Il castello di Chambord è uno
degli edifici rinascimentali
più belli della valle della
Loira. Il territorio dove essa
sorge era stato dal X secolo
proprietà dei conti di Blois,
di quelli di Champagne e di
Chatillon, finché venne
acquistato da Luigi d’Orléans
nel 1392.
Quando il nuovo duca d’Orléans
fu eletto re (come Luigi XII)
la contea divenne proprietà
della corona. Fu il successore
di Luigi XII, Francesco I, a
far costruire quest’elegante
castello. Salito al trono nel
1515 a soli vent’anni e
figlio di Luisa di Savoia,
Francesco I era stato
particolarmente colpito dalla
figura di Lorenzo il
Magnifico, uomo di grande peso
nel campo politico e
culturale.
Dopo la conquista del
territorio milanese, Francesco
I ebbe modo d’osservare le
opere d’architettura
dell’’Italia
settentrionale e, come
protettore delle arti e delle
scienze, riuscì a richiamare
in Francia Leonardo da Vinci.
Il desiderio del sovrano di
vedere in un edificio gli
elementi dell’architettura
rinascimentale italiana fusi
con quelli della tradizione
francese fu inizialmente
esaudito, in modo parziale,
con l’allargamento del
castello di Blois. Anche
Leonardo da Vinci lavorò nel
1517 ad un progetto per un
progetto mai costruito, ma nel
1519 morì a Clòs-Lucé,
vicino ad Amboise, si dice fra
le braccia di Francesco I che
era corso al suo capezzale.

Il
castello sorge nel bel mezzo
della regione paludosa della
Sologne, al limitare di boschi
popolati da abbondante
selvaggina. Ne ordina la
costruzione Francesco I,
giovane re, recente vincitore
della gloriosa battaglia di
Marignano. Inizialmente il
castello di Chambord non è
una residenza permanente.
Francesco I vi trascorre solo
poche settimane, lasciandolo
vuoto da arredi e abitanti
dopo ogni passaggio. Il
castello è una pregevole
opera architettonica che il re
ama mostrare per suscitare
l’ammirazione di sovrani e
ambasciatori, come prova
tangibile del suo potere. Per
quanto il castello non sia
stato terminato sotto il regno
di Francesco I, è una delle
rare opere giunte sino a noi
senza modifiche sostanziali
rispetto alla sua
progettazione originale…
I
lavori di edificazione
iniziano nel settembre 1519,
con la demolizione del vecchio
castello dei conti di Blois e
la realizzazione delle
fondazioni del maschio, unico
edificio previsto
inizialmente. I lavori sono
affidati a esperti mastri
muratori francesi, che si
erano messi in luce in altri
cantieri reali nella Valle
della Loira. I lavori vengono
interrotti per un certo lasso
di tempo dopo la sconfitta
militare di Francesco I, a
Pavia, di fronte al suo rivale
Carlo V e il periodo trascorso
in prigione a Madrid. Poi, nel
1526, i lavori riprendono.
Dal 1526 lavorano al castello
e ai suoi ampliamenti ben
milleottocento operai. I dati
d’archivio non ci tramandano
il nome dell’architetto che
progettò il complesso, però
l’analisi strutturale rivela
delle profonde influenze del
pensiero leonardesco ed uno
strettissimo legame con alcuni
progetti di Domenico da
Cortona. Quest’ultimo aveva,
infatti, realizzato, durante
la sua permanenza in Francia
sotto Carlo VIII, un modello
ligneo di castello basato su
un mastio a pianta quadrata,
dotato di grandi saloni con
pianta a croce che ripartivano
ogni piano in quattro settori
con appartamenti identici. Uno
dei bracci della croce era
occupato nel progetto da scale
dritte che mettevano in
comunicazione i piani.
Il
mastio centrale del castello
di Chambord rispetta
ampiamente questo modello, che
si ricollega così
all’architettura italiana e
ad ispirazioni classiche. La
pianta a croce era infatti
rimasta abbandonata
dall’antichità e solo la
basilica di San Pietro a Roma,
opera del Bramante del 1507,
ne aveva fatto uso. Da questo
stesso insigne monumento
derivano anche i soffitti a
cassettoni del castello, di
gusto classico.
