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Si narra che nel 1170 un ricco mercante, Alberto dei Besozzi di Arolo,
recatosi con la sua imbarcazione sul
lago, fu colto da un nubifragio. Non
sapendo cosa fare, si affidò alla
protezione di Santa Caterina di
Alessandria e fece voto di penitenza
se fosse sopravvissuto. In questo
modo riuscì a sfuggire alla morte
e, una volta giunto sulla
terraferma, si ritirò vivendo da
eremita nel luogo dove attualmente
sorge il monastero. Nel 1195 Alberto
intervenne per contrastare la peste
che aveva colpito le zone
circostanti e, a seguito di una
rivelazione angelica, fece costruire
un sacello simile a quello che
custodiva i resti di Santa Caterina
d'Alessandria sul Sinai. Alla sua
morte, avvenuta nel 1205, Alberto
venne sepolto accanto alla cappella
di Santa Caterina.
Dopo
il fatto miracoloso che ha portato
alla costituzione del monastero,
l'aiuto soprannaturale ha continuato
ad accompagnarne la vita. Quando nel
Seicento dei massi franarono cadendo
sulla volta che custodiva la tomba
di Alberto, il fato volle che si
fermassero poco distanti da terra,
per poi adagiarsi lentamente sul
pavimento anni dopo. Questo fatto
contribuì ad associare in modo
definitivo il luogo di preghiera con
il miracolo. Sede di eremiti
ambrosiani sin dal 1379, passò poi
nel 1670 ai carmelitani, e
addirittura fu soppresso nella
seconda metà del settecento. La
provincia di Varese lo ha acquistato
e ha finanziato i lunghi restauri,
terminati nel 1986. La struttura è
stata quindi affidata ad una comunità
di frati domenicani.
L'Eremo di Santa Caterina del
Sasso Ballaro sorge sulla riva
lombarda del Lago Maggiore,
all'altezza del comune di Leggiuno,
tra Ispra e Laveno.
La costruzione, che sovrasta
di qualche decina di metri l'acqua
del lago, si aggrappa all'alta
parete rocciosa che nel medioevo
venne denominata "Sasso Ballaro".
Il complesso, vero e proprio
gioiello del patrimonio artistico e
naturalistico del lago Maggiore,
offre al visitatore una panoramica
incantevole della parte meridionale
del lago sui cui si specchiano le
montagne più vicine del Mottarone e
del monte Zeda e la più distante
catena montuosa dei Rosa.
Altrettanto affascinate è lo
spettacolo che si offre a chi
navighi sul lago nei pressi
dell'Eremo, soprattutto in
particolari momenti della giornata
quali l'alba ed il tramonto, in cui
le luci del cielo si fondono con i
colori del complesso e della natura
che lo circonda.
Il santuario è raggiungibile
scendendo la scalinata che parte dal
piccolo piazzale sovrastante, detto
"del Quicc", dove un tempo
sorgevano le cascine del convento o
arrivando dal lago, tramite
battello.
LA
STORIA
La storia dell’Eremo di S.
Caterina del Sasso ha inizio nel
1170, allorquando Alberto dei
Besozzi di Arolo dopo essere
scampato a un naufragio presso il
Sasso Ballaro decide di ritirarsi a
vita solitaria nel rispetto del voto
fatto a Santa Caterina, nella
situazione di pericolo estremo in
cui era venuto a trovarsi.
Il 1195 segna l’arrivo della
peste sulla sponda Lombarda del Lago
Maggiore e l’eremita ai fedeli
suoi compaesani che si rivolgevano a
lui per richiedere la grazia chiede
in cambio la costruzione di un
sacello dedicato a Santa Caterina.
Nel 1205 muore il fondatore
che viene sepolto vicino alla
cappella di S. Caterina.
Nel
1250 i padri domenicani si
insediarono al Sasso Ballaro.
Nel 1270 viene poi costruita
la cappella di S. Maria Nova per
volontà dei nobili di Ispra come
ringraziamento per essere stati
liberati dai lupi.
Nel 1301 due nobili di Intra
lasciano dei terreni per
la Chiesa
di S. Nicolao in costruzione
all’epoca.
Nel 1334 nell’Eremo viene
adottata la regola di S. Agostino.
Nel 1379 l’Eremo viene
aggregato agli eremitani di S.
Ambrogio ad Nemus di Milano,
entrando nella storia
dell’istituzione monastica
milanese.
Risale al 1620 il picco
massimo di espansione del monastero
con 14 frati, ma una bolla di Urbano
VIII nel 1643 sopprime l’Eremo che
successivamente, nel 1648, viene
ceduto ai Carmelitani riformati di
Mantova.
