossidiana,
importata dal Guatemala, e una pietra locale simile alla selce. Da ogni
lato le costruzioni continuano sotto la foresta, sempre meno visibili e
sempre più lontane. Il solo centro monumentale copre una superficie di
25 chilometri quadrati con una decina di acropoli, piazze e piramidi e
gli ultimi sobborghi si incontrano a 6-7 chilometri dal centro. In tutto
gli archeologi hanno individuato oltre 6 mila strutture e dicono che nel
momento della massima espansione a Calakmul vissero 50 mila persone. Ma
è la Grande Piramide che domina tutto. Un edificio strutturato in tre
corpi che un tempo raggiungeva i 55-60 metri di altezza (ora 45) e i
suoi lati arrivano a 140. Tutt'intorno foresta alta che impedisce di
apprezzare in uno solo colpo d'occhio questa montagna di pietre. Salendo
fino in cima si supera di molto il tetto della selva e lo sguardo spazia
su un tappeto verde che occupa tutto l' orizzonte, interrotto solo dalla
vetta dell'altra grande piramide di Calakmul (40 metri), dove lavorano
gli archeologi.
Ed
è proprio con l'aiuto degli archeologi che è possibile ripercorrere la
lunga storia del regno Testa Serpente, letteralmente sigillata
all'interno della grande piramide un tempo intonacata e dipinta di
rosso. Le piramidi maya sono come scatole cinesi, una dentro l'altra,
perché il re che veniva dopo costruiva la sua nuova piramide
appoggiandola su quella che aveva fatto il suo predecessore, il quale
aveva fatto la stessa cosa prima di lui; e così via, di dinastia in
dinastia. E col passare dei secoli la struttura si ingigantiva sempre di
più, crescendo sulle proprie radici. Ecco perché le piramidi maya sono
vere casseforti del tempo.

«Sotto
questa struttura abbiamo individuato due piramidi una più antica
dell'altra e almeno quattro ristrutturazioni parziali - spiega Ramon
Carrasco Vargas, direttore degli scavi di Calakmul dal 1993 -. Alla base
di tutto c'è un edificio del 450 a.C., decorato con un bassorilievo a
colori lungo venti metri; per ora è la più antica struttura a cui
siamo arrivati, ma penso che sotto ve ne siano altre due ancora più
vecchie». Scavando come talpe cunicoli che si infilano tra una piramide
e l'altra e traducendo le iscrizioni incise sui monumenti di tutta
l'area maya, gli archeologi sono ora in grado di raccontarci una storia
fatta da tante città-Stato spesso in lotta tra loro - come le nostre
città rinascimentali - unite da una base culturale comune, dalle stesse
divinità e da lingue simili quanto l' italiano e lo spagnolo.
A
Calakmul, durante i secoli d'oro del Periodo Classico, la vita doveva
essere davvero splendida, almeno per la nobiltà. I mercanti portavano
merci preziose da Paesi lontani, i sacerdoti osservavano il cielo dalla
piramide-osservatorio e stabilivano i tempi della semina e del raccolto,
il sovrano saliva al tempio per le cerimonie di auto-sacrificio e con
lame di ossidiana e aculei di razza si feriva il pene e la lingua per
versare sangue ed entrare in contatto con gli dei, nobili e ambasciatori
andavano da una città all' altra per tessere alleanze, esigere tributi
o imporre matrimoni politici o re-fantoccio alle città vassalle.
Architetti e artigiani erano impegnati a ingrandire edifici, tracciare
canali, scolpire monumenti.
Un
formicolio di vita che si interrompeva solo quando i guerrieri
prendevano le armi per portare il dominio di Testa di Serpente fin dove
potevano arrivare. Ma quello fu anche il tempo in cui a Tikal, l'altra
superpotenza del Peten, salì al trono un uomo conosciuto con un nome
singolare, Ah Cacaw (Cioccolata) e pochi anni dopo (nel 686) a Calakmul
venne incoronato Artiglio di Giaguaro, un nobile di 37 anni. Due
personalità di primordine destinate a scontrarsi, anche perché Ah
Cacaw dette inizio a una serie di guerre - note come «guerre stellari»
- in coincidenza di particolari situazioni astronomiche che secondo i
Maya garantivano la vittoria. E al momento giusto Ah Cacaw lanciò i
suoi guerrieri contro il regno Testa di Serpente.
«Lo
scontro avvenne nel 695 - spiega ancora Ramon Carrasco - e su
un'iscrizione ritrovata a Tikal, Ah Cacaw si vanta di aver
"catturato lo scudo di pietra del regno di Artiglio di
Giaguaro". Affermazione che venne interpretata come una metafora
dell'uccisione del sovrano di Calakmul. Ma non era così. Quattro anni
fa, infatti, è stata scoperta la tomba di Artiglio di Giaguaro dietro
la scalinata della grande piramide. E' quindi evidente che Ah Cacaw
catturò proprio lo stendardo e non il sovrano; che infatti morì alcuni
anni dopo».


Lo
studio della sepoltura reale permette di immaginare che cosa accadde in
quei giorni. Artiglio di Giaguaro era alto un metro e settantadue
centimetri, almeno dieci in più dei suoi sudditi, aveva piccole giade
incastonate nei denti incisivi - segno della sua nobiltà - e soffriva
di spondilite anchilosante, una malattia genetica delle ossa. Morì
quando aveva poco meno di sessantanni, ma da tempo aveva fatto scavare
la sua tomba nella piramide. I sacerdoti dettero ordine di preparare
tessuti e resine per avvolgere il corpo del re, gioielli e vasi da
deporre nella tomba. Un lavoro che richiese diversi mesi scanditi da
cerimonie e offerte di sangue umano, finché arrivò il giorno della
sepoltura. Il corpo, adornato con un'acconciatura di giada e piume,
venne introdotto nella piccola camera affrescata insieme al corredo
funebre. Poi i sacerdoti prepararono un veleno per una donna di 25-30
anni, forse una delle sue mogli, e un bambino di 8-12 anni, e i loro
corpi vennero adagiati in un loculo adiacente a quello del re. Infine,
il cunicolo d'accesso fu sigillato e coi secoli se ne perse la memoria.
Sette
altri sovrani si avvicendarono sul trono del regno Testa di Serpente,
per due secoli ancora, ma poco dopo l'anno 900 accadde qualcosa che gli
archeologi non sanno del tutto spiegare. Calakmul venne abbandonata e
rapidamente l'antica superpotenza diventò una città fantasma. La
stessa fine fecero tantissime altre città maya e nel solo stato del
Campeche gli archeologi hanno individuato ben 2.500 abitati, ancora da
scavare. Ma ve ne sono altri da scoprire.
