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PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 1980-1990
 

 

  

Età imperiale - Imperatori Flavi (69 - 96 d.C.) 

  

Imperatore Nome e titolo
 
Date 
(nascita, periodo di regno)
Note
ANNO DEI QUATTRO IMPERATORI
Galba Servio Sulpicio Galba Nato nel 3, regna dall'8 giugno 68 al 15 gennaio 69 Assassinato dal successore Otone.
Lucio Clodio Macro usurpatore in Africa
Otone Marco Salvio Otone Nato nel 32, regna dal 15 gennaio 69 al 16 aprile 69 Suicida
Vitellio Aulo Vitellio Nato nel 15, regna dal 17 aprile 69 al 20 dicembre 69 Assassinato nel Foro Romano
DINASTIA FLAVIA
Vespasiano Tito Flavio Vespasiano Nato nel 9, regna dal 1 luglio 69 al 24 giugno 79  
Tito Tito Flavio Vespasiano Nato nel 39, regna dal 24 giugno 79 al 13 settembre 81  
Domiziano Tito Flavio Domiziano Nato nel 51, regna dal 14 settembre 81 al 18 settembre 96 Assassinato.
Lucio Antonio Saturnino usurpatore in Germania nel 89

L'attentato del 68 d.C. contro Nerone, l'ultimo esponente della dinastia Giulio Claudia, segna l'inizio di un nuovo periodo di guerre civili, periodo la cui estensione è tuttavia soltanto di un anno: il 69 infatti, a causa delle lotte intestine tra diversi condottieri per la successione alla carica imperiale, vede l'avvicendarsi di ben quattro diverse personalità. Tale anno sarà ricordato perciò come l'anno dei quattro imperatori, oltre che come uno dei più tormentati e sanguinosi dell'intera storia romana.

All'origine della caduta del principato di Nerone, vi è il fatto che la politica di quest'ultimo non riscuota l'approvazione né delle province occidentali, né dell'aristocrazia senatoria romano-italica. Essa infatti, spostando l'asse degli interessi dello Stato in direzione delle regioni orientali (nonché delle loro tradizioni politico-culturali), se da una parte reca offesa agli ideali dell'aristocrazia occidentale, tende dall'altra a disinteressarsi pericolosamente di quelle nuove realtà politico-economiche costituite dalle province europee occidentali (Spagna, Gallia, Germania). 

Dopo un periodo relativamente breve di lotte intestine, tra il 68 e il 69, saranno i Flavi ad affermarsi come nuova dinastia regnante. Con essi inizierà per l'Impero una nuova stagione, nel corso della quale se da una parte verranno consolidate le strutture politiche e istituzionali della più moderna amministrazione imperiale, dall'altra verranno elisi e indeboliti gran parte dei privilegi politici del Senato e dell'antica aristocrazia romana e italica.

Ma il rafforzamento dell'apparato burocratico imperiale significa anche il rafforzamento delle province, in quanto entità politiche tendenzialmente autonome rispetto alle zone italiane, poiché dotate ormai di una loro individualità, di una loro ricchezza e di un loro peso politico, e come tali rivendicanti già da tempo maggiore considerazione e influenza all'interno della compagine imperiale. Mentre infatti le antiche forze senatorie tendevano a esercitare un dominio a senso unico sui territori sottoposti, quelle della nascente amministrazione imperiale tendono a riservare ad esse un maggiore spazio e una più alta considerazione: e ciò sia per ragioni strutturali (l'Impero essendo il risultato dell'unione di diversi stati e di diverse culture), sia per ragioni pratiche (l'attuale estensione dei territori romani non permette più infatti, almeno oltre un certo limite, un tale tipo di politica).

D'altra parte è proprio da queste ultime (più che dall'Italia) che prende avvio la grande spinta di rinnovamento che determinerà prima la fine della dinastia dei Claudii, e successivamente la lotta per l'affermazione - vinta da Vespasiano - tra i quattro imperatori.

Al termine del dominio della dinastia Flavia - con la morte di Domiziano, nel 96 - troveremo dunque un Impero più solido, con un apparato istituzionale decisamente più articolato ed efficiente, una classe senatoria in gran parte rinnovata, e un'Italia i cui poteri e privilegi a livello politico sono oramai - rispetto al passato - decisamente ridimensionati.

