Salò 
(Brescia)

Di fondazione romana, durante gli ultimi anni della seconda guerra mondiale Salò fu sede di alcuni ministeri della Repubblica Sociale Italiana.

Il nome Salò non ha una derivazione chiara. Alcune fonti lo fanno risalire al nome di una regina etrusca, Salodia; altre lo collegano ad un lucumone di nome Saloo; altre ancora al termine latino "salodium", che indicava le sale e le stanze di cui erano ricche le ville a lago di epoca romana.

Una spiegazione valida sembra essere quella che fa risalire il nome di Salò al fatto che la città era, anche nell'antichità, la capitale economica della zona, dove veniva depositata una risorsa importantissima come il sale marino. Già infatti nei tempi antichi era collegata al mare Adriatico attraverso i fiumi Mincio e Po. Il sale marino coltivato nelle saline dell'Adriatico e trasportato su barconi poteva quindi agevolmente raggiungere Salò.

Un'ultima ipotesi farebbe derivare il toponimo da “salus” termine latino che vuol significa “salute” in quanto la zona sarebbe stata usata dalle legioni romane come luogo di cura per quei soldati feriti o ammalati nel corso della conquista alpina e ritrovamenti archeologici presso la necropoli romana del Lugone avvalorerebbero questa tesi.

La fondazione romana si sovrappose ad alcuni insediamenti preesistenti, verosimilmente di epoca neolitica. Nella zona nord-occidentale di Salò (zona Lugone, ora via Sant'Iago), fu rinvenuta negli anni venti del XX secolo una necropoli romana e, negli anni settanta dello stesso secolo, fu condotta un'accurata campagna di scavi che portò alla scoperta di 171 tombe ed al rinvenimento di vario materiale tra cui un'anfora ora esposta al museo archeologico di Milano. Sembra che di questa piccola anfora, che riporta impresse scene di caccia, esista un'altra copia in Spagna.

Il 4 novembre del 1334 trentaquattro comunità della riviera gardesana e di parte della Val Sabbia si riunirono nella Riperia Lacus Gardae Brixiensis, una sorta di federazione con capoluogo Maderno ed a capo un podestà. Per rimanere autonoma sia da Brescia sia da Verona, la federazione si diede alla Repubblica di Venezia, che mandò alla Riperia un Provveditore. La zona all'epoca era però obbiettivamente lontana dal territorio metropolitano della Serenissima, e nel 1350 Salò e la Riviera caddero nelle mani dei Visconti.

Nel 1362 Salò resistette all'assedio da parte delle truppe scaligere ed il valore dei cittadini, unito alla grande accoglienza per Beatrice Visconti, fece sì che la cittadina diventasse capoluogo al posto di Maderno. Con la salita al potere di Gian Galeazzo Visconti Maderno tornò brevemente ad essere la capitale, per poi perdere definitivamente il titolo durante la stesura degli statuti. Alla morte del duca Gian Galeazzo i rappresentanti di Salò e della Riviera occuparono il quinto posto nella processione funebre, ben più avanti di città quali Brescia o Verona.

Nel 1428 Salò e la Riviera tornarono ad essere dominio della Serenissima per motu proprio delle comunità, che abbandonarono i Visconti poco prima dell'assedio di Brescia. Nei successivi anni la Riviera si schierò invece più volte a favore dei Visconti, mentre Brescia rimase fedele a Venezia; quest'ultima pose di conseguenza la Riviera nella giurisdizione di Brescia. Solo nel 1443 la Riviera riuscì a sganciarsi, almeno parzialmente, da Brescia e poté nuovamente accogliere sul Garda il Capitano della Riviera e Provveditore di Salò mandato dal Senato veneziano. Durante questi anni Venezia elargì alla Patria il titolo di Magnifica e di Figlia primogenita della Serenissima, insieme ad innumerevoli autonomie, tale da renderla quasi uno Stato a sé stante.