La ripartizione dei piani in
appartamenti distinti ma
uguali rivela una forte
influenza delle ville toscane
contemporanee, mentre
d’impronta leonardesca sono
i grandi terrazzi e la
magnifica scala a vite posta
nel centro delle sale a croce.
Questa tipo di scala, pur
rifacendosi alla concezione
medievale, la supera con la
sua originale divisione in due
scalee separate dalle numerose
aperture sui bracci dei
corridoi. Un tributo alla
tradizione francese già
medievale è d’altra parte
la presenza di robuste torri
cilindriche agli angoli del
mastio, che però
s’armonizzano perfettamente
con l’edificio.
I lavori di costruzione si
protrassero per molti anni:
attorno al 1537 fu completato
il mastio, nel 1540 furono
costruiti due paini dell’ala
con l’appartamento reale, il
piano terra dell’ala con la
cappella e i soli muri delle
dipendenze, mentre solo nel
1547, alla morte di Francesco
I, l’ala dell’appartamento
reale venne del tutto
conclusa.
Il mastio, sede della corte
reale, presentava dunque ad
ognuno dei tre piani delle
sale disposte a croce, dove si
teneva la vita sociale dei
cortigiani.

Al secondo piano, dove i
soffitti delle sale erano
arricchiti da cassettonature a
volte, dovevano tenersi i
balli. Nei settori distinti
dei bracci della croce si
trovavano quattro appartamenti
per piano, oltre ad altri
quattro collocati nelle torri
d’angolo. Ogni appartamento,
uguale agli altri, era
composto da una grande sala
alta quanto il piano e da due
stanze, uno studio ed un
guardaroba, sopra alle quali
vi erano delle stanze per il
servizio. Quasi tutti gli
ambienti
(trecentoquarantacinque su
quattrocentoquaranta) avevano
a disposizione un caminetto
per riscaldare in maniera
indipendente gli appartamenti.
La scala centrale, a doppia
vite e sormontata da una
lanterna, raccordava i diversi
piani fino alla sommità del
castello. Questa è da porre
in relazione ad un progetto
leonardesco per una scala a
vite formata da ben quattro
gradinate distinte e
sovrapposte, cioè dallo
stesso numero dei quartieri e
dei bracci della croce del
castello. È quindi probabile
che la scala dei disegni di
Leonardo da Vinci, forse
concepita per Chambord, sia
stata poi semplificata durante
la realizzazione dai maestri
muratori del cantiere.
Dalla sommità della scala
s’accede ai grandi terrazzi,
la cui presenza risponde
ancora ad un’idea di
Leonardo, che con questi
voleva consentire d’ammirare
negli edifici le
sovrastrutture dei palazzi.
Lungo i camminamenti che
ricalcano la pianta a croce, o
su quelli che seguono il
perimetro delle ali e delle
torri, la corte poteva
passeggiare ed appartarsi per
osservare sia la campagna
circostante, e le cacce che vi
si tenevano, sia le
decorazioni del tetto del
castello. Come si nota anche
in distanza, la parte alta del
mastio è affollata
d’abbaini con sovrastrutture
classicheggianti
all’italiana, da torrette,
da padiglioni e da eleganti
comignoli ornati di colonne,
nimbi, frontoncini, salamandre
e motivi geometrici in
ardesia, applicati a creare
una bicromia simile a quella
dei monumenti italiani in
marmo policromo. Al centro del
tetto spicca la parte
superiore della lanterna che,
posta sulla scala a vite,
s’eleva per trentadue metri.
Originariamente aperta (le
vetrate sono state aggiunte
tardivamente), essa è
sostenuta nella parte alta da
archi aggettanti
d’ascendenza medievale, ma
ormai a tutto sesto. Le
sculture presenti
all’interno del mastio,
eseguite fra il 1525 ed il
1550, mostrano una profonda
influenza dell’arte italiana
d’ispirazione
classicheggiante. Nei
riempitivi dei capitelli degli
stili antichi s’osserva
tuttavia l’innesto di un
gusto realistico tipicamente
francese.