Tuttavia nel 1770 l’Impero
Asburgico ordina la chiusura delle
case religiose minori, fra cui
l’Eremo di S. Caterina, con
relativa spartizione dei beni
immobili, dando così il via a un
lento processo di decadimento e di
degrado che continuerà
inesorabilmente fino agli anni
’70.
Nel 1973 viene dato il via ai
lavori di consolidamento e restauro
degli edifici.
Tuttavia, i lavori vengono
sospesi per 6 anni a causa dei
cedimenti delle rocce sottostanti il
complesso.
Bisognerà aspettare il 1979
perché i lavori possano riprendere
con interventi paralleli alle rocce
e egli edifici. Dopo 7 anni di
lavori nel 1986 si arriva alla
riapertura dell’Eremo con la
consacrazione del nuovo altare per
mano del Card. Carlo Maria Martini.
In realtà le radici storiche
di questo luogo affondano sino in
epoca romana e più precisamente
nell'esistenza di una fortezza di
avvistamento militare; sono stati,
infatti, rinvenuti basamenti
pre-romanici.
Il nucleo originario
dell'Eremo coincide con il sacello,
risalente al XII secolo, dedicato a
S. Caterina d'Alessandria, a cui poi
vennero aggiunte una chiesa con
torre campanaria (XIII-XVI sec.), un
edificio detto
"Conventino" (XIV-XV sec.)
e il convento a due piani, edificato
a partire dal XV secolo.
LA CHIESA
La chiesa così come la
vediamo oggi è stata realizzata
alla fine del XVI secolo. Sul luogo
nel corso dei secoli erano sorte
diverse chiese che furono così
conglobate in un unico edificio.
L’edificio, derivato da
questa fusione, è costituito da:
- una navata centrale,
suddivisa in tre zone disposte su 3
livelli diversi e derivanti dalle
tre diverse chiese preesistenti;
- tre cappelle laterali verso
la parete a monte che sono
probabilmente i resti delle parti
absidali delle antiche chiese;
- una navata minore separata
dalla navata centrale da una serie
di pilastri e disposta sul lato
verso il lago avente funzione di
passaggio dall’antico ingresso in
fondo alla chiesa all’uscita sotto
il portico verso il monastero;
- il sacello;
- l’altare maggiore
addossato alla parete verso il
portico.
Interessante testimonianza del
rinascimento locale è una tavola
raffigurante
la Crocifissione
, opera firmata e datata dal pittore
bustese Pietro Crispi nel 1510.
La scena, sul cui fondo è
visibile una veduta ideale di
Gerusalemme, si svolge alla presenza
della Madonna, di S. Giovanni
Evangelista, della Maddalena, di S.
Nicola e di un altro Santo vescovo.
L'ALTARE
MAGGIORE
L’attuale zona dedicata al
presbiterio è coperta da una volta
affrescata e decorata da stucchi
disposti in modo da dare l’idea di
una crociera.
Gli affreschi del primo
Seicento sono tutti opera di
Giovanni Battista De Advocatis di
Milano.
Nel lobo centrale di forma
ottagonale vi è una decorazione ad
affresco e a stucco del 1610, che
rappresenta una visione del paradiso
con al centro il Padre Eterno e
tutt’intorno uno stuolo di angeli;
nei quattro medaglioni laterali alla
sommità dei finti costoloni sono
rappresentate quattro figure
dell’antico testamento, nelle vele
sono invece raffigurati i quattro
Padri della chiesa latina affianco
ai quattro evangelisti; nei tre
sottarchi sono dipinti il Re Davide
con la cetra e il cartiglio, sul
lato a monte, un angelo che sveglia
il profeta Elia, sul lato interno, e
Melchisedech sul trono, sul lato
verso il lago.
La pala risale al 1612 ed è
anch’essa opera del De Advocatis;
rappresenta le nozze mistiche di
Santa Caterina alla presenza della
Vergine col Bambino, di S. Nicolao e
del beato Alberto, unendo insieme
tutti i santi venerati nell’Eremo.
L’opera porta la firma
dell’autore e la data di
composizione.
LA
TORRE
La costruzione della torre
campanaria risale al secolo XIV, è
alta 15 metri, comprese la cuspide e
la croce, ed è a base rettangolare.
In origine la torre era stata
costruita come campanile della
chiesa di S. Nicolao che aveva una
sua entrata oggi murata. Nel XVI
secolo quando le chiese sono state
conglobate nell’attuale edificio
sacro, è stata aperta la porta
d’ingresso che oggi permette
l’accesso alla chiesa dal portico.
