- Monastero
di Hosios Loukas
Ossios
Loukas è un antico monastero
che si trova nei pressi della città di Distomo,
in Beozia.
Si tratta di uno dei principali esempi dell'arte
bizantina.
L’Elicona
con i suoi 1.748 metri è il monte più alto della Beozia. Questa regione
montuosa della Grecia è densa di reminiscenze classiche. “Beota”, in verità,
è sinonimo di stupidità, un insulto che i colti cittadini ateniesi
affibbiavano con disprezzo alla gente delle campagne della Beozia. Ma la Beozia
è stata anche patria di personalità insigni come Esiodo, Pindaro, Corinna,
Epaminonda e Plutarco. E nella mitologia l’Elicona era legato alle Muse.
Esiodo apre la sua Teogonia con l’invocazione “cominci il canto mio dalle
Muse Eliconie, che sopra l’eccelse d’Elicona santissime vette han
soggiorno”.
Su
una delle ‘santissime vette’ dell’Elicona spicca la presenza isolata del
Monastero dedicato a San Luca. La solitudine e il paesaggio degli olivi
convinsero Luca lo Stiriota a ritirarsi qui in eremitaggio. San Loukas morì il
17 febbraio 953 ed è famoso per aver predetto all'imperatore
bizantino la riconquista dell'isola di Creta (riconquista
avvenuta poi nel 960 per mano di Niceforo II Foca, divenuto a sua
volta imperatore tre anni più tardi).
Il
tesoro più gelosamente custodito del monastero è la tomba del suo fondatore,
originariamente situata nella cripta ma successivamente sistemata dove
si uniscono le due chiese del complesso monasteriale. Questa sepoltura stillava,
nella credenza popolare, il myron, una sorta di olio profumato che aveva il
potere di guarire dalle malattie. I pellegrini venivano da ogni parte
nella speranza dell'evento miracoloso, incoraggiati a dormire a fianco della
tomba per poter essere risanati grazie al rito dell'incubazione. Questo continuo
pellegrinaggio fu la principale fonte di sostentamento del monastero per secoli,
permettendone anche l'ampliamento con la costruzione di nuovi edifici.
Attorno
alla tomba si trovano dei mosaici che mostrano, oltre allo stesso San
Loukas, l'egumeno Philotheos nell'atto di porgere al santo un'immagine
della chiesa appena costruita.
La
cittadella fortificata di San Luca fu affidata nel tempo ai monaci cistercensi e
conobbe successivamente danni provocati dal terremoto del 1593 e dal passaggio
della guerra. Oggi questo monastero bizantino è Patrimonio dell’Umanità, per
l’originalità delle sue architetture e per la qualità dei dipinti e dei
mosaici che ne decorano le chiese.
La
chiesa dedicata a Maria Theotokos, la più antica del complesso, è anche
l'unica chiesa di cui ci sia giunta notizia che sia stata costruita nella Grecia
continentale nel corso del X secolo. La pianta ha la forma di un parallelogramma,
molto simile a quella di Chiesa di San Giovanni Battista a Costantinopoli,
la più antica di questo tipo che sia stata costruita in Grecia. I muri
dell'edificio sono stati costruiti secondo la tecnica dell'opus mixtum (parte
mattoni, parte pietra, parte marmo) e mostra decorazioni pseudo-cufiche.
Contigua
a questa vi è una chiesa più grande, detta Katholikon, che probabilmente
risale al 1011-1012. La chiesa dedicata a San Luca ha l’esterno
gradevolmente cromatico, caratterizzato da archi a tutto sesto, da belle absidi
e dalle cupole centrali. All’interno si apprezza l’esempio perfetto di
edificio bizantino dalla pianta a croce greca inscritta in un quadrato.
Essa
è la più antica costruzione ancora esistente a cupola ottagonale, con otto
pilastri eretti attorno al perimetro del naos. La cupola emisferica, senza tamburo,
poggia su quattro pilastri che hanno la funzione di provvedere alla transizione
dalla base ottagonale della cupola alla base quadrata dei muri della chiesa. Su
tutti e quattro i lati il cubo principale che costituisce la chiesa è
sormontato da gallerie e cappelle
Ma
l’attenzione è soprattutto attirata dai mosaici del nartece e dell’interno
che raccontano la vita di Gesù (Cristo che insegna, Crocifissione,
Risurrezione, Incredulità di Tommaso, Lavanda dei piedi, Natività,
Presentazione al tempio, Battesimo, Pentecoste).


