Fu come per miracolo se nel
corso dei secoli la chiesa abbaziale di Saint
Savin venne risparmiata dalle distruzioni e dai
saccheggi. Tuttavia, dopo la rivoluzione
francese, l'edificio sacro situato 35 chilometri
circa a est di Poitiers, sulla riva sinistra
della Gartempe, cadde in rovina, per poi essere
riscoperto dallo scrittore francese Prosper Mérimée
(1836), che lo incluse subito nel novero delle
chiese francesi protette. A partire dal 1831,
infatti, l'artista rivestì il ruolo di
ispettore dei monumenti storici nazionali.
Successivamente, grazie a un restauro che
utilizzò tecniche moderne, negli anni settanta
fu possibile mettere al sicuro i cicli
figurativi più espressivi realizzati tra l'XI e
l'inizio del XII secolo.
Secondo
alcuni antichi testi verso l'800 sarebbero stati
ritrovati i corpi di due fratelli originari di
Brescia, i ss. Savino e Cipriano, martirizzati
alla metà del V secolo, in villa Cerisio, a
quel tempo possedimento di un certo Baidilus,
chierico palatino alla corte di Carlo Magno e
abate di Marmoutier. Baidilus avrebbe eretto una
chiesa per conservarvi i resti dei santi, dove
si sarebbero poi installati dei monaci.
Il
Chronicon S. Maxentii Pictavensis riporta che il
castrum che ospitava il monastero era un
impianto dovuto a Carlo Magno; l'abbazia è a
ogni modo menzionata nell'817 tra le diciotto
fondazioni religiose dell'Aquitania, esentate
nel concilio di Aix-la-Chapelle dal servizio
armato e si ricorda che Ludovico I il Pio fece
qui venire s. Benedetto di Aniane, accompagnato
da venti monaci, per ripristinarvi la regola
monastica.

Intorno
all'abbazia si sviluppò nel corso del Medioevo
un piccolo nucleo urbano cinto da mura, delle
quali si distinguono ancora il tracciato e
alcune vestigia a ovest, e dotato di due
parrocchie, Notre-Dame e Saint-Hilaire
(quest'ultima citata soltanto in un documento
del 1322; i cui edifici sono oggi distrutti. La
costruzione, nello stesso periodo, di un ponte
in pietra a schiena d'asino, a cinque arcate,
ancora esistente (lungo ca. m 100, largo m 3,5)
richiamò verso il borgo il traffico che si
svolgeva lungo la via Poitiers-Bourges.
Non
rimane più nulla dell'abbazia edificata nel
secondo quarto del IX secolo da Dodone,
successore di s. Benedetto di Aniane. L'odierna
chiesa fu sicuramente iniziata sotto l'abate
Odone, grazie a una donazione alla comunità da
parte di Aumode, moglie di Guglielmo V il
Grande, duca d'Aquitania. L'abbazia, più volte
saccheggiata durante la guerra dei Cento anni,
in particolare nel 1371, e restaurata nel XV
secolo, fu nuovamente razziata durante le guerre
di religione; in seguito gli edifici conventuali
furono totalmente distrutti e la chiesa fu
trasformata in fortezza; affidata nel 1640 alla
Congregazione di s. Mauro, essa fu ricostruita.
Nuovamente danneggiata agli inizi del XIX
secolo, fu restaurata a partire dal 1841
dall'architetto Joly-Leterme).
La
chiesa abbaziale (lunga ca. m 80) è composta da
un coro a deambulatorio con cinque cappelle
radiali, da un transetto - su ognuno dei cui
bracci si innesta un'absidiola - e da una navata
con navate laterali a nove campate, preceduta da
un atrio-campanile. Il coro, l'unica parte
interamente edificata in pietra da taglio,
comprende un santuario sopraelevato a pianta
poligonale, delimitato da dieci colonne che
sorreggono strette arcate, sormontate da un
piano sul quale si aprono undici finestre, e da
una volta a quarto di sfera.
I
capitelli delle colonne sono alternatamente
ornati da tre file di foglie di acanto e da
coppie di leoni affrontati, un tipo di
decorazione molto simile a quello della
collegiata di Sainte-Radegonde a Poitiers; il
deambulatorio, coperto da volte a crociera, è
anch'esso illuminato da undici finestre, quattro
aperte nelle pareti che separano le cappelle,
tre nella cappella centrale, più ampia delle
quattro laterali, in ognuna delle quali si apre
una sola finestra. La parte inferiore delle
cappelle è rivestita all'interno e all'esterno
da arcatelle.