L’appartamento reale, posto
nell’angolo nord-orientale e
concepito in parte come gli
altri, era fornito di due
stanze aggiuntive. Una, di
grandi proporzioni ed
allungata, era il salone per
le udienze ufficiali,
illuminato da file di finestre
come alcune sale della reggia
di Fontainebleau. L’altra
stanza, più raccolta e
raggiungibile attraverso una
scala, era uno studiolo
privato in stile
rinascimentale italiano.
Compreso tra due pareti con
finestre, il soffitto
cassettonato era ornato con
sculture di salamandre e con
l’iniziale “F” di
Francesco I.

La cappella, collocata a
nord-ovest, mostra anch’essa
profonde influenze dell’arte
italiana e, attraverso questa,
dell’arte classica: doppie
colonne doriche e frontoni
s’uniscono alla grande volta
a tutto sesto. La pianta del
castello così concepita, nel
rigore della sua simmetria,
rivela un valore simbolico: il
mastio, sede della corte con
appartamenti regolarizzati, è
posto tra l’ala di Francesco
I e quella della cappella, cioè
fra il re e Dio. Altre teorie,
basate sull’osservazione del
parco, si spingono oltre
vedendo nei boschi di alberi
ad alto fusto il simbolo del
popolo e nel muro circolare di
cinta della tenuta, lungo 33
km, il simbolo dei confini
della Francia.
La vita ed il movimento
all’interno del castello si
tenevano principalmente nelle
sale a croce e sulle scale. I
cortigiani, infatti, per
muoversi tra i piani e gli
appartamenti, facevano uso
della scala centrale e delle
sale, oltre che dei loggiati
che portano alle torri
d’angolo. Per circolare tra
i piani era possibile
utilizzare anche delle scale a
chiocciola che, attraversando
lo spessore delle torri
angolari, univano tra loro i
piani e i pianerottoli degli
appartamenti. Attraverso
queste si potevano raggiungere
anche i servizi igienici posti
al pianterreno.
Francesco I, insieme alla moglie
Eleonora, alla favorita Anna
d’Heuilly e alla corte,
risedette saltuariamente a
Chambord, al castello di
Chambord. Il sovrano, infatti,
oltre a tenervi alcuni
incontri ufficiali, vi si
recava usualmente solo alcune
settimane ogni due anni per la
caccia. Egli, d’altronde,
oltre ad essere trattenuto
dagli impegni ufficiali,
disponeva di molte altre
tenute per la caccia. Con lui
arrivavano anche molti arredi,
che si trovavano quindi nel
castello solo per brevi
periodi. Si trattava in
complesso di bauli, cassoni,
letti a castello e
tappezzerie, tra cui molti
arazzi che ornavano le pareti
rendendo più caldi gli
ambienti.
Un arredo particolarmente
lussuoso fu posto in opera dal
barone di Montmorency (gran
maestro delle cerimonie)
nell’inverno del 1539,
quando il castello ospitò
Carlo V. L’imperatore, che
si dice fosse preceduto da
fanciulle che gettavano petali
di fiori, ammirò il castello
definendolo, assieme agli
oggetti in esso esposti,
“una sintesi di ciò che può
effettuare l’industria
umana”. Francesco I,
grand’estimatore del fascino
femminile, ammise ben
ventisette damigelle nella sua
casa e molte altre nella casa
della regina. Egli disse,
infatti, che “una corte
senza donne è come un anno
senza primavera ed una
primavera senza rose”.
Tuttavia nell’autunno del
1545 egli stesso, rattristato,
scrisse una vetrata col
diamante di un anello le
parole “la donna è mobile,
infelice chi si fida”.
