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Di
fondazione romana, durante gli
ultimi anni della seconda
guerra mondiale Salò fu sede
di alcuni ministeri della Repubblica
Sociale Italiana.
Il
nome Salò non ha una derivazione
chiara. Alcune fonti lo fanno
risalire al nome di una regina
etrusca, Salodia; altre lo collegano
ad un lucumone di nome
Saloo; altre ancora al termine
latino "salodium", che
indicava le sale e le stanze di cui
erano ricche le ville a lago di
epoca romana.
Una
spiegazione valida sembra essere
quella che fa risalire il nome di
Salò al fatto che la città era,
anche nell'antichità, la capitale
economica della zona, dove veniva
depositata una risorsa
importantissima come il sale marino.
Già infatti nei tempi antichi era
collegata al mare Adriatico attraverso
i fiumi Mincio e Po.
Il sale marino coltivato nelle
saline dell'Adriatico e
trasportato su barconi poteva quindi
agevolmente raggiungere Salò.
Un'ultima
ipotesi farebbe derivare il toponimo da
“salus” termine latino che vuol
significa “salute” in quanto la
zona sarebbe stata usata dalle
legioni romane come luogo di cura
per quei soldati feriti o ammalati
nel corso della conquista alpina e
ritrovamenti archeologici presso la necropoli romana
del Lugone avvalorerebbero questa
tesi.

La
fondazione romana si sovrappose ad
alcuni insediamenti preesistenti,
verosimilmente di epoca neolitica.
Nella zona nord-occidentale di Salò
(zona Lugone, ora via Sant'Iago), fu
rinvenuta negli anni venti del XX
secolo una necropoli romana
e, negli anni settanta dello stesso
secolo, fu condotta un'accurata
campagna di scavi che portò alla
scoperta di 171 tombe ed al
rinvenimento di vario materiale tra
cui un'anfora ora esposta al museo
archeologico di Milano. Sembra che
di questa piccola anfora, che
riporta impresse scene di caccia,
esista un'altra copia in Spagna.
Il
4 novembre del 1334 trentaquattro
comunità della riviera gardesana e
di parte della Val Sabbia si
riunirono nella Riperia
Lacus Gardae Brixiensis, una
sorta di federazione con capoluogo Maderno ed
a capo un podestà. Per rimanere
autonoma sia da Brescia sia da
Verona, la federazione si diede alla Repubblica
di Venezia, che mandò alla Riperia un
Provveditore. La zona all'epoca era
però obbiettivamente lontana dal
territorio metropolitano della Serenissima,
e nel 1350 Salò e la Riviera
caddero nelle mani dei Visconti.
Nel
1362 Salò resistette all'assedio da
parte delle truppe scaligere ed
il valore dei cittadini, unito alla
grande accoglienza per Beatrice
Visconti, fece sì che la cittadina
diventasse capoluogo al posto di
Maderno. Con la salita al potere di Gian
Galeazzo Visconti Maderno tornò
brevemente ad essere la capitale,
per poi perdere definitivamente il
titolo durante la stesura degli
statuti. Alla morte del duca Gian
Galeazzo i rappresentanti di Salò e
della Riviera occuparono il quinto
posto nella processione funebre, ben
più avanti di città quali Brescia o Verona.
Nel
1428 Salò e la Riviera tornarono ad
essere dominio della Serenissima per motu
proprio delle comunità,
che abbandonarono i Visconti poco
prima dell'assedio di Brescia. Nei
successivi anni la Riviera si schierò
invece più volte a favore dei
Visconti, mentre Brescia rimase
fedele a Venezia; quest'ultima pose
di conseguenza la Riviera nella
giurisdizione di Brescia. Solo nel
1443 la Riviera riuscì a
sganciarsi, almeno parzialmente, da
Brescia e poté nuovamente
accogliere sul Garda il Capitano
della Riviera e Provveditore di Salò
mandato dal Senato veneziano.
Durante questi anni Venezia elargì
alla Patria il
titolo di Magnifica e
di Figlia primogenita della
Serenissima, insieme ad
innumerevoli autonomie, tale da
renderla quasi uno Stato a sé
stante.