IL 69, L'ANNO DEI 4 IMPERATORI

Tra il giugno del 68 e il dicembre del 69, cioè tra il mese dell'insediamento di Galba e quello dell'insediamento di Vespasiano, si avvicenderanno - come si è già detto - ben quattro imperatori, tra cui, oltre appunto a Galba e Vespasiano, Otone e Vitellio. Questo lasso di tempo vedrà il ritorno di una situazione simile - per molti aspetti - a quella delle guerre civili che, nei decenni finali della Repubblica, avevano insanguinato il mondo romano (e il cui termine è coinciso con la battaglia di Azio nel 32, in cui Ottaviano ha sconfitto il rivale Marco Antonio). Anche ora infatti, saranno gli eserciti lo strumento fondamentale per la conquista del potere, anche ora vi sarà una fondamentale divisione tra Est e Ovest (seppure questa volta lo scontro verrà vinto dalle regioni orientali), ed anche ora infine saranno dei potenti condottieri a contendersi la suprema carica imperiale.

Servio Sulpicio Galba

Il primo successore di Nerone (morto suicida nel 68) è Servio Sulpicio Galba (Terracina, 24 dicembre 3 a.C. - 15 gennaio 69) fu imperatore romano dal 9 giugno 68 al 15 gennaio 69. 

Galba era nato da una nobile famiglia ed era un uomo di grande ricchezza, ma non legato né per nascita né per adozione ai primi sei imperatori. Fin dalla fanciullezza fu visto come un giovane di notevoli doti, e si dice che sia Augusto che Tiberio profetizzassero la sua futura ascesa.

Pretore nel 20, e console nel 33, acquistò una ben meritata reputazione nelle province di Gallia, Germania, Africa e Spagna per le sue capacità militari, la sua severità e la sua imparzialità. Alla morte di Caligola, rifiutò l'invito dei suoi amici di farsi avanti per l'impero, e servì lealmente Claudio. Per la prima metà del regno di Nerone visse in disparte finché, nel 61, l'imperatore gli assegnò la provincia della Spagna Tarraconese.

Nella primavera del 68, Galba fu informato dell'intenzione di Nerone di metterlo a morte, e dell'insurrezione di Giulio Vindice in Gallia. Egli ebbe inizialmente l'intenzione di seguire l'esempio di Vindice, ma la sconfitta ed il suicidio di quest'ultimo, rinnovarono la sua esitazione. La notizia poi che Nimfidio Sabino, prefetto dei pretoriani, si era dichiarato in suo favore lo incoraggiò di nuovo. Egli che, fino ad allora, si era solo dichiarato emissario del Senato e del popolo romano, dopo la morte di Nerone, assunse il titolo di "Cesare" e marciò su Roma.

Inizialmente, fu ben accolto dal Senato e dal partito dell'ordine, ma non fu mai popolare presso l'esercito ed il popolo. Incorreva, infatti, nell'odio dei pretoriani, per lo sprezzante rifiuto di pagare quanto era stato loro promesso a suo nome, e si alienava la plebe con il suo disprezzo della pompa e dell'apparire. Avendo perso energia a causa dell'età avanzata, rimase completamente nelle mani dei suoi favoriti.

Una sollevazione fra le legioni in Germania, che chiedevano che il Senato scegliesse un altro imperatore, lo rese cosciente della sua impopolarità e dello scontento generale. Per calmare la tempesta, adottò come coadiutore e successore Lucio Calpurnio Pisone, uomo comunque degno dell'onore. La sua scelta fu saggia e patriottica; ma la popolazione la vide come un segno di paura ed i pretoriani ne furono indignati vedendo allontanarsi l'usuale donazione.

Otone, formalmente governatore della Lusitania, ed uno dei più antichi sostenitori di Galba, indispettito per non essere stato scelto al posto di Pisone, si unì ai pretoriani in agitazione e fu da loro acclamato imperatore. Galba, che alla fine si decise ad incontrare i ribelli si scontrò con la cavalleria e fu massacrato presso il Lago Curzio.

Marco Salvio Otone

Succede poi a Galba,  Marco Salvio Otone (25 aprile 32 - 16 aprile 69). Fu Imperatore romano dal 15 gennaio al 16 aprile del 69

Otone apparteneva ad una antica e nobile famiglia etrusca residente a Ferento in Etruria, interessante sito archeologico nei pressi di Viterbo. Sembrava inizialmente essere uno dei più incauti e stravaganti giovani che circondavano Nerone. Questa amicizia fu interrotta bruscamente nel 58 a causa di una donna. Poppea era stata presa al marito da Nerone per farne la sua amante. La decenza richiedeva che lei fosse maritata e così l'imperatore la diede in moglie al suo favorito Otone convinto che non avrebbe avuto problemi da questi. Ma Otone si innamorò di lei e, quando venne il momento, rifiutò di mandarla a Nerone. Dopo minacce e appelli dell'imperatore, il matrimonio fu annullato ed Otone mandato come governatore nella remota provincia di Lusitania.

