Monasteri di Dafnì, Hossios Lucas e Nea Moni di Chio
  

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1990

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Monastero di Hosios Loukas

Ossios Loukas è un antico monastero che si trova nei pressi della città di Distomo, in Beozia. Si tratta di uno dei principali esempi dell'arte bizantina.

L’Elicona con i suoi 1.748 metri è il monte più alto della Beozia. Questa regione montuosa della Grecia è densa di reminiscenze classiche. “Beota”, in verità, è sinonimo di stupidità, un insulto che i colti cittadini ateniesi affibbiavano con disprezzo alla gente delle campagne della Beozia. Ma la Beozia è stata anche patria di personalità insigni come Esiodo, Pindaro, Corinna, Epaminonda e Plutarco. E nella mitologia l’Elicona era legato alle Muse. Esiodo apre la sua Teogonia con l’invocazione “cominci il canto mio dalle Muse Eliconie, che sopra l’eccelse d’Elicona santissime vette han soggiorno”.

Su una delle ‘santissime vette’ dell’Elicona spicca la presenza isolata del Monastero dedicato a San Luca. La solitudine e il paesaggio degli olivi convinsero Luca lo Stiriota a ritirarsi qui in eremitaggio. San Loukas morì il 17 febbraio 953 ed è famoso per aver predetto all'imperatore bizantino la riconquista dell'isola di Creta (riconquista avvenuta poi nel 960 per mano di Niceforo II Foca, divenuto a sua volta imperatore tre anni più tardi).

Il tesoro più gelosamente custodito del monastero è la tomba del suo fondatore, originariamente situata nella cripta ma successivamente sistemata dove si uniscono le due chiese del complesso monasteriale. Questa sepoltura stillava, nella credenza popolare, il myron, una sorta di olio profumato che aveva il potere di guarire dalle malattie. I pellegrini venivano da ogni parte nella speranza dell'evento miracoloso, incoraggiati a dormire a fianco della tomba per poter essere risanati grazie al rito dell'incubazione. Questo continuo pellegrinaggio fu la principale fonte di sostentamento del monastero per secoli, permettendone anche l'ampliamento con la costruzione di nuovi edifici.

Attorno alla tomba si trovano dei mosaici che mostrano, oltre allo stesso San Loukas, l'egumeno Philotheos nell'atto di porgere al santo un'immagine della chiesa appena costruita.

La cittadella fortificata di San Luca fu affidata nel tempo ai monaci cistercensi e conobbe successivamente danni provocati dal terremoto del 1593 e dal passaggio della guerra. Oggi questo monastero bizantino è Patrimonio dell’Umanità, per l’originalità delle sue architetture e per la qualità dei dipinti e dei mosaici che ne decorano le chiese.

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La chiesa dedicata a Maria Theotokos, la più antica del complesso, è anche l'unica chiesa di cui ci sia giunta notizia che sia stata costruita nella Grecia continentale nel corso del X secolo. La pianta ha la forma di un parallelogramma, molto simile a quella di Chiesa di San Giovanni Battista a Costantinopoli, la più antica di questo tipo che sia stata costruita in Grecia. I muri dell'edificio sono stati costruiti secondo la tecnica dell'opus mixtum (parte mattoni, parte pietra, parte marmo) e mostra decorazioni pseudo-cufiche.

Contigua a questa vi è una chiesa più grande, detta Katholikon, che probabilmente risale al 1011-1012. La chiesa dedicata a San Luca ha l’esterno gradevolmente cromatico, caratterizzato da archi a tutto sesto, da belle absidi e dalle cupole centrali. All’interno si apprezza l’esempio perfetto di edificio bizantino dalla pianta a croce greca inscritta in un quadrato. 