Con
la guerra della Lega di Cambrai,
la Magnifica Patria fu
conquistata da francesi e spagnoli,
mal voluti dalla popolazione; tornò
poi ad innalzare le bandiere di San
Marco. Dalla Riviera partì il 23
aprile 1570 una nave di armigeri per
combattere contro la flotta turca,
facendosi onore durante la battaglia
di Lepanto. Nel 1580 il futuro santo Carlo
Borromeo arrivò in visita
pastorale a Salò, dirimendo
questioni e fondando un Monte di
Pietà spirituale per pagare degli
insegnanti che educassero i
giovinetti e i fanciulli poveri di
Salò.
Con
l'arrivo di Napoleone a Salò; il 17
agosto del 1796 iniziò la fine
della Magnifica Patria. Il 25 marzo
dei messaggeri da Brescia, insorta
contro Venezia, portarono l'annuncio
della rivoluzione; i salodiani in
principio accolsero la notizia;
allontanatisi i bresciani, decisero
invece di rimanere fedeli alla
Serenissima, dando inizio ad una
contro-rivoluzione, l'unica
ufficialmente appoggiata da Venezia.
Le
truppe bresciane e bergamasche che
attaccarono il Golfo furono respinte
e arrestate. Il mattino successivo,
la città di Salò fu costretta ad
arrendersi ai francesi, che le
tolsero il titolo di capitale e
l'indipendenza da Brescia. Con il
trattato di Campoformio la
Magnifica Patria passò sotto il
controllo asburgico insieme al resto
dell'ex-stato veneziano.
Terminate
le guerre di restaurazione tra il regno
d'Italia napoleonico e il regno
asburgico, culminati sul territorio
con la battaglia di Salò del 16
febbraio 1814, gli austriaci
entrarono a Salò dove vennero
accolti in pompa magna. Salò si
rivelò subito filo-austriaca, con
alzabandiera e Messe in Duomo, nel
tentativo di recuperare almeno parte
dei privilegi perduti con la fine
della Serenissima. Tali tentativi
rimarranno vani, visto che il 5
aprile 1815 la cittadina entra a far
parte della "Imperial Regia
Delegazione di Brescia" e
divenne capoluogo del XIV Distretto
comprendente 25 comuni.
Fu
istituito il Commissario
distrettuale, soppresso il Tribunale
giudiziario e istituita una Pretura
di II classe. L'equiparazione con Gargnano, Preseglie, Vestone e Lonato furono
vissuti come un affronto alla
centralità e alla superiorità
politica di Salò sulla Riviera. Il
comune di Caccavero (oggi frazione
di Salò con il nome di Campoverde)
fu nuovamente istituito dopo la sua
soppressione e aggregazione alla
città durante la dominazione
napoleonica. aggrava tale
situazione. Vano fu il tentativo di
fondare la Provincia di Salò,
osteggiato da Brescia.
Durante
l'occupazione austriaca a Salò
nacque la Società del Casino, che
si occupò di propaganda
anti-imperiale.
In
questo periodo la vita sociale e
culturale non si fermò, anzi
acquistò sempre più forza.
Nell'agosto del 1814 fu istituita la
società Filarmonica, riconosciuta
come banda musicale dal Governo
Lombardo Veneto nel 1823, ed attiva
ancora oggi. Nel 1824 nacque una
Scuola Pubblica di strumenti ad arco
e nel 1838 si istituì una
"sala di istruzione per le
esercitazioni del contrabbasso e del
violoncello". Nello stesso anno
nacque anche l'Associazione di San
Francesco di Sales. L'Ateneo e le
scuole continuarono la loro attività
diventando noti anche fuori
provincia. Nel 1826 aprì il nuovo
Ospedale Civile, mentre nel 1851
giunse un primo nucleo di suore
della congregazione delle Ancelle
della Carità, guidate dalla stessa
fondatrice Maria Crocifissa Di
Rosa. Nel 1858 nacque la Società di
Mutuo Soccorso, la prima della
provincia, che vinse nel 1867 la
medaglia d'argento all'Esposizione
universale di Parigi del
1867.
Durante
i moti risorgimentali del 1848 Salò
fu ripetutamente colpita da
combattimenti.
Il
17 giugno 1859 Nino Bixio entrò
trionfante a Salò e il giorno
successivo lo raggiunse anche Giuseppe
Garibaldi. Durante la battaglia
di San Martino Salò fu invasa
dai feriti e divenne un grande
ospedale da campo. L'11 luglio 1859,
con l'armistizio di Villafranca, Salò
entrò con il resto della Lombardia
a far parte del Regno di
Sardegna e ne seguì
l'evoluzione nel Regno
d'Italia.