Otone rimase in Lusitania per i successivi dieci anni, amministrando la provincia con moderazione non comune a quel tempo. Quando, nel 68, il suo "vicino" Galba, governatore della Spagna Tarraconese, si rivoltò contro Nerone, Otone lo accompagnò a Roma. Il risentimento per il trattamento che aveva ricevuto da Nerone può averlo spinto a questo, ma a tale motivazione certamente si aggiunge l'ambizione personale. Galba non aveva figli ed era avanti negli anni ed Otone, incoraggiato anche dalle predizioni degli astrologi, aspirava a succedergli. Ma nel gennaio del 69 le sue speranze furono raffreddate dall'adozione formale da parte di Galba di Lucio Calpurnio Pisone, uomo scelto casualmente una mattina in un'udienza.

Non rimaneva ad Otone che incassare il colpo. Disperato per lo stato delle sue finanze, a causa delle sue precedenti stravaganze, trovò il danaro per pagare i servizi di ventitrè pretoriani. La mattina del 15 gennaio, solo cinque giorni dopo l'adozione di Pisone, presentò i suoi omaggi all'imperatore, e si scusò frettolosamente per certi suoi affari che lo richiamavano d'urgenza al Palatino. Egli quindi fu scortato al campo dei pretoriani, dove, dopo pochi momenti di sorpresa e indecisione, fu acclamato imperatore.

Con un'imponente scorta tornò verso il Foro, ed ai piedi del Campidoglio incontrò Galba, che, allarmato da vaghi "rumori" di rivolta, si dirigeva verso un assembramento di cittadini stupefatti verso gli alloggiamenti della truppa. La coorte di stanza al Palatino, che scortava l'imperatore, immediatamente lo abbandonò. Galba, suo figlio appena adottato Pisone ed altri furono brutalmente uccisi dai pretoriani. La scaramuccia finì, Otone tornò in trionfo all'accampamento, e lo stesso giorno ricevette l'investitura dai senatori con il nome di "Augusto", il potere tribunizio ed altre dignità appartenenti all'imperatore. Otone dovette il suo successo al risentimento covato dai pretoriani e dal resto dell'esercito per il rifiuto di Galba di pagare le somme promesse a chi aveva supportato la sua ascesa al trono. La popolazione della città non gradiva Galba e rimpiangeva la memoria di Nerone. Il primo atto di Otone come imperatore mostrò che egli teneva bene in conto questo fatto.

Otone accettò, o finse di accettare, il soprannome di "Nerone" datogli per acclamazione dal popolo, che a lui lo assimilava per il suo aspetto femmineo. Furono di nuovo installate statue di Nerone, i suoi liberti e la sua servitù furono richiamati, e fu annunciata l'intenzione di completare la Domus Aurea. Allo stesso tempo i timori dei più sobri e rispettabili cittadini furono dissipati dalle dichiarazioni liberali di Otone sulle sue intenzioni di governare con giustizia, e dal suo clemente giudizio nei riguardi di Mario Celso, console designato e devoto seguace di Galba.

Ma ogni ulteriore sviluppo della politica di Otone, fu messo alla prova dalla notizia che raggiunse Roma subito dopo la sua ascesa al trono. L'esercito in Germania aveva acclamato imperatore Vitellio, comandante delle legioni del basso Reno, il quale già stava avanzando verso l'Italia. Dopo un vano tentativo di accordo con Vitellio con l'offerta di dividere l'impero, Otone, con vigore inaspettato, si preparò alla guerra. C'era da aspettarsi poco aiuto dalle province lontane che pure avevano accettato il suo regno; ma le legioni di Dalmazia, Pannonia e Mesia erano affidabili per la sua causa, le coorti dei pretoriani erano di per sé una forza formidabile ed una flotta efficiente gli dava il dominio dei mari italiani.

La flotta fu disposta a protezione della Liguria e, il 14 marzo Otone, spaventato da prodigi e presagi, partì verso il Nord alla testa delle sue truppe, nella speranza di impedire l'ingresso in Italia degli eserciti di Vitellio. Ma per questo era troppo tardi, e tutto ciò che poté fare fu di mandare le truppe a Piacenza e tenere la linea del Po. Le avanguardie di Otone difesero con successo Piacenza contro Cecina Alieno, e costrinsero quel generale a ripiegare su Cremona. Ma l'arrivo di Fabio Valente alterò gli equilibri.