Con la guerra della Lega di Cambrai, la Magnifica Patria fu conquistata da francesi e spagnoli, mal voluti dalla popolazione; tornò poi ad innalzare le bandiere di San Marco. Dalla Riviera partì il 23 aprile 1570 una nave di armigeri per combattere contro la flotta turca, facendosi onore durante la battaglia di Lepanto. Nel 1580 il futuro santo Carlo Borromeo arrivò in visita pastorale a Salò, dirimendo questioni e fondando un Monte di Pietà spirituale per pagare degli insegnanti che educassero i giovinetti e i fanciulli poveri di Salò.

Con l'arrivo di Napoleone a Salò; il 17 agosto del 1796 iniziò la fine della Magnifica Patria. Il 25 marzo dei messaggeri da Brescia, insorta contro Venezia, portarono l'annuncio della rivoluzione; i salodiani in principio accolsero la notizia; allontanatisi i bresciani, decisero invece di rimanere fedeli alla Serenissima, dando inizio ad una contro-rivoluzione, l'unica ufficialmente appoggiata da Venezia.

Le truppe bresciane e bergamasche che attaccarono il Golfo furono respinte e arrestate. Il mattino successivo, la città di Salò fu costretta ad arrendersi ai francesi, che le tolsero il titolo di capitale e l'indipendenza da Brescia. Con il trattato di Campoformio la Magnifica Patria passò sotto il controllo asburgico insieme al resto dell'ex-stato veneziano.

Terminate le guerre di restaurazione tra il regno d'Italia napoleonico e il regno asburgico, culminati sul territorio con la battaglia di Salò del 16 febbraio 1814, gli austriaci entrarono a Salò dove vennero accolti in pompa magna. Salò si rivelò subito filo-austriaca, con alzabandiera e Messe in Duomo, nel tentativo di recuperare almeno parte dei privilegi perduti con la fine della Serenissima. Tali tentativi rimarranno vani, visto che il 5 aprile 1815 la cittadina entra a far parte della "Imperial Regia Delegazione di Brescia" e divenne capoluogo del XIV Distretto comprendente 25 comuni.

Fu istituito il Commissario distrettuale, soppresso il Tribunale giudiziario e istituita una Pretura di II classe. L'equiparazione con Gargnano, Preseglie, Vestone e Lonato furono vissuti come un affronto alla centralità e alla superiorità politica di Salò sulla Riviera. Il comune di Caccavero (oggi frazione di Salò con il nome di Campoverde) fu nuovamente istituito dopo la sua soppressione e aggregazione alla città durante la dominazione napoleonica. aggrava tale situazione. Vano fu il tentativo di fondare la Provincia di Salò, osteggiato da Brescia.

Durante l'occupazione austriaca a Salò nacque la Società del Casino, che si occupò di propaganda anti-imperiale.

In questo periodo la vita sociale e culturale non si fermò, anzi acquistò sempre più forza. Nell'agosto del 1814 fu istituita la società Filarmonica, riconosciuta come banda musicale dal Governo Lombardo Veneto nel 1823, ed attiva ancora oggi. Nel 1824 nacque una Scuola Pubblica di strumenti ad arco e nel 1838 si istituì una "sala di istruzione per le esercitazioni del contrabbasso e del violoncello". Nello stesso anno nacque anche l'Associazione di San Francesco di Sales. L'Ateneo e le scuole continuarono la loro attività diventando noti anche fuori provincia. Nel 1826 aprì il nuovo Ospedale Civile, mentre nel 1851 giunse un primo nucleo di suore della congregazione delle Ancelle della Carità, guidate dalla stessa fondatrice Maria Crocifissa Di Rosa. Nel 1858 nacque la Società di Mutuo Soccorso, la prima della provincia, che vinse nel 1867 la medaglia d'argento all'Esposizione universale di Parigi del 1867.

Durante i moti risorgimentali del 1848 Salò fu ripetutamente colpita da combattimenti.

Il 17 giugno 1859 Nino Bixio entrò trionfante a Salò e il giorno successivo lo raggiunse anche Giuseppe Garibaldi. Durante la battaglia di San Martino Salò fu invasa dai feriti e divenne un grande ospedale da campo. L'11 luglio 1859, con l'armistizio di Villafranca, Salò entrò con il resto della Lombardia a far parte del Regno di Sardegna e ne seguì l'evoluzione nel Regno d'Italia.