Nell'Italia
unita, Salò divenne capoluogo
dell'omonimo circondario e il
15 dicembre 1860 acquisì
il titolo di città. Fu
pertanto sede di Sottoprefettura e
del Tribunale Collegiale giudiziario
da cui dipendevano le cinque Preture
del circondario. Il censimento del
1861 registrò a Salò la cifra di
5316 abitanti.
Il
30 ottobre 1901 la città
fu colpita da un forte terremoto che
rese inagibili gran parte degli
edifici pubblici e parte di quelli
privati. Iniziò quindi il periodo
dei grandi cantieri che cambiarono
il volto dalla città, tra i quali
troviamo: la creazione del
Lungolago, la riedificazione di
parte del palazzo comunale, la Scala
Santa, la via Tavine e via dei
Colli, la creazione di piazza
Sant'Antonio (sventrando il
quartiere omonimo), l'abbattimento
delle vecchie carceri e la
costruzione del nuovo, la piazza
antistante l'ospedale, le nuove
chiese di Villa, San Bernardino e
Serniga e la costruzione delle
scuole in via Gasparo. I lavori
furono rallentati a seguito dello
scoppio della prima guerra
mondiale.
Nell'ottobre
1943 fu fondata tra Salò e Gargnano
la Repubblica Sociale Italiana,
conosciuta come Repubblica di Salò.
La presenza, nella cittadina
lombarda, del Ministero degli
esteri, delle cabine per i
giornalisti e del servizio
traduzioni comunicati esteri, che
emettevano tutti i comunicati
ufficiali della Repubblica, fece sì
che quest'ultima sia conosciuta con
il nome della città, anche se la
capitale rimaneva ufficialmente Roma.
La
scelta di portare i principali
ministeri sulla riva benacense fu in
primis dovuta alla
vicinanza con la Germania
nazista (che all'epoca
comprendeva, direttamente nel Tirolo,
tutto l'attuale Trentino-Alto
Adige ed arrivava fino al
comune di Limone sul Garda),
favorendo il controllo nazista dello stato
fantoccio di Benito
Mussolini, e rendendo difficile
invece a quest'ultimo, vista la
decentralizzazione rispetto al
teatro di tutte le vicende
economiche e militari, l'effettivo
esercizio del potere. In secondo
luogo la zona era scarsamente
interessata dall'attività
partigiana (tale fenomeno rimase
limitato anche in seguito, per la
presenza della RSI) ed era al di
fuori dalle aree industriali del
nord d'Italia, pesantemente
bombardate dall'aviazione alleata.
Il
ministero degli esteri occupò villa
Simonini (oggi hotel Laurin), come
sede ufficiale, e l'albergo
Barbarano per i dipendenti e la
mensa. Tale ministero era presieduto
ufficialmente dallo stesso
Mussolini, il cui Quartier Generale
era situato a Palazzo Feltrinelli Gargnano
(ora Centro d'Ateneo per la
promozione della lingua e cultura
italiana (CALCIF) dell'Università
degli Studi di Milano), e raramente
ne usciva.
Il
secondo ministero effettivamente
dislocato a Salò era il Ministero
della Cultura Popolare (MinCulPop),
la cui divisione Spettacolo occupò
villa Amadei ed il palazzo della Croce
Rossa Italiana. Per quanto riguarda
i media, a villa ex Angelini erano
presenti le cabine telefoniche
riservate ai giornalisti, mentre l'Agenzia
Stefani, agenzia di stampa della
propaganda fascista, si trovava
nell'edificio della scuola
elementare; presidente era il
senatore Luigi Barbini e segretario
Ernesto Daquanno. Detta agenzia era
in collegamento con il palazzo del
Capitano-Rettore Veneto (all'interno
dell'attuale municipio), sede
dell'ufficio interpreti per la
traduzione dei comunicati esteri.
A
Salò erano presenti anche le forze
di polizie e militari: nel liceo
scientifico si trovavano un reparto
della Muti e uno
della Xª Flottiglia MAS al
comando di Junio Valerio
Borghese, nella casa del Fascio
(oggi bar Italia) stazionavano le
guardie di Mussolini, agli ordini
del console della milizia Albonetti.