A questo punto i generali di Vitellio si risolsero a dare la battaglia decisiva, ed i loro piani furono facilitati dalle opinioni divise e incerte che prevalevano nel campo di Otone. Gli ufficiali più esperti sostenevano l'importanza di evitare una battaglia, almeno fino all'arrivo delle legioni dalla Dalmazia. Ma l'avventatezza di Tiziano, fratello dell'imperatore e di Proculo, prefetto della Guardia pretoriana, aggiunte all'impazienza di Otone, sopraffecero ogni opposizione, e fu decisa un'avanzata immediata ed Otone rimase indietro con notevoli forze di riserva a Brescello sulla riva meridionale del Po. Quando fu presa questa decisione, l'esercito di Otone aveva già traversato il Po ed era accampato a Bedriaco, piccolo villaggio sulla Via Postumia, posto sul percorso da cui dovevano arrivare le legioni dalla Dalmazia.

Le forze di Otone vennero sconfitte nella prima battaglia di Bedriaco. Otone era ancora al comando di una forza formidabile: le legioni della Dalmazia avevano già raggiunto Aquileia e lo spirito dei soldati e dei loro ufficiali era intatto. Ma egli si risolse ad accettare il verdetto della battaglia che la sua stessa impazienza aveva affrettato. Con un solenne discorso si accomiatò da chi gli era intorno e ritiratosi per riposare, dormì profondamente qualche ora. La mattina presto si trafisse il cuore con una spada che aveva nascosto sotto il cuscino, e morì mentre il suo attendente entrava. Il suo funerale fu celebrato subito, secondo il suo desiderio, e non pochi dei suoi soldati seguirono il suo esempio uccidendosi sulla sua pira. A Brescello fu eretta in suo onore una modesta tomba con la semplice iscrizione: Diis manibus Marci Otonis. Otone aveva solo 37 anni ed aveva regnato appena tre mesi.

Aulo Vitellio Germanico

Ostili in gran parte alla politica otoniana, nella quale non si riconoscono, sono le province occidentali, e in particolar modo i ceti possidenti che, assieme all'esercito, mantengono in una condizione di subalternità la gran parte della popolazione, impiegandola come manodopera semi-libera. Questi ultimi non vedono infatti di buon occhio la politica di Otone, ritenendola non favorevole ai loro interessi. 

E' dalle regioni della Germania meridionale che proviene infatti Aulio Vitellio, generale delle truppe imperiali in quelle regioni, eletto imperatore dalle proprie truppe già prima di arrivare nella capitale. 

Aulo Vitellio Germanico, chiamato generalmente Vitellio, (24 settembre 15 - 22 dicembre 69) fu imperatore romano dal 16 aprile 69 al 22 dicembre dello stesso anno.

Era figlio di Lucio Vitellio, che era stato console e governatore in Siria sotto Tiberio. Vitellio figlio fu console nel 48, e (forse nel 60 - 61) proconsole in Africa, e si dice che avesse assolto il compito con successo. Alla fine del 68 Galba, fra lo stupore generale, lo scelse per comandare l'esercito dislocato nella Germania Inferiore, e qui Vitellio si guadagnò la popolarità presso i subalterni ed i soldati per l'eccessiva prodigalità e buona disposizione, la qual cosa fu fatale all'ordine ed alla disciplina.

Lungi dall'essere ambizioso o scaltro, fu pigro ed autoindulgente, amante del mangiare e del bere, e dovette la salita al trono a Cecina Alieno e Fabio Valente, comandanti di due legioni sul Reno. Da questi due uomini fu compiuto un colpo di stato militare, ed all'inizio del 69 Vitellio fu proclamato imperatore a Colonia Agrippinense (l'odierna Colonia), o, più precisamente, imperatore degli eserciti della Germania Inferiore e Superiore.

In effetti non fu mai accettato come imperatore dall'intero mondo romano, anche se a Roma il senato lo accettò e gli attribuì i consueti onori imperiali. Egli entrò in Italia alla testa di soldati licenziosi e rozzi, e Roma divenne lo scenario di rivolte e massacri, spettacoli di gladiatori e fasti stravaganti. Appena si sparse la voce che gli eserciti dell'Est, Dalmazia e Illiria, avevano acclamato Vespasiano, Vitellio, abbandonato da molti dei suoi sostenitori, avrebbe voluto rinunciare al titolo di imperatore.

Si dice che aspettasse le truppe di Vespasiano a Mevania (Bevagna). Si dice anche che le sue dimissioni fossero accettate da Primo, uno dei capi dei sostenitori di Vespasiano,ma che i pretoriani rifiutassero di permetterle, e lo costringessero a rientrare al palazzo ed a depositare le insegne dell'Impero presso il Tempio della Concordia. All'arrivo a Roma delle truppe di Vespasiano fu trascinato fuori da un miserabile nascondiglio, portato sulle Scale Gemonie, e gettato di sotto. "Si, io fui una volta il vostro imperatore", furono le ultime e, per quanto si sa, le più nobili parole di Vitellio.

