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Vigevano,
città
industriale della Lomellina
settentrionale, sorge sul primo
terrazzo occidentale della valle del
Ticino, lungo una delle vie più
frequentate che collegano il
Piemonte alla Lombardia. Isolata nel
paesaggio, appare quasi perduta
entro la piattezza dei campi;
penetrando al suo interno,
ritagliata nel corpo dell'abitato,
rivela improvvisa la bellezza di una
grande piazza della fine del '400.
Poco nota, forse ideata da Bramante,
è sicuramente tra le piazze più
belle e ignorate del Rinascimento
italiano; con gli edifici adiacenti
del Duomo e del Castello, un tempo
dimora principesca dei Visconti e
degli Sforza, costituisce un
complesso unitario di rilevanza
eccezionale, dominante sul resto
della città.
La
parte più vecchia di Vigevano è
datata al basso medioevo. Al tempo
la città venne fortificata lungo
uno dei lati della pianura del
Ticino. Il paese divenne una città
indipendente, grazie alla sua
posizione strategica e per questo
divenne centro di conflitti
frequenti tra Pavia e Milano.
Il
14 marzo 1530 la città venne eretta
sede vescovile. La città divenne
feudo di diverse famiglie: i Della
Torre e i Visconti durante il
medioevo e gli Sforza nel
Cinquecento. Durante il periodo
sforzesco la città entrò nel suo
periodo aureo divenendo residenza
ducale, un centro commerciale di
notevole importanza e vi fu
installata la sede vescovile.
Il
9 agosto 1848 venne firmato, presso
l'attuale vescovado, l'armistizio
Salasco che prevedeva una tregua di
sei settimane, tra Austria e
Piemonte, nel corso delle prima
guerra d'indipendenza.
Il
centro storico

Ludovico
il Moro trasforma il castello e
costruisce la piazza, ma fissa anche
la forma complessiva della città:
è Ludovico infatti che rinnova il
circuito delle mura, ricostruendo i
terraggi e fortificando le porte,
mentre ad ovest fa costruire, in
simmetria con la rocca trecentesca
di Luchino Visconti, un recinto
fortificato intorno al palazzo del
conte Galeazzo Sanseverino,
comandante dell'esercito sforzesco,
la cosiddetta Rocca Nuova. Questa
fortificazione, oggetto nel '500
delle battaglie tra Francesi e
Spagnoli, verrà più volte ampliata
e rafforzata, e infine demolita per
lasciare il posto, nella città
moderna, ad una vasta area libera
davanti all'attuale palazzo delle
Esposizioni. Il disegno della città
resta così caratterizzato dalla
dominanza del castello, in posizione
centrale sopraelevata, e dalla
presenza sui lati ovest ed est di
due rocche, la Nuova e la Vecchia,
raccordate dal tracciato anulare dei
bastioni. Fuori porta, sugli assi
principali, i borghi hanno fino
all'800 uno sviluppo modesto, legato
ad insediamenti conventuali ed
ospedalieri; il passaggio dalla città
al borgo è spesso segnato dalla
presenza di chiese costruite o
rifatte in epoca barocca,
costituenti una sorta di corona
intorno alla città (S. Bernardo,
Madonna della Neve, Madonna del
Carmine, chiesa del Cristo, S.
Carlo, ecc).
Questa
forma della città,
raggruppata intorno al castello,
permane nel tempo, mutata solo di
riflesso dall'espandersi della
periferia otto e novecentesca. Così
gli isolati compresi un tempo entro
la cerchia dei bastioni
rinascimentali diventano l'attuale
centro storico, che comprende una
parte limitata della popolazione di
Vigevano (circa 10000 abitanti su
65000) e conserva i caratteri
edilizi di una grossa borgata
agricola, caratterizzata da grandi
isolati irregolari e, al loro
interno, da un fitto sistema di
vicoli su cui affacciano le case,
chiamati in dialetto «curt granda»;
centri importanti di vita e di
attività, essi costituivano sino ad
epoca recente un sistema di
passaggi alternativi o complementari
a quelli della rete viaria, secondo
una tipologia che si ripete in forme
analoghe in altri centri lombardi
d'origine rurale.
