La Città Bianca di Tel Aviv (Movimento Moderno)
Israele

 PATRIMONIO DELL'UMANITÀ DAL 2003

 

Si vede già da lontano, bagnata dal mare e costruita sulla sabbia. “Non se ne farà niente” sembra abbia mormorato Winston Churchill fumando il suo sigaro. Allora era l’osservatore inglese mandato dalla regione, quando gli architetti si misero al lavoro per costruire una nuova città. Sabbia, nient’altro che sabbia fino all’orizzonte, un tratto vergine di costa mediterranea a nord di Jaffa, la città portuale della nuova Palestina. Sul terreno sabbioso della costa, Sir Patrick Geddes intende progettare una città immersa nel verde, secondo il modello europeo, con belle ville e viali eleganti. Il giovane paese, in seguito chiamato Israele, ha bisogno di spazio per le migliaia di emigranti che cercano una nuova patria. La stabilità del terreno sabbioso si ricava costruendo edifici su pilastri di legno, facendoli poi assorbire dalla natura.

Prima di tutto si piazzano migliaia di alberi per stabilizzare il terreno e dove un tempo si estendevano dune di sabbia, oggi sorge una città. Tel Aviv, una città movimentata, fondata nel 1909, una città giovane eppure già raggiunta dalla sua leggendaria architettura. Tel Aviv, in nessuna altra città del mondo viene attuata così radicalmente l’idea della modernità nell’architettura. Alcuni dei suoi edifici modello come l’ondulata casa Home Recanati del 1935, oggi passano in secondo piano nel volto contemporaneo della città. E proprio accanto, ingiallita dal tempo, la Via degli angeli, dove comincia buona parte della storia.

Lo scopo primario degli edifici è la funzionalità, le case seguono con naturalezza le curve degli angoli, sulle facciate si affacciano balconi e terrazze come alte torri. Soltanto a Tel Aviv esiste la realizzazione della scuola del Bauhaus, nello spirito dell’avanguardia degli anni 30. Qui si costruisce secondo lo stile moderno, lontano dal pesante stoicismo europeo e anche dalle ghirlande dello Jugendstill. 

La nuova città di Tel Aviv, letteralmente La collina della primavera, nome tratto dall’utopistico romanzo dello scrittore ebraico Theodor Herzl, intitolato Terra Nuova, inondata di luce, concepita su misura secondo l’architettura del XX secolo. Nulla è superfluo, ogni cosa ha il suo ordine prestabilito, gli spazi respirano e lasciano posto agli uomini. 

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Tra il 1931 e il 1934 a Tel Aviv nascono 4000 edifici, secondo lo stile della concezione Bauhaus, rendendo la città il complesso architettonico più grande del mondo realizzato in questo stile. Tenendo conto delle condizioni climatiche della Palestina, soprattutto del caldo e dell’alta concentrazione del sole, l’architettura Bauhaus si adegua perfezionando un sistema di ombreggiatura creando uno stile architettonico che rende Tel Aviv unica e inimitabile. Tutti i balconi sono forniti di una specie di protezione a lamelle per il sole e le finestre sono piccole.

Giovani architetti come Dov Karmi e Richard Kauffmann arrivano in Palestina dopo aver compiuto i loro studi in Europa e danno un volto alla città di Tel Aviv. Sono 200 i nomi degli architetti che nel volgere di pochi anni dal nulla creano la favolosa immagine di Tel Aviv. 

Molti architetti studiano nella leggendaria università Bauhaus fino a che sono costretti a fuggire dal regime nazista. Nel 1933 la stessa Bauhaus viene chiusa, l’avanguardia europea cade vittima del fascismo. L’architetto Ariel Sharon giunge nel 1932 in Palestina direttamente da Dessau, è uomo impegnato in politica, orientato sulle riforme sociali, per il partito del lavoratori costruisce nel centro di Tel Aviv case destinate all’edilizia popolare in stile Bauhaus.

A Tel Aviv il concetto di grandi edifici abitativi è influenzato soprattutto dall’architetto avanguardista Le Corbusier, uno dei maestri del Bauhaus e uno fra i più influenti innovatori dell’architettura del XX secolo. La nuova generazione di architetti, a Tel Aviv interpreta la lingua dei suoi maestri nella maniera più pura, adeguata alle condizioni del medio oriente, in un gioco di luci e ombre. E’ un segno distintivo anche di Zeev Rechter che caratterizza la storia di Israele dal punto di vista architettonico e da vita al viale Rothschild. Un ambiente pittoresco, da sogno, dal carattere fortemente europeo, un paesaggio urbano che si estende su dune sabbiose. Ville in stile Bauhaus con tutti gli elementi caratteristici, le linee definite e il dialogo con la natura che comprende gli aspetti tipici di Tel Aviv, schermi protettivi per il sole e facciate asimmetriche.