Durante la sua breve amministrazione Vitellio aveva mostrato l'intenzione di governare saggiamente, ma fu completamente sotto l'influenza di Valente e Cecina Alieno, che lo indussero ad una sequenza di eccessi che misero completamente in secondo piano le sue qualità.

Sarà alla fine Vespasiano (comandante delle truppe imperiali stanziate in Giudea nel 66, sostenuto dalle regioni orientali dell'Impero), a conquistare definitivamente il potere. Come Vitellio, anche Vespasiano è stato acclamato princeps e augusto dalle proprie truppe già prima di arrivare a Roma, e solo successivamente, nel dicembre del 69, ha sancito tale carica sconfiggendo sul campo il suo avversario.

Vespasiano

Cesare Vespasiano Augusto (17 novembre 9 - 23 giugno 79), nome originale Tito Flavio Vespasiano e più conosciuto come Vespasiano, fu imperatore di Roma fra il 69 ed il 79. Fu il fondatore della Dinastia Flavia e salì al trono alla fine dell'anno dei quattro imperatori.

Vespasiano nacque in Sabina presso l'antico "Vicus Phalacrinae", corrispondente all'odierna cittadina di Cittareale (RI) nell ' anno 9 d.C. da Flavio Sabino che era esattore di imposte e piccolo operatore finanziario; la madre Vespasia Polla era sorella di un senatore.

Dopo aver servito nell'esercito in Tracia ed essere stato questore a Creta ed a Cirene (Libia), Vespasiano divenne edile e pretore, avendo nel frattempo sposato Flavia Domitilla, figlia di un cavaliere, da cui ebbe due figli: Tito e Domiziano, in seguito imperatori, ed una figlia, Domitilla. La moglie e la figlia morirono entrambe prima che lasciasse la magistratura.

Dopo aver servito nell'esercito in Germania, partecipò all'invasione romana della Britannia sotto l'Imperatore Claudio, dove si distinse nel comando della Legione II Augusta sotto il comando di Aulo Plauzio. Egli sottomise l'Isola di Wight e penetrò fino ai confini del Somerset in Inghilterra. Nel 51 fu console; nel 63 andò come governatore in Africa dove, secondo Tacito, il suo comportamento fu infame e odioso; secondo Svetonio, corretto e altamente onorevole.

Fu in Grecia al seguito di Nerone e, nel 66 fu incaricato della conduzione della guerra in Giudea, che minacciava di espandersi a tutto l'oriente. Secondo lo scrittore Svetonio, una profezia conosciuta in tutte le province orientali proclamava che dalla Giudea sarebbero venuti i futuri governanti del mondo. Vespasiano probabilmente credeva che questa profezia si applicasse a lui, e trovò un gran numero di presagi, oracoli e portenti per rafforzare questa credenza.

Trovò anche incoraggiamento da parte di Licinio Muciano, governatore della Siria; e malgrado la stretta alla disciplina e la repressione di abusi, Vespasiano ebbe anche la devozione dei soldati. In oriente tutti guardavano a lui; Muciano e le legioni della Siria erano ansiosi di appoggiarlo; e mentre era a Cesarea, fu proclamato imperatore (1 luglio 69) prima dall 'esercito in Egitto, e poi dalle sue truppe in Giudea (11 luglio). Tuttavia Vitellio, che occupava il trono, aveva al fianco i veterani delle legioni della Gallia e del Reno, le migliori truppe di Roma. Ma il favore verso Vespasiano prese rapidamente a crescere e gli eserciti di Tracia, Pannonia e Illiria presto lo acclamarono e di fatto lo fecero padrone di metà del mondo romano.

Le sue truppe entrarono in Italia dal Nord-Est sotto il comando di Antonio Primo, sconfissero l'esercito di Vitellio a Betriacum (o Bedriacum), saccheggiarono Cremona ed avanzarono su Roma, dove entrarono dopo furiosi combattimenti ed una tremenda confusione, durante la quale il Campidoglio venne distrutto dal fuoco.

IMPERATORE - Ricevendo notizia del suo rivale sconfitto ed ucciso ad Alessandria, il nuovo imperatore inviò a Roma forniture di grano urgentemente necessarie, e contemporaneamente emise un editto o dichiarazione di intenti, nel quale dava assicurazione di un completo rovesciamento delle leggi di Nerone, specialmente di quelle relative al tradimento. Si racconta che, mentre in Egitto visitava il tempio di Serapide, ebbe una visione, e più tardi fu testimoniato da due operai che egli possedeva poteri divini e poteva far miracoli.