In piazza Vittorio Emanuele, allora
piazza Ettore Muti (eroe
della prima guerra mondiale e
seguace di D'Annunzio nell'impresa
di Fiume), l'ex palazzo
Castagna, ora sede della banca
Valsabbina, ospitava il comando del Corpo
di Polizia Repubblicana, il cui capo
era Tullio Tamburini.
Nell'ex
collegio civico, in via Brunati,
c'era il comando della Guardia
Nazionale Repubblicana che
aveva sostituito la soppressa arma
dei carabinieri; il comando era
affidato a Renato Ricci. Altri
ufficiali si trovavano presso l'ex
caserma dei carabinieri, mentre
l'oratorio maschile era a
disposizione di un raggruppamento
delle Brigate Nere. Infine il teatro
comunale veniva utilizzato, oltre
che per spettacoli di valore
artistico, anche per convegni e
assemblee politiche.
Poche
furono le visite di Mussolini a Salò;
una sola ufficiale, per rendere
omaggio alla salma di Serafino
Mazzolini, sottosegretario agli
Esteri, deceduto nella villa
Portesina di Salò il 23 febbraio
1945.
Durante
la ritirata, il 29 aprile 1945, i
tedeschi fecero esplodere delle
bombe che colpirono l'intera
famiglia di un funzionario del
Ministero degli Esteri, Arduino
Arduini. Per quanto riguarda la
Resistenza, essa non fece grandi
azioni sul territorio comunale, ma
l'unico atto degno di nota è la
fuga di un capo-partigiano
dall'ospedale civile, con sparatoria
in cui morirono due fascisti,
organizzata dal gruppo partigiani
della zona.

Negli
anni sessanta Salò riscoprì la sua
vocazione turistica, aiutata da
grandi manifestazioni sportive,
quali:
Dal 1961 al 1966 sulle
strade cittadine si disputò il Circuito
del Garda, corsa
automobilistica, riservata alle
Formula 1, Formula 2, Formula Junior
e GT Abarth. Corsa già svoltasi dal 1921 al 1927 e
dal 1948 al 1950.
Nel 1962 la
città ospitò i Campionati del
mondo di ciclismo su strada.
Nel 1971 fu
sede di arrivo di tappa del 54º
Giro d'Italia. Cronometro, con
arrivo in località Serniga, vinta
da Davide Boifava.
Nel 2001 fu
nuovamente sede di arrivo di tappa
del 84º Giro d'Italia.
Cronometro vinta da Dario
Frigo.
Nel 2007 il
golfo di Salò ha ospitato il Campionato
Europeo Asso99.
In
data 24 novembre 2004 l'intero
territorio comunale è stato colpito
da un forte terremoto dell'VII-VIII
grado della scala Mercalli. I danni
agli edifici pubblici e privati sono
stati rilevanti. Circa 1000 persone
sono state sfollate e la metà degli
edifici pubblici sono risultati
inagibili (tra cui il palazzo
municipale e la sede del liceo
"Enrico Fermi").
A
differenza del 1901 non ci sono
state grandi variazioni
urbanistiche, l'unica degna di note
è lo spostamento del liceo nella
nuova sede già in costruzione,
lasciando i locali a disposizione
degli uffici comunali (Ufficio
Anagrafe e Polizia Locale) e di
altri enti o associazioni (Guardia
costiera e ANA). Inoltre ha anche
accelerato la dismissione di parte
dei reparti ospedalieri in funzione
nel vecchio ospedale di Salò.
Duomo

La
storia del Duomo di Salò comincia
nel 1418, quando il Comune della
cittadina lombarda riceve da papa
Martino V l'autorizzazione a
rimodernare l'antica pieve di S.
Maria Annunciata, ormai ridotta a un
rudere.
Nell'autunno
1453 l'architetto Filippo delle
Vacche da Caravaggio, che aveva
ricevuto l'incarico di progettare il
nuovo edificio, fu chiamato ad
avviare i lavori. La sola certezza
è che l'autore del progetto per il
duomo di Salò appartiene a quella
cultura di transizione tra gotico e
Rinascimento che segna tanti edifici
lombardi degli stessi anni: il
luminoso vano quadrato del
presbiterio, ampio e armonioso,
suggerisce però qualche attenzione
per i modi nuovi dell'architettura
rinascimentale. Il modello di
riferimento, scelto per esplicito
desiderio dei committenti, è quello
della chiesa veronese di S.
