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Il
sito è composto da tre luoghi che riflettono le violazioni dei diritti
umani perpetrate dal regime dei Khmer Rossi in Cambogia
dal 1971 al 1979. Le tre parti che la compongono rappresentano la violenza
diffusa di quel periodo: l'ex-prigione M-13 (inizio della
repressione), il Museo del genocidio di Tuol Sleng (ex-prigione
S-21) e il Centro del genocidio di Choeung Ek (ex-luogo di
esecuzione della S-21). Questi luoghi sono stati preservati e
commemorati dalla caduta del regime.
Il
Museo di Tuol Sleng conserva vasti archivi e collezioni relativi a quel
periodo, documentati principalmente dalle Camere Straordinarie
presso il Tribunale della Cambogia (ECCC).

Il Museo
del genocidio di Tuol Sleng è un museo situato a Phnom
Penh che raccoglie la testimonianza del genocidio cambogiano.
Un
tempo sede di una Scuola Superiore, l'edificio venne ribattezzato Ufficio
di Sicurezza 21 (S-21) dalla dittatura dei Khmer
rossi, che lo impiegarono dalla loro ascesa al potere nel 1975 alla loro
caduta nel 1979. "Tuol Sleng" in lingua kmer significa "collina
del mango selvatico"; nella sigla "S-21", S sta
per Sala e 21 è il codice del Santébal,
la Polizia di sicurezza. Recenti studi hanno rivelato che la S-21
era la punta dell'iceberg di un vasto sistema di prigioni.
I
cinque edifici del complesso che un tempo era la Tuol Svay Prey
High School, cui fu posto il nome di un antenato del re Norodom
Sihanouk, Chao Ponhea Yat, furono trasformati nell'agosto del 1975 (il
15 agosto venne "inaugurato" ed il 5 ottobre dello stesso anno
iniziò ad accogliere la prima ondata di detenuti, sebbene entrasse a
pieno regime solamente nel maggio 1976) in una prigione e in un centro
per interrogatori e torture. I Khmer rossi ribattezzarono la
struttura "Ufficio di Sicurezza 21" (S-21) e la
costruzione fu mutata in prigione dall'interno: gli edifici furono
racchiusi all'interno di un recinto di filo spinato elettrificato, le
classi trasformate in minuscole celle e camere della tortura e tutte le
finestre furono sbarrate con assi di ferro e filo spinato per evitare
fughe di prigionieri.
Di
tutti i prigionieri incarcerati, solo sette sopravvissero, in quanto
ritenuti utili alla causa del Partito. Il personale del carcere era
diviso in tre categorie: i secondini che provenivano dalle file degli ex
guerriglieri; i giudici, che dirigevano gli interrogatori, che
provenivano dalla "Unità 13" dei commissari del popolo
(erano, quindi, dei politici) e i torturatori, i più brutali, che
provenivano dalla "Unità Militare 703", quindi dei veri e
propri comandanti dell'esercito di liberazione. Il personale del carcere
era direttamente scelto dal Partito e non dal direttore della prigione.
Nei documenti ufficiali si cita "l'edificio S - 21" soltanto a
partire dagli inizi del settembre 1975. Destinato in un primo tempo alle
fucilazioni dei "nemici borghesi" (l'ex classe dirigente) e
dei "collaborazionisti degli americani" (i quadri del regime
di Lon Nol), dopo le carestie del 1977, allorché una parte del partito
mise in dubbio l'efficacia della politica agricola del regime, esso servì
per l'epurazione cruenta dei "deviazionisti" dell'ortodossia
polpottiana. Il culmine si ebbe a partire dalla fallita congiura, con
tanto di sollevazione armata contro la dirigenza del Partito, del giugno
1978: per sei mesi il carcere divenne il tribunale politico dell'intera
fazione pro-vietnamita del Partito.
Dal
1976 al 1979 a Tuol Sleng furono imprigionate circa 17.000 persone
(qualche stima suggerisce 20.000, ma il numero reale è sconosciuto).
