Centro storico di Vigevano 
(Pavia)

 

Vigevano, città industriale della Lomellina settentrionale, sorge sul primo terrazzo occidentale della valle del Ticino, lungo una delle vie più frequentate che collegano il Piemonte alla Lombardia. Isolata nel paesaggio, appare quasi perduta entro la piattezza dei campi; penetrando al suo interno, ritagliata nel corpo dell'abitato, rivela improvvisa la bellezza di una grande piazza della fine del '400. Poco nota, forse ideata da Bramante, è sicuramente tra le piazze più belle e ignorate del Rinascimento italiano; con gli edifici adiacenti del Duomo e del Castello, un tempo dimora principesca dei Visconti e degli Sforza, costituisce un complesso unitario di rilevanza eccezionale, dominante sul resto della città.

La parte più vecchia di Vigevano è datata al basso medioevo. Al tempo la città venne fortificata lungo uno dei lati della pianura del Ticino. Il paese divenne una città indipendente, grazie alla sua posizione strategica e per questo divenne centro di conflitti frequenti tra Pavia e Milano.

Il 14 marzo 1530 la città venne eretta sede vescovile. La città divenne feudo di diverse famiglie: i Della Torre e i Visconti durante il medioevo e gli Sforza nel Cinquecento. Durante il periodo sforzesco la città entrò nel suo periodo aureo divenendo residenza ducale, un centro commerciale di notevole importanza e vi fu installata la sede vescovile.

Il 9 agosto 1848 venne firmato, presso l'attuale vescovado, l'armistizio Salasco che prevedeva una tregua di sei settimane, tra Austria e Piemonte, nel corso delle prima guerra d'indipendenza.

Il centro storico

Ludovico il Moro trasforma il castello e costruisce la piazza, ma fissa anche la forma complessiva della città: è Ludovico infatti che rinnova il circuito delle mura, ricostruendo i terraggi e fortificando le porte, mentre ad ovest fa costruire, in simmetria con la rocca trecentesca di Luchino Visconti, un recinto fortificato intorno al palazzo del conte Galeazzo Sanseverino, comandante dell'esercito sforzesco, la cosiddetta Rocca Nuova. Questa fortificazione, oggetto nel '500 delle battaglie tra Francesi e Spagnoli, verrà più volte ampliata e rafforzata, e infine demolita per lasciare il posto, nella città moderna, ad una vasta area libera davanti all'attuale palazzo delle Esposizioni. Il disegno della città resta così caratterizzato dalla dominanza del castello, in posizione centrale sopraelevata, e dalla presenza sui lati ovest ed est di due rocche, la Nuova e la Vecchia, raccordate dal tracciato anulare dei bastioni. Fuori porta, sugli assi principali, i borghi hanno fino all'800 uno sviluppo modesto, legato ad insediamenti conventuali ed ospedalieri; il passaggio dalla città al borgo è spesso segnato dalla presenza di chiese costruite o rifatte in epoca barocca, costituenti una sorta di corona intorno alla città (S. Bernardo, Madonna della Neve, Madonna del Carmine, chiesa del Cristo, S. Carlo, ecc).

Questa forma della città, raggruppata intorno al castello, permane nel tempo, mutata solo di riflesso dall'espandersi della periferia otto e novecentesca. Così gli isolati compresi un tempo entro la cerchia dei bastioni rinascimentali diventano l'attuale centro storico, che comprende una parte limitata della popolazione di Vigevano (circa 10000 abitanti su 65000) e conserva i caratteri edilizi di una grossa borgata agricola, caratterizzata da grandi isolati irregolari e, al loro interno, da un fitto sistema di vicoli su cui affacciano le case, chiamati in dialetto «curt granda»; centri importanti di vita e di attività, essi costituivano sino ad epoca recente un sistema di passaggi alternativi o complementari a quelli della rete viaria, secondo una tipologia che si ripete in forme analoghe in altri centri lombardi d'origine rurale.

