- Cappella
Colleoni
Era il 1609 e lo
scrittore inglese Thomas Coryate annotava
sul suo diario, ancora con la bocca
spalancata dallo stupore dopo essere sbucato
da Piazza Vecchia ed essersi trovato di
fronte la cappella Colleoni: «Il monumento è di una ricchezza ammirabile e
tale che lo stimo il più bello d'Italia».
È senz'altro il capolavoro in assoluto del
primo Rinascimento lombardo, anche se
qualche parte della struttura e delle
decorazioni resta legata al gusto gotico
fiorentino.
Bartolomeo Colleoni - il grande
condottiero ricordato anche perché fu il
primo ad usare l'artiglieria in battaglia e
che ebbe la sua piccola corte nello
splendido castello di Malpaga - concepì
la cappella come luogo della propria
sepoltura nel punto più prestigioso della
città. Nell'area prescelta c'era la sagrestia della basilica
di Santa Maria Maggiore.
Rasa
al suolo la sagrestia, Bartolomeo affidò
l'incarico dell'opera ad un
architetto-scultore ancora abbastanza giovane,
ma che già si era messo in luce nella
fabbrica del Duomo di Milano e della
Certosa di Pavia: Giovanni Antonio Amadeo.
Realizzata
tra il 1472 e il 1476, la cappella ha pianta
composta da un'aula quadrata per la tomba
e da un ambiente più
piccolo con l'altare per gli uffici
religiosi, che occupano l'area compresa fra
il braccio settentrionale del transetto e
la facciata cieca di Santa Maria Maggiore.
Lo spessore del corpo di fabbrica
sopravanza di poco il piano del protiro
d'ingresso della Basilica: fu questa una
geniale intuizione dell'Amadeo, che esalta
all'estremo la cappella, ponendola in una
gerarchia spaziale vincente.
La facciata,
realizzata in marmi policromi, risulta
articolata in tre assi verticali definiti
dal portale centrale e dalle finestre
laterali, motivi trionfali che fanno da
cornice al motivo del rosone centrale. È
sovrastata dalla cupola coronata dalla
lanterna; la cupola poggia sul tamburo
ottagonale rivestito da balaustri e con
finestre circolari sui quattro lati.
La
loggetta, come pure gli intarsi marmorei che
costituiscono il fondo della facciata,
richiamano alla mente l'architettura
medioevale e quella veneziana. Si delineano
le due snelle lesene angolari, coronate da
pinnacoli. La cappella fu oggetto di un
restauro conservativo negli anni : 1990-91.
Quel grande artista compì, come la critica e la
storia gli hanno riconosciuto, "almeno due
prodigi: elevando al cielo le cupole più
leggere ed aeree che esistano, sempre pronte
(in apparenza) a volar via alla prima bufera
di vento; e realizzando in facciata un
magico gioco di marmi colorati, enorme
mosaico dalla vivissima policromia che vi
ipnotizza letteralmente" (Luciano Zeppegno).
In effetti il portale, le due grandi
finestre, il rosone centrale, il loggiato
superiore, il rivestimento a losanghe con
marmi bianchi, rosa e neri, le statue, i
busti (tra i quali quelli di Giulio Cesare e
Traiano, ammiratissimi dal Colleoni), i
bassorilievi e le cornici formano una
composizione di eccezionale interesse.
Infatti vi è qualcosa di magico, di
irreale; anche perché l'Amadeo sembra
essersi
quasi
divertito a prodigare irregolarità, bizzarrie e
dissimmetrie
non facili da individuare.
Colleoni
morì un anno prima che la cappella fosse completata,
ma lasciò scritto che il monumento non si
dovesse mai considerare ultimato,
esprimendo il desiderio che "nei secoli non
ci fosse esaurimento nell'abbellirlo". E
così fino ad oggi è stato, tanto che la
bellissima cancellata è del 1912 (disegnata
da Virginio Muzio e da Gaetano Moretti, fu
eseguita da Giovanni Lomazzi): è un'opera
d'arte che si conclude nel piccolo cancello
sul quale svettano due angeli che reggono
gli stemmi di Bergamo e del prode
Bartolomeo.

Qui
è sepolta anche Medea, la figlia prediletta del
Colleoni, morta giovanissima. I due
monumenti funebri all'interno della
cappella sono anch'essi frutto della
fantasia ornamentale dell'Amadeo. La tomba
del condottiero è costituita da
due finti sarcofaghi sormontati dalla statua
equestre del Colleoni, scolpita in legno
dorato da Sisto Siry, e ornati di pregevoli
bassorilievi che raffigurano episodi della
vita di Cristo. La tipologia gotica della
tomba è reinterpretata nel linguaggio
rinascimentale dall'altissima qualità di
tutti gli elementi plastici.
Più fine e
squisita, sia nell'intaglio marmoreo che
nella discrezione dei colori, è la tomba di
Medea, proveniente dal santuario
della Madonna della Basella, presso
Urgnano, e collocata alla parete sinistra
nel 1842. Consta di un sarcofago sulla cui
fronte è il rilievo della Pietà tra due
stemmi entro ghirlande; sul coperchio giace
serena la dolcissima figura della defunta;
sopra questa, un'epigrafe e le statue della
Madonna col Bambino e delle Sante Caterina e
Chiara.