Approssimativamente sono stati tre i periodi di internamento:
dall'agosto 1975 all'aprile 1976 il carcere ospitò i dignitari, i
militari e i collaboratori del deposto regime di Lon Nol. Eliminati
costoro, dal maggio 1976 al marzo 1977, la struttura ospitò gli
intellettuali, la classe borghese, i professionisti. Tolti di mezzo pure
questi ultimi, dall'aprile 1977 al gennaio 1979 quivi furono rinchiusi
tutti i sospetti controrivoluzionari e gli appartenenti alla fazione
pro-vietnamita e filosovietica del regime, che avevano complottato per
rovesciare Pol Pot e che - pertanto - subirono un'epurazione capillare e
di massa ad "ondate": soltanto tra il 1 ed il 2 luglio 1977
vennero uccise 560 persone, così come in soli tre giorni - dal 25 al 27
ottobre del medesimo anno - ne furono eliminate 745, ed almeno 5.000
vennero eliminate nel mese di maggio del 1978.
La
cronologia delle esecuzioni - basata sulla deposizione di Duch al Tribunale
Internazionale per i Crimini contro l'Umanità non sempre era così
nettamente scandita. Ad esempio, la prima ondata di purghe interne al
Partito, accompagnate alle immancabili stragi, si svolse nel periodo
giugno - ottobre 1976. Comunque, in quest'ultima fase, i prigionieri
provenivano da tutto il Paese, e di solito erano ex-membri o soldati dei Khmer
rossi accusati di tradimento a favore di potenze straniere o di
intrattenere rapporti con spie straniere. Con loro venivano imprigionati
e giustiziati regolarmente tutti i famigliari più stretti perché
sospettati di connivenza o di mancata delazione alla polizia segreta,
infrangendo la "devozione assoluta e totale" che il Partito
pretendeva dal popolo. Anche i neonati venivano barbaramente eliminati
perché ritenuti incapaci di "totale purificazione e dedizione agli
standard rivoluzionari" una volta che fossero divenuti adolescenti.
Tra
gli arrestati ci furono alcuni tra i politici comunisti più alti in
grado, come Khoy Thoun, Vorn Vet e Hu Nim. Alcuni di
essi erano stati compagni della prima ora di Pol Pot. Nonostante il capo
d'accusa ufficiale fosse di "spionaggio", è possibile che
questi uomini siano stati in realtà visti dal leader dei Khmer rossi, Pol
Pot, come potenziali autori di una congiura contro di lui. Spesso le
famiglie dei prigionieri venivano sequestrate in massa per essere
interrogate e successivamente eliminate nel campo di sterminio di Choeung
Ek, generalmente mediante un violento colpo di bastone sul collo dopo
esser stati fatti inginocchiare nudi, bendati e con le mani legate
dietro la schiena ai bordi di una fossa comune. I neonati generalmente
venivano eliminati sbattendoli violentemente contro gli alberi od
infilzati sulle baionette. Spesso le donne venivano sgozzate o subivano
un'eviscerazione con apertura dell'addome.
In
ogni caso non venivano usati i proiettili perché "... sono troppo
costosi (i proiettili) per simili esecuzioni", come affermato dal
direttore del centro, il "Compagno Duch". Questi rivelò
anche più macabri dettagli, quali il fatto che fosse obbligatorio per
guardie e carnefici mostrare allegria durante la strage perché la
tristezza sarebbe stata vista come una sorta di partecipazione al
tragico destino degli epurandi, quindi un pericoloso indice di presunta
colpevolezza anche da parte del personale di sicurezza. Per tal motivo
era la norma che costoro ridessero durante la strage da loro stessi
perpetrata. Le uccisioni erano collettive, ma al momento dell'esecuzione
si era uccisi singolarmente. Le esecuzioni avvenivano - previo trasporto
dei prigionieri su autocarri in numero di venti condannati per ogni
camion, da Tuol Sleng a Choeung Ek - all'imbrunire, perdurando fino a
notte fonda.