L'ambiente di passaggio che contiene la venerata tomba di San Luca conduce alla
vicina chiesa dedicata alla Madre di Dio (Theotokos).
La bella cupola, le architetture interne e l’assenza di decorazioni fanno
pensare a una ricostruzione a opera dei cistercensi di una precedente chiesa
coeva a Luca. Grazie a una scala esterna si visita poi la cripta, che è una
chiesa preesistente sulla quale è stato edificato il katholikon.
La
cripta è dedicata a Santa Barbara – la ‘straniera’ – e ha un carattere
funerario poiché accoglieva un tempo la tomba di San Luca. L’interno
comprende nove campate con volta a crociera e un santuario con campata voltata e
abside. La ripulitura ha riportato alla luce un corpus di affreschi
bizantini di epoca successiva al 1048, con raffigurazioni della vita di Gesù
(Ultima cena, Entrata a Gerusalemme, Crocifissione, Deposizione, Risurrezione,
Incredulità di Tommaso, Morte di Maria).
Ossios Loukas è il più
grande dei tre monasteri bizantini dello stesso periodo che sono giunti fino a
noi, ma è l'unico ad essere dedicato ad un singolo santo militare. La profezia
di San Loukas riguardo la riconquista dell'isola di Creta è commemorata
dall'immagine di Giosuè sul muro esterno della chiesa: Giosuè era considerato il
prototipo dei guerrieri della fede, il cui aiuto era stato fondamentale
nelle guerre combattute contro gli Arabi. Il Katholikon contiene uno dei
migliori esempi di mosaici
risalenti alla dinastia macedone. Essi però non sono
completi: manca l'originale immagine di Cristo Pantocratore all'interno della cupola e le figure degli arcangeli
che normalmente si trovavano fra le finestre superiori.
Vi
sono prove che il monastero di Ossios Loukas era fra i più fastosamente
decorati in tutto il regno bizantino, con sculture, superfici in oro e argento,
mosaici (specialmente sulle superfici curve), dipinti, icone, candelieri, tendaggi di seta e ricchi paramenti sacri. Solo
una piccola parte di tutto ciò si è conservata all'interno del complesso
monasteriale, soprattutto superfici marmoree
e vetrate a graticcio. Nonostante tutte le perdite subite nel corso del tempo,
il Katholikon "ci dà la miglior idea possibile delle condizioni
dell'interno di un edificio religioso nei primi secoli dopo la fine dell'Iconoclastia".

La
chiesa dedicata a Maria
Theotokos, la più antica del complesso, è anche l'unica chiesa di cui
ci sia giunta notizia che sia stata costruita nella Grecia continentale nel
corso del X
secolo. La pianta ha la forma di un parallelogramma,
molto simile a quella di Fenari
Isa Cami a Costantinopoli,
la più antica di questo tipo che sia stata costruita in Grecia. I muri
dell'edificio sono stati costruiti secondo la tecnica dell'opus
mixtum (parte mattoni, parte pietra, parte marmo)
e mostra decorazioni pseudo-kufiche.
Contigua
a questa vi è una chiesa più grande, detta Katholikon, che
probabilmente risale al 1011-1012. Essa è la più antica
costruzione ancora esistente a cupola ottagonale, con otto pilastri eretti
attorno al perimetro del naos. La cupola emisferica, senza tamburo, poggia su quattro pilastri che hanno
la funzione di provvedere alla transizione dalla base ottagonale della cupola
alla base quadrata dei muri della chiesa. Su tutti e quattro i lati il cubo
principale che costituisce la chiesa è sormontato da gallerie e cappelle.
- Monastero
di Daphni