Morto Francesco I, la residenza (non il Castello di Chambord) fu posta a
Parigi: il figlio e successore
Enrico II continuò tuttavia i
lavori a Chambord, realizzando
il secondo piano della
cappella e tutte quelle
strutture ornate dal “H”
scolpita, suo emblema. Nel
1522 fece firmare un trattato
che univa sotto la corona i
tre vescovadi di Toul, Metz e
Verdum, da lui precedentemente
occupati. Alla sua morte, nel
1559, i lavori al castello
s’interruppero, anche se
Caterina de’ Medici continuò
a frequentare il palazzo in
compagnia dei figli. Carlo IX
era particolarmente
appassionato di caccia, e si
raccontano molte leggende
sulla sua abilità venatoria e
di cavaliere. Si dice,
infatti, che egli fosse capace
di seguire un cervo fino a
stancarlo pur senza usare i
cani, mentre un'altra leggenda
racconta come il sovrano, dopo
aver cavalcato per dieci ore
ininterrottamente ed aver
sfiancato cinque cavalli,
abbia suonato il corno con
tanta violenza da sanguinarne.
Dopo la sua scomparsa, nel
1574, il castello rimase per
circa cinquant’anni
scarsamente utilizzato, dato
che Enrico III ed Enrico IV
ben di rado vi fecero visita.
Nel 1626 Luigi XIII fece dono
a suo fratello Gastone d’Orléans
della contea di Blois, in cui
era compreso il castello di
Chambord. Questo dono pare in
realtà non fosse dettato da
motivi affettivi, ma anzi dal
desiderio di liberarsi dei
dubbi sulla fedeltà di
Gastone. Egli, come nuovo
padrone, eseguì i primi
lavori di riparazione alla
residenza. Si racconta che per
giocare con la figlia, a cui
era particolarmente legato
(essa diverrà “Grande
Mademoiselle”), Gastone
d’Orléans accettava di
salire e scendere una delle
rampe della grande scala a
chiocciola, mentre la figlia
si muoveva sull’altra sena
mai incontrarlo.
Più tardi il castello tornò
a far parte dei beni della
corona e Luigi XIV, pur
soggiornandovi solo nove
volte, intraprese grandi
lavori di restauro e di
trasformazione. Egli abbandonò
l’antica ala reale di
Francesco I per trasferirsi in
nuovi appartamenti
appositamente ristrutturati
sulla fronte del castello.
Nuove sale al primo piano e
lussuosi arredi vennero ad
arricchire il castello del
1680, insieme ad un nuovo
accesso monumentale con
frontone. Anche la tenuta, che
fino ad allora era formata da
vegetazione spontanea, venne
in parte regolarizzata con
parchi.
Qui nel 1669 Molière e Lulli
scrissero il “Monsieur de
Pourceaugnac”, che fu
presentato in anteprima al re.
Si ricorda che, a causa
dell’indisposizione del
protagonista, Lulli stesso
accettò all’ultimo momento
di ricoprire il ruolo per non
privare il re dello
spettacolo. Nonostante Lulli
recitasse con indubbia capacità
e le situazioni comiche
abbondassero, egli s’accorse
che Luigi XIV non rideva.
Nemmeno la vivace scena degli
speziali riuscì a strappare
un sorriso al regnante. A
questo punto, improvvisando,
Lulli discese velocemente
dalla scena e, presa la
rincorsa, saltò a piè pari
sul clavicembalo
dell’orchestra,
frantumandolo con grande
fracasso. A questa comica
situazione il re scoppiò in
risate, applaudendo e
decretando la riuscita
dell’opera.
L’anno seguente fu
rappresentata nel castello
un’altra opera di Molière,
“Le Bourgeois
Gentilhomme”. Si racconta
che nel castello, in quei
tempi, Anna Maria Luisa
d’Orléans avesse dichiarato
il suo amore al duca di Lauzun
scrivendo il nome
dell’innamorato su uno
specchio che aveva appannato
con l’alito.

Nel
XVIII secolo i lavori
realizzati riguardano
essenzialmente la sistemazione
interna del castello che
all’epoca non è più una
dimora reale. Luigi XV lo
utilizza per ospitare
successivamente suo suocero
Stanislas Leszczynski, re di
Polonia, esiliato tra il 1730
e il 1733, e poi il
maresciallo di Saxe, come
ricompensa per la vittoria
militare di Fontenoy (1745).