Nel
frutteto di Choeung Ek venivano sepolti pure coloro che morivano
prematuramente per le torture inflitte a Tuol Sleng e coloro che,
incolpati di non aver reso una confessione soddisfacente, venivano
torturati anche a Choeung Ek dopo esserlo stati a Tuol Sleng. Esisteva
una contabilità doppia, una in uscita da Tuol Sleng ed una in entrata a
Choeung Ek, al fine di assicurarsi meticolosamente che tutti i
prigionieri fossero effettivamente giustiziati. In entrambi i centri di
detenzione, il perimetro era circondato da filo spinato elettrificato
con alta tensione per prevenire fughe di condannati e gli aguzzini, così
come i boia erano solitamente ragazzi di 13 - 20 anni d'età,
appartenenti per lo più all'etnia dei Khmer Loeu, analfabeti
contadini fanatici delle regioni montuose nordorientali del Paese, ove
il Partito di Pol Pot era nato e s'era insediato. Tale etnia
era disprezzata dai cambogiani, sentimento reciprocamente provato.
Esistono
testimonianze di numerosi casi in cui i condannati avessero dovuto
scavare da sé la fossa in cui sarebbero stati poi gettati i loro
cadaveri. Alcuni prigionieri venivano gettati ancora vivi - al termine
delle torture - nelle paludi infestate dai coccodrilli. Generalmente le
esecuzioni avvenivano secondo questo rituale: partiti da Tuol Sleng con
la falsa promessa della liberazione, i condannati avevano ricevuto
assicurazioni di esser riportati ai propri precedenti impieghi. Giunti
gli autocarri con i condannati a Choeung Ek venivano scaricati,
incatenati a venti alla volta, ammanettati con le mani dietro alla
schiena, e bendati, presso una baracca costruita accanto al locale
cimitero cinese. I condannati venivano fatti entrare nella baracca uno
alla volta e ad ognuno di loro si ripeteva la frase di rito di stare
tranquilli perché avrebbero semplicemente cambiato provvisoriamente
casa.
Fatti
uscire da una porta dietro la baracca, i singoli condannati venivano
fatti inginocchiare sul bordo della fossa comune dove il boia li colpiva
con una spranga di ferro (più raramente con un bastone di legno) o
sulla nuca, o sul collo. I lamenti del condannato agonizzante erano
coperti dal rumore del camion appositamente lasciato acceso. Il
condannato veniva poi finito da un secondo boia che gli tagliava la gola
con un affilato coltello. Se i vestiti del morto non erano macchiati di
sangue, venivano recuperati. Al termine dell'eccidio, i cadaveri erano
inumati nella fossa solamente se i conti tornavano col numero presente
sulla lista d'arrivo. Alle esecuzioni presiedeva il Compagno Duch che
stava seduto fuori dalla baracca.
Anche
se la stragrande maggioranza delle vittime era di origine cambogiana, ci
furono anche prigionieri stranieri, quali vietnamiti, laotiani, indiani, pakistani, britannici, statunitensi, francesi, neozelandesi e australiani.
Questi ultimi vennero eliminati nel dicembre 1978, appena prima che i
vietnamiti liberassero la capitale cambogiana. Le purghe più cruente
furono quelle effettuate il 1° e 2 luglio 1977 con circa 560 esecuzioni
di massa e 18 - 25 maggio 1978 con un numero imprecisato di uccisioni.
Infatti, nell'aprile di quell'anno, continuarono e s'intensificarono le
purghe interne e venne emanata la "Direttiva delle tre
estirpazioni", secondo cui dovevano essere eliminati i Vietnamiti
residenti in Cambogia, gli Khmer che parlavano vietnamita e quelli che
avevano relazioni di famiglia, di amicizia o di lavoro con Vietnamiti.
Primo di una lunga serie, il ministro dell'Informazione Hu Nim venne
arrestato e giustiziato. Furono arrestati e uccisi quattro degli otto
membri dell'Ufficio Politico del Partito Comunista e sette ministri in
carica. Agli inizi del 1978 Pol Pot scatenò la repressione delle forze
dissidenti della Regione Est, dove vennero uccise diverse migliaia di
persone accusate di avere "un cuore vietnamita in un corpo
cambogiano".