Anastasia, che non fu tuttavia
ripetuto alla lettera: resta la
partizione in tre navate, ma è
inferiore il numero delle campate,
cinque invece che sette, e inferiore
il numero delle absidi poligonali
che concludono la struttura, tre, e
non cinque come a Verona; ed è più
equilibrato, inoltre, il rapporto di
proporzione tra la nave centrale e
le navate laterali. I lavori
continuarono per diversi anni, con
lentezza: nel 1487, conclusa la
sagrestia, ancora si lavorava alla
pavimentazione marmorea, e la
cupola, iniziata tra il 1506 e il
1507, fu terminata solo nel 1522,
quando ormai risultava del tutto
anacronistico il modello a ombrello
con spicchi separati da costoloni,
ripreso da esempi tardogotici
veneziani.
Nel
1493 venne collocato nel presbiterio
il grande Crocifisso scolpito da
Giovanni Teutonico più di
quarant'anni prima, di fattura
nervosa e di straordinario
virtuosismo tecnico nella resa del
reticolo delle vene sul corpo di
Cristo e delle gocce di sangue che
scorrono dalle ferite del capo e del
costato. In quel momento il
Crocifisso era il solo oggetto
d'arte della chiesa, fatta eccezione
per qualche modesto affresco alle
pareti: era vuota, infatti, la
cornice lignea commissionata nel
1473 a Bartolomeo da Isola Dovarese,
compiuta nel 1475, e brillante
esempio di intaglio tardogotico,
tutto trafori e finezze decorative.
Nel
1500, finalmente, si trovò una
soluzione: si decise di collocare
nella cornice dieci statue lignee,
che dovevano raffigurare la Madonna
col Bambino, il Cristo risorto e i
santi protettori delle otto chiese
dipendenti dall'antica pieve di Salò.
Le
statue furono commissionate a Pietro
Bussolo, artista di origine forse
milanese, e di cultura affinata
sugli esempi pittorici di Foppa e di
Zenale, che le consegnò l'anno
successivo, nel 1501. Per la
finitura pittorica fu chiamato un
"magister Vincentius pictor"
che la critica ha proposto di
identificare con Vincenzo Foppa.
Nel
1506 fu affidata a un "Gasparo
da Milano" e a un "Antonio
da Como citadin de Bresa" la
costruzione del portale maggiore del
Duomo: la critica identifica
solitamente il primo con Gaspare da
Coirano e il secondo con uno dei
principali collaboratori di Gasparo,
Antonio della Porta, detto il 'Tamagnino'.
Conferma l'ipotesi anche la cultura
che mostra il portale, ben diversa
dai moduli tardogotici del resto
dell'edificio, e vicina, piuttosto,
per eleganza e sobrietà, a certe
soluzioni che si andavano adottando
in quel tempo alla Loggia,
aggiornate sulle novità
bramantesche.
Dell'antica
decorazione murale, eseguita a
partire dalla fine del XV secolo,
nulla sopravvive, per i rifacimenti
e le diverse campagne di restauro
che, nel corso del XIX secolo e
soprattutto dopo il terremoto del
1901, alterarono profondamente il
volto della chiesa: e dispersioni e
integrazioni hanno modificato anche
l'arredo pittorico originale. Nel
1906, dopo il terremoto che aveva
gravemente lesionato l'antica chiesa
di S. Bernardino, si decise di
trasferire in Duomo i dipinti più
importanti che l'edificio
conservava: tra gli altri, due opere
di Romanino.
L'edificio
è costituito da tre ampie navate e
da un presbiterio che rappresenta il
punto di maggior interesse del
Duomo: profondo 17 metri è
sovrastato da una cupola a 16
spicchi, che raggiunge l'altezza di
11 metri e ben 43 metri di
circonferenza.
Nel Presbiterio al centro si trova
l'opera più antica costituita da
una pala in legno dorato (ancona)
del XV secolo che rappresenta la Madonna
in Trono con sopra il
Cristo Risorto; negli scomparti sono
rappresentati i santi titolari delle
chiese e cappelle dipendenti dalla
Pieve di Salò.
Dietro l'Ancona vi sono tre immense
opere pittoriche, di cui la più
grande e centrale è
"L'Annunciazione" di Palma
il Giovane.
