Abbazia di Saint-Savin-sur-Gartempe
Francia 

PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1983

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Fu come per miracolo se nel corso dei secoli la chiesa abbaziale di Saint Savin venne risparmiata dalle distruzioni e dai saccheggi. Tuttavia, dopo la rivoluzione francese, l'edificio sacro situato 35 chilometri circa a est di Poitiers, sulla riva sinistra della Gartempe, cadde in rovina, per poi essere riscoperto dallo scrittore francese Prosper Mérimée (1836), che lo incluse subito nel novero delle chiese francesi protette. A partire dal 1831, infatti, l'artista rivestì il ruolo di ispettore dei monumenti storici nazionali. Successivamente, grazie a un restauro che utilizzò tecniche moderne, negli anni settanta fu possibile mettere al sicuro i cicli figurativi più espressivi realizzati tra l'XI e l'inizio del XII secolo. 

Secondo alcuni antichi testi verso l'800 sarebbero stati ritrovati i corpi di due fratelli originari di Brescia, i ss. Savino e Cipriano, martirizzati alla metà del V secolo, in villa Cerisio, a quel tempo possedimento di un certo Baidilus, chierico palatino alla corte di Carlo Magno e abate di Marmoutier. Baidilus avrebbe eretto una chiesa per conservarvi i resti dei santi, dove si sarebbero poi installati dei monaci. 

Il Chronicon S. Maxentii Pictavensis riporta che il castrum che ospitava il monastero era un impianto dovuto a Carlo Magno; l'abbazia è a ogni modo menzionata nell'817 tra le diciotto fondazioni religiose dell'Aquitania, esentate nel concilio di Aix-la-Chapelle dal servizio armato e si ricorda che Ludovico I il Pio fece qui venire s. Benedetto di Aniane, accompagnato da venti monaci, per ripristinarvi la regola monastica. 

Intorno all'abbazia si sviluppò nel corso del Medioevo un piccolo nucleo urbano cinto da mura, delle quali si distinguono ancora il tracciato e alcune vestigia a ovest, e dotato di due parrocchie, Notre-Dame e Saint-Hilaire (quest'ultima citata soltanto in un documento del 1322; i cui edifici sono oggi distrutti. La costruzione, nello stesso periodo, di un ponte in pietra a schiena d'asino, a cinque arcate, ancora esistente (lungo ca. m 100, largo m 3,5) richiamò verso il borgo il traffico che si svolgeva lungo la via Poitiers-Bourges. 

Non rimane più nulla dell'abbazia edificata nel secondo quarto del IX secolo da Dodone, successore di s. Benedetto di Aniane. L'odierna chiesa fu sicuramente iniziata sotto l'abate Odone, grazie a una donazione alla comunità da parte di Aumode, moglie di Guglielmo V il Grande, duca d'Aquitania. L'abbazia, più volte saccheggiata durante la guerra dei Cento anni, in particolare nel 1371, e restaurata nel XV secolo, fu nuovamente razziata durante le guerre di religione; in seguito gli edifici conventuali furono totalmente distrutti e la chiesa fu trasformata in fortezza; affidata nel 1640 alla Congregazione di s. Mauro, essa fu ricostruita. Nuovamente danneggiata agli inizi del XIX secolo, fu restaurata a partire dal 1841 dall'architetto Joly-Leterme).

La chiesa abbaziale (lunga ca. m 80) è composta da un coro a deambulatorio con cinque cappelle radiali, da un transetto - su ognuno dei cui bracci si innesta un'absidiola - e da una navata con navate laterali a nove campate, preceduta da un atrio-campanile. Il coro, l'unica parte interamente edificata in pietra da taglio, comprende un santuario sopraelevato a pianta poligonale, delimitato da dieci colonne che sorreggono strette arcate, sormontate da un piano sul quale si aprono undici finestre, e da una volta a quarto di sfera. 

I capitelli delle colonne sono alternatamente ornati da tre file di foglie di acanto e da coppie di leoni affrontati, un tipo di decorazione molto simile a quello della collegiata di Sainte-Radegonde a Poitiers; il deambulatorio, coperto da volte a crociera, è anch'esso illuminato da undici finestre, quattro aperte nelle pareti che separano le cappelle, tre nella cappella centrale, più ampia delle quattro laterali, in ognuna delle quali si apre una sola finestra. La parte inferiore delle cappelle è rivestita all'interno e all'esterno da arcatelle.

Sotto il santuario si trova una cripta a pianta rettangolare, il cui coro, più stretto, riceve luce da un'apertura che dà sul deambulatorio, mentre un'altra cripta, detta di Saint-Marin, funge da basamento della cappella centrale. 

