Bergamo
 

Cappella Colleoni
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 Era il 1609 e lo scrittore inglese Thomas Coryate annotava sul suo diario, ancora con la bocca spalancata dallo stupore dopo essere sbucato da Piazza Vecchia ed essersi trovato di fronte la cappella Colleoni: «Il monumento è di una ricchezza ammirabile e tale che lo stimo il più bello d'Italia». È senz'altro il capolavoro in assoluto del primo Rinascimento lombardo, anche se qualche parte della struttura e delle decorazioni resta legata al gusto gotico fiorentino.

Bartolomeo Colleoni - il grande condottiero ricordato anche perché fu il primo ad usare l'artiglieria in battaglia e che ebbe la sua piccola corte nello splendido castello di Malpaga - concepì la cappella come luogo della propria sepoltura nel punto più prestigioso della città. Nell'area prescelta c'era la sagrestia della basilica di Santa Maria Maggiore.

Rasa al suolo la sagrestia, Bartolomeo affidò l'incarico dell'opera ad un architetto-scultore ancora abbastanza giovane, ma che già si era messo in luce nella fabbrica del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia: Giovanni Antonio Amadeo.

Realizzata tra il 1472 e il 1476, la cappella ha pianta composta da un'aula quadrata per la tomba e da un ambiente più piccolo con l'altare per gli uffici religiosi, che occupano l'area compresa fra il braccio settentrionale del transetto e la facciata cieca di Santa Maria Maggiore. 

Lo spessore del corpo di fabbrica sopravanza di poco il piano del protiro d'ingresso della Basilica: fu questa una geniale intuizione dell'Amadeo, che esalta all'estremo la cappella, ponendola in una gerarchia spaziale vincente. 

La facciata, realizzata in marmi policromi, risulta articolata in tre assi verticali definiti dal portale centrale e dalle finestre laterali, motivi trionfali che fanno da cornice al motivo del rosone centrale. È sovrastata dalla cupola coronata dalla lanterna; la cupola poggia sul tamburo ottagonale rivestito da balaustri e con finestre circolari sui quattro lati.

La loggetta, come pure gli intarsi marmorei che costituiscono il fondo della facciata, richiamano alla mente l'architettura medioevale e quella veneziana. Si delineano le due snelle lesene angolari, coronate da pinnacoli. La cappella fu oggetto di un restauro conservativo negli anni : 1990-91. 

Quel grande artista compì, come la critica e la storia gli hanno riconosciuto, "almeno due prodigi: elevando al cielo le cupole più leggere ed aeree che esistano, sempre pronte (in apparenza) a volar via alla prima bufera di vento; e realizzando in facciata un magico gioco di marmi colorati, enorme mosaico dalla vivissima policromia che vi ipnotizza letteralmente" (Luciano Zeppegno). 

In effetti il portale, le due grandi finestre, il rosone centrale, il loggiato superiore, il rivestimento a losanghe con marmi bianchi, rosa e neri, le statue, i busti (tra i quali quelli di Giulio Cesare e Traiano, ammiratissimi dal Colleoni), i bassorilievi e le cornici formano una composizione di eccezionale interesse. Infatti vi è qualcosa di magico, di irreale; anche perché l'Amadeo sembra essersi quasi divertito a prodigare irregolarità, bizzarrie e dissimmetrie non facili da individuare.

Colleoni morì un anno prima che la cappella fosse completata, ma lasciò scritto che il monumento non si dovesse mai considerare ultimato, esprimendo il desiderio che "nei secoli non ci fosse esaurimento nell'abbellirlo". E così fino ad oggi è stato, tanto che la bellissima cancellata è del 1912 (disegnata da Virginio Muzio e da Gaetano Moretti, fu eseguita da Giovanni Lomazzi): è un'opera d'arte che si conclude nel piccolo cancello sul quale svettano due angeli che reggono gli stemmi di Bergamo e del prode Bartolomeo.  

Qui è sepolta anche Medea, la figlia prediletta del Colleoni, morta giovanissima. I due monumenti funebri all'interno della cappella sono anch'essi frutto della fantasia ornamentale dell'Amadeo. La tomba del condottiero è costituita da due finti sarcofaghi sormontati dalla statua equestre del Colleoni, scolpita in legno dorato da Sisto Siry, e ornati di pregevoli bassorilievi che raffigurano episodi della vita di Cristo. La tipologia gotica della tomba è reinterpretata nel linguaggio rinascimentale dall'altissima qualità di tutti gli elementi plastici. 

Più fine e squisita, sia nell'intaglio marmoreo che nella discrezione dei colori, è la tomba di Medea, proveniente dal santuario della Madonna della Basella, presso Urgnano, e collocata alla parete sinistra nel 1842. Consta di un sarcofago sulla cui fronte è il rilievo della Pietà tra due stemmi entro ghirlande; sul coperchio giace serena la dolcissima figura della defunta; sopra questa, un'epigrafe e le statue della Madonna col Bambino e delle Sante Caterina e Chiara.

Fino a quattro secoli fa, nel mausoleo erano esposte le armi e le insegne del celebre capitano di ventura, nonché gli stendardi da combattimento: tutto fu tolto quando un'ordinanza di Pio V escluse dalle chiese ogni oggetto profano. Fu il cardinal Carlo Borromeo, a Bergamo in visita apostolica, a dare l'ordine, eseguito nel cuore della notte per mettere il popolo (che minacciava tumulti) di fronte al fatto compiuto. Comunque, anni più tardi, per interessamento di Venezia, le insegne furono riportate nella cappella e vi rimasero sin verso la fine del Settecento, quando furono definitivamente tolte "perché vecchie, annerite e logore".

"L'interno della cappella Colleoni", scrisse Andre Maurel nel 1920, "è la sala di una reggia, non un asilo di preghiera". A prescindere dall'unità relativa della facciata, la cappella Colleoni oggi è il risultato di una serie di ininterrotte trasformazioni.  

Si trattò di restauri conservativi, che non intaccarono mai né la sostanza architettonica, né quella iconologica. La decorazione dell'interno era in gran parte conclusa tra il 1520 e il 1530; a partire dal 1599 venne successivamente trasformata, ad eccezione del sepolcro. L'impianto scenografico, oltre che dalle varie sculture, è reso superbo dalle raffigurazioni delle quattro Virtù: la Carità, la Giustizia, la Fede e la Sapienza (affrescate nei pennacchi della volta) e dalle tre grandi composizioni delle lunette sotto la cupola, opere tutte di Giambattista Tiepolo (1733).

Si tratta in particolare di episodi della vita del Battista, al quale la cappella è dedicata. Seguendo una successione antioraria, a partire dalla parete d'ingresso, le pitture raffigurano: la Decollazione di San Giovanni Battista, San Marco Evangelista, il Martirio di San Bartolomeo, il Battesimo di Gesù, la Predicazione di San Giovanni Battista.

Per lo più settecentesche anche le altre opere d'arte e d'arredo. A destra della parete d'ingresso: Giobbe sul letamaio di Gregorio Guglielmi (1765); a sinistra: Giuditta di Luca Concioli (1787). A destra dell'abside: Davide di Giovan Battista Pittoni; a sinistra: Sacrificio di Isacco (?) di Giambettino Cignaroli (1745).

L'altare fu rinnovato nel 1676 da Bartolomeo Manni e completato con l'inserimento di una mensa di Leopold Pollack nel 1811, mantenendo dell'originario quattrocentesco solo le statue dei Santi Marco, Giovanni Battista e Bartolomeo (di Pietro e Tullio Lombardo, 1491). Alla parete sinistra: Sacra Famiglia di Angeiika Kauffmann (1789) e inoltre due banchi intagliati da Giovanni Antonio Sanz e intarsiati da Giacomo Caniana (1770). 

Una curiosità: fino a pochi anni fa si era convinti (con le dovute eccezioni) che il più famoso guerriero italiano del Quattrocento non fosse sepolto nel suo mausoleo. A lungo, infatti, la sua tomba nel nostro secolo fu cercata un po' ovunque; e qualcuno, qualche volta, credette di averla trovata. In realtà, il Colleoni da morto non traslocò mai; e i tentativi di cercarlo altrove fecero nascere soltanto una clamorosa polemica. Il 21 novembre 1969 lo si scoprì sepolto dove doveva essere, cioè nella tomba preparatagli dall'Amadeo.

Battistero e Duomo di Sant'Alessandro

Fin dal X secolo a Bergamo vi erano presenti due chiese, quella intitolata a san Vincenzo residenza per il clero istituita dal vescovo Adalberto e la chiesa di Santa Maria Vetus residenza dell'episcopato.

Difficile ricostruire dove fosse collocata la primitiva vasca battesimale, scavi e ricerche eseguiti negli ultimi anni del '900 presso il Tempietto di Santa Croce, hanno ridato la luce quella che era la fontana di Antescolis addossata alla basilica mariana di forma trilobata e che presenta due aperture, forse il primo fonte battesimale. Si deve considerare che entrambe le chiese come tutto l'urbano, erano poste a un livello inferiore a quello attuale.

Nel 1340 fu incaricato per la realizzazione di un battistero Giovanni da Campione per la basilica di Santa Maria Maggiore. Non vi è certezza sulla sua esatta sistemazione, presumibilmente era posizionato dove ora si trova il Monumento funebre al cardinale Guglielmo Longhi, sul lato sinistro della navata, di fronte all'altare dedicato a san Giuseppe, poi rimosso. Il passaggio collegante con l'aula picta che fu coperto da un arazzo, e la bifora murata, sembrano confermare questa considerazione, sarebbe stata la stanza di attesa per il passaggio che i diaconi e il clero durante i riti del Sabato Santo, vi era inoltre la vicinanza con l'acquedotto e quindi l'acqua indispensabile per le celebrazioni battesimali.

Nel 1449 la chiesa mariana fu affidata alla Congregazione della Misericordia Maggiore allontanandola dalla giurisdizione del vescovo, diventò difficile svolgere le funzioni pasquali nella basilica per il capitolo della chiesa di sant'Alessandro. Nel 1613 iniziò una ricollocazione di alcune parti del battistero che non fu di facile risoluzione. 
L'opera fu smantellata e alcune parti poste per modum provisionis nella Capella a basso d a il scurolo che ha la ferata... ma non era certo la locazione più consona per le funzioni battesimali. La vasca battesimale fu quindi collocata sulla controfacciata della basilica, locazione che mantenne dal 1635 al 1691, per poi essere posta nella seconda cappella di sinistra dedicata a san Giovanni ma mancante di molte parti originarie. Quando nel Duomo si edificò la cappella del Crocifisso, il battistero fu riprogettato per essere posto nel cortile della canonica su progetto di Raffaele Dalpino

Fu solo nel 1897 che si decise la definitiva sistemazione con una rivisitazione architettonica per opera di Virginio Muzio e nel 1900 il battistero fu terminato e messo sulla piazza del Duomo di fronte al duomo di Bergamo.

Il battistero realizzato nel 1340 da Giovanni da Campione, presentava molte diversità da quello presente in piazza Duomo, la descrizione fatta da Giovanni da Lezze, e l'incisione opera di Simone Duello pubblicata dal Calvi e in seguito, da Mario Lupo permettono di averne una chiara visione. 

Il battistero, racchiuso nella cancellata ottocentesca, è a pianta ottagonale, sopra il basamento di marmo scuro del seicento vi è il trecentesco giro di colonnine in marmo rosso di Verona e rosso di Musso opera del campionese. Il numero otto per la simbologia biblica è segno di pienezza, il compimento dell'unità, e il simbolo della Grazia, il giorno dopo la creazione, nonché l'attavo giorno fu anche quello della circoncisione di Gesù, ritenuto quindi idoneo per gli edifici destinate al battesimo.

Del rifacimento ottocentesco per opera del Dalpino rimangono all'esterno le otto statue delle Beatitudini che si trovano sopra il cornicione dove poggia la cuspide, l'angelo posto sulla lanterna e la vasca battesimale visibilmente ottocentesca. Il Muzio in seguito completò l'edificio aggiungendo le cornici e le colonnine, il portale è trecentesco ma non faceva parte dell'edificio originario.

L'interno è ricco di simbologiaː la pavimentazione di marmo a due colori che converge verso la fonte battesimale simboleggia le onde del Giordano. La statua di san Giovanni Battista già presente nell'opera primaria, compie con la destra il gesto di versare l'acqua, mentre con la sinistra mostra la patena raffigurante l'agnello trafitto da una croce ma vivo, indicando il martirio e la resurrezione di Cristo. Una cupola con lucernario è il soffitto della cappella, la colomba in alto a simbologia dello Spirito Santo

Sulle paresi vi sono gli otto stupendi bassorilievi opera di Giovanni da Campione che raccontano la vita di Gesù: l'Annunciazione, la Natività, la Presentazione al Tempio, il Battesimo, la Cattura e la Condanna. la Crocifissione, la Deposizione, Resurrezione e Ascensione. Sugli spigoli vi sono le statue rappresentati i sacramenti.

Esternamente, in colore rosso, nelle nicchie degli angoli dell'ottagono, vi sono, raffigurate otto figure femminili allungate, le rappresentazioni delle virtù cardinali e teologali con le contrapposizioni dei vizi, stupendi lavori trecenteschi sempre del campionesi.

Le virtù della facciata esterna sono visibilmente differenti da quelle del 1300, non solo per il materiale ma per la loro plasticità, mentre le statue del Campionesi hanno la durezza d'espressione di sicura derivazione nordica, ma l'intensità della simbologia di un'arte che doveva non solo raffigurare ma parlare.

Proprio di fronte al Battistero, sull'area dell'antica cattedrale di San Vincenzo, fondata nella prima metà del VI secolo e sottoposta a numerose trasformazioni, sorge la cattedrale dedicata a Sant'Alessandro, patrono della città, nota comunemente come Duomo.

La storia della cattedrale è stata controversa ed oggetto di numerose supposizioni negli ultimi secoli a causa della mancanza di reperti archeologici e fonti scritte antecedenti l'età medievale. Soltanto durante i lavori di restauro, iniziati nel corso dell'anno 2004, sono stati rinvenuti resti risalenti all'età romana, che hanno permesso di ricostruire con particolare precisione sia gli edifici che si sono susseguiti nell'area che l'impianto urbano della zona in cui attualmente si trova il duomo. Sotto la pavimentazione difatti sono emersi differenti strati, ognuno dei quali corrispondente ad altrettante epoche.

Il più antico ha evidenziato la presenza di un primo luogo di culto paleocristiano, risalente al V secolo, del quale si era soltanto ipotizzata l'esistenza.  

Si ritiene che il Cristianesimo nella bergamasca, venne portato dai prigionieri romani cristiani di origine orientale, i Damnati ad Metalla che erano condannati a lavorare nelle miniere di ferro e sassi in alta Val Seriana. Diventando liberi si spostarono creando diverse comunità, anche in Bergamo. Erano comunità povere che trovarono in san Vincenzo di Saragozza martire, ma vittorioso in Cristo, il patrono per il proprio diaconato.

A questo santo venne dedicato il primo luogo di culto, in stile romanico; aveva dimensioni importanti, tanto che il perimetro dello stesso era pari a quello dell'attuale, e venne costruito al centro dell'assetto urbanistico del tempo, stravolgendone l'identità. Si consideri difatti che negli scavi è stato ritrovato in buono stato un tratto del cardo cittadino, muri appartenenti a ville patrizie e mosaici risalenti al I secolo. Questo sta ad indicare la notevole importanza che la comunità cristiana aveva già in quel periodo. Inoltre sono affiorate tombe di età longobarda ed affreschi attribuibili al Maestro della Rocca di Angera, autore anche di altre opere in chiese della città nella seconda metà del XIII secolo.

Il primo documento che testimonia l'esistenza della chiesa dedicata a San Vincenzo è del maggio 774, un testamento di Taido fu Teuderolfo con un lascito alla ecclesia Beatissime semper virginis et Dei genitrice Marie et Sancti Voincenti ecclesie Bergomensis conservato presso la biblioteca Angelo Mai, mentre dell'840 un Privilegio di Lotario I che concede al vescovo di Bergamo Aganone la facoltà di inquisire sui beni delle ecclesiae Alexandri scilicet et Vincentii beatissimorum martyrum per sanare le usurpazioni subite. Le reliquie del santo non sono mai state presenti della basilica, un documento riporta che il vescovo Ambrogio I (971-973) si recò a Cortona a prenderne la reliquia, ma arrivò con pochi giorni di ritardo, era stato infatti preceduto dal vescovo di Metz, Deodato. Ancora oggi non si conosce il luogo dove queste reliquie siano conservate. Lo spazio antistante la chiesa era chiamato Platea Sancti Vincentii.

Nel 1561, venne distrutta la chiesa di sant'Alessandro in Colonna per poter realizzare la costruzione delle mura venete. La salma di sant’Alessandro venne quindi traslata in san Vincenzo, facendo convivere le due devozioni, e i canonici dei due differenti capitoli. Si deve al vescovo Daniele Giustiniani, che nel 1687 aveva convocato il sinodo nella chiesa ancora intitolata a San Vincenzo, ma ormai dal 1688 distrutta, e il 4 novembre 1689, l'atto di sciogliere per riunire in un unico Capitolo i canonici di San Vincenzo e di San Alessandro.

La basilica venne definitivamente dedicata a sant'Alessandro nel 1704, con la traslazione delle reliquie del patrono e di altri santi bergamaschi. Di san Vincenzo non c'erano le reliquie, il vescovo Luigi Ruzzini, donò una cassa con il corpo di un martire delle catacombe di Roma di nome Vincenzo, ma questo, non poteva sopperirne alla mancanza delle reliquie originali.

A san Vincenzo venne dedicata la cappella laterale del presbiterio, ad opera di Bartolomeo Manni con la pala di Carlo Ceresa. Del primo patrono di Bergamo ne rimangono poche tracce. Il museo della basilica permette di avere una visione della primitiva chiesa e della sua trasformazione.

A metà del Quattrocento il vescovo Giovanni Barozzi decise la costruzione di un nuovo edificio religioso di maggiori dimensioni in luogo del precedente, affidando il progetto all'architetto fiorentino Filarete, che stabilì per la nuova cattedrale, intitolata non solo a san Vincenzo ma anche a sant'Alessandro, una pianta a croce latina con un'unica navata con affiancate tre piccole cappelle semicircolari per parte e con una cupola a padiglione ottagonale, mentre la chiesa precedente era a tre navate. Non fu un lavoro facile e veloce, serviva acquisire parte delle proprietà cittadine, avendo possibilità di sviluppo solo su di un lato della piazza distruggendo l'antica scalinata che dava accesso da quella che era piazza nuova al Palazzo della Ragione.

Il 3 maggio 1459 venne posata la prima pietra e già nel 1467 venne completata la prima cappella sul lato sinistro, dedicata a santa Caterina e san Girolamo. Tuttavia dopo un paio di anni i lavori subirono una brusca interruzione a causa della morte del Filarete ed alla contestuale elezione del vescovo Barozzi a patriarca di Venezia che portò al suo allontanamento. L'abbandono dei lavori, l'incendio nel 1513 dell'attiguo Palazzo della Ragione porterà il Marcantonio Michiel nel 1516 a scrivere: la celebre San Vincenzo a giacere incolta e deserta, non essendo compiuto il ristoramento delle sue rovine.

Per circa trent'anni i lavori rimasero fermi, dopodiché proseguirono a rilento: nel 1611 venne nominato a dirigere i lavori l'architetto Vincenzo Scamozzi. Il cantiere riprese vigore sul finire del secolo quando, nel 1689, l'edificio subì una ristrutturazione ad opera di Carlo Fontana, il quale innalzò la cupola, allungò l'abside e terminò finalmente i lavori nel 1693.

Nel frattempo, all'inizio del XVII secolo il vescovo Giovanni Emo aveva riunito i canonici e il 18 agosto 1697, il vescovo san Gregorio Barbarigo ottenne da papa Innocenzo XI la bolla Exponi nobis che stabiliva un'unica cattedrale, dedicando a sant'Alessandro quella che era stata san Vincenzo, e un unico capitolo. A san Vincenzo rimase una cappella sulla destra ed il transetto con una pala dipinta da Carlo Ceresa.

L'edificio subì altri rimaneggiamenti che interessarono sia il campanile, la cupola, la cappella del Crocifisso e l'interno nel corso del XIX secolo, epoca a cui risale anche la facciata, che venne inaugurata il 26 agosto 1889, giorno della festa di sant'Alessandro.

Il 26 agosto 2008 il vescovo Roberto Amadei ha inaugurato l'altare dopo le ristrutturazioni iniziate nel 2004 che hanno permesso il ritrovamento dei reperti precedentemente descritti. Dal 2012 sotto la cattedrale è aperto al pubblico il Museo della cattedale che permette di visionare e comprendere l'evoluzione del duomo fin dalla sua primitiva formazione.

L'esterno della cattedrale di Sant'Alessandro è caratterizzato dalla facciata ottocentesca in marmo bianco di Botticino. Questa dà su piazza del Duomo ed è posta perpendicolarmente rispetto a quella posteriore del palazzo della Ragione. La facciata del duomo venne iniziata nel 1866 e terminata soltanto nel 1889, seppur priva di alcuni elementi decorativi previsti dal progetto originario di completamento, realizzato tra il 1878 e il 1879 da Angelo Bonicelli.

Il prospetto è preceduto da una scalinata in granito rosso di Boveno, e presenta, nella parte inferiore, un portico a tre fornici, ciascuno dei quali è costituito da un arco a tutto sesto sorretto da pilastri. Ognuna delle due campate laterali del portico è decorata con una cupoletta internamente affrescata ed esternamente sormontata da una statua bronzea; nella fornice centrale vi sono due medaglioni raffiguranti i santi Pietro e Paolo opera di Luigi Pagani, e sopra vi è una statua più grande, raffigurante Sant'Alessandro opera di Paolo Sozzi, mentre le due statue poste sui due vani laterali raffiguranti le virtù teologali Fede e Speranza sono opera di Luigi Pagani. La parte superiore della facciata è a capanna, con una grande finestra rettangolare inquadrata fra due colonne corinzie; il coronamento è costituito da un timpano triangolare.

In corrispondenza della crociera, si eleva la cupola, terminata nel 1829 ma oggetto di un importante restauro strutturale già nel 1853. Questa presenta un alto tamburo con finestre quadrangolari ed una copertura in rame sormontata da una statua di Carlo Broggi raffigurante Sant'Alessandro vessillifero (1851), opera dorata solo nel 1984.

Sul lato a sud-ovest, sono rimaste leggibili i diversi passaggi della costruzione della basilica, identificabili i blocchi di squadrati in arenaria. La parte superiore il muro lasciato a rustico del XVIII secolo. La parte invece sotto il porticato del Palazzo della Ragione, da accesso all'area archeologica che presenta le vari fasi della storia della basilica fin dal periodo paleocristiano.

Alla sinistra dell'abside sorge la torre campanaria, costruita nel 1690 e sopraelevata nel 1850. La cella campanaria si apre su ciascuno dei quattro lati del campanile con un'ampia monofora a tutto sesto ed ospita un concerto di 6 campane.  

Sotto il portico del Palazzo della Ragione vi è l'accesso all'area archeologica che porta direttamente sotto la basilica e che permette di cogliere i vari passaggi della storia della cattedrale fin dal periodo paleocristiano. Superata una scala d'accesso ci si trova di fronte al basamento di due delle grandi colonne portanti del precedente edificio che dividevano la chiesa in tre navate, è possibile vedere anche un tratto del mosaico pavimentale del V secolo. La chiesa era di grandi dimensioni, calcolata in 45 metri di lunghezza per 24 di larghezza, sicuramente il luogo di culto più grande della città. Diversi lacerti di mosaico pavimentale sia della chiesa che di una abitazione di epoca romana, permettono la ricostruzione dei diversi periodi avendo direzioni diverse le porzioni delle musive. La pavimentazione testimonia una parte già abitata nel X secolo a.C. con residenza commerciali e civili.
A conferma che la chiesa fosse anche un cimitero, vi sono due sarcofagi e altre tombe posizionati nella parte che era presbiteriale. Uno di questo conteneva due feretri riccamente abbigliati con un bastone dipinto a fasce policrome.

Nella parete di fondo vi è un pluteo con iconostasi medioevali in pietra di Zandobbio sulle cui arcate superiori vi sono affreschi di epoche differenti non tutte identificabili, tra questi la raffigurazione di San Giovanni e una Sant'Anna Metterza con a fianco due donatori in preghiera e un san Pietro. Le raffigurazioni proseguono anche sul pilastro di destra con una santa Caterina e san Bartolomeo, un crocifisso a testimoniare che ci doveva essere un registro superiore difficile da identificare.

Alcuni affreschi sono sicuramente di epoche successive, come il Cristo Crocifisso, opera assegnata al maestro dell'albero della vita, quindi del XIV secolo. Quando nei primi anni del novecento Elia Fornoni progettò la realizzazione della cripta per la sepoltura dei vescovi, trovo parte di questa antica cattedrale ma la sua ricerca per paura di crolli non poté proseguire solo nel 2004 quando servirono nuovi lavori alla basilica superiore.

L'interno della cattedrale di Sant'Alessandro presenta una pianta a croce latina, con navata unica che si apre sulle cappelle laterali, tre per lato e volta a botte lunettata.

Nel transetto di destra vi è il grande Altare dei santi Fermo, Rustico e Procolo progettato da Filippo Juvara, in quello di sinistra l'altare dedicato alla Madonna della Pietà.

Nella prima cappella di destra intitolata a san Benedetto vi è la pala San Benedetto da Norcia fra San Gerolamo e San Lodovico da Tolosa di Andrea Previtali (1524) e in quella di sinistra Madonna con il Bambino in gloria e i santi Caterina d'Alessandria e Gerolamo di Giovan Battista Moroni (1576).

La cappella del Crocifisso conserva un crocifisso del '500 della ex Chiesa di Santa Maria di Rosate

La chiesa conserva anche altri dipinti, tra cui una Madonna dei colombi, attribuita a Giovanni Cariani, e tele di Giambettino Cignaroli e di Sebastiano Ricci.  

Il primo progetto per la realizzazione della cupola venne presentato da Carlo Fontana nel 1688. Prevedeva la realizzazione di un impianto che superasse per altezza e valore architettonico quello della vicina Basilica di Santa Maria Maggiore. Il progetto tanto esuberante intimorì il Capitolo del duomo che ne chiese il dimensionamento anche per moderarne i costi di costruzione. Ma l'architetto rispose che l'abbassamento comportava un minimo calo di spesa ma una grave perdita estetica. Si susseguirono nel tempo molti progetti, del 1826 il progetto di Carlo Amati, che però poi si ritirò dall'esecuzione. Nel 1833, per volontà dell'arcidiacono Marco Celio Passi ne fu di affidata la realizzazione a Giuseppe Cusi che aveva realizzato un progetto di proporzioni inferiori, ma fu un fallimento, lo spessore troppo esile del tamburo comprometteva la stabilità della cupola in muratura che rivestita in rame venne chiamata lo sgarbato pentolone. Dopo ben otto tentativi l'arcidiacono Pietro Rusca, invitò tre architetti, tra questi Giuseppe Berlendis che si incaricò del novo progetto e della realizzaizione. La cupola venne eretta dal 1853 al 1855. 

La cupola emisferica, si presenta in altezza superiore, come era il primario progetto del Fontana, da quella di santa Maria Maggiore, anche se sicuramente di proporzioni inferiori al progetto originaior. All'esterno la stabilità è assicurata da tre gradoni, sulla sua sommità venne posta la statua in rame di sant'Alessandro. L'interno è stato affrescato da Francesco Coghetti che lega armoniosamente con il resto della cattedrale.

Si accede al presbiterio da una scala composta da sette gradini in marmo bianco con una balaustra marmorea nera.

Al centro, si trova il moderno altare, opera eseguita dopo il Concilio Vaticano II, è composto da mensa in marmo con il prezioso paliotto argenteo seicentesco al centro del quale si trova l'urna d'argento contenente le spoglie di Sant'Alessandro martire eseguita dall'orafi Pietro Roberti e donata dal consiglio della città nel 1702.

L'altare maggiore opera di Cesare Targoni venne realizzato nel 1588, decorato di marmi policromi e figure in metallo dorato, si presenta a forma di tempietto semiottagonale e suddiviso in tre ordini. Sul primo ordine vi sono collocate le immagini dei quattro evangelisti, in quello superiore san Pietro e san Paolo, mentre sulle sommità l'immagine di Cristo risorto. Nella portella al centro il dipinto di Enea Salmeggia raffigurante il Redentore, del medesimo artista l’Ultima cena dipinta sul retro dell'altare.