Nell'Italia unita, Salò divenne capoluogo dell'omonimo circondario e il 15 dicembre 1860 acquisì il titolo di città. Fu pertanto sede di Sottoprefettura e del Tribunale Collegiale giudiziario da cui dipendevano le cinque Preture del circondario. Il censimento del 1861 registrò a Salò la cifra di 5316 abitanti.

Il 30 ottobre 1901 la città fu colpita da un forte terremoto che rese inagibili gran parte degli edifici pubblici e parte di quelli privati. Iniziò quindi il periodo dei grandi cantieri che cambiarono il volto dalla città, tra i quali troviamo: la creazione del Lungolago, la riedificazione di parte del palazzo comunale, la Scala Santa, la via Tavine e via dei Colli, la creazione di piazza Sant'Antonio (sventrando il quartiere omonimo), l'abbattimento delle vecchie carceri e la costruzione del nuovo, la piazza antistante l'ospedale, le nuove chiese di Villa, San Bernardino e Serniga e la costruzione delle scuole in via Gasparo. I lavori furono rallentati a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale.  

Nell'ottobre 1943 fu fondata tra Salò e Gargnano la Repubblica Sociale Italiana, conosciuta come Repubblica di Salò. La presenza, nella cittadina lombarda, del Ministero degli esteri, delle cabine per i giornalisti e del servizio traduzioni comunicati esteri, che emettevano tutti i comunicati ufficiali della Repubblica, fece sì che quest'ultima sia conosciuta con il nome della città, anche se la capitale rimaneva ufficialmente Roma.

La scelta di portare i principali ministeri sulla riva benacense fu in primis dovuta alla vicinanza con la Germania nazista (che all'epoca comprendeva, direttamente nel Tirolo, tutto l'attuale Trentino-Alto Adige ed arrivava fino al comune di Limone sul Garda), favorendo il controllo nazista dello stato fantoccio di Benito Mussolini, e rendendo difficile invece a quest'ultimo, vista la decentralizzazione rispetto al teatro di tutte le vicende economiche e militari, l'effettivo esercizio del potere. In secondo luogo la zona era scarsamente interessata dall'attività partigiana (tale fenomeno rimase limitato anche in seguito, per la presenza della RSI) ed era al di fuori dalle aree industriali del nord d'Italia, pesantemente bombardate dall'aviazione alleata.

Il ministero degli esteri occupò villa Simonini (oggi hotel Laurin), come sede ufficiale, e l'albergo Barbarano per i dipendenti e la mensa. Tale ministero era presieduto ufficialmente dallo stesso Mussolini, il cui Quartier Generale era situato a Palazzo Feltrinelli Gargnano (ora Centro d'Ateneo per la promozione della lingua e cultura italiana (CALCIF) dell'Università degli Studi di Milano), e raramente ne usciva.

Il secondo ministero effettivamente dislocato a Salò era il Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop), la cui divisione Spettacolo occupò villa Amadei ed il palazzo della Croce Rossa Italiana. Per quanto riguarda i media, a villa ex Angelini erano presenti le cabine telefoniche riservate ai giornalisti, mentre l'Agenzia Stefani, agenzia di stampa della propaganda fascista, si trovava nell'edificio della scuola elementare; presidente era il senatore Luigi Barbini e segretario Ernesto Daquanno. Detta agenzia era in collegamento con il palazzo del Capitano-Rettore Veneto (all'interno dell'attuale municipio), sede dell'ufficio interpreti per la traduzione dei comunicati esteri.