Essa è la più antica costruzione ancora esistente a cupola ottagonale, con otto pilastri eretti attorno al perimetro del naos. La cupola emisferica, senza tamburo, poggia su quattro pilastri che hanno la funzione di provvedere alla transizione dalla base ottagonale della cupola alla base quadrata dei muri della chiesa. Su tutti e quattro i lati il cubo principale che costituisce la chiesa è sormontato da gallerie e cappelle

Ma l’attenzione è soprattutto attirata dai mosaici del nartece e dell’interno che raccontano la vita di Gesù (Cristo che insegna, Crocifissione, Risurrezione, Incredulità di Tommaso, Lavanda dei piedi, Natività, Presentazione al tempio, Battesimo, Pentecoste).

HossiosLucas8.jpg (366258 byte) HossiosLucas9.jpg (362073 byte) HosiosLoukas10.jpg (351016 byte) HosiosLoukas11.jpg (355763 byte) HosiosLoukas12.jpg (441023 byte) HosiosLoukas13.jpg (790483 byte) HosiosLoukas14.jpg (406002 byte) HosiosLoukas15.jpg (421771 byte)

L'ambiente di passaggio che contiene la venerata tomba di San Luca conduce alla vicina chiesa dedicata alla Madre di Dio (Theotokos). La bella cupola, le architetture interne e l’assenza di decorazioni fanno pensare a una ricostruzione a opera dei cistercensi di una precedente chiesa coeva a Luca. Grazie a una scala esterna si visita poi la cripta, che è una chiesa preesistente sulla quale è stato edificato il katholikon. 

La cripta è dedicata a Santa Barbara – la ‘straniera’ – e ha un carattere funerario poiché accoglieva un tempo la tomba di San Luca. L’interno comprende nove campate con volta a crociera e un santuario con campata voltata e abside. La ripulitura ha riportato alla luce un corpus di affreschi bizantini di epoca successiva al 1048, con raffigurazioni della vita di Gesù (Ultima cena, Entrata a Gerusalemme, Crocifissione, Deposizione, Risurrezione, Incredulità di Tommaso, Morte di Maria). 

Ossios Loukas è il più grande dei tre monasteri bizantini dello stesso periodo che sono giunti fino a noi, ma è l'unico ad essere dedicato ad un singolo santo militare. La profezia di San Loukas riguardo la riconquista dell'isola di Creta è commemorata dall'immagine di Giosuè sul muro esterno della chiesa: Giosuè era considerato il prototipo dei guerrieri della fede, il cui aiuto era stato fondamentale nelle guerre combattute contro gli Arabi. Il Katholikon contiene uno dei migliori esempi di mosaici risalenti alla dinastia macedone. Essi però non sono completi: manca l'originale immagine di Cristo Pantocratore all'interno della cupola e le figure degli arcangeli che normalmente si trovavano fra le finestre superiori.

Vi sono prove che il monastero di Ossios Loukas era fra i più fastosamente decorati in tutto il regno bizantino, con sculture, superfici in oro e argento, mosaici (specialmente sulle superfici curve), dipinti, icone, candelieri, tendaggi di seta e ricchi paramenti sacri. Solo una piccola parte di tutto ciò si è conservata all'interno del complesso monasteriale, soprattutto superfici marmoree e vetrate a graticcio. Nonostante tutte le perdite subite nel corso del tempo, il Katholikon "ci dà la miglior idea possibile delle condizioni dell'interno di un edificio religioso nei primi secoli dopo la fine dell'Iconoclastia".

La chiesa dedicata a Maria Theotokos, la più antica del complesso, è anche l'unica chiesa di cui ci sia giunta notizia che sia stata costruita nella Grecia continentale nel corso del X secolo. La pianta ha la forma di un parallelogramma, molto simile a quella di Fenari Isa Cami a Costantinopoli, la più antica di questo tipo che sia stata costruita in Grecia. I muri dell'edificio sono stati costruiti secondo la tecnica dell'opus mixtum (parte mattoni, parte pietra, parte marmo) e mostra decorazioni pseudo-kufiche.

Contigua a questa vi è una chiesa più grande, detta Katholikon, che probabilmente risale al 1011-1012. Essa è la più antica costruzione ancora esistente a cupola ottagonale, con otto pilastri eretti attorno al perimetro del naos. La cupola emisferica, senza tamburo, poggia su quattro pilastri che hanno la funzione di provvedere alla transizione dalla base ottagonale della cupola alla base quadrata dei muri della chiesa. Su tutti e quattro i lati il cubo principale che costituisce la chiesa è sormontato da gallerie e cappelle.