La necessità di riscaldare e
rendere più confortevole
l’edificio spinge i vari
occupanti ad ammobiliare in
modo permanente il castello,
facendo aggiungere agli
appartamenti dei rivestimenti
murali in legno, palchetti,
controsoffitti e stanzini. Tra
il 1748 e il 1750, il
Maresciallo di Saxe risiede a
Chambord con una piccola corte
e una guarnigione di soldati,
come un re. Vi muore nel mese
di novembre del 1750. Anche la
creazione dei giardini alla
francese nelle spianate nord
ed est e la canalizzazione
definitiva del Cosson
risalgono a quell’epoca.
Chambord
è relativamente risparmiato
dalla rivoluzione francese. Il
castello viene saccheggiato,
il mobilio restante venduto,
ma il monumento sfugge alla
distruzione. Segue un lungo
periodo di abbandono, prima
che Napoleone lo dia in dono
al maresciallo Berthier, come
ringraziamento per i servigi
ricevuti. La tenuta viene
ribattezzata “Principato di
Wagram”, dal nome della
battaglia vinta dal
maresciallo. Quest’ultimo
non vi soggiorna a lungo e la
vedova chiede rapidamente
l’autorizzazione di vendere
questa grande dimora in
cattivo stato. Nel 1821 la
tenuta di Chambord viene
offerta, tramite una
sottoscrizione nazionale, al
duca di Bordeaux, nipote del
re Carlo X, nato nel 1820. Ma
gli eventi politici successivi
lo costringono all’esilio,
impedendogli di risiedere nel
suo castello. Lo visita solo
nel 1871, in occasione di un
breve soggiorno di tre giorni,
durante il quale redige il suo
celebre “Manifesto”, con
il quale rinuncia alla
bandiera tricolore e al trono
di Francia. Pur a distanza, il
conte di Chambord è attento
alla manutenzione del castello
e del relativo parco. Fa
amministrare la tenuta da un
intendente e promuove grandi
campagne di restauro, aprendo
ufficialmente il castello al
pubblico. Dopo la sua morte,
nel 1883, la tenuta viene
ereditata dal ramo di Parma
dei Borboni e dai loro nipoti.
A
causa della nazionalità
austriaca dei Borboni di
Parma, nel 1915 la tenuta di
Chambord viene messa sotto
sequestro dallo Stato
francese, che ne diventa
ufficialmente proprietario nel
1930, esercitando il diritto
di prelazione. Lo Stato decide
di restaurare il monumento,
per riportarlo a uno stato più
simile possibile a quello del
periodo rinascimentale,
eliminando le mansarde
edificate sotto Luigi XIV, che
sormontavano le mura basse.
Così è rimasto il castello,
fino ai giorni nostri. La
gestione di Chambord è stata
condivisa fra vari Enti
pubblici e Ministeri,
nell’ambito delle rispettive
competenze territoriali. La
volontà di riunificare la
gestione della tenuta di
Francesco I spinge lo Stato a
creare, con la legge di
febbraio 2005, un Ente
pubblico industriale e
commerciale, dotato di poteri
unificati di direzione e
gestione.

UN
PALAZZO RINASCIMENTALE -
Il castello di Chambord è uno
dei più singolari edifici che
il secolo del Rinascimento ci
abbia lasciato in eredità. Lo
stile architettonico è una
sapiente mescolanza di
elementi tradizionali
dell’architettura medioevale
francese e di elementi
ispirati al Rinascimento
italiano. Il maschio, con le
quattro torri angolari e il
corridoio in aggetto,
sormontato dal cammino di
ronda, ricorda le fortezze
medioevali, così come le mura
perimetrali, il fossato
riempito d’acqua e
l’aspetto gotico degli
elementi architettonici del
tetto.
Ma
la planimetria geometrica, la
disposizione della scala a
doppia elica, la chiarezza
geometrica delle facciate e
gli orpelli architettonici, la
simmetria degli edifici, le
finestre e le circolazioni, la
presenza, al secondo piano, di
soffitti a cassettone scolpiti
sono altrettante innovazioni
che caratterizzano e rendono
unico il monumento. Grazie a
queste due ispirazioni il
castello è uno strumento di
glorificazione del re e il
riflesso perfetto della sua
personalità: re e cavaliere,
sovrano legittimo, erede della
tradizione francese ma anche
uomo moderno, affascinato
dall’Arte e dalla Cultura,
ispirato ai principali artisti
del suo tempo.