Il nome della
località, a pochi km da Atene lungo la strada che anticamente conduceva ad
Eleusi, indica la presenza in precedenza di un santuario dedicato ad Apollo a
cui era appunto sacro l'alloro (Dafne).
Il monastero fu
fondato nel V-VI sec., cristianizzando il sito dell'antico santuario che
era stato profanato dai Goti nel 395: per questo scopo vennero riutilizzate le
colonne ioniche che sorreggevano il tetto del Tempio di Apollo. Di queste
colonne oggi ne rimane in loco una sola: le altre sono state trasportate a
Londra da Lord Elgin.
La chiesa
principale del monastero (katholikon), dedicata alla Dormizione della
Vergine, fu costruita nel 1080 e presenta attualmente una pianta a croce
greca inscritta con nartece e esonartece, sormontata da una cupola di
notevoli dimensioni.
Nel 1205 fu
saccheggiato dai crociati e nel 1211, dopo la conquista di Atene e
l'infeudamento dei de la Roche, i monaci ortodossi ne vennero espulsi e il
monastero fu affidato ai monaci cistercensi dell'abbazia di Belleveux. I monaci
francesi ricostruirono l'esonartece dalle evidenti caratteristiche gotiche,
circondarono il complesso monasteriale con un muro difensivo ed effettuarono
numerose altre modifiche - il katholikon divenne anche il luogo di sepoltura dei duchi
di Atene, vi sono sepolti infatti Guido I de La Roche, Guido II de La Roche e
Gualtiero V di Brienne (il mausoleo funebre era collocato nella cripta posta
sotto il nartece) - fino a che non vennero scacciati dagli Ottomani nel
1458. Le autorità ottomane restituirono l'edificio al culto ortodosso ma il
monastero non fu più funzionante per tutta la durata dell'occupazione turca.
Lentamente la
costruzione cadde in rovina. Fu sconsacrato nel 1821 ed utilizzato come
casermaggio e, per un breve periodo, come ricovero per alienati (1833-1835). I
primi restauri non iniziarono fino al 1888.
Nel
1999 un violento terremoto
lo danneggiò pesantemente e il monastero è tuttora chiuso al pubblico per
consentire i restauri di cui esso necessita.
Una leggenda
lega impropriamente il monastero all'assassinio di Chiara Zorzi, duchessa
di Atene, ad opera dei sicari del nipote Francesco II Acciaiuoli. La duchessa fu
invece assassinata a Megara.

Il monastero
era protetto da una solida cinta muraria a pianta quadrata, fortificata da torri
e dotata di due porte d'ingresso, sui lati est e ovest; oggi solo il muro nord
conserva la forma della fortificazione originaria. I quattro lati, ciascuno
lungo circa 98 metri e poco più di 1 metro di spessore, sono rinforzati
all'interno da grandi lesene, sulle quali poggiavano grandi archi, alcuni dei
quali sono sopravvissuti fino ad oggi. Tre torri quadrate rinforzavano il muro
nord lungo la Via Sacra, mentre un'altra torre si trovava alla porta ovest. Sul
lato est c'era anche un cancello con una torre interna. Paralleli, ma non
attaccati, ai quattro lati del recinto fortificato, sono presenti i ruderi di
quelle che probabilmente erano le celle dei monaci.
La chiesa
principale del monastero, il ‘’katholikon’’, predomina all'interno del
recinto. Nella parte sud c’era un cortile quadrato con archi, un blocco di
celle e altri edifici ausiliari che, secondo i risultati degli scavi, hanno
subito una serie di ricostruzioni e restauri. La chiesa, dedicata alla
Dormizione della Vergine Maria, risale alla fine dell'11° secolo e ha una
pianta architettonica ottagonale comune nel periodo dell'Impero bizantino medio.
Questo stile architettonico, generalmente legato a Constantinopoli, a come
caratteristica principale la grande cupola poggiante su otto pilastri, disposti
simmetricamente ai lati dello spazio centrale quadrato.