Ma l'edilizia minore di questo tessuto si organizza anche intorno ad edifici collettivi di maggiori dimensioni: sono i conventi, gli ospedali o le altre istituzioni benefiche che erano nati come capisaldi e centri gerarchici di un'autentica «città religiosa», poi declassata e ridotta a costituire la struttura segreta del tessuto, quasi una seconda città che si scopre penetrando oltre le cortine stradali. I loro chiostri e le loro corti insistono ancora sulle aree interne degli isolati, avvolti e celati dalle case. Si tratta di complessi in genere di origine tre e quattrocentesca, per la maggior parte ricostruiti o rinnovati nel '600, poi dopo l'epoca moderna distrutti o manomessi sino all'attuale condizione di degrado. Tra i più importanti ricordiamo i conventi trecenteschi di S. Francesco e di S. Pietro Martire, quello domenicano dell'Assunta, oggi trasformato in abitazione, e l'orfanotrofio Riberia (1629), gravemente compromesso.

Nel settore orientale della città vi è però una parte urbana che si distingue per forme tipologiche e natura degli edifici: ad est di piazza Ducale e dell'asse costituito dalle vie Cairoli, XX Settembre e Vittorio Emanuele II, di fatto strada principale della città, si sono infatti insediati sin dal '4 e '500 numerosi edifici rappresentativi e di carattere pubblico, che hanno definito in modo differenziato gli isolati, costruendoli attraverso una successione di impianti a corte con un'ar­chitettura di tipo colto. Tra il Duomo e la Rocca Vecchia trovano sede le corti del Palazzo Vescovile e del Seminario (1565-66), mentre li affiancano nel corso dell'800 il palazzo dei marchesi Rocca-Saporiti (1828) e il Teatro d'opera Cagnoni (1873); nel 1911 il Palazzo Comunale si insedia nell'antico complesso dell'Ospedale del SS. Sacramento, costruito a partire dal 1630.

A. Cavallerizza
B. Stada pensile "coperta" di Luchino Visconti
C. Loggia delle Dame
D. Maschio
E. Falconiera
F. Antiche "stalere" trasformate in Scuderie da             Galeazzo Maria Sforza
G. Atrio Neogotico
H. Vani dell' ottocento inglobanti antiche cucine, prestino,ecc.
I. Piazza Ducale
L. Torre d'ingresso "del Bramante"
M. Scuderia di Ludovico il  Moro
N. Mascalcia

Il castello

La vicenda di Vigevano è analoga a quella di altri borghi fortificati, nei quali la storia del castello quasi si identifica con quella dello sviluppo urbano. È infatti sul sito del castello, emergente una decina di metri sul territorio circostante, che trovò sede il primo nucleo abitato: di esso, in effetti, non si conosce quasi nulla se non l'antichità, testimoniata anche da ritrovamenti archeologici dell'epoca romana. Prima notizia suffragata da documenti è l'esistenza sul luogo, nel 963, di una chiesa collegiata; ampiamente documentata è invece l'importanza che Vigevano assume nell'XI e XII secolo, nel corso dei conflitti che oppongono Milano a Pavia e i liberi Comuni all'autorità dell'Impero.

In quell'epoca, si sa che il borgo era circoscritto all'antica altura e che il perimetro era stato nuovamente fortificato con lunghi tratti di mura muniti di torri. Solo dopo il 1200 si sviluppano insediamenti esterni alle fortificazioni, e tra essi sono la nuova sede del Duomo, nel luogo dove si trova ancor oggi, e il palazzo del Comune, nel largo allora esistente al posto di piazza Ducale.  

E con l'affermazione della Signoria, tuttavia, che la città si trasforma profondamente, fissando i suoi caratteri definitivi. Ciò avviene all'interno di un processo generale: a partire dalla metà del '200 i centri minori di molte parti d'Italia perdono la possibilità di esercitare una funzione individuale e vedono ridursi la loro sfera d'autonomia a favore dei centri più importanti. Vigevano è contesa e controllata successivamente da diverse famiglie, finché nella seconda metà del '300 vi si stabilizza il dominio dei Visconti. 