I
pochi dirigenti sopravvissuti, con alcune unità dell'esercito, passata
la frontiera, si consegnarono ai Vietnamiti. Il primo a compiere la
defezione fu il primo ministro Hun Sen, insieme ad un intero
battaglione. Tra giugno ed ottobre, fallito il tentativo di rovesciare
Pol Pot, intere unità dell'esercito cambogiano passarono la frontiera
(a partire da giugno 1978) e domandarono asilo, raggiungendo Hun Sen e i
soldati che lo avevano seguito. Si scatenò di fatto una sorta di guerra
civile, dove attentati e ribellioni vennero contrastati con
repressioni di stampo staliniano.
Nel
frattempo, i ribelli si rafforzavano ed arruolavano truppe fra gli oltre
400.000 Cambogiani che già si erano rifugiati in Vietnam e costituirono
il FUNSK, il Fronte Unito Nazionale per la Salvezza della
Kampuchea, al comando di ufficiali vietnamiti. Pol Pot vide il più
pericoloso antagonista in So Phim, membro dell'Ufficio Politico e
comandante militare di tutto il fronte, che non nascondeva la sua
simpatia per i Vietnamiti che ora doveva combattere ma con cui negli
anni precedenti era stato compagno di lotta contro gli Americani. Non
potendo eliminarlo direttamente, cominciò a convocare a Phnom Penh, con
vari pretesti, tutti i suoi più stretti collaboratori e li fece
uccidere. Per non cadere nelle mani della polizia politica, So Phim si
suicidò e la sua famiglia venne brutalmente eliminata a Tuol Sleng. A
ciò seguirà la defezione in massa d'interi reparti, finché, nella
notte di Natale del 1978 gli esuli cambogiani e l'esercito
vietnamita invasero la Cambogia, dove finiranno per rovesciare la
tirannide dei Khmer rossi.
Molti
stranieri furono espulsi o evacuati dal Paese e chi rimase fu visto come
un rischio per la sicurezza nazionale. Un certo numero di prigionieri
occidentali fu trattenuto all'S-21 tra l'aprile 1976 e il dicembre 1978.
Questi furono catturati principalmente in mare tramite le navi pattuglia
dei Khmer rossi. Tra di essi vi erano quattro statunitensi,
tre francesi, due australiani, un britannico e un neozelandese.
Uno degli ultimi prigionieri a morire (due giorni prima che i Khmer
rossi fossero cacciati da Phnom Penh) fu lo statunitense Michael
Scott Deeds, che nel 1978 era stato catturato insieme a Christopher
Edward DeLance mentre navigavano dalla Thailandia alle Hawaii.
Gli altri occidentali presenti nei registri sono gli americani James
Clark e Lance McNamara (catturati insieme), gli australiani David Lloyd
Scott e Ronald Keith Dean (catturati insieme), il britannico John Dawson
Dewhirst, il neozelandese Kerry George Hamill, i francesi Rovin e Harad
Bernard e infine il loro connazionale Andre Gaston. I loro corpi,
secondo le testimonianze dei superstiti cambogiani, sarebbero stati
bruciati su copertoni per non lasciare tracce.
Nel
1979 la prigione fu scoperta durante l'invasione dall'esercito vietnamita.
Nel 1980 la prigione venne convertita in un museo perché testimoniasse
le azioni del regime dei Khmer rossi. Il museo è aperto al pubblico, e
riceve una media di 500 visitatori al giorno.
Vita
nella prigione - Giunti
alla prigione, i prigionieri - peraltro già condannati a morte a
priori - venivano fotografati e veniva chiesto loro un
dettagliato resoconto biografico. Alcuni prigionieri - provenienti dal lager gestito
da Ta Mok a Cherie O'Phnoe nella provincia di Kampot,
dov'erano stati precedentemente torturati - sono ritratti in fotografia
con le ferite ricevute. Quelli arrestati e direttamente condotti a Tuol
Sleng, viceversa, non mostrano segni di torture nelle fotografie.
Le
perquisizioni erano accuratissime ed avvenivano più volte anche nel
corso della medesima giornata per impedire i tentativi di suicidio, in
quanto i carcerati erano ben consci di aver scarse possibilità di
uscire vivi da questo carcere. I prigionieri venivano quindi condotti
nelle loro celle. Quelli assegnati alle celle più piccole venivano
incatenati alle pareti. Quelli assegnati alle grandi celle collettive
venivano incatenati assieme a lunghe sbarre di ferro.