Monastero di Daphni

Il nome della località, a pochi km da Atene lungo la strada che anticamente conduceva ad Eleusi, indica la presenza in precedenza di un santuario dedicato ad Apollo a cui era appunto sacro l'alloro (Dafne).

Il monastero fu fondato nel V-VI sec., cristianizzando il sito dell'antico santuario che era stato profanato dai Goti nel 395: per questo scopo vennero riutilizzate le colonne ioniche che sorreggevano il tetto del Tempio di Apollo. Di queste colonne oggi ne rimane in loco una sola: le altre sono state trasportate a Londra da Lord Elgin.

La chiesa principale del monastero (katholikon), dedicata alla Dormizione della Vergine, fu costruita nel 1080 e presenta attualmente una pianta a croce greca inscritta con nartece e esonartece, sormontata da una cupola di notevoli dimensioni.

Nel 1205 fu saccheggiato dai crociati e nel 1211, dopo la conquista di Atene e l'infeudamento dei de la Roche, i monaci ortodossi ne vennero espulsi e il monastero fu affidato ai monaci cistercensi dell'abbazia di Belleveux. I monaci francesi ricostruirono l'esonartece dalle evidenti caratteristiche gotiche, circondarono il complesso monasteriale con un muro difensivo ed effettuarono numerose altre modifiche - il katholikon divenne anche il luogo di sepoltura dei duchi di Atene, vi sono sepolti infatti Guido I de La Roche, Guido II de La Roche e Gualtiero V di Brienne (il mausoleo funebre era collocato nella cripta posta sotto il nartece) - fino a che non vennero scacciati dagli Ottomani nel 1458. Le autorità ottomane restituirono l'edificio al culto ortodosso ma il monastero non fu più funzionante per tutta la durata dell'occupazione turca. 

Lentamente la costruzione cadde in rovina. Fu sconsacrato nel 1821 ed utilizzato come casermaggio e, per un breve periodo, come ricovero per alienati (1833-1835). I primi restauri non iniziarono fino al 1888.

Nel 1999 un violento terremoto lo danneggiò pesantemente e il monastero è tuttora chiuso al pubblico per consentire i restauri di cui esso necessita.

Una leggenda lega impropriamente il monastero all'assassinio di Chiara Zorzi, duchessa di Atene, ad opera dei sicari del nipote Francesco II Acciaiuoli. La duchessa fu invece assassinata a Megara.

Il monastero era protetto da una solida cinta muraria a pianta quadrata, fortificata da torri e dotata di due porte d'ingresso, sui lati est e ovest; oggi solo il muro nord conserva la forma della fortificazione originaria. I quattro lati, ciascuno lungo circa 98 metri e poco più di 1 metro di spessore, sono rinforzati all'interno da grandi lesene, sulle quali poggiavano grandi archi, alcuni dei quali sono sopravvissuti fino ad oggi. Tre torri quadrate rinforzavano il muro nord lungo la Via Sacra, mentre un'altra torre si trovava alla porta ovest. Sul lato est c'era anche un cancello con una torre interna. Paralleli, ma non attaccati, ai quattro lati del recinto fortificato, sono presenti i ruderi di quelle che probabilmente erano le celle dei monaci.

La chiesa principale del monastero, il ‘’katholikon’’, predomina all'interno del recinto. Nella parte sud c’era un cortile quadrato con archi, un blocco di celle e altri edifici ausiliari che, secondo i risultati degli scavi, hanno subito una serie di ricostruzioni e restauri. La chiesa, dedicata alla Dormizione della Vergine Maria, risale alla fine dell'11° secolo e ha una pianta architettonica ottagonale comune nel periodo dell'Impero bizantino medio. Questo stile architettonico, generalmente legato a Constantinopoli, a come caratteristica principale la grande cupola poggiante su otto pilastri, disposti simmetricamente ai lati dello spazio centrale quadrato.