Lasciando la guerra in Giudea al figlio Tito, arrivò a Roma nel 70. Immediatamente consacrò le sue energie a riparare i danni causati dalla guerra civile. Restaurò la disciplina nell'esercito che sotto Vitellio era stata piuttosto trascurata, e con la cooperazione del senato, riportò il governo e le finanze su solide basi.

Ripristinò vecchie tasse e ne introdusse di nuove, aumentò i tributi delle province, e tenne un occhio attento sulle finanze pubbliche. Attraverso l'esempio della sua semplicità di vita, mise alla gogna il lusso e la stravaganza dei nobili romani ed iniziò sotto molti aspetti un marcato miglioramento del tono generale della società.

Come censore riformò il Senato e l'ordine equestre, rimuovendone i membri inadatti e indegni e promuovendo uomini abili ed onesti, tra i quali Gneo Giulio Agricola. Allo stesso tempo, rese questi organismi più dipendenti dall'imperatore, esercitando la sua influenza sulla loro composizione.

Cambiò lo statuto della guardia pretoriana, formata da nove corti in cui furono arruolati solo italiani. Nel 70 fu soffocata una formidabile rivolta in Gallia comandata da Giulio Civile e le frontiere in Germania divennero sicure; la guerra in Giudea fu conclusa da Tito con la conquista di Gerusalemme nel 70, e negli anni seguenti, dopo il trionfo congiunto di Vespasiano e Tito, memorabile come prima occasione in cui padre e figlio furono associati nel trionfo, il Tempio di Giano fu chiuso, ed il mondo romano fu in pace per i restanti nove anni del regno di Vespasiano. La pace di Vespasiano divenne proverbiale.

Nel 78 Agricola andò in Britannia ed estese e consolidò la presenza di Roma nella provincia, spingendosi in armi fino al Galles settentrionale. L'anno seguente Vespasiano moriva il 23 giugno.

CARATTERE ED EREDITA' DI VESPASIANO - Vespasiano fu generoso verso senatori e cavalieri impoveriti, verso città e borghi devastati da calamità, e specialmente verso uomini di lettere e filosofi, molti dei quali ricevettero un vitalizio di più di mille pezzi d'oro all'anno. Si dice che Quintiliano fosse il primo pubblico insegnante a godere del favore imperiale.

La grande opera di Plinio il Vecchio, La Storia Naturale, fu scritta durante il regno di Vespasiano e dedicata a suo figlio Tito. Alcuni filosofi, avendo parlato con rimpianto dei tempi d'oro della Repubblica, e quindi indirettamente incoraggiato cospirazioni, indussero Vespasiano a rimettere in vigore le leggi penali contro questa professione ormai obsolete, ma solo uno, Elvidio Prisco, fu messo a morte, perché aveva affrontato l'imperatore con insulti studiati. Molto danaro fu speso in lavori pubblici ed in restauri e abbellimenti di Roma: un nuovo Foro, lo splendido Tempio della Pace, bagni pubblici (che presero nome di "Vespasiani") e l'immenso Colosseo.

Infine, Vespasiano come soldato non fu eccellente, ma dimostrò forza di carattere e abilità, ebbe un continuo desiderio di stabilire ordine e sicurezza sociale per i suoi sudditi. Fu puntuale e regolare nelle sue abitudini, occupandosi dei suoi uffici la mattina di buon'ora e godendosi poi il riposo.

Egli praticamente non ebbe le caratteristiche attese in un imperatore. Fu libero nella conversazione e nella battuta, di cui era estimatore, ed aveva il gusto di atteggiarsi a buffone. Fu capace di scherzare anche nei suoi ultimi momenti. Morì nella sua villa presso le terme di Cotilia (nella provincia di Rieti).  

Tito

Tito Flavio Vespasiano, più noto semplicemente come Tito, (30 dicembre 39 - 13 settembre 81) resse l'Impero Romano dal 79 all'81. Figlio maggiore dell'imperatore Vespasiano e di Flavia Domitilla, figlia di un Cavaliere, durante il regno del padre fu da questi da subito designato suo successore, mediante il conferimento della potestà tribunizia e della prefettura del pretorio.