La
prigione aveva un regolamento ferreo e ai prigionieri che cercavano di
disobbedire venivano inflitte severe punizioni. I prigionieri si
alzavano alle 4:30 del mattino e non potevano parlare tra loro, né coi
secondini e non potevano mangiare e bere altro che due ciotole
quotidiane di riso ed una brocca d'acqua. Ogni minimo gesto doveva
essere preventivamente approvato da un secondino. Inoltre le condizioni
igienico-sanitarie erano terribili.
Torture
e sterminio - Gli
interrogatori erano, di norma, collettivi, come le torture e le
esecuzioni, ed iniziavano circa una settimana dopo che i prigionieri
giungevano al carcere. I giudici sedevano sui banchi dell'ex scuola e i
carcerati erano incatenati ai letti. L'interrogatorio avveniva nelle
stanze adibite a centri di tortura. I carnefici restavano a disposizione
al fine di eseguire l'ordine dei giudici di torturare i condannati che
non avessero reso piena e soddisfacente confessione.
Per
obbligare i prigionieri a confessare qualunque crimine fosse stato loro
imputato veniva utilizzato il metodo della tortura. Erano largamente
impiegati l'elettroshock, vari strumenti metallici incandescenti e il
metodo di tenere appesi per lungo tempo gli internati, seviziati anche
in molti altri modi (immersione nell'acqua, ferite con armi da taglio,
bastonature e fustigazioni, strappamento delle unghie e dei denti).
Nonostante buona parte dei prigionieri morisse comunque a causa degli
abusi, l'esecuzione sommaria veniva evitata, dato che i Khmer rossi avevano
bisogno delle loro confessioni. Gli strumenti di tortura sono esposti al
museo. La stragrande maggioranza dei prigionieri era innocente e le
confessioni prodotte solo sotto tortura. Sono noti alcuni casi di
prigionieri scorticati vivi. Esisteva una doppia contabilità per
potersi assicurare che tutti gli epurandi da giustiziare in quel giorno
specifico venissero effettivamente uccisi, in quanto l'elenco dei
condannati era controllato nome per nome e spuntato a penna all'uscita
di Tuol Sleng ed analoga procedura veniva seguita man mano che ogni
singolo condannato perdeva la vita. Gli elenchi poi venivano conservati
nell'archivio di Tuol Sleng.
Dopo
l'interrogatorio, il prigioniero e la sua famiglia venivano condotti al
campo di sterminio di Choeung Ek, ad una quindicina di chilometri
da Phnom Penh. Lì venivano uccisi con sbarre di ferro, picconi,
machete e molte altre armi improprie. Alle vittime raramente veniva
sparato, in quanto le pallottole erano giudicate troppo preziose per
essere utilizzate a tal fine. La violenza sessuale sulle donne era la
norma, ed anche le bambine al di sotto dei dieci anni venivano
regolarmente violentate dagli aguzzini. Alcuni prigionieri venivano
sodomizzati o veniva loro inserito un uovo bollente nel retto.
Sopravvissuti
di Tuol Sleng - Dei
circa 17.000 prigionieri, a Tuol Sleng ci furono, per quanto è noto,
solo 14 persone sopravvissute. Si pensa che, di questi, solo tre
fossero ancora vivi nel 2004: Vann Nath, Chum Mey e Bou
Meng. Tutti e tre sopravvissero solo per merito delle loro capacità,
utili ai carcerieri. Vann Nath era un pittore e fu incaricato
di eseguire ritratti di Pol Pot. Molte delle sue opere che
descrivono gli eventi di Tuol Sleng da lui testimoniati sono oggi
esposte nel museo. È un artista anche Bou Meng, la cui moglie fu
uccisa all'interno di S-21. Chum Mey sopravvisse grazie alle
sue capacità di meccanico.
Personale
della prigione - La
prigione fu diretta, in un primo momento, da In Lon (noto come "Nath")
con Khang Khek Ieu (noto anche come "Deuch" e
addetto alla creazione della struttura) in qualità di vice, per passare
successivamente nelle mani del secondo, il quale vi imprigionò e vi
fece uccidere il suo ex-superiore. Altri due personaggi importanti dello
staff di Deutch erano Chan e Pon, entrambi
esperti di torture come il loro capo.