Il tempo ha corroso le facciate, ha disegnato rughe sulla liscia bellezza, lo speciale intonaco smerigliato o liscio mischiato alla polvere di conchiglia, polvere di basalto o pietruzze di vetro, riesce a contrastare anche se in misura limitata l’azione aggressiva del clima marittimo. In effetti solo pochi degli edifici Bauhaus sono ancora di colore bianco o pastello.

Eppure la straordinaria relazione creata con l’abbagliante luce di Tel Aviv rende unica questa architettura. Le prospettive che vengono a crearsi dagli angoli di questa moderna filosofia dello spazio, costituiscono il vero fulcro di questo concetto architettonico. 

Nel 1933 la famiglia Ester fa costruire un cinema, oggi trasformato in albergo sotto la protezione dei beni culturali, come d’altra parte tutto il centro di Tel Aviv. Nel centro storico gli edifici del Bauhaus portano con se ancora i ricordi dello Jugendstil, allo stesso tempo segnano il passaggio in una nuova epoca che rinuncia agli elementi decorativi per fare posto a tutto ciò che è strettamente funzionale, pur mantenendo gradevoli proporzioni. La facciata del cinema presenta una facciata ascetica e al contempo un raffinato senso del movimento, un perfetto accordo tra le linee e il sole di Israele. Il cinema Ester si trova sulla piazza Dizzengoff, il cuore di Tel Aviv, la perfezione della sua passata bellezza si può comprendere soltanto dalle vecchie fotografie, quando l’edificio rotondo troneggiava liberamente nella piazza immersa nel verde. Le facciate bianche come la neve, tagliate orizzontalmente da balconate continue e da sprazzi di luce, fluidamente scorrono.

La piazza oggi è stata rialzata di alcuni metri per far passare sotto di essa l’arteria principale della città. Un problema quello del traffico automobilistico che i primi urbanisti non potevano neppure lontanamente immaginare e che oggi getta la raffinata architettura Bauhaus, con le sue linee chiare e semplici, in molti punti di Tel Aviv, in un inestricabile caos. Nelle costruzioni squadrate, nei cubi e negli angoli, gli architetti hanno fissato in grande stile le basi della costruzione moderna, in seguito applicata da tutte le metropoli moderne e sviluppata in altezza. Essenzialità in bianco, funzionalità strutturale nelle linee diritte. Ciò che formalmente nasce a Weimar e Dessau e che oggi caratterizza il volto architettonico nel mondo in uno stile internazionale, comincia proprio qui a Tel Aviv, la città vestita di bianco, la città che fonda un sogno sulla spiaggia e che coraggiosamente fornisce nuovo terreno fertile alla moderna architettura.

Tel Aviv è stata dichiarata città di patrimonio dell’umanità UNESCO per il suo tesoro di architettura Bauhaus. La “città bianca” di Tel Aviv annovera più edifici in stile Bauhaus – o “movimento moderno” – di chiunque altro al mondo. La città è stata inaugurata come sito di patrimonio dell’umanità il 6 Giugno 2004, con una serie di avvenimenti festivi nel corso di tre giornate che hanno celebrato la proclamazione e la cultura Bauhaus. Dignitari internazionali e illustri architetti provenienti da tutto il mondo hanno preso parte ai festeggiamenti.

La “città bianca” di Tel Aviv comprende 4.000 edifici che rappresentano il movimento moderno – una sintesi di stili architettonici popolari nell’Europa dei primi anni del XX secolo, fortemente influenzata dalla scuola di arte e design della Bauhaus. Questi edifici, costruiti tra il 1931 e il 1956, sono stati progettati da architetti immigrati formatisi in Europa, i quali hanno saputo adattare lo stile moderno alla cultura e al clima di Tel Aviv.

Secondo il criterio adottato dall’UNESCO per dichiarare un sito patrimonio dell’umanità, la “città bianca” di Tel Aviv è “una sintesi di eccezionale significato delle varie tendenze del movimento moderno in architettura e nella progettazione di città, del primo periodo del XX secolo. Tali influenze sono state adattate alle condizioni culturali e climatiche del luogo, come pure integrate alle tradizioni locali.” Il pezzo forte degli avvenimenti è stata la dichiarazione ufficiale di patrimonio dell’umanità ad opera del vice direttore generale dell’UNESCO, Marco Barbosa.

Come previsto dal trattato del World Heritage Convention adottato dall’UNESCO nel 1972, l’organizzazione lavora per proteggere e preservare siti culturali e naturali sparsi nel mondo e considerati di valore inestimabile per l’umanità. Attualmente, più di 170 paesi hanno aderito al convegno, rendendolo uno degli strumenti legali internazionali più noto per la protezione del patrimonio culturale e naturale.