Adamello Bresciano - I monti dei Camuni 
(Brescia)

Si può attraversare la media valle Camonica con la fretta di chi fugge dalla città, impaziente di raggiungere il suo "rifugio" per il weekend. La statale che si srotola lenta tra Breno ed Edolo è una pigra abitudine, un nastro d'asfalto da risalire in fretta verso quote più alte e località di richiamo: Ponte di Legno, il Tonale, le nevi perenni del ghiacciaio Presena. Ci vuole una sensibilità speciale e un occhio allenato alla curiosità per ascoltare il cuore della "camunia", che da 13 mila anni batte proprio qui, sotto i castagni, nelle migliaia di rocce scolpite all'ombra delle cime della Concarena, a ovest, e del pizzo Badile, a est. Ed è bello pensare che gli antichi Camuni - cacciatori, agricoltori e istoriatori di pietre - si siano insediati in quest'area attratti dal fascino arcano delle due montagne, incarnazione del femminile e del maschile. Concava e accogliente la prima, indomita e slanciata la seconda, con la caratteristica forma a pala.

Le rocce lisce dove si esercitò l'arte rupestre, tra scene di caccia, di guerra, di vita agricola e una miriade di simboli misteriosi, sono un lascito dell'azione levigatrice del ghiacciaio dell'Adamello, il signore della "camunia". All'opera millenaria di questo grande demiurgo, anch'egli prodigioso incisore, si devono le valli disposte a raggiera intorno al massiccio centrale, che culmina nei 3.539 metri della vetta e nel deserto bianco di Pian di Neve, il più esteso ghiacciaio italiano, ampio 1.813 ettari e profondo 800 metri. Queste valli, chiuse tra il confine con il Trentino e la sponda sinistra del fiume Oglio, costituiscono la nervatura del Parco Regionale dell'Adamello, istituito nel 1983 e compreso nella provincia di Brescia. Un territorio sconfinato dove le strade finiscono presto, lasciando il posto a una cascata di gemme naturalistiche: torrenti impetuosi, 57 laghi alpini naturali e artificiali, praterie fiorite e una straordinaria complessità geologica, delizia e rompicapo per gli esperti.

Alcune di queste perle straordinarie si concentrano proprio nel settore centrale della valle Camonica, tra Braone e Paspardo, dove i borghi sul medio versante sono altrettante porte d'accesso alle meraviglie. Ceto, nel cui ambito ricadono le fitte incisioni rupestri di Foppe di Nadro, è l'ingresso alla vai Pagherà. La strada risale il torrente Palobbia fino a Case di Val Pagherà e si trasforma poi in un lungo sentiero che attraversa la stretta vai di Dois. Al passaggio dell'escursionista le marmotte corrono sui versanti, perfettamente a loro agio nelle praterie segnate da grossi massi e detriti. Caprioli e cervi abitano gli stessi ambienti, tra la fascia fo­restale e le praterie di fondovalle, mentre camosci e stambecchi prediligono le alte quote, lontani dal mirino di doppiette indiscrete. L'itinerario culmina a passo Dernal (2.573 metri) e a passo di Campo (2.298 metri), dove sconfina in Trentino, nell'adiacente Parco regionale Adamello-Brenta. A cavallo tra le due aree protette ha ripreso a scorrazzare l'orso bruno, abituale frequentatore delle Alpi fino al primo '900 e poi estinto, fino alla recente reintroduzione avviata in Trentino nel 1996.

Più semplici da raggiungere e più frequentati, soprattutto in piena estate, i dintorni di Cimbergo. I resti del suo castello duecentesco, affacciato sulla scoscesa forra del Re, rivaleggiano in bellezza con il tozzo pizzo Badile Camuno, nido dell'aquila reale. Le campagne intorno al borgo sono ancora vive, tra prati sfalciati e terrazzamenti sorretti dai caratteristici muretti a secco, testimonianze di millenaria sapienza contadina. Qua e là spuntano le caratteristiche cascine camune, in pietra e granito, con il tetto coperto di lastre di scisti, un tempo di colore diverso da paese a paese. Gli esempi "originali" sono pochi, mentre fervono le ristrutturazioni, che il parco cerca di mantenere il più possibile dentro i parametri dell'architettura tradizionale.

Uno sterrato, alternato a tratti di antico selciato, porta in breve alla conca di Volano (1.391 metri; un'ora e 20 di cammino). Salendo di quota, l'ampia fascia di castagneti cede il posto alla fresca pecceta, la foresta di abete rosso ("peccio"). Nel bosco gorgoglia impetuoso il torrente Tredenùs, dove guizzano le trote fario. La conca ospita il rifugio De Marie, crocevia di sentieri diretti verso l'anfiteatro di vette aguzze del Tredenùs, tra i 2.500 e i 2.800 metri. Osservandone i versanti ci si fa un'idea dettagliata della successione altimetrica degli ambienti naturali. Alla "pecceta" succede il bosco di larice, l'unica conifera che, per­dendo le foglie in inverno, può sfidare le alte quote. Gli ultimi esemplari, solitari e contorti, cedono il passo ai pini cembri, fino al limite inferiore della vegetazione alpina (2.300 metri), dove il rododendro rosso forma con l'ontano verde un lussureggiante arbusteto alpino. A sud, il Badile mostra orgoglioso la stretto filone di granodiorite che taglia trasversalmente il calcare bianco, creando un affascinante gioco cromatico.

Sorella gemella della conca di Volano è la piccola conca Zumella, un po' più a settentrione. È l'ultima incursione nei segreti del parco, partendo da Cimbergo: una passeggiata di grande impatto panoramico, che può concludersi a Baite Zumella o spingersi al rifugio Colombe (1.710 metri). Lo sguardo abbraccia praterie verdi che da primavera fino all'estate inoltrata si rive­stono di copiose fioriture: primule, gerani, botton d'oro, genziane, potentille. Un saggio del ricco "portfolio" floristico dell'area protetta, che annovera oltre 30 specie endemiche e 36 specie di orchidee, tra cui la vezzosa "Scarpetta di Venere", giallo-viola.

Il paesaggio è dolcissimo, e pieno di sorprese. Come il minuscolo lago limpido nascosto dietro un'erta verde, sulla sterrata che conduce al rifugio. Chi lo conosce sa che il gioco dei riflessi sull'acqua, circondato dalla corona di cime, ne fa uno dei punti più affascinanti per un souvenir fotografico. Le rane rosse ringraziano, immerse nel loro habitat ideale: in primavera galleggiano in superficie masse di uova gelatinose, destinate a trasformarsi in girini. Poco dopo c'è il rifugio.

Il panorama, imponente, ricapitola la topografia della bassa e media valle, spingendosi fino alle sponde del lago d'Iseo. Dal fondovalle il rumore del traffico si spegne, sovrastato da tanta inaspettata bellezza.

Tratto da Bell’Italia – Pietro Cozzi