Sotto
il santuario si trova una cripta a pianta
rettangolare, il cui coro, più stretto, riceve
luce da un'apertura che dà sul deambulatorio,
mentre un'altra cripta, detta di Saint-Marin,
funge da basamento della cappella centrale.
I
due bracci del transetto - il braccio sud è più
corto di quello nord di m 1,50 -, con muri in
pietra totalmente privi di decorazioni, sono
coperti da una volta a botte a tutto sesto.
Ambedue i bracci presentano a est un'absidiola,
coperta a quarto di sfera, in cui si apre una
finestra. All'incrocio del transetto con la
navata, quattro grandi pilastri sostengono una
volta a crociera, al disopra della quale si
innalza un campanile forato su ogni faccia da
due aperture.
Il
corpo longitudinale della chiesa, i cui muri di
gronda in pietra sono rafforzati all'esterno da
grandi archi, ha una navata centrale coperta da
una volta a botte a tutto sesto e le navate
laterali coperte a crociera. Le volte delle sei
campate orientali della navata poggiano su di un
insolito tipo di pilastro cilindrico, i cui
capitelli sono ornati da un ricco intreccio
vegetale in mezzo al quale compaiono talvolta
figure di quadrupedi; gli archi trasversali che
armano la volta della navata centrale delle tre
campate occidentali e l'unico arco trasversale
di ciascuna navata laterale - posto all'altezza
dei terzi pilastri - sono sostenuti da una delle
semicolonne quadrilobate di supporto, secondo
una soluzione largamente adottata nel Poitou.
La
maggior parte dei capitelli di questa zona della
navata ha come unica decorazione volute sugli
angoli. Sono anomalie probabilmente dovute alla
volontà di correggere, nel miglior modo
possibile, la mancanza di parallelismo esistente
tra l'asse del transetto e la facciata
occidentale.
A
questa, dopo la costruzione, fu addossato un
alto campanile, il cui atrio è sormontato da
una tribuna (nella quale la volta culmina a
un'altezza di ca. m 15), poi da una torre
forata, su ogni faccia dei due piani, da due
aperture e infine da una guglia del XIV secolo,
restaurata nel corso dell'Ottocento.
La
chiesa abbaziale ha conservato una ricca
decorazione pittorica romanica, la più completa
dell'epoca esistente in Francia. Essa si
sviluppa nell'atrio-campanile, nella navata, nel
coro, nelle cappelle radiali e in una delle
cripte.
Nell'atrio,
sul timpano che sovrasta la porta d'ingresso e
sull'arco antistante è rappresentato Cristo
circondato da angeli che recano i simboli della
Passione, da dodici angeli adoranti e dagli
apostoli. Nella volta sono rappresentati episodi
tratti dall'Apocalisse (9-12), nonché una
Vergine in trono con a lato monaci e protettori
dell'abbazia.
Nella
tribuna alte figure - Cristo tra i ss. Pietro e
Paolo, apostoli e vari santi - si alternano sia
a scene relative alla Passione di Cristo e agli
eventi successivi alla Risurrezione sia a due
episodi della Vita di s. Dionigi. Sulla
controfacciata sono dipinte una scena di
combattimento e una Madonna con il Bambino,
detta Madonna della Ruota, della fine del XII
secolo.
Nella
volta della navata ca. sessanta episodi, tratti
dalla Genesi e dall'Esodo, descrivono in
particolare la Creazione e le storie di Caino e
Abele, Enoc, Noè, Abramo, Giacobbe, Giuseppe e
Mosè e si svolgono secondo uno schema nel quale
la collocazione di ogni scena, in funzione anche
della maggiore o minore distanza dall'altare,
obbedisce a un sottile gioco di contrapposizioni
e rimandi simbolici. Al disopra dei pilastri
della navata si ergono grandi sagome di profeti,
mentre una delle colonne è ornata da un
singolare bestiario.

Su
due pilastri del coro sono dipinte figure di
ecclesiastici; tra questi è identificabile,
grazie a un'iscrizione, Venanzio Fortunato,
vescovo di Poitiers dal 597. Nelle cappelle
radiali permangono ancora resti di cicli
agiografici, connessi alle reliquie conservate
negli altari.
Nella
cripta principale sottostante il coro, infine,
è narrata la Leggenda dei ss. Savino e
Cipriano. Dipinti in alcune zone a fresco e in
altre a semifresco o a secco, i cicli oscillano
tra due maniere: l'una, nel portico e nella
tribuna, più ieratica e monumentale, molto
simile a quella dei dipinti di
Saint-Hilaire-le-Grand a Poitiers; l'altra,
nella cripta, più aneddotica, che richiama, con
la continua presenza di fondi architettonici, la
pittura dei manoscritti. Queste due maniere sono
compresenti nella volta della navata, per altro
restaurata a più riprese, come dimostra la
fascia di colmo che presenta quattro tipi di
decorazioni sovrapposti. La grande omogeneità
dello stile e delle iscrizioni induce tuttavia
ad attribuire l'intero complesso decorativo a
un'unica bottega, operante intorno al 1100.
In
sei delle sette absidiole della chiesa
abbaziale, nel 1864 sono stati ricollocati gli
altari che vi si trovavano originariamente e che
recano lungo il bordo iscrizioni datate alla
prima metà dell'XI secolo e riferite alle
reliquie ivi conservate.
Sotto
all'edificio monastico, eretto a sud della
chiesa dall'architetto François Leduc a partire
dal 1682, sono stati ritrovati nel 1979 i resti
della sala capitolare del XIII secolo, che era
divisa in tre navate di due campate, coperte da
volte ogivali ottopartite.
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