Mandato dal padre in oriente, si distinse nella repressione della ribellione in Giudea (66 - 70), culminata con il sacco di Gerusalemme del 70. Alla morte del padre, nel 79, fu eletto imperatore, imponendo così, per breve tempo, il ritorno al regime dinastico nella trasmissione del potere imperiale. La reputazione di Tito fu migliorata dal contrasto col carattere di Domiziano, le cui persecuzioni furono documentate dallo storico contemporaneo Tacito.

L'eruzione del Vesuvio del 79 con la conseguente perdita di vite e prosperità nelle città e comunità attorno al golfo di Napoli, ed un rovinoso incendio della città di Roma verificatosi l'anno successivo, diedero infatti modo a Tito di mostrare la propria generosità, contribuendo con le proprie ricchezze alla riparazione dei danni. Questi episodi, ed il fatto che durante il suo principato non fu emessa nessuna sentenza di condanna a morte, gli valsero l'appellativo presso gli storici suoi contemporanei di "delizia del genere umano".

Tacito ridimensionerà questo appellativo sostenendo che il principato di Tito fu piuttosto "felice nella sua brevità", dal momento che si concluse con la sua morte nell'81. Durante il suo principato venne inaugurato il Colosseo (80). L'arco di Tito, che si erge ad una delle entrate del Foro Romano, ricorda il trionfo che gli fu tributato per aver soffocato la ribellione in Giudea. Fu durante la ribellione di Gerusalemme che iniziò la sua trama amorosa con Berenice di Cilicia. Il suo regno vide anche la ribellione di Terenzio Massimo, il Falso Nerone.

Domiziano

Tito Flavio Domiziano (24 ottobre 51-18 settembre 96) fu Imperatore romano (14 settembre 81–18 settembre 96), l'ultimo della dinastia flavia.

Domiziano nacque a Roma mentre il padre, il futuro imperatore Vespasiano, era ancora uomo politico e comandante militare. Ricevette l'educazione riservata ai giovani della classe senatoriale. Studiò retorica, letteratura, legge e amministrazione. Nella sua biografia Svetonio lo descrive come un adolescente istruito ed educato, dalla conversazione elegante. A differenza di suo fratello Tito, molto più anziano di lui, non accompagnò il padre nelle campagne nelle province africane ed in Giudea.

Durante l'anno dei quattro imperatori, Domiziano mantenne una posizione discreta e defilata ma si trasferì nel palazzo imperiale appena il padre fu acclamato imperatore. Fu il rappresentante della famiglia Flavia in Senato prima che Vespasiano e Tito arrivassero a Roma. Con la salita al potere del padre, Domiziano crebbe d'importanza.

Nel 70 fece in modo da provocare il divorzio di Domizia Longina allo scopo di sposarla. Lucio Elio Lamia, suo marito, non riuscì a contrastare i desideri del principe, e così Domizia divenne nuora dell'imperatore. A dispetto dell'avventatezza iniziale, questa alleanza fu vantaggiosa per entrambe le parti. Domizia Longina era la figlia unica del generale Gneo Domizio Corbulone, una della vittime del terrore Neroniano, ricordato come valoroso comandante e politico onorato. Essi ebbero un figlio nel 74 ed una figlia nel 74, ma entrambi morirono giovani. Il loro matrimonio non fu certamente tradizionale: Domiziano era notoriamente un donnaiolo e sua moglie non ne era gelosa. Alcune fonti riferiscono che essa lo accompagnava volentieri nelle avventure con le sue donne.

Come secondogenito, Domiziano era libero da responsabilità. Resse alcuni consolati del tutto onorifici e alcune cariche sacerdotali ma non incarichi dell'impero. Durante il regno del fratello Tito, la sua situazione rimase sostanzialmente la stessa, sicché nessuno vide in lui il futuro imperatore. Ma Domiziano aveva certamente le sue ambizioni. Mentre Tito stava morendo, propiziò la sua scelta a successore assicurandosi il favore della Guardia pretoriana.

IMPERO - Alla morte del fratello Tito, Domiziano fu quasi contento della scomparsa di due figure oppressori: il padre Vespasiano e Tito erano visti da lui in questo modo. Si sentiva maltrattato dal padre, che secondo lui privilegiava Tito. In un certo modo, egli volle vendicarsi dei bistrattamenti che aveva dovuto subire. Assunse un atteggiamento di poco rispetto verso il senato, considerandolo come un organo nemico all'imperatore, composto da elementi che miravano solamente al proprio interesse personale e che quindi combattevano tra loro. Maltrattò anche il consilium precedentemente organizzato da Tito, prendendo decisioni per conto proprio.