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L'esterno della chiesa è meticolosamente realizzato in muratura tramezzata, una tecnica decorativa in cui i blocchi rettangolari di pietra sono separati, o "incorniciati" su tutti e quattro i lati, da mattoni. L'interno è riccamente decorato con elaborati mosaici ed eleganti rivestimenti in marmo che sono ancora conservati. Le decorazioni a mosaico che rivestono le pareti superiori sono compatibili con le formule iconografiche del periodo bizantino medio; l'interno della cupola è adornato da un'imponente figura del Cristo Pantocratore (Onnipotente) affiancata da profeti, il mosaico dell'abside rappresenta la Vergine Maria accompagnata da angeli, mentre i ciondoli sotto la cupola rappresentano l'Annunciazione e la Nascita, il Battesimo e la Trasfigurazione di Cristo. L'espressione sui volti dei santi è caratterizzata da gentilezza e la raffigurazione della loro figura è eseguita con maestria.

In seguito alla distruzione dei rivestimenti in marmo, le pareti della chiesa principale che si trovano a un livello inferiore furono ricoperte di scene dipinte, raffiguranti scene bibliche, probabilmente risalenti al 17° secolo.

Il nartece (portico) sul lato ovest è della stessa che la chiesa. Poco dopo fu aggiunto un esonartece o portico esterno, con un piano superiore che si estendeva anche attraverso il nartece. Quattro colonne ioniche furono utilizzate nella costruzione dell'esonartece, di cui solo una rimane sul sito, poiché all'inizio del 19° secolo le altre furono rimosse e portate a Londra da Thomas Bruce, conte di Elgin. Le colonne rimosse sono attualmente nel British Museum e sono state sostituite da repliche in marmo durante i recenti lavori di ristrutturazione.

Monastero di Nea Monì

Nea Moní è un monastero di epoca bizantina che si trova sull'isola di Chio. Si trova all'interno dell'isola, sul monte Provateio Oros, a circa 15 km da Chio.  

Il monastero venne costruito a metà dell'XI secolo dall'imperatore bizantino Costantino IX e dalla moglie, l'imperatrice Zoe. Secondo la tradizione venne costruito nel luogo in cui tre monaci, Nikitas, Ioannes e Iosif, trovarono miracolosamente un'icona della Vergine Maria, appesa ad un ramo di mirto. In quel periodo Costantino era in esilio nei pressi di Lesbo, e i monaci lo visitarono parlandogli della visione secondo la quale sarebbe divenuto imperatore. Costantino promise di costruire una chiesa se la previsione si fosse avverata. Infatti, nel 1042, Costantino divenne imperatore, e mantenendo il proprio voto iniziò la costruzione del monastero, dedicato ai Theotokos. 

La chiesa principale (il katholikon) venne inaugurata nel 1049, ed il complesso venne terminato nel 1055, dopo la morte di Costantino.

Grazie a concessioni terriere, esenzioni fiscali ed altri privilegi, concessi da Costantino e dai successivi imperatori, il monastero prosperò durante il periodo mediobizantino. Accumulò sostanziose ricchezze nei secoli, e divenne uno dei più potenti monasteri del Mar Egeo. Al suo picco, attorno al 1300, copriva un terzo dell'isola di Chio, e si stima che quasi 800 monaci vivessero al suo interno. La successiva dominazione genovese ne ridusse la potenza, ma il monastero continuò a prosperare fino all'era ottomana, quando era direttamente controllato dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, ottenendo una considerevole autonomia. 

Alla fine del XVI secolo l'esploratore Samuel Purchas disse che conteneva 200 monaci, e che "erano i soli nell'intera Grecia ad avere il diritto di usare le campane". Nel XVII secolo il numero di monaci diminuì ulteriormente, per poi risalire nel secolo successivo. Il patriarca di Gerusalemme, Chrysanthos Notaras, ed il sacerdote francese Fourmont, che visitarono rispettivamente il monastero nel 1725 e nel 1729, citarono il grand numero di monaci, la quantità di reliquie presenti, e la bellezza della chiesa e delle sue decorazioni.

