Vederlo sotto la neve è un quadro dalle drammatiche
proporzioni: il lago
completamente ghiacciato e le
guglie striate di bianco quasi
confondono le idee. L’aria
fredda si fa strada dal
braccio di mare che separa la
Danimarca dalla Svezia, nel
punto più stretto del
Baltico. Il castello di
Kronborg, ad Helsingør è a
tutti gli effetti uno dei più
importanti monumenti della
Danimarca, tra i più bei
castelli dell’Europa del
Nord, rilevante esempio di
architettura rinascimentale
inserito nei patrimoni
dell’umanità dall’Unesco
nel 2000.
In questo luogo di grande importanza strategica esisteva già
nel Medioevo una fortezza,
nota fin dal 1230 con il nome
di 0rekrog, che fu distrutta
dalla Lega Anseatica nel XIV
secolo. Il castello fu
ricostruito nel 1420 da Enrico
VII di Pomerania che accordò
alla città di Helsingør ampi
privilegi, tra cui quello di
esigere una tassa da tutte le
navi che traversavano lo
stretto, beneficio abolito
solo nel 1857.
Viene ricordato soprattutto per le vicende di Amleto che la
fantasia letteraria di
Shakespeare volle ambientare
proprio qui, restituendo alla
storia questo luogo come il
“Castello di Amleto”.
Ma i danesi preferiscono raccontare di Holger Danske, il
“loro” eroe la cui statua
fiammeggiante in bronzo trova
spazio negli atri bui delle
“Casematte” del castello.
La leggenda vuole che se mai
un giorno la Danimarca si
trovasse in pericolo, Ogiero
il Danese (Holger Danske) si
solleverebbe per difenderla.
Nell’attesa, riposa a
braccia conserte nel “luogo
protetto nel buio” delle
Casematte ossia quel sistema
di vani, antri e cunicoli dove
abitavano i soldati in tempo
di guerra ma che ebbe, nel
tempo, le più svariate
funzioni (stalle, postazioni
di guardia, fabbriche di
birra, botteghe di fabbri,
prigioni).
Il mito di questo eroe nazionale che riposa nel castello di
Kronborg sembra appartenere ad
un ciclo di leggende collegate
alla saga di Re Artù e i
Cavalieri della Tavola Rotonda
e sembra aver avuto un ruolo
di grande importanza nella
coscienza nazionale danese
fino al XX secolo. Con buona
pace di Shakespeare, dunque,
il castello di Amleto per i
danesi rimane sempre
il castello di Holger.
Ma
passando alle cronache
storiche, si deve al re Erik
di Pomerania, nel 1429, la
nascita dell’antico borgo
fortificato di Krogen, intorno
al XV secolo, e del famigerato
Dazio del Sund che ciascuna
nave avrebbe dovuto pagare per
il passaggio dello stretto
(sund), dal quale i successori
trassero sempre gran
beneficio, una
‘tradizione’ durata fino
al 1857. Gli introiti di
questo lucroso pedaggio
andarono, per la maggior
parte, a finanziare la
costruzione, l’ampliamento e
infine anche l’arredamento
dell’imponente castello.
Nel
1574 Federico II incaricò
alcuni architetti olandesi di
ricoprire il castello con
tetti di rame e con un
rivestimento di arenaria,
secondo lo stile
rinascimentale, o quello che
in Danimarca passava per tale;
tre anni dopo gli diede il
nome attuale. Ma era destino
che il monumentale edificio
cambiasse continuamente forma:
nel 1629 scoppiò un
devastante incendio, dal quale
si salvò soltanto la chiesa,
dove è tuttora visibile un
pregevole altare del 1587 con
rilievi dorati. Il castello
venne perciò ricostruito in
maniera pressoché integrale
da Cristiano IV.
Con
Federico II si ampliarono le
fortificazioni e nel 1577
prese vita quell’impianto
difensivo ribattezzato
Cronenorg, ossia il castello
di Kronborg. Data cruciale per
le sorti del luogo fu il
terribile incendio che nel
1629 distrusse quasi
totalmente il castello e che
comportò le successive
ingenti ristrutturazioni
volute da Cristiano IV al fine
di ridare vita e splendore a
quello che doveva continuare
ad essere il simbolo del
potere reale danese.