La loro signoria rappresenta, per la Lombardia del XIV secolo, il primo e forte accentramento di potere dopo l'impero romano, ma anche il primo tentativo di trasformare città e territorio secondo una politica unitaria, attraverso un sistema di interventi organizzato per capisaldi ed opere di ingegneria: strade, fortificazioni, canali, riforme agricole. Così Vigevano accresce la propria importanza come centro militare, e diviene anche uno dei principali luoghi di residenza e svago del signore. La città tende a separarsi dal nucleo primitivo: mentre le zone costruite si espandono tutt'intorno all'antico perimetro difensivo, questo viene occupato dal castello, e il castello si trasforma da struttura militare in dimora del signore.

Il primo e più importante intervento in questa direzione è dovuto a Luchino Visconti che, divenuto podestà nel 1337, realizza un complesso di opere militari che incidono profondamente sulla struttura del borgo. Nella parte alta, corrispondente al vecchio nucleo fortificato, egli acquista diverse case d'epoca comunale e le abbatte per far posto alla costruzione di un castello di pianta quadrata, di cui rimangono numerose tracce nel successivo palazzo ducale, affacciato da un lato sul dirupo e difeso sugli altri da un fossato. Vigevano_Castello3.JPG (86391 byte)

Anche le fortificazioni d'epoca comunale intorno all'altura vengono rafforzate, mentre nella parte bassa della città viene edificata una rocca (poi detta Rocca Vecchia o Bergonzone), costituita da un recinto fortificato di pianta quadrata rafforzato da torri; essa verrà raccordata al castello con una «strada sopraelevata» in pendenza, che supera un dislivello di 15 metri, larga 7 e lunga 163, protetta da alte merlature e coperta da un tetto lungo tutto il percorso. 

Vigevano_Castello4.JPG (56718 byte)Costruita su volte in muratura, essa risolve in unità i due precedenti fortilizi, ridefinendo l'intera struttura del borgo e rimanendo sino ai nostri giorni come elemento fondamentale della sua organizzazione. Infine, Luchino costruisce una nuova cerchia muraria che comprende le espansioni più recenti e ridefinisce i limiti della città.

Sono soprattutto i successori di Casa Sforza, tuttavia, che nella seconda metà del '400 fanno della città la propria residenza prediletta, trasformando il castello in un grande palazzo di corte, con lavori che si protraggono per quasi cent'anni. 

Galeazzo Maria Sforza compie diverse opere, finendo tra l'altro di liberare l'attuale cortile e incorporando al castello tutta l'area del vecchio borgo; dal 1484, Ludovico il Moro da alle trasformazioni il massimo impulso, e il castello, ripreso nei vari corpi e ampliato, viene trasformato in una delle dimore principesche più sfarzose del tempo. Bramante e Leonardo sono chiamati a concorrere ai lavori, anche se con opere e ruoli che non ci sono noti.

L'intervento forse più cospicuo riguarda la riforma del nucleo quadrilatero, nel quale, secondo la descrizione di Cesare Nubilonio, scrittore vigevanese del '500, vengono create «sale ariose e onorevoli», e «camere magnifiche» coperte a volta: «... e tutte queste abitazioni sono dipinte». Ulteriori lavori ridefiniscono la struttura di tutto il complesso: verso sud, la costruzione dell'edificio della Loggia delle Dame, parallelo alla strada sopraelevata, delimita verso la città uno spazio che diviene il Giardino della Duchessa; quest'ala, oggi trasformata e con le logge murate, è la sola che manifesti un aperto carattere bramantesco, anche se non è stato provato un intervento diretto di Bramante nei disegni o nei lavori. 

Ortogonale ad essa si sviluppa l'edificio della Falconiera (1492-94), dalla cui loggia aerea di 11 arcate, secondo la tradizione, «si facevano volare alla campagna gli falconi e sparvieri» da preda (Nubilonio). Esso raccorda il nucleo centrale del castello con l'anello delle fabbriche che delimitano il grande cortile: tra esse Ludovico il Moro costruisce nel 1492 il fabbricato principale delle stalle, grande edificio in muratura capace di alloggiare 300 cavalli, diviso in tre navate da due file di colonne e raffigurato probabilmente in un disegno di Leonardo.