A Salò erano presenti anche le forze di polizie e militari: nel liceo scientifico si trovavano un reparto della Muti e uno della Xª Flottiglia MAS al comando di Junio Valerio Borghese, nella casa del Fascio (oggi bar Italia) stazionavano le guardie di Mussolini, agli ordini del console della milizia Albonetti. In piazza Vittorio Emanuele, allora piazza Ettore Muti (eroe della prima guerra mondiale e seguace di D'Annunzio nell'impresa di Fiume), l'ex palazzo Castagna, ora sede della banca Valsabbina, ospitava il comando del Corpo di Polizia Repubblicana, il cui capo era Tullio Tamburini.

Nell'ex collegio civico, in via Brunati, c'era il comando della Guardia Nazionale Repubblicana che aveva sostituito la soppressa arma dei carabinieri; il comando era affidato a Renato Ricci. Altri ufficiali si trovavano presso l'ex caserma dei carabinieri, mentre l'oratorio maschile era a disposizione di un raggruppamento delle Brigate Nere. Infine il teatro comunale veniva utilizzato, oltre che per spettacoli di valore artistico, anche per convegni e assemblee politiche.

Poche furono le visite di Mussolini a Salò; una sola ufficiale, per rendere omaggio alla salma di Serafino Mazzolini, sottosegretario agli Esteri, deceduto nella villa Portesina di Salò il 23 febbraio 1945.

Durante la ritirata, il 29 aprile 1945, i tedeschi fecero esplodere delle bombe che colpirono l'intera famiglia di un funzionario del Ministero degli Esteri, Arduino Arduini. Per quanto riguarda la Resistenza, essa non fece grandi azioni sul territorio comunale, ma l'unico atto degno di nota è la fuga di un capo-partigiano dall'ospedale civile, con sparatoria in cui morirono due fascisti, organizzata dal gruppo partigiani della zona.

Negli anni sessanta Salò riscoprì la sua vocazione turistica, aiutata da grandi manifestazioni sportive, quali:

Dal 1961 al 1966 sulle strade cittadine si disputò il Circuito del Garda, corsa automobilistica, riservata alle Formula 1, Formula 2, Formula Junior e GT Abarth. Corsa già svoltasi dal 1921 al 1927 e dal 1948 al 1950.

Nel 1962 la città ospitò i Campionati del mondo di ciclismo su strada.

Nel 1971 fu sede di arrivo di tappa del 54º Giro d'Italia. Cronometro, con arrivo in località Serniga, vinta da Davide Boifava.

Nel 2001 fu nuovamente sede di arrivo di tappa del 84º Giro d'Italia. Cronometro vinta da Dario Frigo.

Nel 2007 il golfo di Salò ha ospitato il Campionato Europeo Asso99.

In data 24 novembre 2004 l'intero territorio comunale è stato colpito da un forte terremoto dell'VII-VIII grado della scala Mercalli. I danni agli edifici pubblici e privati sono stati rilevanti. Circa 1000 persone sono state sfollate e la metà degli edifici pubblici sono risultati inagibili (tra cui il palazzo municipale e la sede del liceo "Enrico Fermi"). 

A differenza del 1901 non ci sono state grandi variazioni urbanistiche, l'unica degna di note è lo spostamento del liceo nella nuova sede già in costruzione, lasciando i locali a disposizione degli uffici comunali (Ufficio Anagrafe e Polizia Locale) e di altri enti o associazioni (Guardia costiera e ANA). Inoltre ha anche accelerato la dismissione di parte dei reparti ospedalieri in funzione nel vecchio ospedale di Salò.

Duomo

La storia del Duomo di Salò comincia nel 1418, quando il Comune della cittadina lombarda riceve da papa Martino V l'autorizzazione a rimodernare l'antica pieve di S. Maria Annunciata, ormai ridotta a un rudere.