Fino
a quattro secoli fa, nel mausoleo erano
esposte le armi e le insegne del celebre
capitano di ventura, nonché gli stendardi da
combattimento: tutto fu tolto quando
un'ordinanza
di Pio V escluse dalle chiese ogni oggetto
profano. Fu il cardinal Carlo Borromeo, a
Bergamo in visita apostolica, a dare
l'ordine, eseguito nel cuore della notte per
mettere il popolo (che minacciava tumulti)
di fronte al fatto compiuto. Comunque, anni
più tardi, per
interessamento di Venezia, le insegne furono
riportate nella cappella e vi rimasero sin
verso la fine del Settecento, quando
furono definitivamente tolte "perché
vecchie,
annerite e logore".
"L'interno della cappella Colleoni", scrisse
Andre Maurel nel 1920, "è la sala di una
reggia, non un asilo di preghiera". A
prescindere dall'unità relativa della
facciata, la cappella Colleoni oggi è il
risultato di una serie di ininterrotte
trasformazioni.
Si
trattò di restauri conservativi, che non intaccarono
mai né la sostanza architettonica, né
quella iconologica. La decorazione
dell'interno era in gran parte conclusa tra
il 1520 e il 1530; a partire dal 1599 venne
successivamente trasformata, ad eccezione
del sepolcro. L'impianto scenografico, oltre
che dalle varie sculture, è reso superbo
dalle raffigurazioni delle quattro Virtù:
la Carità, la Giustizia, la Fede e la
Sapienza (affrescate nei pennacchi della
volta) e dalle tre grandi composizioni delle
lunette sotto la cupola, opere tutte di
Giambattista Tiepolo (1733).
Si
tratta in particolare di episodi della vita
del Battista, al quale la cappella è dedicata. Seguendo una successione antioraria, a
partire dalla parete d'ingresso, le pitture
raffigurano: la Decollazione di San
Giovanni Battista, San Marco Evangelista, il
Martirio di San Bartolomeo, il Battesimo
di Gesù, la Predicazione di San
Giovanni Battista.
Per
lo più settecentesche anche le altre opere d'arte e
d'arredo. A destra della parete d'ingresso:
Giobbe sul letamaio di Gregorio Guglielmi
(1765); a sinistra: Giuditta di Luca
Concioli (1787). A destra dell'abside:
Davide di Giovan Battista Pittoni; a
sinistra: Sacrificio di Isacco (?) di
Giambettino Cignaroli (1745).
L'altare
fu rinnovato nel 1676 da Bartolomeo Manni e
completato con l'inserimento di una mensa di
Leopold Pollack nel 1811, mantenendo
dell'originario quattrocentesco solo le
statue dei Santi Marco, Giovanni Battista e
Bartolomeo (di Pietro e Tullio Lombardo,
1491). Alla parete sinistra: Sacra Famiglia
di Angeiika Kauffmann (1789) e inoltre due
banchi intagliati da Giovanni Antonio Sanz e
intarsiati da Giacomo Caniana (1770).
Una curiosità:
fino a pochi anni fa si era convinti (con le
dovute eccezioni) che il più famoso
guerriero italiano del Quattrocento non
fosse sepolto nel suo mausoleo. A lungo,
infatti, la sua tomba nel nostro secolo fu
cercata un po' ovunque; e qualcuno, qualche
volta, credette di averla trovata. In
realtà, il Colleoni da morto non traslocò
mai; e i tentativi di cercarlo altrove
fecero nascere soltanto una clamorosa
polemica. Il 21 novembre 1969 lo si scoprì
sepolto dove doveva essere, cioè nella
tomba preparatagli dall'Amadeo.
- Battistero
e Duomo di Sant'Alessandro

Fin
dal X secolo a Bergamo vi erano presenti due
chiese, quella intitolata a san
Vincenzo residenza per il clero
istituita dal vescovo Adalberto e la chiesa
di Santa Maria Vetus residenza
dell'episcopato.
Difficile
ricostruire dove fosse collocata la
primitiva vasca battesimale, scavi e
ricerche eseguiti negli ultimi anni del '900 presso
il Tempietto
di Santa Croce, hanno ridato la luce
quella che era la fontana
di Antescolis
addossata alla basilica mariana di
forma trilobata e che presenta due aperture,
forse il primo fonte battesimale. Si deve
considerare che entrambe le chiese come
tutto l'urbano, erano poste a un livello
inferiore a quello attuale.
Nel 1340 fu
incaricato per la realizzazione di un
battistero Giovanni
da Campione per la basilica
di Santa Maria Maggiore. Non vi è
certezza sulla sua esatta sistemazione,
presumibilmente era posizionato dove ora si
trova il Monumento
funebre al cardinale Guglielmo Longhi,
sul lato sinistro della navata, di fronte
all'altare dedicato a san Giuseppe, poi
rimosso. Il passaggio collegante con l'aula
picta che fu coperto da un
arazzo, e la bifora murata, sembrano
confermare questa considerazione, sarebbe
stata la stanza di attesa per il passaggio
che i diaconi e il clero durante i riti del Sabato
Santo, vi era inoltre la vicinanza
con l'acquedotto e quindi l'acqua
indispensabile per le celebrazioni
battesimali.
Nel
1449 la chiesa mariana fu affidata alla Congregazione
della Misericordia Maggiore allontanandola
dalla giurisdizione del vescovo, diventò
difficile svolgere le funzioni pasquali
nella basilica per il capitolo della chiesa
di sant'Alessandro. Nel 1613 iniziò una
ricollocazione di alcune parti del
battistero che non fu di facile risoluzione.
L'opera fu smantellata e alcune parti poste per
modum provisionis nella Capella a basso d a
il scurolo che ha la ferata... ma non
era certo la locazione più consona per le
funzioni battesimali. La vasca battesimale
fu quindi collocata sulla controfacciata
della basilica, locazione che mantenne dal
1635 al 1691, per poi essere posta nella
seconda cappella di sinistra dedicata a san
Giovanni ma mancante di molte parti
originarie. Quando nel Duomo si edificò la cappella
del Crocifisso, il battistero fu
riprogettato per essere posto nel cortile
della canonica su progetto di Raffaele
Dalpino. 
Fu
solo nel 1897 che
si decise la definitiva sistemazione con una
rivisitazione architettonica per opera di Virginio
Muzio e nel 1900 il
battistero fu terminato e messo sulla piazza
del Duomo di fronte al duomo di Bergamo.
Il
battistero realizzato nel 1340 da Giovanni
da Campione, presentava molte diversità da
quello presente in piazza Duomo, la
descrizione fatta da Giovanni
da Lezze, e l'incisione opera di
Simone Duello pubblicata dal Calvi e
in seguito, da Mario Lupo permettono di
averne una chiara visione.
Il
battistero, racchiuso nella cancellata
ottocentesca, è a pianta ottagonale, sopra
il basamento di marmo scuro del seicento vi
è il trecentesco giro
di colonnine in marmo rosso di Verona e
rosso di Musso opera del campionese. Il
numero otto per la simbologia biblica è
segno di pienezza, il compimento dell'unità,
e il simbolo della Grazia,
il giorno dopo la creazione, nonché l'attavo
giorno fu anche quello della circoncisione di Gesù,
ritenuto quindi idoneo per gli edifici
destinate al battesimo.
Del
rifacimento ottocentesco per opera del
Dalpino rimangono all'esterno le otto statue
delle Beatitudini che si trovano sopra il
cornicione dove poggia la cuspide, l'angelo
posto sulla lanterna e la vasca battesimale
visibilmente ottocentesca. Il Muzio in
seguito completò l'edificio aggiungendo le
cornici e le colonnine, il portale è
trecentesco ma non faceva parte
dell'edificio originario.
L'interno
è ricco di simbologiaː la
pavimentazione di marmo a due colori che
converge verso la fonte battesimale
simboleggia le onde del Giordano.
La statua di san Giovanni Battista già
presente nell'opera primaria, compie con la
destra il gesto di versare l'acqua, mentre
con la sinistra mostra la patena raffigurante
l'agnello trafitto da una croce ma vivo,
indicando il martirio e la resurrezione di
Cristo. Una cupola con lucernario è il
soffitto della cappella, la colomba in alto
a simbologia dello Spirito
Santo.
Sulle
paresi vi sono gli otto stupendi
bassorilievi opera di Giovanni da Campione
che raccontano la vita di Gesù: l'Annunciazione,
la Natività, la Presentazione al
Tempio, il Battesimo, la Cattura e
la Condanna. la Crocifissione, la Deposizione,
Resurrezione e Ascensione. Sugli spigoli vi
sono le statue rappresentati i sacramenti.
Esternamente,
in colore rosso, nelle nicchie degli angoli
dell'ottagono, vi sono, raffigurate otto
figure femminili allungate, le
rappresentazioni delle virtù cardinali e
teologali con le contrapposizioni dei vizi,
stupendi lavori trecenteschi sempre del
campionesi.
Le
virtù della facciata esterna sono
visibilmente differenti da quelle del 1300,
non solo per il materiale ma per la loro
plasticità, mentre le statue del Campionesi
hanno la durezza d'espressione di sicura
derivazione nordica, ma l'intensità della
simbologia di un'arte che doveva non solo
raffigurare ma parlare.
Proprio di fronte al Battistero, sull'area
dell'antica cattedrale di San Vincenzo,
fondata nella prima metà del VI secolo e
sottoposta a numerose trasformazioni, sorge
la cattedrale dedicata a Sant'Alessandro,
patrono della città, nota comunemente come Duomo.

La
storia della cattedrale è stata controversa
ed oggetto di numerose supposizioni negli
ultimi secoli a causa della mancanza di
reperti archeologici e fonti scritte
antecedenti l'età medievale. Soltanto
durante i lavori di restauro, iniziati nel
corso dell'anno 2004, sono stati
rinvenuti resti risalenti all'età romana,
che hanno permesso di ricostruire con
particolare precisione sia gli edifici che
si sono susseguiti nell'area che l'impianto
urbano della zona in cui attualmente si
trova il duomo. Sotto la pavimentazione
difatti sono emersi differenti strati,
ognuno dei quali corrispondente ad
altrettante epoche.
Il
più antico ha evidenziato la presenza di un
primo luogo di culto paleocristiano,
risalente al V secolo, del quale si era
soltanto ipotizzata l'esistenza.
Si
ritiene che il Cristianesimo nella
bergamasca, venne portato dai prigionieri
romani cristiani di origine orientale, i Damnati
ad Metalla che erano condannati a lavorare
nelle miniere di ferro e sassi in alta Val
Seriana. Diventando liberi si spostarono
creando diverse comunità, anche in Bergamo.
Erano comunità povere che trovarono in san Vincenzo
di Saragozza martire, ma vittorioso in
Cristo, il patrono per il proprio diaconato.
A
questo santo venne dedicato il primo luogo
di culto, in stile romanico; aveva
dimensioni importanti, tanto che il
perimetro dello stesso era pari a quello
dell'attuale, e venne costruito al centro
dell'assetto urbanistico del tempo,
stravolgendone l'identità. Si
consideri difatti che negli scavi è stato
ritrovato in buono stato un tratto del cardo cittadino,
muri appartenenti a ville patrizie e mosaici
risalenti al I secolo. Questo sta ad
indicare la notevole importanza che la
comunità cristiana aveva già in quel
periodo. Inoltre sono affiorate tombe di età
longobarda ed affreschi attribuibili al Maestro
della Rocca di Angera, autore anche di altre
opere in chiese della città nella seconda
metà del XIII secolo.
Il
primo documento che testimonia l'esistenza
della chiesa dedicata a San Vincenzo è del
maggio 774, un testamento di Taido
fu Teuderolfo con un lascito alla ecclesia
Beatissime semper virginis et Dei genitrice
Marie et Sancti Voincenti ecclesie
Bergomensis conservato presso la biblioteca
Angelo Mai, mentre dell'840 un Privilegio
di Lotario I che concede al
vescovo di Bergamo Aganone la
facoltà di inquisire sui beni delle ecclesiae
Alexandri scilicet et Vincentii
beatissimorum martyrum per sanare le
usurpazioni subite. Le reliquie del santo
non sono mai state presenti della basilica,
un documento riporta che il vescovo Ambrogio
I (971-973) si recò a Cortona a
prenderne la reliquia, ma arrivò con pochi
giorni di ritardo, era stato infatti
preceduto dal vescovo di Metz, Deodato.
Ancora oggi non si conosce il luogo dove
queste reliquie siano conservate. Lo spazio
antistante la chiesa era chiamato Platea
Sancti Vincentii.
Nel 1561,
venne distrutta la chiesa di
sant'Alessandro in Colonna per poter
realizzare la costruzione delle mura
venete. La salma di sant’Alessandro venne
quindi traslata in san Vincenzo, facendo
convivere le due devozioni, e i canonici dei
due differenti capitoli. Si deve al vescovo Daniele
Giustiniani, che nel 1687 aveva
convocato il sinodo nella chiesa ancora
intitolata a San Vincenzo, ma ormai dal 1688
distrutta, e il 4 novembre 1689, l'atto
di sciogliere per riunire in un unico
Capitolo i canonici di San Vincenzo e di San
Alessandro.
La
basilica venne definitivamente dedicata a
sant'Alessandro nel 1704, con la
traslazione delle reliquie del patrono e di
altri santi bergamaschi. Di san Vincenzo non
c'erano le reliquie, il vescovo Luigi
Ruzzini, donò una cassa con il corpo di un
martire delle catacombe di Roma di nome
Vincenzo, ma questo, non poteva sopperirne
alla mancanza delle reliquie originali.
A
san Vincenzo venne dedicata la cappella
laterale del presbiterio, ad opera di Bartolomeo
Manni con la pala di Carlo Ceresa.
Del primo patrono di Bergamo ne rimangono
poche tracce. Il museo della basilica
permette di avere una visione della
primitiva chiesa e della sua trasformazione.

A
metà del Quattrocento il vescovo Giovanni
Barozzi decise la costruzione di un
nuovo edificio religioso di maggiori
dimensioni in luogo del precedente,
affidando il progetto all'architetto
fiorentino Filarete, che stabilì per
la nuova cattedrale, intitolata non solo a
san Vincenzo ma anche a sant'Alessandro, una
pianta a croce latina con un'unica navata
con affiancate tre piccole cappelle
semicircolari per parte e con una cupola a
padiglione ottagonale, mentre la chiesa
precedente era a tre navate. Non fu un
lavoro facile e veloce, serviva acquisire
parte delle proprietà cittadine, avendo
possibilità di sviluppo solo su di un lato
della piazza distruggendo l'antica scalinata
che dava accesso da quella che era piazza
nuova al Palazzo della Ragione.
Il
3 maggio 1459 venne posata la
prima pietra e già nel 1467 venne
completata la prima cappella sul lato
sinistro, dedicata a santa Caterina e san
Girolamo. Tuttavia dopo un paio di anni i
lavori subirono una brusca interruzione a
causa della morte del Filarete ed alla
contestuale elezione del vescovo Barozzi a patriarca
di Venezia che portò al suo
allontanamento. L'abbandono dei lavori,
l'incendio nel 1513 dell'attiguo Palazzo
della Ragione porterà il Marcantonio
Michiel nel 1516 a scrivere: la
celebre San Vincenzo a giacere incolta e
deserta, non essendo compiuto il
ristoramento delle sue rovine.
Per
circa trent'anni i lavori rimasero fermi,
dopodiché proseguirono a rilento: nel 1611 venne
nominato a dirigere i lavori l'architetto
Vincenzo Scamozzi. Il cantiere riprese
vigore sul finire del secolo quando, nel 1689,
l'edificio subì una ristrutturazione ad
opera di Carlo Fontana, il quale
innalzò la cupola, allungò l'abside e
terminò finalmente i lavori nel 1693.
Nel
frattempo, all'inizio del XVII secolo il
vescovo Giovanni Emo aveva riunito i canonici e
il 18 agosto 1697, il vescovo san
Gregorio Barbarigo ottenne da papa
Innocenzo XI la bolla Exponi
nobis che stabiliva un'unica
cattedrale, dedicando a sant'Alessandro
quella che era stata san Vincenzo, e un
unico capitolo. A san Vincenzo rimase una
cappella sulla destra ed il transetto con
una pala dipinta da Carlo Ceresa.
L'edificio
subì altri rimaneggiamenti che
interessarono sia il campanile, la cupola,
la cappella del Crocifisso e
l'interno nel corso del XIX secolo,
epoca a cui risale anche la facciata, che
venne inaugurata il 26 agosto 1889,
giorno della festa di sant'Alessandro.
Il
26 agosto 2008 il vescovo Roberto
Amadei ha inaugurato l'altare dopo le
ristrutturazioni iniziate nel 2004 che
hanno permesso il ritrovamento dei reperti
precedentemente descritti. Dal 2012
sotto la cattedrale è aperto al pubblico il Museo
della cattedale che permette di
visionare e comprendere l'evoluzione del
duomo fin dalla sua primitiva formazione.
L'esterno
della cattedrale di Sant'Alessandro è
caratterizzato dalla facciata ottocentesca
in marmo bianco di Botticino.
Questa dà su piazza del Duomo ed è posta
perpendicolarmente rispetto a quella
posteriore del palazzo della Ragione.
La facciata del duomo venne iniziata nel 1866 e
terminata soltanto nel 1889, seppur
priva di alcuni elementi decorativi previsti
dal progetto originario di completamento,
realizzato tra il 1878 e il 1879 da Angelo
Bonicelli.
Il
prospetto è preceduto da una scalinata in
granito rosso di Boveno, e presenta, nella
parte inferiore, un portico a tre fornici,
ciascuno dei quali è costituito da un arco
a tutto sesto sorretto da pilastri.
Ognuna delle due campate laterali del
portico è decorata con una cupoletta
internamente affrescata ed
esternamente sormontata da una statua bronzea;
nella fornice centrale vi sono due
medaglioni raffiguranti i santi Pietro e
Paolo opera di Luigi Pagani, e sopra vi
è una statua più grande, raffigurante Sant'Alessandro opera
di Paolo Sozzi, mentre le due statue
poste sui due vani laterali raffiguranti le
virtù teologali Fede e Speranza sono opera
di Luigi Pagani. La parte
superiore della facciata è a capanna,
con una grande finestra rettangolare
inquadrata fra due colonne corinzie;
il coronamento è costituito da un timpano triangolare.
In
corrispondenza della crociera, si eleva
la cupola, terminata nel 1829 ma
oggetto di un importante restauro
strutturale già nel 1853. Questa
presenta un alto tamburo con
finestre quadrangolari ed una copertura in rame sormontata
da una statua di Carlo Broggi raffigurante Sant'Alessandro
vessillifero (1851), opera dorata
solo nel 1984.
Sul
lato a sud-ovest, sono rimaste leggibili i
diversi passaggi della costruzione della
basilica, identificabili i blocchi di
squadrati in arenaria. La parte superiore il
muro lasciato a rustico del XVIII
secolo. La parte invece sotto il porticato
del Palazzo della Ragione, da accesso
all'area archeologica che presenta le vari
fasi della storia della basilica fin dal
periodo paleocristiano.
Alla
sinistra dell'abside sorge la torre
campanaria, costruita nel 1690 e
sopraelevata nel 1850. La cella
campanaria si apre su ciascuno dei quattro
lati del campanile con un'ampia monofora a
tutto sesto ed ospita un concerto di 6 campane.
Sotto
il portico del Palazzo della Ragione vi
è l'accesso all'area archeologica che porta
direttamente sotto la basilica e che
permette di cogliere i vari passaggi della
storia della cattedrale fin dal periodo
paleocristiano. Superata una scala d'accesso
ci si trova di fronte al basamento di due
delle grandi colonne portanti del precedente
edificio che dividevano la chiesa in tre
navate, è possibile vedere anche un tratto
del mosaico pavimentale del V secolo.
La chiesa era di grandi dimensioni,
calcolata in 45 metri di lunghezza per 24 di
larghezza, sicuramente il luogo di culto più
grande della città. Diversi lacerti di mosaico pavimentale
sia della chiesa che di una abitazione di
epoca romana, permettono la ricostruzione
dei diversi periodi avendo direzioni diverse
le porzioni delle musive. La pavimentazione
testimonia una parte già abitata nel X
secolo a.C. con residenza commerciali e
civili.