Più oltre, lungo lo stesso recinto, si leva la grande torre che domina la piazza, antico ingresso al borgo fortificato che Ludovico trasforma nell'entrata monumentale al nuovo palazzo, con una serie di modifiche realizzate da Bramante (1492-95). Con la sua configurazione a cannocchiale, che riprende un tipo diffuso in Lombardia, fantasticamente reinventato nei disegni di Filarete, la torre diviene uno degli elementi più forti della forma urbana, elemento di mediazione e di passaggio tra la piazza e il castello, ancor oggi emergente malgrado gli interventi successivi del vescovo Caramuel.

Ma il castello, già trasformato sotto il governo austriaco in caserma di cavalleria (1714), rimane sotto l'autorità militare anche dopo l'Unità d'Italia (1865), sede di una guarnigione che ne provoca il decadimento e i progressivi mutamenti. Anche i modesti restauri eclettici, effettuati dal col. Lodovico Inverardi nella seconda metà dell'800, con la costruzione dell'atrio neogotico compreso tra le scuderie ducali, e con il rifacimento di interni e facciata nel maschio costruito da Luchino Visconti, non hanno saputo proporre una nuova immagine del castello legata alla Vigevano moderna, diversamente da quanto è avvenuto a Milano, dove la ricostruzione e la reinvenzione del castello, operata da Luca Beltrami all'inizio di questo secolo, ha creato uno dei monumenti più belli e dignitosi della città borghese.

Torre del Bramante

L'origine della torre, situata nel punto più alto della città (45°19'01.53"N, 8°51'24.90"E), presso il castello, risale al 1198 e fu terminata dal Bramante alla fine del XV secolo. La torre ha una forma originale che, nell'800, fu il modello per la torre del Filarete nel Castello Sforzesco di Milano; è costituita da sezioni graduali che vanno restringendosi avvicinandosi alla cima. Dal primo terrazzo è possibile ammirare un'ottima visuale della piazza ducale, del castello e di tutta la città.

Piazza Ducale

La grande piazza praticata ai piedi del castello è costruita per ordine di Ludovico il Moro in soli due anni (1492-94), sullo spiazzo dell'antico mercato. Lì Ludovico il Moro (scrive l'inviato ferrarese Sivero Siveri a Eleonora d'Aragona, il 4 agosto 1492) ordina di «butare per terra tutte le case da ogni lato et fa fare una bella piazza molto longa et larga cum portici cum columne et volti et botege da ogni lato ...». Limitata su tre lati da facciate uniformi di tre piani e sul quarto dal fronte del Duomo, essa ha un impianto regolare e dimensioni straordinarie rispetto al tessuto della città: 138 metri per 48 di larghezza, compresi i portici (le facciate dei fabbricati che la delimitano su tre lati poggian su 84 colonne di serizzo sormontate da capitelli diversi l'uno dall'altro). Ambrogio De Curtis è l'ingegnere incaricato della realizzazione, ma dietro di lui, con ogni probabilità, vi è la presenza determinante, anche se non documentata, di Bramante. Più aleatoria ed improbabile, viceversa, l'ipotesi che all'ideazione della piazza abbia concorso Leonardo.

La rampa fu tolta nel 1681 dal vescovo Juan Caramuel che l'anno precedente aveva inaugurato la facciata del Duomo: La fine della rampa significava che la Piazza ormai aveva perso il riferimento al castello e tornava ad essere in rapporto al duomo. Essa fu sostituita da uno scalone mascherato dal prolungamento dei portici. Inoltre l'erezione della nuova facciata della Cattedrale in stile barocco mimetizzò artificiosamente l'asimmetria esistente tra l'asse longitudinale della chiesa e quello della Piazza. Dei quattro portali della facciata, solo tre sono di pertinenza della chiesa, il quarto nasconde l'accesso di una pubblica via. All'altezza delle vie G. Silva e del Popolo furono uniformati al resto del colonnato i due grandi archi a tutto sesto che occupavano lo spazio di due arcate. Infatti questi grandi archi rendevano l'accesso alla Piazza quasi trionfale. Con queste modifiche la Piazza acquistava simmetria, ma perdeva in fascino e da Piazza ducale era diventata Piazza del Duomo, ossia sagrato della Cattedrale, non solo per ragione architettoniche, ma anche per diritto di proprietà. Nel 1765 la Piazza fu riscattata dalla Città, la quale aveva nel lato sud il Palazzo del Comune.