Ma
l'edilizia minore di questo tessuto
si organizza anche intorno ad
edifici collettivi di maggiori
dimensioni: sono i conventi, gli
ospedali o le altre istituzioni
benefiche che erano nati come
capisaldi e centri gerarchici di
un'autentica «città
religiosa», poi declassata e
ridotta a costituire la struttura
segreta del tessuto, quasi una
seconda città che si scopre
penetrando oltre le cortine
stradali. I loro chiostri e le loro
corti insistono ancora sulle aree
interne degli isolati, avvolti e
celati dalle case. Si tratta di
complessi in genere di origine tre e
quattrocentesca, per la maggior
parte ricostruiti o rinnovati nel
'600, poi dopo l'epoca moderna
distrutti o manomessi sino
all'attuale condizione di degrado.
Tra i più importanti ricordiamo i
conventi trecenteschi di S.
Francesco e di S. Pietro Martire,
quello domenicano dell'Assunta, oggi
trasformato in abitazione, e
l'orfanotrofio Riberia (1629),
gravemente compromesso.
Nel
settore orientale della città
vi è però una parte urbana che si
distingue per forme tipologiche e
natura degli edifici: ad est di
piazza Ducale e dell'asse costituito
dalle vie Cairoli, XX Settembre e
Vittorio Emanuele II, di fatto
strada principale della città, si
sono infatti insediati sin dal '4 e
'500 numerosi edifici
rappresentativi e di carattere
pubblico, che hanno definito in modo
differenziato gli isolati,
costruendoli attraverso una
successione di impianti a corte con
un'architettura di tipo colto. Tra
il Duomo e la Rocca Vecchia trovano
sede le corti del Palazzo Vescovile
e del Seminario (1565-66), mentre li
affiancano nel corso dell'800 il
palazzo dei marchesi Rocca-Saporiti
(1828) e il Teatro d'opera Cagnoni
(1873); nel 1911 il Palazzo Comunale
si insedia nell'antico complesso
dell'Ospedale del SS. Sacramento,
costruito a partire dal 1630.
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A.
Cavallerizza
B.
Stada pensile
"coperta" di Luchino
Visconti
C.
Loggia delle Dame
D.
Maschio
E.
Falconiera
F.
Antiche "stalere"
trasformate in Scuderie da
Galeazzo
Maria Sforza
G.
Atrio Neogotico
H.
Vani dell' ottocento
inglobanti antiche cucine,
prestino,ecc.
I.
Piazza Ducale
L.
Torre d'ingresso "del
Bramante"
M.
Scuderia di Ludovico il
Moro
N.
Mascalcia |
Il
castello

La
vicenda di Vigevano è analoga a
quella di altri borghi fortificati,
nei quali la storia del castello
quasi si identifica con quella dello
sviluppo urbano. È infatti sul sito
del castello, emergente una decina
di metri sul territorio circostante,
che trovò sede il primo nucleo
abitato: di esso, in effetti, non si
conosce quasi nulla se non
l'antichità, testimoniata anche da
ritrovamenti archeologici dell'epoca
romana. Prima notizia suffragata da
documenti è l'esistenza sul luogo,
nel 963, di una chiesa collegiata;
ampiamente documentata è invece
l'importanza che Vigevano assume
nell'XI e XII secolo, nel corso dei
conflitti che oppongono Milano a
Pavia e i liberi Comuni all'autorità
dell'Impero.
In
quell'epoca, si sa che il borgo era
circoscritto all'antica altura e che
il perimetro era stato nuovamente
fortificato con lunghi tratti di
mura muniti di torri. Solo dopo il
1200 si sviluppano insediamenti
esterni alle fortificazioni, e tra
essi sono la nuova sede del Duomo,
nel luogo dove si trova ancor oggi,
e il palazzo del Comune, nel largo
allora esistente al posto di piazza
Ducale.
E
con l'affermazione della Signoria,
tuttavia, che la città
si trasforma profondamente, fissando
i suoi caratteri definitivi. Ciò
avviene all'interno di un processo
generale: a partire dalla metà del
'200 i centri minori di molte parti
d'Italia perdono la possibilità di
esercitare una funzione individuale
e vedono ridursi la loro sfera
d'autonomia a favore dei centri più
importanti. Vigevano è contesa e
controllata successivamente da
diverse famiglie, finché nella
seconda metà del '300 vi si
stabilizza il dominio dei Visconti.
La
loro signoria rappresenta, per la
Lombardia del XIV secolo, il primo e
forte accentramento di potere dopo
l'impero romano, ma anche il primo
tentativo di trasformare città e
territorio secondo una politica
unitaria, attraverso un sistema di
interventi organizzato per capisaldi
ed opere di ingegneria: strade,
fortificazioni, canali, riforme
agricole. Così Vigevano accresce la
propria importanza come centro
militare, e diviene anche uno dei
principali luoghi di residenza e
svago del signore. La città tende a
separarsi dal nucleo primitivo:
mentre le zone costruite si
espandono tutt'intorno all'antico
perimetro difensivo, questo viene
occupato dal castello, e il castello
si trasforma da struttura militare
in dimora del signore.
Il
primo e più
importante intervento in questa
direzione è dovuto a Luchino
Visconti che, divenuto podestà nel
1337, realizza un complesso di opere
militari che incidono profondamente
sulla struttura del borgo. Nella
parte alta, corrispondente al
vecchio nucleo fortificato, egli
acquista diverse case d'epoca
comunale e le abbatte per far posto
alla costruzione di un castello di
pianta quadrata, di cui rimangono
numerose tracce nel successivo
palazzo ducale, affacciato da un
lato sul dirupo e difeso sugli altri
da un fossato.
Anche
le fortificazioni d'epoca comunale
intorno all'altura vengono
rafforzate, mentre nella parte bassa
della città viene edificata una
rocca (poi detta Rocca Vecchia o
Bergonzone), costituita da un
recinto fortificato di pianta
quadrata rafforzato da torri; essa
verrà raccordata al castello con
una «strada sopraelevata» in
pendenza, che supera un dislivello
di 15 metri, larga 7 e lunga 163,
protetta da alte merlature e coperta
da un tetto lungo tutto il percorso.
Costruita su volte in muratura, essa
risolve in unità
i due precedenti fortilizi,
ridefinendo l'intera struttura del
borgo e rimanendo sino ai nostri
giorni come elemento fondamentale
della sua organizzazione. Infine,
Luchino costruisce una nuova cerchia
muraria che comprende le espansioni
più recenti e ridefinisce i limiti
della città.
Sono
soprattutto i successori di Casa
Sforza, tuttavia, che nella seconda
metà
del '400 fanno della città la
propria residenza prediletta,
trasformando il castello in un
grande palazzo di corte, con lavori
che si protraggono per quasi
cent'anni.
Galeazzo
Maria Sforza compie diverse opere,
finendo tra l'altro di liberare
l'attuale cortile e incorporando al
castello tutta l'area del vecchio
borgo; dal 1484, Ludovico il Moro da
alle trasformazioni il massimo
impulso, e il castello, ripreso nei
vari corpi e ampliato, viene
trasformato in una delle dimore
principesche più sfarzose del
tempo. Bramante e Leonardo sono
chiamati a concorrere ai lavori,
anche se con opere e ruoli che non
ci sono noti.

L'intervento
forse più
cospicuo riguarda la riforma del
nucleo quadrilatero, nel quale,
secondo la descrizione di Cesare
Nubilonio, scrittore vigevanese del
'500, vengono create «sale ariose e
onorevoli», e «camere magnifiche»
coperte a volta: «... e tutte
queste abitazioni sono dipinte».
Ulteriori lavori ridefiniscono la
struttura di tutto il complesso:
verso sud, la costruzione
dell'edificio della Loggia delle
Dame, parallelo alla strada
sopraelevata, delimita verso la città
uno spazio che diviene il Giardino
della Duchessa; quest'ala, oggi
trasformata e con le logge murate,
è la sola che manifesti un aperto
carattere bramantesco, anche se non
è stato provato un intervento
diretto di Bramante nei disegni o
nei lavori.
Ortogonale
ad essa si sviluppa l'edificio della
Falconiera (1492-94), dalla cui
loggia aerea di 11 arcate, secondo
la tradizione, «si facevano volare
alla campagna gli falconi e
sparvieri» da preda (Nubilonio).
Esso raccorda il nucleo centrale del
castello con l'anello delle
fabbriche che delimitano il grande
cortile: tra esse Ludovico il Moro
costruisce nel 1492 il fabbricato
principale delle stalle, grande
edificio in muratura capace di
alloggiare 300 cavalli, diviso in
tre navate da due file di colonne e
raffigurato probabilmente in un
disegno di Leonardo.

Più
oltre, lungo lo stesso recinto, si
leva la grande torre che domina la
piazza, antico ingresso al borgo
fortificato che Ludovico trasforma
nell'entrata monumentale al nuovo
palazzo, con una serie di modifiche
realizzate da Bramante (1492-95).
Con la sua configurazione a
cannocchiale, che riprende un tipo
diffuso in Lombardia,
fantasticamente reinventato nei
disegni di Filarete, la torre
diviene uno degli elementi più
forti della forma urbana, elemento
di mediazione e di passaggio tra la
piazza e il castello, ancor oggi
emergente malgrado gli interventi
successivi del vescovo Caramuel.
Ma
il castello, già
trasformato sotto il governo
austriaco in caserma di cavalleria
(1714), rimane sotto l'autorità
militare anche dopo l'Unità
d'Italia (1865), sede di una
guarnigione che ne provoca il
decadimento e i progressivi
mutamenti. Anche i modesti restauri
eclettici, effettuati dal col.
Lodovico Inverardi nella seconda metà
dell'800, con la costruzione
dell'atrio neogotico compreso tra le
scuderie ducali, e con il
rifacimento di interni e facciata
nel maschio costruito da Luchino
Visconti, non hanno saputo proporre
una nuova immagine del castello
legata alla Vigevano moderna,
diversamente da quanto è avvenuto a
Milano, dove la ricostruzione e la
reinvenzione del castello, operata
da Luca Beltrami all'inizio di
questo secolo, ha creato uno dei
monumenti più belli e dignitosi
della città borghese.
Torre
del Bramante
 
L'origine
della torre, situata nel punto più
alto della città (45°19'01.53"N,
8°51'24.90"E), presso il
castello, risale al 1198 e fu
terminata dal Bramante alla fine del
XV secolo. La torre ha una forma
originale che, nell'800, fu il
modello per la torre del Filarete
nel Castello Sforzesco di Milano; è
costituita da sezioni graduali che
vanno restringendosi avvicinandosi
alla cima. Dal primo terrazzo è
possibile ammirare un'ottima visuale
della piazza ducale, del castello e
di tutta la città.
Piazza
Ducale
La
grande piazza praticata ai piedi del
castello è
costruita per ordine di Ludovico il
Moro in soli due anni (1492-94),
sullo spiazzo dell'antico mercato. Lì
Ludovico il Moro (scrive l'inviato
ferrarese Sivero Siveri a Eleonora
d'Aragona, il 4 agosto 1492) ordina
di «butare per terra tutte le case
da ogni lato et fa fare una bella
piazza molto longa et larga cum
portici cum columne et volti et
botege da ogni lato ...». Limitata
su tre lati da facciate uniformi di
tre piani e sul quarto dal fronte
del Duomo, essa ha un impianto
regolare e dimensioni straordinarie
rispetto al tessuto della città:
138 metri per 48 di larghezza,
compresi i portici (le facciate dei
fabbricati che la delimitano su tre
lati poggian su 84 colonne di
serizzo sormontate da capitelli
diversi l'uno dall'altro). Ambrogio
De Curtis è
l'ingegnere incaricato della
realizzazione, ma dietro di lui, con
ogni probabilità, vi è la presenza
determinante, anche se non
documentata, di Bramante. Più
aleatoria ed improbabile, viceversa,
l'ipotesi che all'ideazione della
piazza abbia concorso Leonardo.

La
rampa fu tolta nel 1681 dal vescovo
Juan Caramuel che l'anno precedente
aveva inaugurato la facciata del
Duomo: La fine della rampa
significava che la Piazza ormai
aveva perso il riferimento al
castello e tornava ad essere in
rapporto al duomo. Essa fu
sostituita da uno scalone mascherato
dal prolungamento dei portici.
Inoltre l'erezione della nuova
facciata della Cattedrale in stile
barocco mimetizzò artificiosamente
l'asimmetria esistente tra l'asse
longitudinale della chiesa e quello
della Piazza. Dei quattro portali
della facciata, solo tre sono di
pertinenza della chiesa, il quarto
nasconde l'accesso di una pubblica
via. All'altezza delle vie G. Silva
e del Popolo furono uniformati al
resto del colonnato i due grandi
archi a tutto sesto che occupavano
lo spazio di due arcate. Infatti
questi grandi archi rendevano
l'accesso alla Piazza quasi
trionfale. Con queste modifiche la
Piazza acquistava simmetria, ma
perdeva in fascino e da Piazza
ducale era diventata Piazza del
Duomo, ossia sagrato della
Cattedrale, non solo per ragione
architettoniche, ma anche per
diritto di proprietà. Nel 1765 la
Piazza fu riscattata dalla Città,
la quale aveva nel lato sud il
Palazzo del Comune.
Il
primo e più
evidente aspetto della piazza di
Vigevano è il rigore
dell'ordinamento, l'assoggettamento
ad una forma geometrica complessiva.
Sempre la piazza rinascimentale è
fondata su un ideale di regolarità,
ma in genere esso si scontra con le
situazioni urbane e la loro
resistenza; esempi famosi come le
piazze della Signoria a Vicenza e a
Firenze, o come quella dei Cavalieri
a Pisa, sono in effetti piazze
medioevali modificate, corrette o
arredate secondo le aspirazioni del
Rinascimento. A Vigevano l'ideale
della regolarità è invece
compiutamente realizzato, la piazza
è aperta e ritagliata, con
operazione chirurgica, dentro il
tessuto antico, ampliando il
precedente spiazzo irregolare senza
preoccupazioni di concordanza con
l'orientamento dei lotti o delle
strade; queste vengono anzi
deliberatamente celate dietro
l'uniformità delle cortine. Questa
operazione presuppone un atto
politico di imposizione, cioè la
limitazione del diritto del privato
di costruire a proprio piacimento e
l'assoggettamento ad un modello e ad
una regola formali; non a caso la
piazza rinascimentale coincide in
genere con un'affermazione concreta
del potere del signore, con un suo
atto di autorità e di prestigio.
Ma
regolarità
ed uniformità sono anche legate a
un'idea generale dello spazio
urbano. La proposta di uno spazio
porticato regolare, raccordante gli
edifici pubblici e contenente le
botteghe, centro insieme di vita
civile e mercantile, deriva in primo
luogo dalla volontà della cultura
umanistica di misurarsi con i «fori»
delle antiche città romane. Così,
quando Alberti descrive la piazza
della città come luogo di commercio
e di incontro, in effetti riprende
la descrizione del foro contenuta
nell'antico trattato di Vitruvio (I
sec. a.C). Come nei trattati, così
a Vigevano torre e castello sono
elementi della piazza; ma
diversamente che nella città
medioevale e nelle descrizioni di
Filarete, essa non racchiude,
isolati nel mezzo, la chiesa od
altri edifici, ma si definisce come
recinto internamente vuoto e
ordinato prospetticamente.
L'immagine
dei fori diffusa nel Rinascimento,
tuttavia, era un'immagine
sostanzialmente letteraria, desunta
più
da Vitruvio e da altre descrizioni
che da conoscenze dirette. Così
l'idea della piazza, per diventare
concreta, dev'essere completata
attingendo ad altri riferimenti,
altri tipi ed altre forme che
appartengono all'esperienza della
città. Per questo la piazza si pone
innanzitutto come analoga alla corte
di un palazzo, ma contemporaneamente
allude ai tipi del chiostro
monastico e del quadriportico
antistante le chiese. Sia del
chiostro che della corte essa
condivide numerosi caratteri: la
chiusura dello spazio, l'unitarietà
delle facciate, la presenza dei
portici, il gusto per la limitazione
delle visuali, anche se rispetto ad
essi richiede l'impiego di
dispositivi prospettici più
complessi ed elaborati.
Lo
spazio ordinato della piazza di
Vigevano è dunque ricollegabile,
nell'immagine e nelle regole, ai
grandi esempi dell'architettura
lombarda: dai quadriportici di S.
Ambrogio e S. Lorenzo in Milano,
all'ospedale di Filarete, alla corte
del castello visconteo di Pavia,
all'esperienza diffusa della corte
domestica. Ma soprattutto esso si
definisce come cortile e come «salone».
Questa natura di «grande sala»,
tipica delle piazze del
Rinascimento, dipende dal rapporto
con un edificio, di cui esse erano
l'atrio pubblico, il vestibolo, lo
spazio rappresentativo: piano o
pavimento astratto da cui sorge
l'architettura. Monumenti civili e
religiosi erano dunque presupposto
ed elementi costitutivi della
piazza.
A
Vigevano, l'edificio è il castello:
la piazza, oggi orientata verso il
Duomo, era quasi parte di questa
residenza del duca, spazio di
mediazione tra essa e la città.
Oggi la torre è celata dietro la
continuità del porticato e della
cortina, ma un tempo gli edifici si
interrompevano per lasciare posto ad
una lunga rampa inclinata che
superava un dislivello di 7 metri e
univa la torre con il piano
inferiore della piazza, invadendone
lo spazio e interrompendo la
continuità delle logge. Il
porticato del lato corto proseguiva
parallelo alla rampa, sino ad
incontrare le
mura del castello.

La
facciata delle case era interrotta
da due archi trionfali, uno a tre
fornici di fronte alla torre (in
corrispondenza all'imbocco delle
attuali via G. Silva e via Caduti
della Liberazione), l'altro ad un
fornice a metà
del lato corto, di fronte alla
chiesa (in corrispondenza
all'imbocco di via del Popolo). La
torre, dunque, aveva allora con lo
spazio porticato un rapporto più
diretto ed aulico, di affaccio e di
dominio, e tutta la piazza si poneva
come celebrazione del potere del
signore.
La
facciata della piazza fu decorata già
nel 1500 in parte a graffiti e in
parte ad affresco, fu interamente
ridipinta nel 1600 con decorazione a
fondo azzurro scuro e nel 1700 a
fondo giallo. Nel 1757 si parla di
una generale imbiancatura della
facciata della Piazza, del
porticato, ma la piccola spesa
affrontata, come attesa un documento
dell'epoca, fa capire che non
dovette essere un gran lavoro. Nei
primi del '900 la Piazza fu
restaurata su lascito del
concittadino Giorgio Silva. La
decorazione murale degli edifici
è stata rifatta ad affresco dai
pittori vigevanesi Casimiro Ottone
luigi Bocca che si orientarono su
scarsi resti di decorazione
cinquecentesca. Inoltre tutta la
decorazione venne ripulita e
rinfrescata nel 1960.
Le
facciate dei fabbricati sono
uniformate da una ascia dove si
alternano amorini e cornucopie,
fauni e satiri, Una serie di
medaglioni dipinti tra le colonne
raffigurano personalità dell'età
classica e della dinastia sforzesca,
antichi proverbi e motti
particolari.
La
lastricatura dei portici fu eseguita
nel 1811 e risistemata 100 anni
dopo. Il selciato in ciottoli del
fiume Ticino con tombinatura e
rotaie di granito vene fatto negli
anni 1824-1825, quando furono tolti
gli ingressi alle antiche cantine.
L'ultima sistemazione in rapporto al
sagrato del Duomo è del 1934,
dopodiché furono installati anche i
lampioni in ghisa e per
l'illuminazione a gas.
La
statue di S. Giovanni Nepomuceno fu
eretta nel 1732, per ordine del
principe Lichtesten, comandante
della guarnigione austriaca di
stanza del castello. Data
significativa perché erano passati
solo tre anni dalla canonizzazione
del Santo Boemo, vicario generale di
Praga, e ne erano trascorsi 50 dalla
morte del Vescovo Camanuel che fu
vicario generale di Praga e di Madre
Boema. La piazza in quel tempo era
di proprietà del duomo. Nepomuceno
è il martire del segreto
confessionale, ma i Vigevanesi lo
fecero protettore dei rivenditori di
castagne dei pescivendoli.
 
La
sovrapposizione in uno stesso luogo
urbano di funzioni civili,
economiche e religiose, ha per la
cultura umanistica il senso aulico
di un riferimento all'antichità, ma
costituisce in effetti lo sviluppo
di un'esperienza reale della città
trecentesca. La lunga piazza
rettangolare di Pavia, riordinata e
ingrandita sotto i Visconti nel
corso del '300, e non a caso
impiantata sul luogo dell'antico
foro, costituisce un antecedente e
un riferimento sicuro della piazza
di Vigevano; essa ha cioè precisato
un tipo urbano che a Vigevano viene
riformulato secondo i canoni del
Rinascimento, filtrato dai trattati
e da una nuova concezione dello
spazio. Come a Pavia, così a
Vigevano sulla piazza affacciava la
sede del municipio, anche se celata
dietro il disegno uniforme degli
edifici; come a Pavia, anche la
chiesa era legata alla piazza, ma
questa era insieme e principalmente
piazza del mercato e luogo di
concentrazione del commercio. Dunque
il nuovo intervento ha un
significato evidente di
riorganizzazione, è l'affermazione
definitiva di un luogo centrale.