L'esterno della
chiesa è meticolosamente realizzato in muratura tramezzata, una tecnica
decorativa in cui i blocchi rettangolari di pietra sono separati, o
"incorniciati" su tutti e quattro i lati, da mattoni. L'interno è
riccamente decorato con elaborati mosaici ed eleganti rivestimenti in marmo che
sono ancora conservati. Le decorazioni a mosaico che rivestono le pareti
superiori sono compatibili con le formule iconografiche del periodo bizantino
medio; l'interno della cupola è adornato da un'imponente figura del Cristo
Pantocratore (Onnipotente) affiancata da profeti, il mosaico dell'abside
rappresenta la Vergine Maria accompagnata da angeli, mentre i ciondoli sotto la
cupola rappresentano l'Annunciazione e la Nascita, il Battesimo e la
Trasfigurazione di Cristo. L'espressione sui volti dei santi è caratterizzata
da gentilezza e la raffigurazione della loro figura è eseguita con maestria.
In seguito alla
distruzione dei rivestimenti in marmo, le pareti della chiesa principale che si
trovano a un livello inferiore furono ricoperte di scene dipinte, raffiguranti
scene bibliche, probabilmente risalenti al 17° secolo.
Il
nartece (portico) sul lato ovest è della stessa che la chiesa. Poco dopo fu
aggiunto un esonartece o portico esterno, con un piano superiore che si
estendeva anche attraverso il nartece. Quattro colonne ioniche furono utilizzate
nella costruzione dell'esonartece, di cui solo una rimane sul sito, poiché
all'inizio del 19° secolo le altre furono rimosse e portate a Londra da Thomas
Bruce, conte di Elgin. Le colonne rimosse sono attualmente nel British
Museum e sono state sostituite da repliche in marmo durante i recenti
lavori di ristrutturazione.
- Monastero
di Nea Monì

Nea Moní è
un monastero di epoca bizantina che si trova sull'isola di
Chio. Si trova all'interno dell'isola, sul monte Provateio Oros, a circa 15 km
da Chio.
Il monastero
venne costruito a metà dell'XI secolo dall'imperatore bizantino Costantino
IX e dalla moglie, l'imperatrice Zoe. Secondo la tradizione venne
costruito nel luogo in cui tre monaci, Nikitas, Ioannes e Iosif, trovarono
miracolosamente un'icona della Vergine Maria, appesa ad un ramo di mirto. In
quel periodo Costantino era in esilio nei pressi di Lesbo, e i monaci lo
visitarono parlandogli della visione secondo la quale sarebbe divenuto
imperatore. Costantino promise di costruire una chiesa se la previsione si fosse
avverata. Infatti, nel 1042, Costantino divenne imperatore, e mantenendo il
proprio voto iniziò la costruzione del monastero, dedicato ai Theotokos.
La chiesa
principale (il katholikon) venne inaugurata nel 1049, ed il complesso
venne terminato nel 1055, dopo la morte di Costantino.