Il materiale edilizio con cui
è stata costruita la torre è di
varia natura e vari colori, negli
spigoli le pietre sono più lavorate
e squadrate.
La cella campanaria ha
un’apertura su ciascun lato: si
tratta di 4 feritoie sormontate da
un architrave di cui una (quella a
nord) è stata murata e le due
visibili sono dotate di una
colonnina che dà loro l’aspetto
di bifore.
La cuspide che sormonta la
torre ha forma conica ed è stata
realizzata in lastre di pietra
sovrapposte, non è visibile perché
è stata rivestita da una lastra di
rame per evitare lavori di
risanamento più impegnativi.
LE
CAPPELLE
Cappella
di S. Nicolao: è
il grande spazio rettangolare che si
trova a sinistra dell’altare
maggiore.
Insieme alla copertura a volta
a costoloni in pietra di Angera è
quanto rimane dell’antica chiesa
dedicata a S. Nicolao edificata
all’inizio del XIV secolo.
Questa chiesa si estendeva
oltre l’attuale altare maggiore e
aveva due entrate laterali ancora
visibili nella parete esterna sotto
il portico; sulla parete verso il
lago nel 1991 è stata riportata
alla luce una grande crocifissione
risalente agli anni 1300 – 1320;
nella vela centrale della volta è
conservato un affresco raffigurante
Cristo benedicente in mandorla
affiancato dai quattro simboli degli
Evangelisti, nelle due vele laterali
sono invece raffigurati i Padri
della chiesa latina in trono.
La datazione di questi
affreschi risale verso il terzo
decennio del XIV secolo.
Nella cappella oggi è stato
posto anche l’organo di scuola
partenopea, 45° opera realizzata
dall’organaro Domenico Antonio
Rossi nel 1783.
Cappella di S. Caterina: si
trova affianco alla Cappella di S.
Nicolao con una volta unghiata e
ornata da cornici in stucco.
Il
grande altare barocco settecentesco
realizzato con marmi policromi e con
ancona in stucco, che s trova
all’interno della cappella
nasconde ogni traccia dell’antica
chiesa dedicata a S. Caterina
edificata verso la fine del XII
secolo e l’inizio del XIII;
sull’altare è collocata una
statua di S. Caterina, risalente al
XVII secolo, in legno dipinta, di
grandezza naturale e dai lineamenti
spiccatamente popolari. La volta
della navata centrale di fronte alla
cappella è affrescata, si
riconoscono le virtù cardinali con
i cherubini, nella parete verso il
lago il peccato originale e verso il
monte le tre virtù teologali.
Cappella di S. Maria Nova:
dopo
la Cappella
di S. Caterina si trova quella di S.
Maria Nova.
Anche dell’antica chiesa
dedicata a S. Maria Nova, edificata
verso la fine del XIII secolo (si
ipotizza nel 1240), oggi non
rimangono tracce nella complessa
struttura architettonica attuale.
Sull’altare in una nicchia
si trova una statua lignea della
Madonna con Bambino, molto rovinata
e ormai priva dell’originario
colore, è questa una bella scultura
milanese del XVII secolo.
La volta di fronte alla
cappella è affrescata. Nei
semitondi sono ritratti 11 apostoli,
nella parete di fronte la consegna
delle chiavi a Pietro e verso il
sacello la pesca miracolosa.
Cappella
del Beato Alberto o "dei
sassi": si trova nello spazio molto
stretto situato fra il sacello e la
parete, dove fu collocato il corpo
del beato Alberto nel 1205 anno
della sua morte.
La parete è affrescata con un
trittico in cui si trova un Padre
Eterno nel timpano e sotto al centro
una Pietà e a destra e a sinistra
S. Caterina e il Beato Alberto,
nella parte di sinistra è
affrescato un S. Giovanni Battista,
questi affreschi sono databili verso
l’inizio del XVI secolo e sono
opera di Giovanni Pietro Crespi di
Busto.
Questa cappella è anche detta
"dei Sassi" poiché
all’inizio del XVII secolo cinque
massi del peso di due tonnellate si
staccarono dalla parete rocciosa
sovrastante e cadendo sfondarono la
volta della cappella e rimasero per
ben due secoli incastrati fra le
strutture della volta crollata fino
a quando nel 1910 caddero a terra
senza provocare danni; lì rimasero
fino al 1983 quando per la
realizzazione dei restauri furono
rimossi.