Il declino del monastero iniziò solo dopo la distruzione di Chio per mano degli Ottomani nel 1822, durante la guerra d'indipendenza greca. Il monastero venne saccheggiato, e mai riportato all'antico splendore. 

Nel 1881 un terremoto ne peggiorò la situazione, portando ad un collasso della cupola della chiesa principale, mentre molti altri edifici, come il campanile del 1512, vennero completamente rasi al suolo. 

Nel 1952, a causa dell'esiguo numero dei monaci, Nea Moni venne trasformato in convento. Secondo il censimento del 2001, oggi è abitato da tre sole suore.

Il complesso del monastero copre un'area di circa 17 000 m², ed è composto dal katholikon, da due piccole chiese (dedicate alla Santa Croce e a San Pantaleone), dalla sala da pranzo ("trapeza"), dalle celle dei monaci ("kelia"), dalla reception o "triklinon" e da una cisterna idrica sotterranea ("kinsterna"). Il complesso è cintato da un muro (quello bizantino originale venne distrutto nel 1822), e nell'angolo nord-orientale si trova una torre difensiva, inizialmente usata come biblioteca. All'esterno delle mura, nei pressi del cimitero dei monaci, si trova una piccola cappella dedicata a San Luca.

Il katholikon è la principale struttura del monastero, dedicato alla dormizione di Maria. È composto dalla chiesa principale, l'esonartece e l'exonartece. La chiesa ha forma ottagonale, di tipo detto "insulare", trovato a Chio e Cipro. Nonostante le tre sezioni siano databili all'XI secolo, la chiesa subì gravi danni nel 1822 e nel 1881, con il risultato che la struttura odierna, ricostruita, ha una forma differente da quella originale. Il campanile venne eretto nel 1512. Le spoglie dei tre fondatori erano un tempo conservate nell'exonartece, ma vennero distrutte durante il saccheggio del 1822.

Oltre al katholikon, gli unici altri edifici dell'XI secolo sono le torri parzialmente in rovina, la cappella di San Luca, la cisterna e parti del trapeza. Le celle, molte delle quali si trovano in pessime condizioni, risalgono al periodo veneziano e genovese. Un piccolo museo aperto nel 1992 si trova nell'angolo nord-occidentale del katholikon, in una cella restaurata. Gli artefatti esibiti risalgono all'ultima parte del XIX secolo.

NeaMoni8.jpg (44084 byte)Ma l'aspetto artistico per cui il katholikon è ricordato è soprattutto l'alto esito delle sue decorazioni musive, risalenti alla metà dell'XI secolo e tradizionalmente esemplificative di uno degli stili più rappresentativi della tarda età macedone. 

La disposizione dei soggetti segue lo schema generale bizantino, con il Pantocrator sulla cupola (perduto), attorniato nei pennacchi dai quattro Evangelisti, la Theotókos sul catino absidale, gli arcangeli Michele e Raffaele sulla absidi laterali, scene delle Grandi Feste o Dodekaorton) nel naos e della Passione del Cristo nell'endonartece e sulle pareti del bema. 

Immagini di santi percorrono anche i due narteci. Lo stile di questi mosaici, con figure eleganti, colori accesi, un equilibrio espressivo che sarà superato solo dai mosaici di Daphnì, linee di contorno nere, uso della mezzatinta, crisografie, linearismo grafico, è di chiara ascendenza costantinopolitana – si pensi al mosaico con Costantino IX Monomaco e Irene nella tribuna sud di Santa Sofia a Costantinopoli – e si segnala per la "dispiegata monumentalità", l'espressività dei volti e lo slancio delle figure. 

Un linguaggio musivo nella cui scia si pone in gran parte quello dei mosaici siciliani di Monreale, Palermo e Cefalù, oltre a quello della seconda campagna musiva di San Marco a Venezia (cupole dell'Ascensione, Pentecoste, Emanuele e storie del Cristo).

Fonti: