Nel febbraio 2001
l’archeologo turco Mahmed Arslan ha reso nota la scoperta della camera
tombale di Antioco I, re di Commagene, all’interno del tumulo di
pietra sulla sommità del monte Nemrut, a
2206 metri
di altitudine. Prima di Arslan e del suo team, composto da una
quarantina di archeologi e geologi, erano stati molti gli studiosi a
tentare – invano – di violare quel tumulo di pietre alto 30 metri e
del diametro di 150. Solo le più moderne tecnologie hanno permesso di
raggiungere la camera quadrangolare scavata nella roccia viva e
racchiusa al suo interno.
Qui sono
stati rinvenuti tre sarcofagi contenenti i resti di Antioco I, di suo
padre Mitridate Callinico e di un altro personaggio non identificato.
Grazie a questa scoperta si è potuto aggiungere un tassello
fondamentale alla comprensione di uno dei luoghi più misteriosi della
Turchia. Individuato alla fine dell'Ottocento da un geologo alle
dipendenze degli ottomani, Nemrut Dagi, in posizione spettacolare su un
picco dei monti del Tauro, in Anatolia orientale - faceva emergere dalle
pieghe della storia la megalomane personalità di re Antioco I.
Nato
nell'
80 a
.C. dalla frammentazione dell'impero selgiuchide, sorto a sua volta
sulle ceneri di quello di Alessandro Magno, il regno di Commagene faceva
da cuscinetto tra le aree controllate dai romani e l'impero persiano. Il
suo fondatore, Mitridate Callinico, si alleò con Roma, ma quando, nel
69 a
.C, salì al trono suo figlio Antioco I, questi credette di poter
sopravvivere in piena indipendenza attuando una politica delatoria
filopersiana pur ostentando amicizie con i romani. Antioco I si era
costruito una genealogia che lo faceva discendere dagli dèi dell'Olimpo
e da Alessandro Magno. Ma a nulla gli valsero le millantate parentele:
dopo di lui, i re di Commagene non furono che fantocci dei romani e nel
72 d.C. l'imperatore Vespasiano mise fine a quella burla incorporando il
regno nella Provincia di Siria.
A
giudicare dai superbi templi e dal tumulo (Hierotheseion) che si fece
costruire a Nemrut Dagi, Antioco I si considerava un grande sovrano. Sul
sito ha lasciato una lunga iscrizione (il Nomos, composto da 217 righe
di testo), dalla quale si deducono sia le sue pretese di divinità sia
quelle di conservare il suo regno per l'eternità.
La camera
tombale si compone di un tumulo di pietra frantumata, di 150 m di
diametro per un'altezza di 50 m. Alla base tre terrazze: terrazza nord,
terrazza ovest e terrazza est, formano il santuario; altari e statue
gigantesche a creare uno scenario toccante che coglie il suo apice alla
luce dell'alba e al tramonto del sole. Data la sua ardua locazione, la
natura ha prevalso sull'uomo e con fulmini, terremoti e lo stesso
trascorrere del tempo, le statue sono state decapitate e le teste
sistemate intorno all'incredibile tumulo. Il luogo della sepoltura,
nonostante diversi tentativi, è ancora da scoprire.
Terrazza
nord - Questa terrazza fungeva da punto
di raccolta dei pellegrini che salivano dalle diverse strade esistenti
sui fianchi della montagna; statue colossali di un leone e di un'aquila
ornavano l'entrata: non rimane nulla essendo la più rovinata delle tre
terrazze.
Terrazza
ovest - Cinque statue colossali di
personaggi seduti alte 9 metri, ora le teste giacciono sparse ai loro
piedi, raffiguravano: Antioco I, la dea Tyche, Zeus-Oromasde
il padre degli dei per Greci e Romani, Apollo-Mithra-Helios-Ermes
ed Eracle-Artagnes-Marte,
a chiudere le due estremità il leone e l'aquila simboli della dinastia
di Commagene.
Una lastra
raffigura il cosiddetto "leone astrale" considerato uno dei più
antichi oroscopi del mondo; la sua interpretazione è ancora dubbia: chi
pensa alla data della salita al trono di Antioco I, chi al suo
compleanno o alla fondazione del sito, di certo indica il 7 luglio del
62 o 61 a.C..
Terrazza
est - Su questa terrazza anche se le
statue acefale sono simili a quelle della terrazza ovest, la loro
locazione è diversa; una scalinata monumentale porta agli altari, due
scalinate laterali portano alle divinità poste sopra gli altari.
Perfettamente conservati i personaggi seduti, ma le teste delle statue
sono in pessime condizioni; di un grande altare posto di fronte rimane
il basamento perfettamente visibile.
Dietro alle
basi delle statue, numerate con lettere romane, il testo in greco del
pensiero di Antioco I: la volontà di essere qui sepolto e dei riti da
eseguire in suo onore.
Accanto
al tumulo sorgono tre piattaforme scavate nella roccia. Di quella posta
a nord, che serviva da alloggio per i sacerdoti, si sono conservate le
pietre che la delimitano, mentre i bassorilievi che le ornavano sono
stati cancellati dall'azione del tempo. Sono monumentali, invece, quelle
a est e a ovest, due complessi templari aperti: in ognuna di esse si
trovano i resti di cinque maestose statue.

Oltre
che per le grandi dimensioni (erano formate da blocchi di pietra di 8
tonnellate ciascuno, oggi sparpagliati al suolo, e si elevavano per 8-10
metri), destano interesse per l'iconografia, in cui è evidente il
sincretismo tra le divinità greche e persiane. In entrambe le
piattaforme sono rappresentati Zeus, associato con il persiano Ahura
Mazda, Apollo-Mitra, Eracle-Atagnes, Tyche (la dea della fertilità di
Commagene) e lo stesso Antioco 1. Le loro teste, che ora si ergono sul
terreno, sono sormontate da tiare persiane, così come persiana è la
foggia degli abiti nelle scene rappresentate sui bassorilievi delle
piattaforme, che illustrano l'incontro tra le divinità e il sovrano.
Ma, al
di là della spettacolarità dei volti divini in un contesto
paesaggistico di grande suggestione, la figura più enigmatica di Nemrut
Dagi è quella di un leone scolpito sulla piattaforma ovest. Sul manto
del felino ci sono 19 stelle, sul collo vi è una Luna crescente, mentre
sul dorso vi sono i pianeti Marte, Giove e Mercurio. Secondo gli
studiosi quel bassorilievo ha un preciso significato astronomico.
Interpretandone i vari elementi, si è arrivati alla conclusione che
esso rappresenti una data, il 7 luglio del 62 a
.C: forse il giorno in cui Antioco 1 aveva concepito la folle idea della
sua immortalità.