Il primo e più evidente aspetto della piazza di Vigevano è il rigore dell'ordinamento, l'assoggettamento ad una forma geometrica complessiva. Sempre la piazza rinascimentale è fondata su un ideale di regolarità, ma in genere esso si scontra con le situazioni urbane e la loro resistenza; esempi famosi come le piazze della Signoria a Vicenza e a Firenze, o come quella dei Cavalieri a Pisa, sono in effetti piazze medioevali modificate, corrette o arredate secondo le aspirazioni del Rinascimento. A Vigevano l'ideale della regolarità è invece compiutamente realizzato, la piazza è aperta e ritagliata, con operazione chirurgica, dentro il tessuto antico, ampliando il precedente spiazzo irregolare senza preoccupazioni di concordanza con l'orientamento dei lotti o delle strade; queste vengono anzi deliberatamente celate dietro l'uniformità delle cortine. Questa operazione pre­suppone un atto politico di imposizione, cioè la limitazione del diritto del privato di costruire a proprio piacimento e l'assoggettamento ad un modello e ad una regola formali; non a caso la piazza rinascimentale coincide in genere con un'affermazione concreta del potere del signore, con un suo atto di autorità e di prestigio.

Ma regolarità ed uniformità sono anche legate a un'idea generale dello spazio urbano. La proposta di uno spazio porticato regolare, raccordante gli edifici pubblici e contenente le botteghe, centro insieme di vita civile e mercantile, deriva in primo luogo dalla volontà della cultura umanistica di misurarsi con i «fori» delle antiche città romane. Così, quando Alberti descrive la piazza della città come luogo di commercio e di incontro, in effetti riprende la descrizione del foro contenuta nell'antico trattato di Vitruvio (I sec. a.C). Come nei trattati, così a Vigevano torre e castello sono elementi della piazza; ma diversamente che nella città medioevale e nelle descrizioni di Filarete, essa non racchiude, isolati nel mezzo, la chiesa od altri edifici, ma si definisce come recinto internamente vuoto e ordinato prospetticamente.

L'immagine dei fori diffusa nel Rinascimento, tuttavia, era un'immagine sostanzialmente letteraria, desunta più da Vitruvio e da altre descrizioni che da conoscenze dirette. Così l'idea della piazza, per diventare concreta, dev'essere completata attingendo ad altri riferimenti, altri tipi ed altre forme che appartengono all'esperienza della città. Per questo la piazza si pone innanzitutto come analoga alla corte di un palazzo, ma contemporaneamente allude ai tipi del chiostro monastico e del quadriportico antistante le chiese. Sia del chiostro che della corte essa condivide numerosi caratteri: la chiusura dello spazio, l'unitarietà delle facciate, la presenza dei portici, il gusto per la limitazione delle visuali, anche se rispetto ad essi richiede l'impiego di dispositivi prospettici più complessi ed elaborati. 

Lo spazio ordinato della piazza di Vigevano è dunque ricollegabile, nell'immagine e nelle regole, ai grandi esempi dell'architettura lombarda: dai quadriportici di S. Ambrogio e S. Lorenzo in Milano, all'ospedale di Filarete, alla corte del castello visconteo di Pavia, all'esperienza diffusa della corte domestica. Ma soprattutto esso si definisce come cortile e come «salone». Questa natura di «grande sala», tipica delle piazze del Rinascimento, dipende dal rapporto con un edificio, di cui esse erano l'atrio pubblico, il vestibolo, lo spazio rappresentativo: piano o pavimento astratto da cui sorge l'architettura. Monumenti civili e religiosi erano dunque presupposto ed elementi costitutivi della piazza. 

A Vigevano, l'edificio è il castello: la piazza, oggi orientata verso il Duomo, era quasi parte di questa residenza del duca, spazio di mediazione tra essa e la città. Oggi la torre è celata dietro la continuità del porticato e della cortina, ma un tempo gli edifici si interrompevano per lasciare posto ad una lunga rampa inclinata che superava un dislivello di 7 metri e univa la torre con il piano inferiore della piazza, invadendone lo spazio e interrompendo la continuità delle logge. Il porticato del lato corto proseguiva parallelo alla rampa, sino ad incontrare le mura del castello. 

La facciata delle case era interrotta da due archi trionfali, uno a tre fornici di fronte alla torre (in corrispondenza all'imbocco delle attuali via G. Silva e via Caduti della Liberazione), l'altro ad un fornice a metà del lato corto, di fronte alla chiesa (in corrispondenza all'imbocco di via del Popolo). La torre, dunque, aveva allora con lo spazio porticato un rapporto più diretto ed aulico, di affaccio e di dominio, e tutta la piazza si poneva come celebrazione del potere del signore.

La facciata della piazza fu decorata già nel 1500 in parte a graffiti e in parte ad affresco, fu interamente ridipinta nel 1600 con decorazione a fondo azzurro scuro e nel 1700 a fondo giallo. Nel 1757 si parla di una generale imbiancatura della facciata della Piazza, del porticato, ma la piccola spesa affrontata, come attesa un documento dell'epoca, fa capire che non dovette essere un gran lavoro. Nei primi del '900 la Piazza fu restaurata su lascito del concittadino Giorgio Silva. La decorazione murale degli edifici  è stata rifatta ad affresco dai pittori vigevanesi Casimiro Ottone  luigi Bocca che si orientarono su scarsi resti di decorazione cinquecentesca. Inoltre tutta la decorazione venne ripulita e rinfrescata nel 1960.

Le facciate dei fabbricati sono uniformate da una ascia dove si alternano amorini e cornucopie, fauni e satiri, Una serie di medaglioni dipinti tra le colonne raffigurano personalità dell'età classica e della dinastia sforzesca, antichi proverbi e motti particolari.

La lastricatura dei portici fu eseguita nel 1811 e risistemata 100 anni dopo. Il selciato in ciottoli del fiume Ticino con tombinatura e rotaie di granito vene fatto negli anni 1824-1825, quando furono tolti gli ingressi alle antiche cantine. L'ultima sistemazione in rapporto al sagrato del Duomo è del 1934, dopodiché furono installati anche i lampioni in ghisa e per l'illuminazione a gas.

La statue di S. Giovanni Nepomuceno fu eretta nel 1732, per ordine del principe Lichtesten, comandante della guarnigione austriaca di stanza del castello. Data significativa perché erano passati solo tre anni dalla canonizzazione del Santo Boemo, vicario generale di Praga, e ne erano trascorsi 50 dalla morte del Vescovo Camanuel che fu vicario generale di Praga e di Madre Boema. La piazza in quel tempo era di proprietà del duomo. Nepomuceno è il martire del segreto confessionale, ma i Vigevanesi lo fecero protettore dei rivenditori di castagne dei pescivendoli.

La sovrapposizione in uno stesso luogo urbano di funzioni civili, economiche e religiose, ha per la cultura umanistica il senso aulico di un riferimento all'antichità, ma costituisce in effetti lo sviluppo di un'esperienza reale della città trecentesca. La lunga piazza rettangolare di Pavia, riordinata e ingrandita sotto i Visconti nel corso del '300, e non a caso impiantata sul luogo dell'antico foro, costituisce un antecedente e un riferimento sicuro della piazza di Vigevano; essa ha cioè precisato un tipo urbano che a Vigevano viene riformulato secondo i canoni del Rinascimento, filtrato dai trattati e da una nuova concezione dello spazio. Come a Pavia, così a Vigevano sulla piazza affacciava la sede del municipio, anche se celata dietro il disegno uniforme degli edifici; come a Pavia, anche la chiesa era legata alla piazza, ma questa era insieme e principalmente piazza del mercato e luogo di concentrazione del commercio. Dunque il nuovo intervento ha un significato evidente di riorganizzazione, è l'affermazione definitiva di un luogo centrale.

Ma non va sottovalutato il ruolo che in questo processo ha la forma della piazza, a tal punto chiara e definita da divenire elemento quasi autonomo, forza capace di modificare a sua volta la città, fattore di centralità e di identificazione, elemento di aggregazione delle attività economiche e della vita collettiva. Così la forma di un fatto urbano interagisce con la vita e l'organizzazione di una città. E la piazza di Vigevano diviene «modello» in senso generale, immagine di riferimento che condiziona altre esperienze, come quelle degli artisti lombardi che sistemano le piazze delle città disposte sulle strade da Milano verso il sud (ricordiamo quella di Ascoli Piceno); mentre sarà più tardi il prototipo della piazza di Livorno e una delle fonti principali delle piazze reali francesi del XVII e XVIII secolo.

Il Duomo

La piazza è chiusa ad oriente dalla cattedrale, dedicata a S. Carlo e a S. Ambrogio; ma chiesa e facciata sono di epoche diverse, e il grande fronte concavo costruito nel '600 appartiene più alla piazza che alla chiesa, legandosi all'architettura dello spazio porticato e alla volontà di concluderlo scenograficamente. Si può dunque separare la descrizione.

Le origini della chiesa nel sito attuale non sono sufficientemente note, ma si sa che nel XVI secolo essa doveva essere di nuova costruzione. Quando nel 1530 Francesco II Sforza ottenne dal papa l'erezione di Vigevano a sede vescovile, e il conferimento del titolo di città, l'edificio apparve per la modestia nuovamente inadeguato e se ne iniziò la ricostruzione in forme rinascimentali. Il progetto, affidato all'architetto milanese Antonio da Lonate e tramandato da un modello in legno conservato nel Tesoro del Duomo, possedeva una dignità di impianto bramantesco, ma venne notevolmente modificato nel corso della costruzione (1532-1612). L'interno, a croce latina con tre navate separate da pilastri e voltate a botte, conserva l'originaria struttura rinascimentale anche se vi si sono sovrapposte aggiunte barocche (specie nelle cappelle) e decorazioni a stucco e a fresco, eseguite nell'800. La cupola, rivestita in rame, venne compiuta nel 1716. Il campanile, che occupa la prima campata della navata laterale destra, era parte probabilmente di una diversa costruzione del sec. XII, ma venne sopralzato a più riprese nel corso del '400 e nel 1818.

La facciata verso la piazza è più tarda dell'edificio, costruita tra il 1680 e il 1684 su progetto del vescovo di Vigevano Juan Caramuel de Lobkowitz. Caramuel (1606-82), monaco cistercense originario di Madrid, tipico personaggio dell'età barocca, attivo nei campi più diversi, dall'astronomia alla matematica e alla teologia, scrisse un trattato di architettura di una certa importanza, tanto fondato su una visione matematica e filosofica di grande respiro quanto astratto e dilettantesco rispetto ai problemi concreti della costruzione e dello stile. Il dilettantismo traspare anche da anomalie e sproporzioni della facciata, ma è probabilmente grazie alla sua impostazione interamente teorica che Caramuel riuscì a dare alla piazza una soluzione così conclusa e definita. Egli si propose innanzitutto di mascherare le difformità tra l'ordinamento planimetrico della piazza e la disposizione della chiesa, orientata secondo un asse divergente ed eccentrica rispetto ai portici laterali; la contraddizione venne risolta sovrapponendo al vecchio fronte un nuovo fronte di pianta ellittica, aderente solo per una decina di metri alla parete dell'edificio, ma centrato rispetto alla piazza e sviluppato verso nord sino a celare l'imbocco di una strada secondaria. La parte di facciata non legata all'edificio si regge in virtù della propria curvatura. 

In realtà il disegno della facciata è subordinato a quello della piazza e sottomesso ad una complessa costruzione geometrica che porta a violare le consuetudini più affermate. Scompartita in quattro parti da lesene d'ordine dorico-corinzio - in contraddizione con la norma che voleva i fronti delle chiese divisi in numero dispari di parti, con ingresso principale al centro - la facciata di Caramuel è sormontata da un frontone ricurvo di grandi dimensioni, necessario a dare rilevanza all'asse centrale, ma sicuramente eccessivo rispetto alle regole usuali della proporzione. Al di là di ogni convenzione di stile, tuttavia, la facciata è divenuta parte decisiva del paesaggio di Vigevano.

L'intervento complessivo di Caramuel cambia dunque in modo sostanziale i rapporti tra l'insieme degli spazi e degli edifici: la piazza viene regolarizzata e trasformata in recinto unitario, separata dal castello ed orientata verso il Duomo, nuova ed esclusiva fonte di centralità. Una configurazione e una gerarchia indubbiamente legate all'ideologia del Concilio di Trento, ma fondate anche sulla capacità di speculazione e sul mondo di apparenze dell'inventiva barocca. 

Il tesoro del Duomo

Il Duomo di Vigevano è anche divenuto famoso per il tesoro della cattedrale, che risale alle prime donazioni elargite al capitolo da Francesco II Sforza. Esso conserva anche preziosi manoscritti miniati da Agostino e Ferrante Decio, un pastorale vescovile in avorio di narvalo e "La Pace" (un prezioso reliquiario in oro cesellato da Benvenuto Cellini. 

Nella seconda sezione del museo sono conservati anche una serie di arazzi fiamminghi di Bruxelles (1520) e Auderaarde (seconda metà del XVII secolo) con raffigurazioni sacre e profane. Nel tesoro della cattedrale è conservato inoltre un prezioso mantello in fili d'oro, che fu utilizzato da Napoleone Bonaparte per la sua incoronazione a Re d'Italia nel duomo di Monza nel 1805.

Chiesa di San Pietro Martire

La chiesa fu progettata secondo lo stile domenicano nel XIV secolo da Bartolino da Novara ed era parte dell'adiacente Convento dei Dominicani. La costruzione fu voluta dai vigevanesi come voto per il cosiddetto "miracolo del fiume", allorquando una compagnia di ventura bretone fu fermata dal mettere al sacco la città grazie ad un improvviso ingrossamento del Ticino. Il progetto attuale è frutto di una serie di progetti e rifacimenti: nel XV secolo fu annessa al castello come cappella ducale. 

L'adiacente convento dei domenicani fu anche residenza del Beato Matteo Carreri, protettore della città ed, entro le sue mura, francesi ed austriaci siglarono la "Pace di Vigevano" nel 1696, dopo sei anni di guerre. In epoca napoleonica la chiesa venne trasformata in un deposito per il grano, mentre la vicina chiesa parrocchiale di S. Cristoforo venne demolita. Il convento dei Domenicani divenne Tribunale, funzione che tuttora svolge. Con il ritorno del Regno di Sardegna, la Chiesa di S. Piero Martire divenne sede della parrocchia di S. Cristoforo, la quale assunse la denominazione di "parrocchia di S. Cristoforo in S. Pietro Martire". Poiché la chiesa, specie nel tetto, risultava molto degradata, venne costruita all'interno della struttura originaria una volta neogotica, tuttora esistente e visibile, che però nascose i begli affreschi della precedente struttura. 

Poiché il Beato Matteo Carreri è sepolto nella chiesa, le feste cittadine in onore del Protettore, che hanno sostituito quelle dedicate al Patrono S. Ambrogio, hanno come fulcro proprio questa chiesa, nella quale, fra l'altro, si svolge dal 2001 il concerto dell'Ars Cantus organizzato dall'associazione cittadina Ars Cantus Vigevano .

Chiesa di San Francesco

La chiesa venne costruita fuori dalla mura cittadine in stile gotico lombardo nel 1379. Ampliata nel 1447, raggiunse l'attuale forma e disposizione nel 1470, mentre 5 anni più tardi, nel 1475 venne terminato il campanile. Di fronte all'entrata principale è presente un'interessante fontana del santo creata da Giovan Battista Ricci.