Dalla
sua istituzione nel 1975 l'S-21 fu solo una delle carceri della capitale
della neonata Kampuchea Democratica, ma un anno dopo in essa
vennero riallocate tutte le altre. La prigione aveva un personale di
1.720 elementi. Circa 300 di essi erano personale d'ufficio, manodopera
interna e addetti agli interrogatori. Gli altri 1.400 avevano mansioni
generiche. Alcuni di essi erano bambini strappati alle famiglie dei
prigionieri. Moltissimi erano ragazzini tra i 10 e i 15 anni, resi
sadici e spietati da un apposito addestramento impartito loro dai quadri
adulti. Le squadre addette agli interrogatori si dividevano in tre
gruppi: Krom Noyobai (o Unità Politica), Krom
Kdao (o Unità "Calda") e Krom
Angkiem (o Unità dei "Masticatori").
Le
regole del carcere - Quando
i prigionieri venivano introdotti a Tuol Sleng, venivano anche istruiti
su dieci regole da seguire durante la detenzione. Ciò che segue è la
lista esibita al Tuol Sleng Museum:
1.
Devi rispondere attenendoti alla mia domanda. Non tergiversare.
2.
Non cercare di occultare i fatti adducendo pretesti vari, ti è
severamente vietato contestarmi.
3.
Non fare il finto tonto, perché sei un controrivoluzionario.
4.
Devi rispondere immediatamente alle mie domande senza sprecare tempo a
riflettere.
5.
Non parlarmi delle tue piccole azioni immorali o dell'essenza della
rivoluzione.
6.
Non devi assolutamente piangere mentre ricevi l'elettroshock o le
frustate.
7.
Non fare nulla, siediti e attendi i miei ordini. Se non ci sono ordini,
rimani in silenzio. Quando ti chiedo di fare qualcosa, devi eseguire
immediatamente senza protestare.
8.
Non inventare scuse sulla Kampuchea Krom per nascondere i tuoi
segreti da traditore.
9.
Se non segui tutte le regole succitate, riceverai moltissime frustate
con il cavo elettrico.
10.
Se disubbidirai ad una sola delle mie regole riceverai dieci frustate o
cinque scosse elettriche.
Scoperta
di Tuol Sleng - Nel
1979 Ho Van Tay, un fotoreporter di guerra vietnamita, fu il
primo rappresentante dei media al mondo a documentare la vicenda di Tuol
Sleng. Van Tay e i suoi colleghi seguirono il fetore dei corpi in
decomposizione fino ai cancelli di Tuol Sleng. Le foto di Van Tay che
documentano quanto da lui visto sul luogo sono oggi esposte a Tuol
Sleng.
I Khmer
rossi richiedevano al personale della prigione di compilare un
resoconto dettagliato di ogni prigioniero, con una fotografia acclusa.
Dato che i negativi e gli autori delle foto furono separati dai dossier
nel periodo 1979-1980, molti dei fotografi sono a tutt'oggi sconosciuti.
Nonostante prima della fuga i Khmer rossi abbiano cercato di
occultare le prove dell'eccidio, sono state raccolte le foto, tra quelle
segnaletiche e quelle scattate ai cadaveri come prova dell'eliminazione
dei prigionieri, di 10.499 persone. Si stima che siano morti all'interno
del carcere anche 2.000 bambini circa. Furono inoltre rinvenute 100.000
pagine di resoconti dettagliati degli interrogatori e delle confessioni
dei prigionieri.
Le
foto sono attualmente esibite al Tuol Sleng Museum e alla Cornell
University, Ithaca.
Dopo
la scoperta della prigione, in un edificio vicino, è stato rinvenuto un
manoscritto anonimo di cinque pagine, intitolato "Esperimenti
su esseri umani". Esso descriverebbe 11 "esperimenti"
eseguiti su 17 persone (tra cadaveri e gente ancora viva). Il resoconto
contiene brani come i seguenti:
"Una
ragazza di 17 anni, con la gola e lo stomaco squarciati, immersa
nell'acqua dalle 19:55 alle 9:20 del giorno dopo, quando il corpo
comincia lentamente a galleggiare fino alla superficie, raggiungendola
alle ore 11:00".