Nell'autunno 1453 l'architetto Filippo delle Vacche da Caravaggio, che aveva ricevuto l'incarico di progettare il nuovo edificio, fu chiamato ad avviare i lavori. La sola certezza è che l'autore del progetto per il duomo di Salò appartiene a quella cultura di transizione tra gotico e Rinascimento che segna tanti edifici lombardi degli stessi anni: il luminoso vano quadrato del presbiterio, ampio e armonioso, suggerisce però qualche attenzione per i modi nuovi dell'architettura rinascimentale. Il modello di riferimento, scelto per esplicito desiderio dei committenti, è quello della chiesa veronese di S. Anastasia, che non fu tuttavia ripetuto alla lettera: resta la partizione in tre navate, ma è inferiore il numero delle campate, cinque invece che sette, e inferiore il numero delle absidi poligonali che concludono la struttura, tre, e non cinque come a Verona; ed è più equilibrato, inoltre, il rapporto di proporzione tra la nave centrale e le navate laterali. I lavori continuarono per diversi anni, con lentezza: nel 1487, conclusa la sagrestia, ancora si lavorava alla pavimentazione marmorea, e la cupola, iniziata tra il 1506 e il 1507, fu terminata solo nel 1522, quando ormai risultava del tutto anacronistico il modello a ombrello con spicchi separati da costoloni, ripreso da esempi tardogotici veneziani.

Nel 1493 venne collocato nel presbiterio il grande Crocifisso scolpito da Giovanni Teutonico più di quarant'anni prima, di fattura nervosa e di straordinario virtuosismo tecnico nella resa del reticolo delle vene sul corpo di Cristo e delle gocce di sangue che scorrono dalle ferite del capo e del costato. In quel momento il Crocifisso era il solo oggetto d'arte della chiesa, fatta eccezione per qualche modesto affresco alle pareti: era vuota, infatti, la cornice lignea commissionata nel 1473 a Bartolomeo da Isola Dovarese, compiuta nel 1475, e brillante esempio di intaglio tardogotico, tutto trafori e finezze decorative. 

Nel 1500, finalmente, si trovò una soluzione: si decise di collocare nella cornice dieci statue lignee, che dovevano raffigurare la Madonna col Bambino, il Cristo risorto e i santi protettori delle otto chiese dipendenti dall'antica pieve di Salò. 

Le statue furono commissionate a Pietro Bussolo, artista di origine forse milanese, e di cultura affinata sugli esempi pittorici di Foppa e di Zenale, che le consegnò l'anno successivo, nel 1501. Per la finitura pittorica fu chiamato un "magister Vincentius pictor" che la critica ha proposto di identificare con Vincenzo Foppa. 

Nel 1506 fu affidata a un "Gasparo da Milano" e a un "Antonio da Como citadin de Bresa" la costruzione del portale maggiore del Duomo: la critica identifica solitamente il primo con Gaspare da Coirano e il secondo con uno dei principali collaboratori di Gasparo, Antonio della Porta, detto il 'Tamagnino'. Conferma l'ipotesi anche la cultura che mostra il portale, ben diversa dai moduli tardogotici del resto dell'edificio, e vicina, piuttosto, per eleganza e sobrietà, a certe soluzioni che si andavano adottando in quel tempo alla Loggia, aggiornate sulle novità bramantesche.

Dell'antica decorazione murale, eseguita a partire dalla fine del XV secolo, nulla sopravvive, per i rifacimenti e le diverse campagne di restauro che, nel corso del XIX secolo e soprattutto dopo il terremoto del 1901, alterarono profondamente il volto della chiesa: e dispersioni e integrazioni hanno modificato anche l'arredo pittorico originale. Nel 1906, dopo il terremoto che aveva gravemente lesionato l'antica chiesa di S. Bernardino, si decise di trasferire in Duomo i dipinti più importanti che l'edificio conservava: tra gli altri, due opere di Romanino.

L'edificio è costituito da tre ampie navate e da un presbiterio che rappresenta il punto di maggior interesse del Duomo: profondo 17 metri è sovrastato da una cupola a 16 spicchi, che raggiunge l'altezza di 11 metri e ben 43 metri di circonferenza.

Nel Presbiterio al centro si trova l'opera più antica costituita da una pala in legno dorato (ancona) del XV secolo che rappresenta la Madonna in Trono con sopra il Cristo Risorto; negli scomparti sono rappresentati i santi titolari delle chiese e cappelle dipendenti dalla Pieve di Salò.

Dietro l'Ancona vi sono tre immense opere pittoriche, di cui la più grande e centrale è "L'Annunciazione" di Palma il Giovane.

Ai lati del Presbiterio si aprono la Cappella del SS Sacramento e la Cappella di San Girolamo.

La Cappella del SS. Sacramento, terminata nel 1599, ospita le reliquie dei Santi Martiri Virgilio e Secondo ed è decorata da Giovan Battista Trotti detto il Malosso. 

La spettacolare volta, dipinta con una quadratura prospettica unica, offre un gioco prospettico sorprendente: le colonne che sembrano scolpite e non dipinte, sostengono al centrol'affresco della Gloria Celeste con la Trinità adorata dai Martiri, dei quali la cappella conserva le reliquie.

Percorrendo le navate si incontrano altri altari dedicati a San Carlo, a san Cristoforo, al Santo Nome di Gesù, a Santa Teresa, a Sant'Antonio Abate e ad altri santi, in stili diversi che ricordano il trascorrere dei secoli e il cambiamento di gusto dei fedeli. 

Oltre agli affreschi, alle statue lignee, agli altari di marmo policromi ed alle grandi tele, in questo Duomo è possibile ammirare il bellissimo Crocifisso di Giovanni Teutonico realizzato con straordinario virtuosismo tecnico in particolar modo nella precisione anatomica del reticolo delle vene e delle gocce di sangue che scorrono dalle ferite del capo e del costato. 

Il Crocifisso collocato nella chiesa nel 1493 rimase per qualche decennio l'unico oggetto d'arte della chiesa.

Il monumentale organo che conserva ancora oggi il prospetto ligneo dell’Antegnati, la cantoria realizzata da Bartolomeo Otello nel 1548, le ante opera di Palma il Giovane e di Antonio Vassillacchi, nel 1957 è stato sottoposto al vincolo di tutela da parte della Soprintendenza ai Beni Artistici per suo pregio storico artistico.

All'esterno sul lato nord del Duomo, si erge il campanile, eretto sul basamento della chiesa più antico, è il risultato di successive soprelevazioni, ultima delle quali è rappresentata dal cupolino ottagonale del 1555.

Chiesa della Madonna del Rio

La chiesetta dedicata alla Madonna del Rio sorge in una valletta alle spalle di Salò, poco dopo la Frazione di Renzano.

La tradizione vuole che il santuario sia stato eretto nel XVIII secolo sul luogo di una apparizione della Madonna in una grotta scavata nel Rio, dove, su una pietra bianca avrebbe lasciato l'impronta del piede. 

Un suggestivo viale di olivi conduce al ponticello che, superato il "Rio", permette di accedere al sagrato della Chiesetta. 

A sinistra della chiesetta un sentiero nel bosco porta ad una cascatella d'acqua, piuttosto alta e poco più di un velo liquido che, con gli spruzzi, mantiene un'atmosfera umida da grotta che ravviva il verde muschio ed il caprifoglio.

Partendo da Salò si può raggiungere in macchina seguendo le indicazioni stradali per la Frazione di Renzano e percorrendo una tranquilla strada quasi tutta asfaltata, salvo nel centro del borgo che è acciottolata e con conci di pietra a fare da marciapiede ed un ultimo kilometro che corre con il bosco a destra e la valletta del rio a sinistra che è in terra battuta.

La chiesa è il punto d'arrivo di una passeggiata, molto cara ai salodiani,luogo prediletto per Picnic estivi e per la scampagnata del Lunedì di Pasqua.

La passeggiata a piedi da Salò, dura circa un'ora e mezza.

Palazzo del Podestà

Palazzo del Podestà è stato sede del Consiglio della Magnifica Patria, costruito su disegno di Jacopo Sansovino (1524), ha subito il crollo di una sua parte durante il tremendo terremoto del 1901, successivamente ricostruita, un arco marrone nel loggiato separa la parte vecchia da quella ricostruita; ora è sede del Comune di Salò. 