A
tal fine Cristiano IV decise
di raddoppiare il dazio del
Sund (tassa che venne abolita
soltanto nel 1857 sotto la
pressione degli Stai Uniti
d’America) dando la propria
impronta decisiva per gli
interni e lasciando, invece,
che gli esterni fossero
ricostruiti senza grande
variazioni. E’ in questa
veste che oggi il castello
giunge a noi.
L'edificio
fu completato nel 1585
dall'architetto fiammingo
Anthonis van Opbergen, che
mantenne l'uso di mattoni per
le fortificazioni, mentre fece
rivestire l'esterno del corpo
principale con pietra arenaria
e sostituì all'originario
tetto di laterizio quello in
rame, tuttora in loco. Nel
1629 il complesso fu devastato
da un incendio da cui si
salvarono soltanto i muri
perimetrali e l'arredo della
cappella. La ricostruzione
venne immediatamente avviata,
ancora una volta grazie ai
proventi del tributo per il
transito sull'Øresund.
Nel
1658-1660 il castello fu
occupato dalle truppe svedesi
che saccheggiarono
gran parte dei suoi arredi e,
soprattutto, la ricca
collezione di opere d'arte per
la quale Kronborg gareggiava
con altri importanti castelli
danesi, come quelli di
Copenaghen o di Hillerad. Nei
decenni seguenti Kronborg fu
utilizzato come prigione di
Stato: vi languirono anche
personaggi illustri come la
regina Carolina Matilde. Tra
il 1785 e il 1922 servi invece
da caserma, finché non
ricevette l’attuale, più
confacente destinazione.

Si accede alla fortezza valicando il
primo fossato esterno
attraverso un ponte e
superando la prima cinta
muraria - ampliata durante il
regno di Cristiano VI (1735) -
attraverso la monumentale
porta di pietra arenaria
realizzata alla fine del
Seicento da Lambert van Haven.
Si entra così nel perimetro
del castello vero e proprio,
cinto da un altro fossato e da
una seconda cortina di mura
laterizie, rinnovate ed estese
da Federico IV nei primi
decenni del Settecento.
Nella zona settentrionale di questa
cinta si apre la Morkeport
(porta scura), che conduce
all'edificio rinascimentale.
Il suo aspetto esterno,
estremamente sobrio e austero,
è ingentilito dalle grandi
finestre che vi si aprono a
intervalli regolari e dai
finestroni a ogiva della
cappella all'estremità di
sud-est, e arricchito dalla
facciata sud-orientale
(Kakkelborg), con le grandi
finestre ornate da statue e la
torre d'angolo ottagonale,
nonché dal rinascimentale
portale d'onore. Quest'ultimo,
realizzato da Gert van Gröningen
per il castello di Skanderborg
e trasferito a Kronborg nel
1576, è composto da quattro
colonne e da due nicchie con
statue; varcandolo, si accede
al cortile interno della
fortezza, un ampio spazio
quadrangolare ritmato dalle
grandi finestre disposte con
regolarità geometrica su tre
registri e sovrastato
dall'alta torre ottagonale
detta "dei
trombettieri".
Costruita nel 1777 sul luogo
di quella primitiva, distrutta
dall'incendio del 1629, la
torre è coronata da
un'elaborata guglia a più
piani rivestita di rame. Dal
cortile si può raggiungere,
nell'ala meridionale, la
cappella rinascimentale del
castello la cui aula, divisa
in tre navate, conserva gli
arredi lignei cinquecenteschi
tra i quali la grandiosa
tribuna reale intagliata e
dipinta.
Nell'ala occidentale si trova invece
l'accesso alle fortificazioni,
provviste di ambienti
sotterranei funzionali
all'acquartieramento delle
guarnigioni. Al primo piano si
trovano gli appartamenti di
Federico II e il cosiddetto
"gabinetto della
regina"; al secondo i
saloni di rappresentanza.

Sono
ambienti che conservano gli
arredi, i camini, i dipinti, i
soffitti decorati e i
preziosissimi arazzi che
arricchirono l'edificio dal
XVI al XVIII secolo. In
particolare, la grandiosa Sala
dei cavalieri (Riddersal) al
secondo piano, che misura 62
metri di lunghezza e 11 di
larghezza, ha un prezioso
soffitto a travi di abete
rosso di Pomerania e una
splendida porta barocca di
ebano intagliato e intarsiato
che da accesso alla torre dei
trombettieri.
La
sala era in origine ornata da
quarantadue grandi arazzi, di
cui sette sopravvissero
all'incendio del 1629; tessuti
in lana e seta da una
manifattura olandese su
cartoni del pittore fiammingo
Hans Knieper (1581-1586) sono
ora visibili nella contigua
Lillesal (Sala piccola).
Insieme ai grandi arazzi con
scene di caccia tessuti dal
brussellese Jan Raes su
cartoni di Rubens e di Antonio
Tempesta (1625-1635), oggi
collocati in una vicina sala,
essi testimoniano la ricchezza
e il lusso che
caratterizzarono il grande
castello di Kronborg.
Cessata la funzione di residenza reale e poi anche quella
di presidio militare, Kronborg
subisce tra il 1924 e il 1938
un restauro complessivo anche
allo scopo di rendere
accessibili al pubblico gli
antichi Appartamenti Reali e
di restituire un’immagine più
veritiera possibile degli
interni. Ben poco, infatti, è
rimasto del mobilio originale
e, nella ricostruzione, sono
stati di fondamentale
importanza i contributi
provenienti da altri musei (su
tutti, lo Statens Museum
for Kunst, il Museo
Nazionale di Belle Arti ed il
Museo di Frederoksborg), oltre
ad arazzi, mobili e
suppellettili acquistati
attraverso il mercato
dell’antiquariato d’arte.
Oggi è possibile ammirare,
tra gli altri ambienti
pregevoli del castello, la
Sala del Re e della Regina, il
Salone delle Feste tutt’ora
usato dalla Regina Margherita
in occasioni speciali e per i
suoi ricevimenti, gli
Appartamenti di Federico V.
Interessante la Chiesa,
tutt’ora funzionante per
matrimoni, battesimi e per la
messa. Consacrata nel 1582, è
l’unico ambiente originale
del castello, sopravvissuto
all’incendio. Alle pareti,
gli arredi finemente
intagliati restituiscono
l’idea dell’intensità
cromatica che gli interni di
Kronborg dovevano avere al
tempo di Federico II.

LUOGO
DI FAMA LETTERARIA –
Shakespeare ambientò
l’azione dell’Amleto
sull’isola danese di
Sjaelland, che lo stretto di
Oresund divide dalla Svezia:
Kronborg divenne cosi il
‘luogo shakespeariano’ per
eccellenza. Nel castello si
svolgono tuttora regolarmente
festival shakespeariani. Una
lapide vi ricorda il punto in
cui il drammaturgo, nella
finzione scenica, fa apparire
all principe lo spettro del
padre assassinato, che chiede
vendetta. Nel 1816 il dramma
venne rappresentato per la
prima volta a Kronborg.
“Essere
o non essere, questo è il
problema”;
“C’è qualcosa di
marcio in Danimarca”: tutti
conosciamo queste celebre
frasi dell’immortale opera
shakespeariana, ispirata alle
oscure vicende di un principe
vichingo vissuto nello Jutland
nel V secolo. Non si sa di
preciso dove visse Amleto,
ammesso che sia realmente
esistito. Ma la sua storia si
collega strettamente con il
castello attuale, perché il
drammaturgo inglese scelse
proprio Kronborg per
ambientarvi il suo dramma.
Per
diventare re, Claudio avvelena
il fratello, padre di Amleto,
e ne sposa la moglie Gertrude,
madre dello sfortunato
principe. Al fine di stornare
i sospetti dello zio, questi
si finge pazzo, riuscendo
cosi, al termine, a uccidere
l’usurpatore.
La
tragedia si conclude con la
morte di tutti protagonisti:
scambiandolo per lo zio
nascosto dietro una tenda,
Amleto colpisce mortalmente
Polonio, padre dell’amata
Ofelia; la quale, per il
dolore, si lascia andare nel
fiume e annega. Amleto viene
allora sfidato in duello da
Laerte, fratello di Ofelia, la
cui spada con la punta intrisa
di veleno causa la morte di
entrambi i contendenti.
Gertrude beve da un calice
avvelenato, originariamente
destinato ad Amleto, e lo
stesso principe di Danimarca,
prima di spirare, riesce a
tirare una stoccata mortale
all’odiato zio Claudio.
Questa,
in estrema sintesi, la
vicenda, che però Shakespeare
trasforma in una titanica
allegoria sul veleno del
potere.
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