Domiziano dimostrò immediatamente di essere un disastro come amministratore. L'economia si arrestò e poi andò in recessione, costringendolo a svalutare il denario d'argento. Per compensare ulteriormente la situazione economica, furono aumentate le tasse e subito salì il malcontento. A causa del suo amore per l'arte ed a quello della popolazione, Domiziano investì grandi somme nella ricostruzione e abbellimento della città che ancora mostrava gli effetti del grande incendio di Roma del 64 e della guerra civile del 69. Circa cinquanta nuovi edifici furono costruiti e restaurati, incluso il tempio di Giove sul Campidoglio ed il palazzo sul Palatino.

Nell'85 Domiziano si autonominò censore a vita, questo ufficio comportava la supervisione, sotto l'aspetto della moralità, del comportamento dei Romani. Verifica che con difficoltà avrebbe potuto applicare a sé stesso. In quell'anno Domizia Longina fu sorpresa col suo amante, l'attore Paris. L'uomo fu messo a morte e l'imperatrice fu esiliata dopo un divorzio precipitoso. L'anno successivo, Domiziano sviluppò una passione per la nipote Giulia Flavia (figlia di Tito) e, come nel suo primo matrimonio, egli si impadronì della ragazza esautorandone il marito. Giulia Flavia morì nel 91 in seguito a un aborto, e fu divinizzata. Dopo questo episodio, Domizia Longina fu richiamata al palazzo come imperatrice, anche se di fatto Domiziano non la risposò.

Le maggiori passioni di Domiziano furono le arti e gli spettacoli di giochi. Portò a termine la costruzione del Colosseo, iniziata dal padre, e istituì i Giochi Capitolini nell'86. Come i giochi olimpici, si tenevano ogni quattro anni ed includevano gare di atletica e corse di carri, ma anche competizioni di oratoria, musica e recitazione. L'imperatore stesso pagava il viaggio dei partecipanti da qualsiasi località dell'impero e attribuiva i premi. Egli era inoltre appassionato degli spettacoli di gladiatori ed apportò notevoli innovazioni come combattimenti di donne e nani. Un'altra mania di Domiziano erano le forme di governo orientali: egli, infatti, si rese odioso alle classi di Roma proprio perché si fece proclamare "dominus et deus", proprio come un faraone.

Come comandante militare, Domiziano non era granché dotato, a causa della sua formazione avvenuta a Roma, lontano dalle legioni. forse a causa di ciò, l'imperatore limitò le imprese militari nel corso del suo regno. Egli si decretò alcuni trionfi, formalmente sui Catti (Chatti, gli attuali Assiani) e sulla Britannia, ma furono solo manovre propagandistiche, poiché queste guerre erano già state combattute. Tuttavia alcune campagne furono fatte durante il suo regno, specialmente sulla frontiera sul Danubio contro i Daci. Domiziano inoltre fondò la I legione Minervia nell ' 82.Un altro provvedimento nella politica estera fu quello di pagare una somma a Decebalo, re dei Daci, che potevano essere pericolosi poiché avrebbero potuto metter in discussione il confine, affinché Decebalo non attaccasse Roma.

Alla fine del suo regno, che aveva cominciato con moderazione, Domiziano rivelò una personalità crudele. Secondo numerose fonti, malgrado qualche dubbio della comunità scientifica, ebrei e cristiani furono perseguitati durante il suo regno. L'imperatore sviluppò addirittura una paranoia di persecuzione che lo indusse a far uccidere molti membri degli ordini senatoriale ed equestre. A lui non piacevano gli aristocratici e non temeva di dimostrarlo, rivedendo ogni decisione presa dal senato. Ci furono ben tre congiure contro di lui, nell'83, 88 e 96, dove morì. Come risposta a queste persecuzioni, organizzò violente persecuzioni, che decimarono la classe nobile ed estromisero tutti i loro beni, usati in seguito per sanare l'erario dello Stato.

Domiziano fu assassinato nel settembre del 96, in un complotto organizzato da senatori suoi nemici, Stefano (amministratore della defunta Giulia Flavia), membri della Guardia pretoriana e l'imperatrice Domizia Longina. Secondo gli storici romani, l'imperatore era convinto, a seguito di predizioni astrologiche, che sarebbe morto intorno al mezzogiorno. Perciò egli era sempre a riposare in quelle ore del giorno. Nel suo ultimo giorno Domiziano non si sentiva bene, e chiese molte volte ad un servo che ora fosse. Il ragazzo, partecipando alla congiura, mentì dicendo che era molto più tardi. Più a suo agio, l'imperatore si recò alla sua scrivania, per firmare documenti, ma lì fu accoltellato otto volte da Stefano. A Domiziano succedette Nerva nominato dal senato, e fu il primo dei cosiddetti "Cinque buoni Imperatori"

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