L’ENIGMA
DELL'ARCHITETTO E L'OMBRA DI
LEONARDO DA VINCI -
castello di Chambord è una
creazione architettonica
straordinaria, che si ispira
alla tradizione francese, ma
anche alle nuove idee del
Rinascimento italiano. Non si
conosce la paternità del
progetto. Certi esperti di
storia dell’arte lo
attribuiscono a un italiano,
mentre altri sostengono la
paternità francese o la
collaborazione tra architetti
di due nazionalità.
All’inizio
del XX secolo viene per la
prima volta prospettato il
possibile intervento di
Leonardo da Vinci. Ma anche se
la polivalenza del genio di
Leonardo da Vinci rende
verosimile una sua
partecipazione alla
progettazione iniziale del
maschio del castello, la sua
morte, il 2 maggio del 1519,
esclude la possibilità che
abbia potuto dirigerne la
costruzione. La planimetria
geometrica del corpo centrale,
la presenza di una scala a
doppia elica, di un sistema di
latrine a doppia fossa di
decantazione e di sfiati, o il
sistema
d’impermeabilizzazione delle
terrazze sono altrettanti
indizi che rendono verosimile
l’ipotesi che sia stato il
grande genio italiano,
l’ispiratore di Francesco I.
ARCHITETTURA
- Il castello di Chambord possiede senza dubbio una silhouette
molto particolare e
costituisce una grande
espressione architettonica
dello stile rinascimentale.
La
sua facciata è lunga ben 128
metri
, ha 440 locali, più di 80
scale, 365 camini ed 800 capitelli
scolpiti.
Nella realizzazione si nota l'influenza di Leonardo
da Vinci,
che ha lavorato come architetto
alla corte di Francesco I,
e quella di Domenico
da Cortona.
La pianta del castello si sviluppa attorno alla costruzione chiamata maschio
(donjon)
anche se Chambord non ha mai
avuto vocazione difensiva, a
sua volta centrata attorno
allo scalone principale a doppia
elica.
Dallo
scalone si dipartono quattro
grandi vestiboli disposti a
croce che permettono l'accesso
ad otto appartamenti: uno in
ognuna delle quattro torri ed
altri quattro ad occupare gli
spazi tra le torri stesse ed i
vestiboli. La stessa
disposizione si ripete su tre
piani. In un secondo tempo il re Francesco I estese il castello
inglobando il maschio in un
quadrilatero di nuova
costruzione ed installando i
suoi appartamenti (più vasti)
nell'ala orientale.
Una
cappella è stata costruita
nell'ala occidentale e
terminata da Jules
Hardouin-Mansart sotto il regno di Luigi
XIV.



Lo scalone a doppia elica al centro dell'edificio principale rivela lo stile
di Leonardo. Esso è composto
da due scale a chiocciola
rotanti nello stesso senso che
non si incrociano mai.
Percorrendolo fino all'ultimo
piano raggiungibile si ha
accesso alla terrazza,
anch'essa ispirata da un'idea
di Leonardo, che offre una
stupenda visione del fiume,
del bosco circostante il
castello e dei numerosi camini
e capitelli che ornano la
costruzione. La terrazza gira
attorno a tutta la struttura
del maschio e permette di
volgere lo sguardo a 360° sul
panorama circostante. La
sommità dello scalone è
sormontato da una torre
lanterna.
Il secondo piano è notevole per il suo soffitto a cassettoni, decorati con
i simboli reali di Francesco
I,
la F
coronata e la salamandra, e
dal simbolo di sua madre, Luisa
di Savoia,
una corda annodata. Alcuni di
tali simboli, quelli posti più
in alto all'altezza della
terrazza, sono fatti al
contrario in modo che Dio,
dall'alto dei cieli, potesse
vedere la potenza del re.
Il castello è all'interno di un dominio di boscoso di
5440 ettari, circondato da un
muro di cinta lungo ben
32 Km
che lo rende il più grande
parco forestale chiuso d'Europa. I cervi
ed i cinghiali sono gli abitanti più rappresentativi dei suoi boschi.

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