Ma
non va sottovalutato il ruolo che in
questo processo ha la forma della
piazza, a tal punto chiara e
definita da divenire elemento quasi
autonomo, forza capace di modificare
a sua volta la città,
fattore di centralità e di
identificazione, elemento di
aggregazione delle attività
economiche e della vita collettiva.
Così la forma di un fatto urbano
interagisce con la vita e
l'organizzazione di una città. E la
piazza di Vigevano diviene «modello»
in senso generale, immagine di
riferimento che condiziona altre
esperienze, come quelle degli
artisti lombardi che sistemano le
piazze delle città disposte sulle
strade da Milano verso il sud
(ricordiamo quella di Ascoli
Piceno); mentre sarà più tardi il
prototipo della piazza di Livorno e
una delle fonti principali delle
piazze reali francesi del XVII e
XVIII secolo.
Il
Duomo

La
piazza è
chiusa ad oriente dalla cattedrale,
dedicata a S. Carlo e a S. Ambrogio;
ma chiesa e facciata sono di epoche
diverse, e il grande fronte concavo
costruito nel '600 appartiene più
alla piazza che alla chiesa,
legandosi all'architettura dello
spazio porticato e alla volontà di
concluderlo scenograficamente. Si può
dunque separare la descrizione.
Le
origini della chiesa nel sito
attuale non sono sufficientemente
note, ma si sa che nel XVI secolo
essa doveva essere di nuova
costruzione. Quando nel 1530
Francesco II Sforza ottenne dal papa
l'erezione di Vigevano a sede
vescovile, e il conferimento del
titolo di città,
l'edificio apparve per la modestia
nuovamente inadeguato e se ne iniziò
la ricostruzione in forme
rinascimentali. Il progetto,
affidato all'architetto milanese
Antonio da Lonate e tramandato da un
modello in legno conservato nel
Tesoro del Duomo, possedeva una
dignità di impianto bramantesco, ma
venne notevolmente modificato nel
corso della costruzione (1532-1612).
L'interno, a croce latina con tre
navate separate da pilastri e
voltate a botte, conserva
l'originaria struttura
rinascimentale anche se vi si sono
sovrapposte aggiunte barocche
(specie nelle cappelle) e
decorazioni a stucco e a fresco,
eseguite nell'800. La cupola,
rivestita in rame, venne compiuta
nel 1716. Il campanile, che occupa
la prima campata della navata
laterale destra, era parte
probabilmente di una diversa
costruzione del sec. XII, ma venne
sopralzato a più
riprese nel corso del '400 e nel
1818.

La
facciata verso la piazza è
più tarda dell'edificio, costruita
tra il 1680 e il 1684 su progetto
del vescovo di Vigevano Juan
Caramuel de Lobkowitz. Caramuel
(1606-82), monaco cistercense
originario di Madrid, tipico
personaggio dell'età barocca,
attivo nei campi più diversi,
dall'astronomia alla matematica e
alla teologia, scrisse un trattato
di architettura di una certa
importanza, tanto fondato su una
visione matematica e filosofica di
grande respiro quanto astratto e
dilettantesco rispetto ai problemi
concreti della costruzione e dello
stile. Il dilettantismo traspare
anche da anomalie e sproporzioni
della facciata, ma è probabilmente
grazie alla sua impostazione
interamente teorica che Caramuel
riuscì a dare alla piazza una
soluzione così conclusa e definita.
Egli si propose innanzitutto di
mascherare le difformità tra
l'ordinamento planimetrico della
piazza e la disposizione della
chiesa, orientata secondo un asse
divergente ed eccentrica rispetto ai
portici laterali; la contraddizione
venne risolta sovrapponendo al
vecchio fronte un nuovo fronte di
pianta ellittica, aderente solo per
una decina di metri alla parete
dell'edificio, ma centrato rispetto
alla piazza e sviluppato verso nord
sino a celare l'imbocco di una
strada secondaria. La parte di
facciata non legata all'edificio si
regge in virtù della propria
curvatura.