Al piano terra c’è un porticato verso il lago con loggia coperta da un soffitto ligneo a cassettoni sul quale sono dipinti gli stemmi di tutti i Comuni che facevano parte della Magnifica Patria, che erano 52 distribuiti da Bedizzole a Limone. Più volte ripetuto all’interno del palazzo è il simbolo del leone di Venezia, quello più evidente si trova sotto la loggia, ma ha subito mutilazioni vandaliche nel corso degli anni; sempre sotto la loggia sono presenti anche numerose lapidi a ricordo delle visite di illustri personaggi quali: Re Vittorio Emanuele, Giuseppe Mazzini, Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Garibaldi. 

All’interno, salendo lo scalone, troviamo un dipinto del Settecento opera del pittore Andrea Bertanza: la Magnifica Patria che accoglie con una cornucopia piena dei prodotti lacustri il Provveditore, ai piedi del quale si trova un angioletto con una spada, a significare che con lui e la forza di Venezia, sono state spezzate le catene che la tenevano legata. Sopra di questo un altro quadro ma opera di Angelo Landi.

Al piano superiore del Palazzo del Podestà si trova la Sala del Consiglio, dove si trovano ancora dei grandi armadi contenenti documentazione a riguardo dei Comuni facenti parte della Magnifica Patria, il soffitto a cassettoni presenta: al centro una pala di Andrea Bertanza raffigurante un Cristo in trionfo con la croce e ai suoi piedi San Carlo Borromeo, patrono di Salò e sotto ancora un Nettuno che esce dalle acque del lago con dei cavalli reggendo dei pesci e dei limoni, simboli della Magnifica Patria; nella cornice interna alcuni dipinti di dame e, nella cornice esterna, illustri rappresentanti della cultura generale, come Petrarca, Archimede, Platone e altri. Sempre al primo piano si trova la Sala dei Provveditori, che era completamente affrescata e vi sono raffigurati gli stemmi delle casate dei provveditori che si sono succeduti nel corso dei secoli, è presente anche un dipinto di Anton Maria Mucchi.

Al piano primo era presente un ponte di collegamento tra la Sala dei Provveditori e l’edificio retrostante il palazzo, che era la casa del Provveditore. Sulla facciata posteriore del palazzo, opposta al lago, si trova un orologio antico, tutt’ora funzionante, mosso da un meccanismo di leve e pesi.

Palazzo Terzi-Martinengo

Situato nella frazione di Barbarano palazzo Terzi-Martinengo fu edificato nel 1566 per volere del marchese Sforza Pallavicino, esponente di spicco della Repubblica di Venezia. L'edificio, dalle forme severe e rigorose, dotato anche di una torre di guardia ha quasi l'aspetto di una fortezza anche se l'ampio giardino declinante, dotato di fontane e articolato in due sezioni, ne addolcisce la visione d'insieme. 

Il complesso è formato da quattro corpi di fabbrica collegati fra loro; il primo viene ad essere costituito da un solo piano e dal pian terreno, segue poi un'ala prospiciente il lago, un corpo a due piani e una seconda ala che, come la prima, si protende verso il bacino lacustre. La decorazione esterna si presenta invece caratterizzata da finti conci squadrati e da un cornicione sul quale si innestano delle mensole di forma allungata. 

Bellissimo il porticato che sostiene la terrazza del Belvedere e le numerose statue mitologiche che decorano parte di esso. Internamente da sottolineare la presenza dei due salotti che occupano il primo piano del secondo corpo; il primo è caratterizzato da un soffitto a travi, mentre il secondo è contraddistinto dalla presenza di luminose finestre e da affreschi del XVIII secolo. 

Al piano terra di questi due corpi si innestano dei locali un tempo preposti ad ambienti di servizio, cucina e sala da pranzo, tutti voltati. Il terzo corpo è quello invece adibito ad abitazione, caratterizzato dal piano nobile, anche se le sale più belle trovano collocazione nel quarto ambiente. L'esempio più significativo in tal senso ci viene fornito da una grande stanza dotata di soffitto a cassettoni finti su grandi travi e da una fascia ad affresco articolata su tutta la parete rappresentante animali e mostri marini.

Luglio 2014