Ai lati del Presbiterio si aprono la
Cappella del SS Sacramento e la
Cappella di San Girolamo.

La
Cappella del SS. Sacramento,
terminata nel 1599, ospita le
reliquie dei Santi Martiri Virgilio
e Secondo ed è decorata da Giovan
Battista Trotti detto il Malosso.
La spettacolare volta, dipinta con
una quadratura prospettica unica,
offre un gioco prospettico
sorprendente: le colonne che
sembrano scolpite e non dipinte,
sostengono al centrol'affresco della
Gloria Celeste con la Trinità
adorata dai Martiri, dei quali la
cappella conserva le reliquie.
Percorrendo le navate si incontrano
altri altari dedicati a San Carlo, a
san Cristoforo, al Santo Nome di Gesù,
a Santa Teresa, a Sant'Antonio Abate
e ad altri santi, in stili diversi
che ricordano il trascorrere dei
secoli e il cambiamento di gusto dei
fedeli.
Oltre agli affreschi,
alle statue lignee, agli altari di
marmo policromi ed alle grandi tele,
in questo Duomo è possibile
ammirare il bellissimo Crocifisso di
Giovanni Teutonico realizzato con
straordinario virtuosismo tecnico in
particolar modo nella precisione
anatomica del reticolo delle vene e
delle gocce di sangue che scorrono
dalle ferite del capo e del costato.
Il Crocifisso collocato nella chiesa
nel 1493 rimase per qualche decennio
l'unico oggetto d'arte della chiesa.
Il monumentale organo che conserva
ancora oggi il prospetto ligneo
dell’Antegnati, la cantoria
realizzata da Bartolomeo Otello nel
1548, le ante opera di Palma il
Giovane e di Antonio Vassillacchi,
nel 1957 è stato sottoposto al
vincolo di tutela da parte della
Soprintendenza ai Beni Artistici per
suo pregio storico artistico.
All'esterno sul lato nord del Duomo,
si erge il campanile, eretto sul
basamento della chiesa più antico,
è il risultato di successive
soprelevazioni, ultima delle quali
è rappresentata dal cupolino
ottagonale del 1555.
Chiesa
della Madonna del Rio
La
chiesetta dedicata alla Madonna
del Rio sorge in una
valletta alle spalle di Salò, poco
dopo la Frazione di Renzano.
La tradizione vuole che il santuario
sia stato eretto nel XVIII secolo
sul luogo di una apparizione della
Madonna in una grotta scavata nel
Rio, dove, su una pietra bianca
avrebbe lasciato l'impronta del
piede.
Un suggestivo viale di olivi conduce
al ponticello che, superato il
"Rio", permette di
accedere al sagrato della Chiesetta.
A
sinistra della chiesetta un sentiero
nel bosco porta ad una cascatella d'acqua,
piuttosto alta e poco più di un
velo liquido che, con gli spruzzi,
mantiene un'atmosfera umida da
grotta che ravviva il verde muschio
ed il caprifoglio.
Partendo da Salò si può
raggiungere in macchina seguendo le
indicazioni stradali per la Frazione
di Renzano e
percorrendo una tranquilla strada
quasi tutta asfaltata, salvo nel
centro del borgo che è acciottolata
e con conci di pietra a fare da
marciapiede ed un ultimo kilometro
che corre con il bosco a destra e la
valletta del rio a sinistra che è
in terra battuta.
La chiesa è il punto d'arrivo di
una passeggiata, molto cara ai
salodiani,luogo prediletto per
Picnic estivi e per la scampagnata
del Lunedì di Pasqua.
La passeggiata a piedi da
Salò, dura circa un'ora e mezza.
Palazzo
del Podestà

Palazzo
del Podestà è stato sede del
Consiglio della Magnifica Patria,
costruito su disegno di Jacopo
Sansovino (1524), ha subito il
crollo di una sua parte durante il
tremendo terremoto del 1901,
successivamente ricostruita, un arco
marrone nel loggiato separa la parte
vecchia da quella ricostruita; ora
è sede del Comune di Salò.
Al piano terra c’è un porticato
verso il lago con loggia coperta
da un soffitto ligneo a cassettoni
sul quale sono dipinti gli stemmi di
tutti i Comuni che facevano parte
della Magnifica Patria, che erano 52
distribuiti da Bedizzole a Limone.