In
realtà il disegno della facciata è
subordinato a quello della piazza e
sottomesso ad una complessa
costruzione geometrica che porta a
violare le consuetudini più
affermate. Scompartita in quattro
parti da lesene d'ordine
dorico-corinzio - in contraddizione
con la norma che voleva i fronti
delle chiese divisi in numero
dispari di parti, con ingresso
principale al centro - la facciata
di Caramuel è sormontata da un
frontone ricurvo di grandi
dimensioni, necessario a dare
rilevanza all'asse centrale, ma
sicuramente eccessivo rispetto alle
regole usuali della proporzione. Al
di là di ogni convenzione di stile,
tuttavia, la facciata è divenuta
parte decisiva del paesaggio di
Vigevano.
L'intervento
complessivo di Caramuel cambia
dunque in modo sostanziale i
rapporti tra l'insieme degli spazi e
degli edifici: la piazza viene
regolarizzata e trasformata in
recinto unitario, separata dal
castello ed orientata verso il
Duomo, nuova ed esclusiva fonte di
centralità.
Una configurazione e una gerarchia
indubbiamente legate all'ideologia
del Concilio di Trento, ma fondate
anche sulla capacità di
speculazione e sul mondo di
apparenze dell'inventiva barocca.
 
Il
tesoro del Duomo
Il
Duomo di Vigevano è anche divenuto
famoso per il tesoro della
cattedrale, che risale alle prime
donazioni elargite al capitolo da
Francesco II Sforza. Esso conserva
anche preziosi manoscritti miniati
da Agostino e Ferrante Decio, un
pastorale vescovile in avorio di
narvalo e "La Pace" (un
prezioso reliquiario in oro
cesellato da Benvenuto Cellini.
Nella
seconda sezione del museo sono
conservati anche una serie di arazzi
fiamminghi di Bruxelles (1520) e
Auderaarde (seconda metà del XVII
secolo) con raffigurazioni sacre e
profane. Nel tesoro della cattedrale
è conservato inoltre un prezioso
mantello in fili d'oro, che fu
utilizzato da Napoleone Bonaparte
per la sua incoronazione a Re
d'Italia nel duomo di Monza nel
1805.
Chiesa
di San Pietro Martire
La
chiesa fu progettata secondo lo
stile domenicano nel XIV secolo da
Bartolino da Novara ed era parte
dell'adiacente Convento dei
Dominicani. La costruzione fu voluta
dai vigevanesi come voto per il
cosiddetto "miracolo del
fiume", allorquando una
compagnia di ventura bretone fu
fermata dal mettere al sacco la città
grazie ad un improvviso
ingrossamento del Ticino. Il
progetto attuale è frutto di una
serie di progetti e rifacimenti: nel
XV secolo fu annessa al castello
come cappella ducale.
L'adiacente
convento dei domenicani fu anche
residenza del Beato Matteo Carreri,
protettore della città ed, entro le
sue mura, francesi ed austriaci
siglarono la "Pace di
Vigevano" nel 1696, dopo sei
anni di guerre. In epoca napoleonica
la chiesa venne trasformata in un
deposito per il grano, mentre la
vicina chiesa parrocchiale di S.
Cristoforo venne demolita. Il
convento dei Domenicani divenne
Tribunale, funzione che tuttora
svolge. Con il ritorno del Regno di
Sardegna, la Chiesa di S. Piero
Martire divenne sede della
parrocchia di S. Cristoforo, la
quale assunse la denominazione di
"parrocchia di S. Cristoforo in
S. Pietro Martire". Poiché la
chiesa, specie nel tetto, risultava
molto degradata, venne costruita
all'interno della struttura
originaria una volta neogotica,
tuttora esistente e visibile, che
però nascose i begli affreschi
della precedente struttura.
Poiché
il Beato Matteo Carreri è sepolto
nella chiesa, le feste cittadine in
onore del Protettore, che hanno
sostituito quelle dedicate al
Patrono S. Ambrogio, hanno come
fulcro proprio questa chiesa, nella
quale, fra l'altro, si svolge dal
2001 il concerto dell'Ars Cantus
organizzato dall'associazione
cittadina Ars Cantus Vigevano .
Chiesa
di San Francesco
La
chiesa venne costruita fuori dalla
mura cittadine in stile gotico
lombardo nel 1379. Ampliata nel
1447, raggiunse l'attuale forma e
disposizione nel 1470, mentre 5 anni
più tardi, nel 1475 venne terminato
il campanile. Di fronte all'entrata
principale è presente
un'interessante fontana del santo
creata da Giovan Battista Ricci.


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