Il
canale di Bacalar Chico separa la penisola messicana dello Yucatàn da
Cayo Ambergris, nel territorio del Belize. E un braccio di mare così
stretto da essere stato addirittura considerato irrilevante dai
messicani, che per lungo tempo hanno rivendicato il possesso di
Ambergris, un'isola con un mare straordinariamente pescoso e una
barriera corallina tra le più spettacolari del mondo. Del resto, anche
il popolo Maya aveva stabilito qui la base per i suoi commerci
marittimi. E successivamente era stata un porto di pirati inglesi che,
oltre a trovarvi riparo dopo le loro scorrerie, raccoglievano sulle sue
spiagge la secrezione delle balene portata dalle maree.
Meglio
nota come ambra grigia - da cui il nome dell'isola, Ambergris - questa
era un bene che in Europa, dove veniva largamente utilizzata
nell'industria dei profumi, veniva pagata a peso d'oro. Ma tutta la
costa e i cayos del Belize, racchiusi nella barriera corallina più
grande dell'emisfero boreale, sono ricchi di tesori. Anche se il
concetto stesso di "tesoro" è cambiato dai tempi dei corsari
britannici ai giorni nostri.
Diversamente
dalle formazioni coralline degli altri Paesi delle regione caraibica, la
barriera del Belize si distende parallelamente alla costa, dalla quale
è separata da una laguna marina di acque tranquille. Con 206 chilometri
di lunghezza, si tratta del secondo sistema corallino al mondo dopo la
Grande Barriera Corallina australiana.
Al
di là della barriera si trovano tre grandi sistemi di atolli: le isole
di Turneffe, un vero e proprio labirinto di isole e isolotti coperti da
alberi di mangrovie, che si estendono per circa 33.000 ettari, con una
grande laguna centrale; la scogliera Lighthouse, di 12.000 ettari, in
cui si trovano due dei sette luoghi dichiarati Patrimonio dell'Umanità;
e la scogliera Glovers, di 13.200 ettari, situata più a sud.
Le
sette aree scelte dall'UNESCO sono, da nord a sud: Boca Balacar Chico,
di 10.700 ettari, al confine con le acque territoriali messicane; Blue
Mole, di 4.700 ettari, una profonda fossa marina situata nella laguna
interna della scogliera di Lighthouse, a lungo oggetto di ricerche da
parte dell'equipe di Jacques Cousteau; Half Moon Cay, un monumento
naturale di 3900 ettari situato a sudest dell'atollo Lighthouse, che
offre un habitat straordinariamente favorevole alla nidificazione degli
uccelli marini, tra i quali le sule piedirossi e le fregate; Glovers
Reef, di 30.800 ettari, che ospita un'importante colonia nidificante di
sterne stolide brune e che comprende anche la Riserva Marina Glovers
Reef; South Water Gay, di 29.800 ettari, situato in piena barriera
corallina; Laughing Bird Cay, di 4.300 ettari, una riserva marina nella
quale nidificano sule piedirossi, sule fosche e fregate, e che risulta
particolarmente adatta all'attività subacquea grazie alla limpidezza
delle sue acque; infine Sapadilla Cayes, di 12 700 ettari, un sistema di
isolotti sabbiosi praticamente vergini situato a sud della barriera
corallina.
Lungo
gli atolli e la barriera corallina sono disseminati più di 450
isolotti, alcuni totalmente ricoperti di sabbia bianca, altri invasi da
una fitta foresta di mangrovie, altri ancora colonizzati da una
vegetazione arbustiva interrotta da palme. Sono state individuate 178
specie vegetali terrestri e 247 specie di piante marine, tra le quali
abbonda il cosiddetto cibo della tartaruga. La ricchezza di questo
ambiente marino si riflette anche nelle oltre 500 specie di pesci, nelle
350 di molluschi e nelle 6 di coralli, oltre che nelle centinaia di
crostacei, ricci e stelle di mare, spugne e oloturie.
La
lunga catena di corallo del Belize è importante non soltanto per gli
uccelli marini che nidificano nelle rigogliose foreste di mangrovie, ma
anche perché costituisce uno degli ultimi santuari per alcune specie
minacciate, come il manato delle Antille e il coccodrillo americano.
Sulle ampie e solitarie spiagge giungono a nidificare le tartarughe
marine, tra cui la tartaruga verde, la tartaruga liuto e quella
embricata. I pericoli che attualmente minacciano le barriere coralline
nel mondo sono molti: l'eccessivo sfruttamento delle risorse marine,
l'incremento del turismo di massa, l'inquinamento delle acque provocato
dalle sostanze utilizzate in agricoltura e dagli scarichi urbani. Tutte
queste insidie incombono anche sulle scogliere del Belize, sebbene in
modo meno dirompente grazie alla scarsa pressione demografica nella
zona.

La
regione costiera del Belize costituisce uno degli ecosistemi rocciosi
meglio conservati dell'emisfero boreale, al punto che qui è ancora
possibile osservare il fenomeno di sviluppo della scogliera, che
purtroppo non è più in atto nelle altre scogliere caraibiche.
Ma
ciò che fa del Belize una meta privilegiata per i subacquei è la
presenza di 65 specie di coralli, oltre 500 pesci - tra i quali folte
colonie di cernie -, 45 crostacei, 350 molluschi e una grande varietà
di spugne. L'area ospita anche la più grande popolazione di manati del
pianeta, stimata intorno a 700 esemplari, e numerose spiagge in cui
nidificano le tartarughe. Infine, le lagune e le isole sono l'habitat di
sule, ibis, fenicotteri e gabbiani.
La
natura marina è la principale fonte di reddito dello Stato del Belize
che, se da un lato ha compreso l'importanza della sua tutela, ha
concesso un numero forse troppo elevato di licenze per la costruzione di
strutture turistiche. Anche se, almeno per ora, i pericoli per
l'ecosistema vengono principalmente dalle insidie del clima. Come quella
della corrente del Nino, che nel 2000 ha provocato la morte di numerosi
coralli.

Il
Great Blue Hole (Grande Voragine Blu) è una grande dolina
carsica subacquea
situata ad est delle coste del Belize,
nel Mar dei Caraibi.
Si
trova vicino al centro dell'atollo
di Lighthouse Reef, a
circa 60 km di distanza da Belize
City. La cavità è quasi perfettamente circolare, larga oltre
300 metri e profonda 123 metri.
Si
formò come grotta calcarea
durante l'ultima Era Glaciale
quando il livello del mare
era molto più basso. Quando l'oceano
iniziò a rialzarsi la grotta si allagò e il tetto collassò verso il
basso, dando forma ad una valle
di crollo sommersa.
Il
Great Blue Hole è di grande interesse per la subacquea,
anche se per via delle pareti quasi verticali (a volte anche a parete
strapiombante) e della grande profondità la parte più bassa
della cavità è poco visitata.
Il
vero motivo di richiamo sono le pareti stesse, da circa 30 metri di
profondità, che sono caratterizzate da un grandissimo numero di stalattiti,
alcune lunghe fino a 12 metri. I subacquei possono nuotare tra di esse,
a patto di prestare grande attenzione al proprio assetto.
Più in profondità inizia il regno delle immersioni
tecniche, con passaggi più angusti.
Il
Great Blue Hole è molto frequentato da squali
leuca, che potrebbero dare problemi ai subacquei sebbene
non ci siano stati, fino ad ora, casi di attacchi all'uomo.

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