"Un
ragazzo di 17 anni, colpito a morte, immerso nell'acqua come nel caso
precedente, con la differenza che il corpo giunge in superficie alle
13:17".
"Una
donna robusta, accoltellata alla gola, con lo stomaco asportato...".
"Quattro
ragazzine accoltellate alla gola...".
"Una
ragazzina, ancora viva, con le mani legate, immersa nell'acqua...".
Da
Tuol Sleng, inoltre, provengono documenti che attestano come molti
prigionieri fossero stati già precedentemente torturati da Ta Mok (ultimo
leader dei Khmer rossi e, all'epoca del regime di Pol
Pot, responsabile della Zona Sud-Ovest del Paese) e poi inviati a Deuch (per
non aver evidentemente reso una confessione soddisfacente).
Null'altro
si sa invece riguardo ai succitati "esperimenti".
Tuol Sleng oggi
- Le strutture
di Tuol Sleng sono state mantenute così come furono lasciate dai Khmer
rossi dopo la loro fuga nel 1979. Il regime ha prodotto una vasta
documentazione, comprese centinaia di fotografie.
Alcune
stanze del museo sono oggi tappezzate, dal pavimento al soffitto, con le
foto in bianco e nero di alcuni dei circa 20.000 internati che hanno
popolato la prigione.
Altre
stanze contengono solo brande arrugginite, con una fotografia in bianco
e nero che mostra la stanza come è stata trovata dal vietnamiti.
In tutte le fotografie si vedono i corpi mutilati dei prigionieri
incatenati ai letti, uccisi dai propri carcerieri in fuga solo poche ore
prima della conquista della prigione. Altre stanze conservano sbarre di
ferro e strumenti di tortura. In esse sono presenti anche le opere
dell'ex-internato Vann Nath che mostrano le torture, aggiunte
dal successivo governo insediato dai vietnamiti nel 1979.
Tuttavia
il museo è forse ancora più noto per aver ospitato la cosiddetta "Mappa
dei Teschi", composta da 300 teschi ed altre ossa rinvenute dai vietnamiti durante
la loro occupazione, a futura memoria di ciò che accadde nella
prigione. La mappa è stata rimossa nel 2002, ma i teschi di alcune
delle vittime sono tuttora esposti sulle mensole del museo.
Oggi
il museo è aperto al pubblico come il Choeung Ek Memorial (dedicato
ad uno dei famigerati "Killing Fields").

Luoghi legati
alla storia recente (Khmer Rossi)
Museo
del Genocidio di Tuol Sleng (S-21), Phnom Penh: Un'ex
scuola superiore trasformata in prigione e centro di tortura dal regime
di Pol Pot, oggi un museo che testimonia le atrocità commesse.
Memoriale
di Choeung Ek ("Campi della Morte"), vicino a Phnom Penh: Un
sito di esecuzione di massa e un memoriale per le vittime del genocidio.
Al centro si trova una cappella che ospita migliaia di teschi e
scheletri delle vittime.
Luoghi
legati alla storia
antica
Angkor
Wat: Il più grande monumento religioso del mondo, un
capolavoro di architettura Khmer che commemorano l'antica civiltà.
Ta
Prohm: Famoso per le sue imponenti radici di alberi che si sono
intrecciate con le strutture del tempio, lasciate in gran parte nello
stato in cui furono scoperte.
Angkor
Thom: L'antica città che racchiude importanti monumenti come
il Bayon e la Terrazza degli Elefanti.
Banteay
Srei: Conosciuto come il "Tempio Rosa" o
"Gioiello dell'arte Khmer" per le sue intricate e dettagliate
sculture in arenaria rossa.
Altri
luoghi commemorativi
Monumento
all'Indipendenza, Phnom Penh: Commemora l'indipendenza della
Cambogia dalla Francia.
Monumento
all'Amicizia tra Cambogia e Vietnam, Phnom Penh: Simboleggia il
legame tra i due paesi.
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