A conferma che la chiesa fosse anche un
cimitero, vi sono due sarcofagi e altre
tombe posizionati nella parte che era
presbiteriale. Uno di questo conteneva due
feretri riccamente abbigliati con un bastone
dipinto a fasce policrome.
Nella
parete di fondo vi è un pluteo con
iconostasi medioevali in pietra di Zandobbio
sulle cui arcate superiori vi sono affreschi
di epoche differenti non tutte
identificabili, tra questi la raffigurazione
di San Giovanni e una Sant'Anna
Metterza con a fianco due donatori in
preghiera e un san Pietro. Le raffigurazioni
proseguono anche sul pilastro di destra con
una santa Caterina e san Bartolomeo, un
crocifisso a testimoniare che ci doveva
essere un registro superiore difficile da
identificare.
Alcuni
affreschi sono sicuramente di epoche
successive, come il Cristo Crocifisso,
opera assegnata al maestro dell'albero
della vita, quindi del XIV secolo.
Quando nei primi anni del novecento Elia
Fornoni progettò la realizzazione
della cripta per la sepoltura dei vescovi,
trovo parte di questa antica cattedrale ma
la sua ricerca per paura di crolli non poté
proseguire solo nel 2004 quando servirono
nuovi lavori alla basilica superiore.
L'interno
della cattedrale di Sant'Alessandro presenta
una pianta a croce latina, con navata unica
che si apre sulle cappelle laterali, tre per
lato e volta a botte lunettata.
Nel
transetto di destra vi è il grande Altare
dei santi Fermo, Rustico e Procolo progettato
da Filippo Juvara, in quello di
sinistra l'altare dedicato alla Madonna
della Pietà.
Nella
prima cappella di destra intitolata a san Benedetto vi
è la pala San Benedetto da Norcia fra
San Gerolamo e San Lodovico da Tolosa di Andrea
Previtali (1524) e in quella di
sinistra Madonna con il Bambino in
gloria e i santi Caterina d'Alessandria e
Gerolamo di Giovan Battista Moroni (1576).
La
cappella del Crocifisso conserva un
crocifisso del '500 della ex Chiesa
di Santa Maria di Rosate
La
chiesa conserva anche altri dipinti, tra cui
una Madonna dei colombi, attribuita a Giovanni
Cariani, e tele di Giambettino
Cignaroli e di Sebastiano Ricci.
Il
primo progetto per la realizzazione della
cupola venne presentato da Carlo
Fontana nel 1688. Prevedeva la
realizzazione di un impianto che superasse
per altezza e valore architettonico quello
della vicina Basilica di Santa Maria
Maggiore. Il progetto tanto esuberante
intimorì il Capitolo del duomo che ne
chiese il dimensionamento anche per
moderarne i costi di costruzione. Ma
l'architetto rispose che l'abbassamento
comportava un minimo calo di spesa ma una
grave perdita estetica. Si susseguirono nel
tempo molti progetti, del 1826 il progetto
di Carlo Amati, che però poi si ritirò
dall'esecuzione. Nel 1833, per volontà
dell'arcidiacono Marco Celio Passi ne
fu di affidata la realizzazione a Giuseppe
Cusi che aveva realizzato un progetto
di proporzioni inferiori, ma fu un
fallimento, lo spessore troppo esile del
tamburo comprometteva la stabilità della
cupola in muratura che rivestita in rame
venne chiamata lo sgarbato pentolone.
Dopo ben otto tentativi l'arcidiacono Pietro
Rusca, invitò tre architetti, tra questi Giuseppe
Berlendis che si incaricò del novo
progetto e della realizzaizione. La cupola
venne eretta dal 1853 al 1855.
La
cupola emisferica, si presenta in altezza
superiore, come era il primario progetto del
Fontana, da quella di santa Maria Maggiore,
anche se sicuramente di proporzioni
inferiori al progetto originaior.
All'esterno la stabilità è assicurata da
tre gradoni, sulla sua sommità venne posta
la statua in rame di sant'Alessandro.
L'interno è stato affrescato da Francesco
Coghetti che lega armoniosamente con il
resto della cattedrale.

Si
accede al presbiterio da una scala
composta da sette gradini in marmo bianco
con una balaustra marmorea nera.
Al
centro, si trova il moderno altare, opera
eseguita dopo il Concilio Vaticano II,
è composto da mensa in marmo con
il prezioso paliotto argenteo seicentesco al
centro del quale si trova l'urna d'argento
contenente le spoglie di Sant'Alessandro
martire eseguita dall'orafi Pietro
Roberti e donata dal consiglio della città
nel 1702.
L'altare
maggiore opera di Cesare Targoni venne
realizzato nel 1588, decorato di marmi
policromi e figure in metallo dorato, si
presenta a forma di tempietto semiottagonale
e suddiviso in tre ordini. Sul primo ordine
vi sono collocate le immagini dei quattro
evangelisti, in quello superiore san Pietro
e san Paolo, mentre sulle sommità
l'immagine di Cristo risorto. Nella portella
al centro il dipinto di Enea Salmeggia raffigurante
il Redentore, del medesimo artista
l’Ultima cena dipinta sul retro
dell'altare.