Sei grandi angioletti sorreggono il ciborio, sono opera successiva di Antonio Fontana, del 1715, quando si aveva l'impressione che l'altare fosse troppo semplice rispetto alla maestosità della basilica, realizzati su disegno di Marco Alessandri.

Nell'abside maggiore, dietro l'altare, realizzato in marmi policromi su disegni di Filippo Juvara, sono collocati sette grandi dipinti, al centro il Martirio di sant'Alessandro opera del 1694 di Nicola Malinconico, la Consacrazione episcopale di San Narno opera di Francesco Polazzo, la Predicazione di San Viatore opera di Francesco Monti, il Martirio di san Giovanni vescovo di Giambattista Tiepolo (1743-1745), il Martirio di san Proiettizio di Gian Bettino Cignaroli, il Martirio di sant’Esteria di Giovanni Battista Pittoni e il Martirio di san Giacomo opera di Silvestro Mainago. Il Sant'Alessandro nel catino absidale è opera di Carlo Innocenzo Carloni.

Sempre nell'abside vi è un coro ligneo intagliato da Gian Carlo Sanz (sec. XVIII). La commissione dell'opera è datata 1693 e terminata nel 1698. Il coro è composto da 44 stalli per i canonici dal capitolo, e altrettante cariatidi raffiguranti alcuni temi biblici, con una lunghezza di 30 metri e una altezza di 3,5. Nella ventiduesima cariatide l'autore si è autoritratto firmandosi Joannes Carolus Sanz Sculpsit 1695. Al Sanz si attribuisce anche il bassorilievo cui è dovuto a marmoreo della Vita di Cristo posto al di sopra dell'altare del transetto sinistra.
La cattedra vescovile posta al centro del coro è opera di Andrea Fantoni del 1705, con in alto il blasone del vescovo Luigi Ruzzini. e due medaglie lignee raffiguranti Salomone e Il tempio di Gerusalemme e L'unzione di Samuele al re Davide. La cattedra è completata da un inginocchiatoio.

Nella sagrestia sono conservate opere di Giovan Battista Moroni e uno scomparto che faceva parte di un polittico ligneo quattrocentesco, intagliato e dorato.  

Basilica Santa Maria Maggiore
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Probabilmente iniziata nel 1157, la basilica di Santa Maria Maggiore presenta una commistione di influssi e di stimoli provenienti da aree geografico-culturali diverse, tale da evidenziare sin dall'inizio la vivacità culturale di questo edificio, pur nato in terra di provincia. Santa Maria Maggiore fu costruita nel XII secolo nel luogo mi cui sorgeva un'altra chiesa di dimensioni inferiori, dedicata anch'essa alla Vergine e la sua costruzione si prolungò nel XIII.

L'evoluzione della Basilica è legata alla presa di coscienza del popolo, che ebbe in essa il suo punto di riferimento: la chiesa fu oggetto di cure attente ed assidue con il continuo accrescimento e mantenimento delle opere d'arte ivi contenute.

Dal punto di vista urbanistico, l'area in cui sorse la Basilica era da sempre il fulcro politico e spirituale della città e all'interno la chiesa svolse sin dall'inizio una funzione centrale. Per quanto riguarda l'aspetto della chiesa all'esterno, Santa Maria Maggiore non ebbe mai in realtà una facciata vera e propria, bensì solo ingressi laterali, due principali e due secondari. Addossata al lato occidentale della Basilica esiste invece un'aula quadrangolare, divisa da un arcone e coperta da affreschi trecenteschi; nella parete dell'aula che coincide con il lato occidentale della chiesa si apriva una bifora, ora murata, con le effigi affrescate di San Narno e San Viatore, i primi due vescovi dì Bergamo: la posa ieratica, i volumi appiattiti e il gusto decorativo li dicono duecenteschi.

Proseguendo il giro, si oltrepassa il fianco nord-ovest, ora occupato dalla cappella Colleoni,  ma originariamente costituito da un'absidiola simmetrica a quelle tuttora esistenti, e si giunge al fronte settentrionale del transetto. Il grande portale campionese del 1351-53, è a tre ordini.

Particolarmente ricca la strombatura del portale,  con colonnette tortili o spinate alternate a formelle con teste di personaggi laici o ecclesiastici e con scene di pastorizia. La pianta è a croce greca poliabsidata: del primitivo giro di absidi, quella maggiore centrale e le quattro minori ai lati del transetto, ne restano visibili quattro all'esterno e tre all'interno. L'absidiola di nord-ovest venne abbattuta alla fine del XV secolo per consentire l'erezione della cappella Colleoni.  

Il tessuto murario ci rivela alcuni particolari sulle vicende originarie della chiesa, costruita in due tempi, prima la zona orientale e una porzione del transetto, poi la zona occidentale. Le due fasi sono distinguibili per la diversa lavorazione del materiale usato, l'arenaria: a blocchi grandi e ben squadrati nella prima fase, a blocchi piccoli e irregolari nella seconda.

