Il
sito è stato il punto d’arrivo di quasi un milione di schiavi
dell’Africa del nord in Brasile. Si chiama molo di Valongo, e si trova
a Rio de Janeiro. Adesso l’Unesco lo aggiunge sulla lista dei
patrimoni mondiali, per ricordare la storia importante e tragica dietro
l’antica area portuale.
«È
un monumento unico, dove si trovano le ultime restanti vestigia della
tratta degli schiavi», scrive l’Unesco in un comunicato. L’antica
area portuale di Rio, luogo vecchio più di 200 anni, è stata
riscoperta durante dei lavori pochi anni prima dei giochi olimpici di
Rio del 2016. Alcuni lavoratori hanno scoperto due moli nei quali si
trovavano anche amuleti e oggetti di culto arrivati dal Congo,
dall’Angola e dal Mozambico. L’Unesco crede che siano arrivati circa
900,000 africani durante gli anni in cui il molo era utilizzato.
L’Unesco
ha dichiarato che Valongo deve essere conservato per «ricordare questa
parte della storia dell’umanità che non dobbiamo dimenticare».
Questa è la storia di centinaia di africani che, dopo il duro
attraversamento dell’Atlantico, venivano tenuti in cattività per
alcuni giorni e poi venduti come schiavi per lavorare nelle piantagioni
di zucchero o di caffè. Molti sono morti in questo posto e sono stati
sepolti vicino a Valongo.
Secondo
la Bbc, il molo di Valongo è stato costruito nel 1779 per
trasferire e nascondere il mercato che si trovava prima nel centro della
città, e metterlo in un luogo meno visibile a tutti. La schiavitù è
stata proibita nel 1831, qualche anno dopo l’indipendenza dal
Portogallo, ma ha continuato comunque ad esserci per altri 50
anni.
Circa
quattro milioni di africani sono arrivati in Brasile durante la tratta:
rappresentano il 40 per cento di tutti gli schiavi trasportati in
America.