Sei
grandi angioletti sorreggono il ciborio,
sono opera successiva di Antonio
Fontana, del 1715, quando si aveva
l'impressione che l'altare fosse troppo
semplice rispetto alla maestosità della
basilica, realizzati su disegno di Marco
Alessandri.
Nell'abside
maggiore, dietro l'altare, realizzato in
marmi policromi su disegni di Filippo
Juvara, sono collocati sette grandi dipinti,
al centro il Martirio di
sant'Alessandro opera del 1694 di Nicola
Malinconico, la Consacrazione
episcopale di San Narno opera di Francesco
Polazzo, la Predicazione di San Viatore opera
di Francesco Monti, il Martirio di
san Giovanni vescovo di Giambattista
Tiepolo (1743-1745), il Martirio
di san Proiettizio di Gian Bettino
Cignaroli, il Martirio di sant’Esteria di Giovanni
Battista Pittoni e il Martirio di
san Giacomo opera di Silvestro
Mainago. Il Sant'Alessandro nel
catino absidale è opera di Carlo
Innocenzo Carloni.
Sempre
nell'abside vi è un coro ligneo intagliato
da Gian Carlo Sanz (sec. XVIII).
La commissione dell'opera è datata 1693 e
terminata nel 1698. Il coro è composto da
44 stalli per i canonici dal capitolo, e
altrettante cariatidi raffiguranti alcuni
temi biblici, con una lunghezza di 30 metri
e una altezza di 3,5. Nella ventiduesima
cariatide l'autore si è autoritratto
firmandosi Joannes Carolus Sanz
Sculpsit 1695. Al Sanz si attribuisce anche
il bassorilievo cui è dovuto a marmoreo
della Vita di Cristo posto al di
sopra dell'altare del transetto sinistra.
La cattedra vescovile posta al centro del
coro è opera di Andrea Fantoni del
1705, con in alto il blasone del vescovo Luigi
Ruzzini. e due medaglie lignee raffiguranti Salomone e Il
tempio di Gerusalemme e L'unzione
di Samuele al re Davide. La cattedra è
completata da un inginocchiatoio.
Nella
sagrestia sono conservate opere di Giovan
Battista Moroni e uno scomparto che
faceva parte di un polittico ligneo
quattrocentesco, intagliato e dorato.

-
Basilica
Santa Maria Maggiore
Probabilmente
iniziata nel 1157, la basilica di Santa
Maria Maggiore presenta una
commistione di influssi e di stimoli provenienti da aree geografico-culturali
diverse, tale da evidenziare sin dall'inizio
la vivacità culturale di questo
edificio, pur nato in terra di provincia.
Santa Maria Maggiore fu costruita nel XII
secolo nel luogo mi cui sorgeva un'altra
chiesa di dimensioni inferiori, dedicata
anch'essa alla Vergine e la sua costruzione
si prolungò nel XIII.
L'evoluzione
della Basilica è legata alla presa di
coscienza del popolo, che ebbe in essa il
suo punto di riferimento: la chiesa fu
oggetto di cure attente ed assidue con il
continuo accrescimento e mantenimento
delle opere d'arte ivi contenute.
Dal punto
di vista urbanistico,
l'area
in cui sorse la Basilica era da sempre il
fulcro politico e spirituale della città
e all'interno la chiesa svolse sin
dall'inizio una funzione centrale. Per
quanto riguarda l'aspetto della chiesa
all'esterno, Santa
Maria Maggiore non ebbe mai in realtà una facciata vera
e propria, bensì solo ingressi laterali,
due principali e due secondari. Addossata
al lato occidentale della Basilica esiste
invece un'aula quadrangolare, divisa da un
arcone e coperta da affreschi trecenteschi;
nella parete dell'aula che coincide con il
lato occidentale della chiesa si apriva una
bifora, ora murata, con le effigi affrescate
di San Narno e San Viatore, i primi
due vescovi dì Bergamo: la posa ieratica, i volumi appiattiti e
il gusto decorativo li dicono duecenteschi.
Proseguendo
il giro, si oltrepassa il fianco nord-ovest,
ora occupato dalla cappella Colleoni,
ma originariamente costituito da
un'absidiola simmetrica a quelle tuttora
esistenti,
e si giunge al fronte settentrionale del
transetto. Il grande portale campionese del
1351-53, è a tre ordini.
Particolarmente ricca la
strombatura del portale,
con colonnette tortili o spinate
alternate a formelle con teste di personaggi
laici o ecclesiastici e con scene di
pastorizia. La pianta è a croce greca poliabsidata:
del primitivo giro di absidi, quella
maggiore centrale e le quattro minori ai
lati
del transetto, ne restano visibili quattro
all'esterno e tre all'interno. L'absidiola di
nord-ovest venne abbattuta alla fine del XV
secolo per consentire l'erezione della
cappella Colleoni.
Il
tessuto murario ci rivela alcuni particolari
sulle vicende originarie della chiesa,
costruita in due tempi, prima la zona
orientale e una porzione del transetto, poi
la zona occidentale. Le due fasi sono
distinguibili per la diversa lavorazione del
materiale usato, l'arenaria: a blocchi
grandi
e ben squadrati nella prima fase, a blocchi
piccoli e irregolari nella seconda.