Le mutate disponibilità finanziarie si riflettono anche nella struttura delle absidi: le tre orientali, costruite nella fase "ricca", sono più accurate ed eleganti per proporzioni e corredo decorativo, quella occidentale risulta più povera per materiali e invenzioni ornamentali. Lo schema costruttivo di queste absidi, a due ordini con un primo piano costituito da finestre strombate e un secondo piano costituito da una galleria praticabile, deriva da un modulo nato in ambiente lombardo e sviluppatosi nella zona del Reno.

La cupola, all'incrocio del transetto con la navata centrale, a pianta ottagonale irregolare, è costituita da tre gallerie degradanti; il suo slancio verticale e la snellezza delle proporzioni è da accomunarsi a cupole renane coeve.

All'esterno furono poi aggregati (XII-XIII secolo) una serie di spazi semicoperti, portici e corti, ora non più esistenti, usati per la discussione e l'espletamento di affari pubblici e privati.

Nel XIV secolo i lavori furono ripresi da maestri campionesi, mentre nel successivo riguardarono l'innalzamento del campanile di Bertolasio Moroni (1436-59), la demolizione della vecchia sagrestia (1472) e la costruzione della nuova (1485-91). L'ultimo tocco all'esterno venne dato nel 1521 da Pietro Isabello col portalino di sud-ovest, detto porta della Fontana. All'interno la chiesa si presentava scandita su due piani: le navate, centrale e laterali, il transetto e il presbiterio con cappella maggiore e cappelle laterali minori al piano inferiore; i matronei, nella zona destinata ai fedeli e in quella destinata al clero, al piano superiore.

Ora questi locali sono raggiungibili solo immettendosi nel complicato sistema di scale e percorsi che si snodano nell'intercapedine esistente tra muro esterno e muro interno.

L'interno oggi si presenta in condizioni molto diverse rispetto al rigore e all'imponenza della situazione originaria, per le trasformazioni avvenute in età manieristica e barocca. Dalla fine del XVI secolo e per tutto il XVII ebbe luogo l'opera di stuccatura delle volte, di occlusione dei matronei, di foderatura delle primitive colonne con lesene corinzie.

Con il XIV secolo ha inizio la ricca storia della decorazione di Santa Maria Maggiore: volendo condensare la vasta impresa per fasi cronologiche, si dovrà dividere una prima fase, dal XII al XV secolo, in cui la chiesa è assolutamente lombarda, una fase intermedia, nel XVI secolo, di apertura a medio raggio, Veneto e Toscana, e una fase finale, dal XVII al XIX secolo, di apertura a scala nazionale ed europea. 

Da uno sguardo complessivo alla decorazione di Santa Maria maggiore scaturisce nuovamente la valenza civica della Basilica. 

Entrando dal portale che si affaccia su piazza Duomo, sulla sinistra si ammirano gli affreschi trecenteschi raffiguranti L'ultima Cena e la Storia di Sant'Eligio, venuti in luce nel 1937 e restaurati nel 1944.

Si segnalano alcuni interventi artistici di particolare interesse: nell'absidiola di nord-est una pala d'altare di Gian Paolo Lolmo, Madonna con Bambino e Santi Rosso e Sebastiano (1587). Nell'alto della testata, Mosè che disseta gli Ebrei di Antonio Zanchi (1670). Nella tela che copre il finto organo sopra l'arco a sinistra del presbiterio, Nascita di Gesù di Gian Paolo Cavagna (1593). Ai pilastri d'ingresso al presbiterio due pulpiti marmorei tardo rinascimentali (1591-1602) da cui partono scale con bellissime ringhiere in bronzo eseguite dal bresciano Camillo Capi (1603). 

La cupola assunse la forma attuale nel 1614 su disegno di Lorenzo Binago e di Francesco Maria Ricchino. Gli affreschi che l'adornano (angeli e profeti) sono in gran parte del Cavagna.

Nel coro cinquecentesco, ideato da Bernardo Zenale, quattro grandi tarsie su disegno di Lorenzo Lotto (1522-55), intitolate Passaggio del Mar Rosso, Diluvio Universale, Giuditta e Oloferne, Davide e Golia. La volta è decorata con quattro ovali (Annunciazione, Visitazione, Nascita e Presentazione di Maria) di Francesco Bassano il Giovane.

Proseguendo il giro, nell'absidiola di sud-est una pala d'altare di Francesco Bassano raffigurante L'Ultima Cena (1586). A lato L'Albero di San Bonaventura, affresco del 1347. Sul lato opposto all'abside il monumento del cardinal Guglielmo Longhi, del XIV secolo, di Ugo Campione; il monumento al musicista Simone Mayr, maestro di Donizetti (1852); la Crocifissione, arazzo su cartone del fiammingo Louis Van Schoor (1696-98); il monumento a Gaetano Donizetti, di Vincenzo Vela (1855) e il Confessionale eseguito da Andrea Fantoni nel 1705.

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Novembre 2006 - Novembre 2007