IL
SACELLO
È il cuore e il primo nucleo
del Santuario e la sua prima
edificazione risale al 1195.
Fu costruito su un livello
decisamente più basso rispetto alle
altre parti della chiesa, con le
stesse dimensioni del sepolcro di S.
Caterina sul monte Sinai.
Sulla parete esterna sopra la
finestra è affrescato il trasporto
del corpo di S. Caterina sul Sinai
da parte degli angeli, sulla
facciata invece sono affrescate le
nozze della santa fra S. Ambrogio,
S. Gregorio Magno e S. Agostino.
Questi affreschi, non molto
ben conservati, risalgono al XVI
secolo e mostrano uno stile
popolare.
All’interno del sacello si
conservano dal 1535 le reliquie del
Beato Alberto e sulla volta sono
affrescati la raggiera con lo
Spirito Santo sotto forma di colomba
e circondato da angeli.
Il sacello è inserito in una
specie di tempietto sostenuto a sud
da due colonne con basi e capitelli
ionici e a nord da un pilastro
quadrato e dalla roccia.
Nel sottarco a nord un
affresco del 1892 – 1893 raffigura
il Beato Alberto in preghiera in una
grotta dalla quale si vedeva il
lago.
IL
CONVENTO
Accedendo al convento
dall’antico Orto dei Carmelitani
si incontra dapprima l’ingresso
dove nei primi anni del XVI secolo
sono stati costruiti alcuni locali
terreni e forse alcune camere al
piano superiore per il pernottamento
dei pellegrini; si entra poi in un
loggiato di sei colonne di granito
che sorreggono 7 arcate a sesto
ribassato e si arriva quindi a un
atrio coperto da una volta a botte
unghiata.
Tutto il convento meridionale
si è probabilmente sviluppato
attorno ad un nucleo più antico
costituito dalla sala capitolare:
una sala gotica dell’inizio del
secolo XIV che all’origine era
coperta da una volta a crociera
costolata.
Sulle pareti interne della
sala sono conservati alcuni
affreschi: frammenti di una
crocifissione trecentesca di cui
sono riconoscibili i tratti
tradizionali della pittura romanico
- gotica del Nord Italia; una
crocifissione seicentesca con S.
Ambrogio e S. Caterina e un affresco
del 1439 e commissionato dal priore
fra Albertolo da Solario,
raffigurante S. Eligio vescovo che
guarisce il ginocchio spezzato di un
cavallo alla presenza di S. Antonio
Abate benedicente.
Fa parte del Convento
meridionale anche il refettorio
monastico che conserva al suo
interno un affresco raffigurante la
cena di Giovan Battista De Advocatis.
Nel primi anni del XVI secolo
fu demolita la volta gotica ed
edificata la sala superiore.
IL TORCHIO
Lasciato il convento
meridionale prima di raggiungere il
conventino si attraversa un cortile
che prende il nome dal torchio in
legno del 1759 usato nell’Eremo
per la spremitura di uva e olive.
IL
CONVENTINO
Questa parte del complesso
edificata tra il secolo XIII e il XV
anticamente ospitava al piano terra
la cucina con il grande camino e il
forno per il pane.
Al pian terreno un portico con
quattro archi a sesto acuto
sostenuti da robusti pilastri in
pietra permettono il passaggio dal
convento alla chiesa.
Sulle pareti interne del
portico è stata ricollocata la
sequenza di affreschi raffiguranti
la danza della morte che era stata
strappata nel 1971.
Al piano superiore sopra il
portico un corridoio risalente ai
secoli XIV – XV con 8 finestre che
si affacciano sul lago permette
l’accesso alle celle che
costituivano l’antico dormitorio.
IL PORTICO
Fra il conventino e la chiesa
si trova il cortile su cui si
affaccia il rinascimentale portico
cinquecentesco che anima la facciata
della chiesa.
Il portico è sostenuto da tre
colonne di pietra di Angera con
capitelli a foglie lisce e basi che
sostengono archi a tutto sesto; al
di sopra del portico la facciata
presenta quattro luci ad arco e
lesene che percorrono tutta la
larghezza della facciata e tondi che
occupano lo spazio fra un’arcata e
l’altra.
Nella parte alta della
facciata fra le aperture sono andati
perduti gli affreschi
cinquecenteschi che rappresentavano
scene della vita e del martirio di
S. Caterina.
Sotto il portico, fra le due
porte è conservato un affresco
della seconda metà del XVI secolo
attribuito ad Aurelio Luini, figlio
di Bernardino Luini.
Al piano superiore si trova
una serie di celle per i monaci e il
coro invernale.


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