I due bracci del transetto - il braccio sud è più corto di quello nord di m 1,50 -, con muri in pietra totalmente privi di decorazioni, sono coperti da una volta a botte a tutto sesto. Ambedue i bracci presentano a est un'absidiola, coperta a quarto di sfera, in cui si apre una finestra. All'incrocio del transetto con la navata, quattro grandi pilastri sostengono una volta a crociera, al disopra della quale si innalza un campanile forato su ogni faccia da due aperture. 

Il corpo longitudinale della chiesa, i cui muri di gronda in pietra sono rafforzati all'esterno da grandi archi, ha una navata centrale coperta da una volta a botte a tutto sesto e le navate laterali coperte a crociera. Le volte delle sei campate orientali della navata poggiano su di un insolito tipo di pilastro cilindrico, i cui capitelli sono ornati da un ricco intreccio vegetale in mezzo al quale compaiono talvolta figure di quadrupedi; gli archi trasversali che armano la volta della navata centrale delle tre campate occidentali e l'unico arco trasversale di ciascuna navata laterale - posto all'altezza dei terzi pilastri - sono sostenuti da una delle semicolonne quadrilobate di supporto, secondo una soluzione largamente adottata nel Poitou. 

La maggior parte dei capitelli di questa zona della navata ha come unica decorazione volute sugli angoli. Sono anomalie probabilmente dovute alla volontà di correggere, nel miglior modo possibile, la mancanza di parallelismo esistente tra l'asse del transetto e la facciata occidentale. 

A questa, dopo la costruzione, fu addossato un alto campanile, il cui atrio è sormontato da una tribuna (nella quale la volta culmina a un'altezza di ca. m 15), poi da una torre forata, su ogni faccia dei due piani, da due aperture e infine da una guglia del XIV secolo, restaurata nel corso dell'Ottocento.

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La chiesa abbaziale ha conservato una ricca decorazione pittorica romanica, la più completa dell'epoca esistente in Francia. Essa si sviluppa nell'atrio-campanile, nella navata, nel coro, nelle cappelle radiali e in una delle cripte. 

Nell'atrio, sul timpano che sovrasta la porta d'ingresso e sull'arco antistante è rappresentato Cristo circondato da angeli che recano i simboli della Passione, da dodici angeli adoranti e dagli apostoli. Nella volta sono rappresentati episodi tratti dall'Apocalisse (9-12), nonché una Vergine in trono con a lato monaci e protettori dell'abbazia. 

Nella tribuna alte figure - Cristo tra i ss. Pietro e Paolo, apostoli e vari santi - si alternano sia a scene relative alla Passione di Cristo e agli eventi successivi alla Risurrezione sia a due episodi della Vita di s. Dionigi. Sulla controfacciata sono dipinte una scena di combattimento e una Madonna con il Bambino, detta Madonna della Ruota, della fine del XII secolo. 

Nella volta della navata ca. sessanta episodi, tratti dalla Genesi e dall'Esodo, descrivono in particolare la Creazione e le storie di Caino e Abele, Enoc, Noè, Abramo, Giacobbe, Giuseppe e Mosè e si svolgono secondo uno schema nel quale la collocazione di ogni scena, in funzione anche della maggiore o minore distanza dall'altare, obbedisce a un sottile gioco di contrapposizioni e rimandi simbolici. Al disopra dei pilastri della navata si ergono grandi sagome di profeti, mentre una delle colonne è ornata da un singolare bestiario. 

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Su due pilastri del coro sono dipinte figure di ecclesiastici; tra questi è identificabile, grazie a un'iscrizione, Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers dal 597. Nelle cappelle radiali permangono ancora resti di cicli agiografici, connessi alle reliquie conservate negli altari. 

Nella cripta principale sottostante il coro, infine, è narrata la Leggenda dei ss. Savino e Cipriano. Dipinti in alcune zone a fresco e in altre a semifresco o a secco, i cicli oscillano tra due maniere: l'una, nel portico e nella tribuna, più ieratica e monumentale, molto simile a quella dei dipinti di Saint-Hilaire-le-Grand a Poitiers; l'altra, nella cripta, più aneddotica, che richiama, con la continua presenza di fondi architettonici, la pittura dei manoscritti. Queste due maniere sono compresenti nella volta della navata, per altro restaurata a più riprese, come dimostra la fascia di colmo che presenta quattro tipi di decorazioni sovrapposti. La grande omogeneità dello stile e delle iscrizioni induce tuttavia ad attribuire l'intero complesso decorativo a un'unica bottega, operante intorno al 1100.

In sei delle sette absidiole della chiesa abbaziale, nel 1864 sono stati ricollocati gli altari che vi si trovavano originariamente e che recano lungo il bordo iscrizioni datate alla prima metà dell'XI secolo e riferite alle reliquie ivi conservate.

Sotto all'edificio monastico, eretto a sud della chiesa dall'architetto François Leduc a partire dal 1682, sono stati ritrovati nel 1979 i resti della sala capitolare del XIII secolo, che era divisa in tre navate di due campate, coperte da volte ogivali ottopartite.