Grazie a
concessioni terriere, esenzioni fiscali ed altri privilegi, concessi da
Costantino e dai successivi imperatori, il monastero prosperò durante il
periodo mediobizantino. Accumulò sostanziose ricchezze nei secoli, e divenne
uno dei più potenti monasteri del Mar Egeo. Al suo picco, attorno al 1300,
copriva un terzo dell'isola di Chio, e si stima che quasi 800 monaci vivessero
al suo interno. La successiva dominazione genovese ne ridusse la potenza,
ma il monastero continuò a prosperare fino all'era ottomana, quando era
direttamente controllato dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli,
ottenendo una considerevole autonomia.
Alla fine del
XVI secolo l'esploratore Samuel Purchas disse che conteneva 200
monaci, e che "erano i soli nell'intera Grecia ad avere il diritto di usare
le campane". Nel XVII secolo il numero di monaci diminuì ulteriormente,
per poi risalire nel secolo successivo. Il patriarca di Gerusalemme, Chrysanthos
Notaras, ed il sacerdote francese Fourmont, che visitarono rispettivamente il
monastero nel 1725 e nel 1729, citarono il grand numero di monaci, la quantità
di reliquie presenti, e la bellezza della chiesa e delle sue decorazioni.
Il declino del
monastero iniziò solo dopo la distruzione di Chio per mano degli
Ottomani nel 1822, durante la guerra d'indipendenza greca. Il monastero
venne saccheggiato, e mai riportato all'antico splendore.
Nel 1881 un
terremoto ne peggiorò la situazione, portando ad un collasso della cupola della
chiesa principale, mentre molti altri edifici, come il campanile del 1512,
vennero completamente rasi al suolo.
Nel 1952, a
causa dell'esiguo numero dei monaci, Nea Moni venne trasformato in convento.
Secondo il censimento del 2001, oggi è abitato da tre sole suore.
Il complesso
del monastero copre un'area di circa 17 000 m², ed è composto dal
katholikon, da due piccole chiese (dedicate alla Santa Croce e a San
Pantaleone), dalla sala da pranzo ("trapeza"), dalle celle dei monaci
("kelia"), dalla reception o "triklinon" e da una cisterna idrica
sotterranea ("kinsterna"). Il complesso è cintato da un muro (quello
bizantino originale venne distrutto nel 1822), e nell'angolo nord-orientale si
trova una torre difensiva, inizialmente usata come biblioteca. All'esterno
delle mura, nei pressi del cimitero dei monaci, si trova una piccola cappella
dedicata a San Luca.
Il katholikon
è la principale struttura del monastero, dedicato alla dormizione di
Maria. È composto dalla chiesa principale, l'esonartece e
l'exonartece. La chiesa ha forma ottagonale, di tipo detto
"insulare", trovato a Chio e Cipro. Nonostante le tre sezioni siano
databili all'XI secolo, la chiesa subì gravi danni nel 1822 e nel 1881, con il
risultato che la struttura odierna, ricostruita, ha una forma differente da
quella originale. Il campanile venne eretto nel 1512. Le spoglie dei tre
fondatori erano un tempo conservate nell'exonartece, ma vennero distrutte
durante il saccheggio del 1822.
Oltre al
katholikon, gli unici altri edifici dell'XI secolo sono le torri parzialmente in
rovina, la cappella di San Luca, la cisterna e parti del trapeza. Le celle,
molte delle quali si trovano in pessime condizioni, risalgono al periodo
veneziano e genovese. Un piccolo museo aperto nel 1992 si trova nell'angolo
nord-occidentale del katholikon, in una cella restaurata. Gli artefatti esibiti
risalgono all'ultima parte del XIX secolo.

 Ma
l'aspetto artistico per cui il katholikon è ricordato è soprattutto l'alto
esito delle sue decorazioni musive, risalenti alla metà dell'XI secolo e
tradizionalmente esemplificative di uno degli stili più rappresentativi della
tarda età macedone.
La disposizione
dei soggetti segue lo schema generale bizantino, con il Pantocrator sulla cupola
(perduto), attorniato nei pennacchi dai quattro Evangelisti, la Theotókos sul
catino absidale, gli arcangeli Michele e Raffaele sulla absidi laterali,
scene delle Grandi Feste o Dodekaorton) nel naos e della Passione del
Cristo nell'endonartece e sulle pareti del bema.
Immagini di
santi percorrono anche i due narteci. Lo stile di questi mosaici, con
figure eleganti, colori accesi, un equilibrio espressivo che sarà superato solo
dai mosaici di Daphnì, linee di contorno nere, uso della mezzatinta,
crisografie, linearismo grafico, è di chiara ascendenza costantinopolitana –
si pensi al mosaico con Costantino IX Monomaco e Irene nella tribuna
sud di Santa Sofia a Costantinopoli – e si segnala per la
"dispiegata monumentalità", l'espressività dei volti e lo slancio
delle figure.
Un
linguaggio musivo nella cui scia si pone in gran parte quello dei mosaici
siciliani di Monreale, Palermo e Cefalù, oltre a quello
della seconda campagna musiva di San Marco a Venezia (cupole
dell'Ascensione, Pentecoste, Emanuele e storie del Cristo).

Fonti:
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