Più volte ripetuto all’interno
del palazzo è il simbolo del leone
di Venezia, quello più evidente si
trova sotto la loggia, ma ha subito
mutilazioni vandaliche nel corso
degli anni; sempre sotto la loggia
sono presenti anche numerose lapidi
a ricordo delle visite di illustri
personaggi quali: Re Vittorio
Emanuele, Giuseppe Mazzini, Camillo
Benso conte di Cavour, Giuseppe
Garibaldi.
All’interno, salendo lo
scalone, troviamo un dipinto del
Settecento opera del pittore Andrea
Bertanza: la Magnifica Patria che
accoglie con una cornucopia piena
dei prodotti lacustri il
Provveditore, ai piedi del quale si
trova un angioletto con una spada, a
significare che con lui e la forza
di Venezia, sono state spezzate le
catene che la tenevano legata. Sopra
di questo un altro quadro ma opera
di Angelo Landi.
Al
piano superiore del Palazzo del
Podestà si trova la Sala del
Consiglio,
dove si trovano ancora dei grandi
armadi contenenti documentazione a
riguardo dei Comuni facenti parte
della Magnifica Patria, il soffitto
a cassettoni presenta: al centro una
pala di Andrea Bertanza raffigurante
un Cristo in trionfo con la croce e
ai suoi piedi San Carlo Borromeo,
patrono di Salò e sotto ancora un
Nettuno che esce dalle acque del
lago con dei cavalli reggendo dei
pesci e dei limoni, simboli della
Magnifica Patria; nella cornice
interna alcuni dipinti di dame e,
nella cornice esterna, illustri
rappresentanti della cultura
generale, come Petrarca, Archimede,
Platone e altri. Sempre al primo
piano si trova la Sala dei
Provveditori,
che era completamente affrescata e
vi sono raffigurati gli stemmi delle
casate dei provveditori che si sono
succeduti nel corso dei secoli, è
presente anche un dipinto di Anton
Maria Mucchi.
Al
piano primo era presente un ponte di
collegamento tra la Sala dei
Provveditori e l’edificio
retrostante il palazzo, che era la
casa del Provveditore. Sulla
facciata posteriore del palazzo,
opposta al lago, si trova un
orologio antico, tutt’ora
funzionante, mosso da un meccanismo
di leve e pesi.
Palazzo
Terzi-Martinengo

Situato
nella frazione di Barbarano palazzo
Terzi-Martinengo fu edificato nel
1566 per volere del marchese Sforza
Pallavicino, esponente di spicco
della Repubblica di Venezia.
L'edificio, dalle forme severe e
rigorose, dotato anche di una torre
di guardia ha quasi l'aspetto di una
fortezza anche se l'ampio giardino
declinante, dotato di fontane e
articolato in due sezioni, ne
addolcisce la visione d'insieme.
Il
complesso è formato da quattro
corpi di fabbrica collegati fra
loro; il primo viene ad essere
costituito da un solo piano e dal
pian terreno, segue poi un'ala
prospiciente il lago, un corpo a due
piani e una seconda ala che, come la
prima, si protende verso il bacino
lacustre. La decorazione esterna si
presenta invece caratterizzata da
finti conci squadrati e da un
cornicione sul quale si innestano
delle mensole di forma
allungata.
Bellissimo
il porticato che sostiene la
terrazza del Belvedere e le numerose
statue mitologiche che decorano
parte di esso. Internamente da
sottolineare la presenza dei due
salotti che occupano il primo piano
del secondo corpo; il primo è
caratterizzato da un soffitto a
travi, mentre il secondo è
contraddistinto dalla presenza di
luminose finestre e da affreschi del
XVIII secolo.
Al
piano terra di questi due corpi si
innestano dei locali un tempo
preposti ad ambienti di servizio,
cucina e sala da pranzo, tutti
voltati. Il terzo corpo è quello
invece adibito ad abitazione,
caratterizzato dal piano nobile,
anche se le sale più belle trovano
collocazione nel quarto ambiente.
L'esempio più significativo in tal
senso ci viene fornito da una grande
stanza dotata di soffitto a
cassettoni finti su grandi travi e
da una fascia ad affresco articolata
su tutta la parete rappresentante
animali e mostri marini.

Luglio
2014
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