Le
mutate disponibilità finanziarie si
riflettono anche nella struttura delle
absidi: le tre orientali, costruite nella
fase "ricca", sono più accurate
ed eleganti per proporzioni e corredo
decorativo, quella occidentale risulta più
povera per materiali e invenzioni
ornamentali. Lo schema costruttivo di queste
absidi, a due ordini con un primo piano
costituito da finestre strombate e un
secondo piano costituito da una galleria
praticabile, deriva da un modulo nato in
ambiente lombardo e sviluppatosi nella zona
del Reno.
La
cupola, all'incrocio del transetto con la
navata centrale, a pianta ottagonale
irregolare, è costituita da tre
gallerie
degradanti; il suo slancio verticale e la
snellezza delle proporzioni è da
accomunarsi a cupole renane coeve.
All'esterno
furono poi aggregati (XII-XIII secolo) una
serie di spazi semicoperti, portici e
corti, ora non più esistenti, usati per la
discussione e l'espletamento di affari
pubblici e privati.
Nel
XIV secolo i lavori furono ripresi da
maestri campionesi, mentre nel successivo
riguardarono l'innalzamento del campanile di
Bertolasio Moroni (1436-59), la demolizione
della vecchia sagrestia (1472) e la
costruzione della nuova (1485-91). L'ultimo
tocco all'esterno venne dato nel 1521 da
Pietro Isabello col portalino di sud-ovest,
detto
porta della Fontana. All'interno la chiesa
si presentava scandita su due piani: le
navate, centrale e laterali, il transetto e
il presbiterio con cappella maggiore e
cappelle laterali minori al piano inferiore;
i matronei, nella zona destinata ai fedeli e
in quella destinata al clero, al piano
superiore.
Ora
questi locali sono raggiungibili solo
immettendosi nel complicato sistema di scale
e percorsi che si snodano nell'intercapedine
esistente tra muro esterno e muro interno.

L'interno
oggi si presenta in condizioni molto diverse
rispetto al rigore e all'imponenza della
situazione originaria, per le trasformazioni
avvenute in età manieristica e barocca.
Dalla fine del XVI secolo e per tutto il
XVII ebbe luogo l'opera di stuccatura delle
volte, di occlusione dei matronei, di
foderatura delle primitive colonne con
lesene corinzie.
Con
il XIV secolo ha inizio la ricca storia
della decorazione di Santa Maria Maggiore:
volendo condensare la vasta impresa per fasi
cronologiche, si dovrà dividere una prima
fase, dal XII al XV secolo, in cui la chiesa
è assolutamente lombarda, una fase
intermedia, nel XVI secolo, di apertura a
medio raggio, Veneto e Toscana, e una fase finale,
dal XVII al XIX secolo, di apertura a scala
nazionale ed europea.
Da
uno sguardo complessivo alla decorazione di
Santa Maria maggiore scaturisce nuovamente
la valenza civica della Basilica.
Entrando
dal portale che si affaccia su piazza Duomo,
sulla sinistra si ammirano gli affreschi
trecenteschi raffiguranti L'ultima Cena
e la Storia di Sant'Eligio,
venuti in luce nel 1937 e restaurati nel
1944.
Si
segnalano alcuni interventi artistici di
particolare interesse: nell'absidiola di
nord-est una pala d'altare di Gian Paolo
Lolmo, Madonna con Bambino e Santi
Rosso e Sebastiano (1587). Nell'alto
della testata, Mosè che disseta gli
Ebrei di Antonio Zanchi (1670). Nella
tela che copre il finto organo sopra l'arco
a sinistra del presbiterio, Nascita di
Gesù di Gian Paolo Cavagna (1593). Ai
pilastri d'ingresso al presbiterio due
pulpiti marmorei tardo rinascimentali
(1591-1602) da cui partono scale con
bellissime ringhiere in bronzo eseguite dal
bresciano Camillo Capi (1603).

La
cupola assunse la forma attuale nel 1614 su
disegno di Lorenzo Binago e di Francesco
Maria Ricchino. Gli affreschi che l'adornano
(angeli e profeti) sono in gran parte
del Cavagna.
Nel
coro cinquecentesco, ideato da Bernardo
Zenale, quattro grandi tarsie su disegno di
Lorenzo Lotto (1522-55), intitolate Passaggio
del Mar Rosso, Diluvio Universale,
Giuditta e Oloferne, Davide e
Golia. La volta è decorata con quattro
ovali (Annunciazione, Visitazione,
Nascita e Presentazione di Maria) di
Francesco Bassano il Giovane.
Proseguendo
il giro, nell'absidiola di sud-est una pala
d'altare di Francesco Bassano raffigurante L'Ultima
Cena (1586). A lato L'Albero di San
Bonaventura, affresco del 1347. Sul lato
opposto all'abside il monumento del
cardinal Guglielmo Longhi, del XIV
secolo, di Ugo Campione; il monumento al
musicista Simone Mayr, maestro di
Donizetti (1852); la Crocifissione,
arazzo su cartone del fiammingo Louis Van
Schoor (1696-98); il monumento a Gaetano
Donizetti, di Vincenzo Vela (1855) e il Confessionale
eseguito da Andrea Fantoni nel 1705.

Pag.
4
Pag.
6
Novembre
2006 - Novembre 2007
|