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I
primi segni della presenza umana sul
territorio di Strozza risalgono all'epoca
romana, come documentato dal ritrovamento di
un acquedotto posto sulle pendici del monte
Albenza, situato sulla destra orografica del
paese. Tuttavia risalgono
approssimativamente all'anno 1000 le origini
del borgo, posto all'imbocco della valle.
Qui i monti si avvicinano notevolmente
creando una strozzatura, per poi aprirsi in
quella che è la valle Imagna. Da questa
situazione deriva quindi il toponimo
Strozza. È in epoca medievale che il paese
comincia ad assumere una fisionomia ben
precisa, anche se nei secoli precedenti vi
erano alcuni insediamenti abitativi sparsi.
In
quel periodo nella zona imperversarono
scontri cruenti, molto più che nelle altre
zone della provincia bergamasca, tra guelfi
e ghibellini. Questo per il fatto che la
valle Imagna, prevalentemente guelfa, era in
netta contrapposizione con l'attigua valle
Brembilla, schierata con i ghibellini. In
tutta la zona sorsero castelli e
fortificazioni, e Strozza non fu da meno: a
tal riguardo esistono alcuni resti di
costruzioni, tra le quali spiccano
case-torri e nuclei fortificati risalenti ad
un periodo compreso tra il XII ed il XIII
secolo. I primi scontri videro prevalere i
guelfi, tanto che i ghibellini chiesero
aiuto ai Visconti, signori di Milano. Questi
riuscirono a sconfiggere gli avversari e ad
estendere il proprio dominio sulle valli
della zona. Il modo con cui infierirono
sugli avversari portò i guelfi a cercare più
volte la vendetta con ulteriori uccisioni.
Dopo
continui ribaltamenti di fronte il dominio
dei Visconti e dei ghibellini fu definitivo,
anche se il rancore guelfo dava spesso
seguito a rivolte popolari, spesso soffocate
con le armi. La situazione si rovesciò
quando la zona passò sotto il controllo
della repubblica di Venezia che, in
contrapposizione con i Visconti, sosteneva
lo schieramento guelfo. Seguirono
distruzioni nei confronti dei possedimenti
ghibellini, mentre i paesi guelfi, tra cui
Strozza, ebbero un trattamento di favore.
Primo
borgo all'imbocco della valle Imagna,
Strozza posto a “sentinella “ dei tesori
naturalistici che la valle racchiude. Il
nome deriva dalla particolare morfologia
della valle, segnata dal torrente Imagna,
che separa i due versanti in questo tratto
finale, dove si inforra per circa due
chilometri prima di confluire nel fiume
Brembo, a Clanezzo.
Non
vi sono insediamenti abitativi, il versante
è coperto da un fitto bosco, alla cui base
si snoda il “Sentiero naturalistico del
Chitò” che, partendo da Clanezzo,
percorre un dismesso canale idroelettrico
per poi scavalcare l'Imagna in prossimità
di Strozza con un ardito ponte canale in
pietra. Il sentiero di recente
riconfigurazione percorre tratti di
particolare interesse naturalistico con
sorgenti incrostanti con fenomeni di
deposito concrezionale, rari per la
bergamasca. Il versante in destra
idrografica è più acclive e consente
l'insediamento di Strozza con i quartieri di
Cà Brozzo e Cà Campo e con la frazione di
Amagno.
Nel
centro abitato si possono ancora ammirare
numerose costruzioni risalenti all'epoca
medievale, tra cui alcune case fortificate
con tanto di torre, ma anche contrade molto
caratteristiche e costruzioni in stile
rustico. In ambito religioso riveste grande
importanza la chiesa parrocchiale di
Sant'Andrea. Già citata in documenti
risalenti al XIV secolo, ma parzialmente
ricostruita nel XVIII secolo ed
ulteriormente ristrutturata nei secoli
successivi. Durante una di queste
ristrutturazioni è emersa la muratura della
parete meridionale della struttura
quattrocentesca, con due monofore ad arco
trilobato. All'interno notevoli sono gli
intarsi dorati presenti nell'altare maggiore
e nel coro, nonché l'organo di produzione
della famiglia Serassi.
Ca'
Campo
Un
pugno di case strette intorno al piccolo
oratorio a San Pantaleone, quasi in sua
difesa. Cà Campo non fu mai isolato grazie
alla rete di mulattiere, che qui formano un
crocevia. Vi si transitava per entrare ed
uscire dalla valle. Visitare Cà Campo,
passeggiare nei suoi stretti viottoli ripaga
del breve tempo ad esso dedicato.
La
suggestione è forte: angoli medioevali
intatti, portali in pietra, balconi in legno
e case torri; infine l'oratorio
Quattrocentesco di San Pantaleone pregevole
opera della fede nel culto della statua di
San Momà, il santo protettore delle
puerpere senza latte.
Amagno

Percorrendo
la via principale, che fiancheggia la chiesa
parrocchiale, dopo alcune centinaia di metri
si entra nel borgo medioevale di Amagno.
All'imbocco si viene accolti dalla severa
facciata della casa della famiglia Gavazzeni
de Gaiboni: proseguendo si giunge nella
piazzetta del lavatoio dominato dalla
facciata Est della Cà del Maestro con il
portone di accesso e l'ampia finestrata del
nuovo Museo Valdimagnino.
Per
scoprire la parte più suggestiva di Amagno
occorre inoltrarsi su per l'androne, che
sottopassa la Cà del Maestro: qui c'è il
vero cuore del borgo, una piazzetta
lastricata in pietra, sulla quale si
affacciano storici edifici quali un'austera
ed elegante casa torre medievale e la
secentesca Cà del Maestro. Questo
palazzetto, ripristinato alle sue
architetture originali, offre al piano terra
un porticato con due grandi archi, sostenuti
da un poderoso pilastro centrale, ed al
primo piano una loggetta sorretta, da una
serie di eleganti colonnine.
Sul
fondo della piazzetta, protetta da una
ringhiera, c'è la botola della ghiacciaia.
Prima che “La Ghiacciaia” venisse aperta
al pubblico, pochi conoscevano il segreto,
che celava la Cà del Maestro: un condotto
sotterraneo dipartiva da uno dei locali,
posti sul lato strada, portava ad un vano di
forma cilindrica con copertura a volta,
adibito a ghiacciaia. È una splendida
struttura rimasta intatta, nonostante abbia
un paio di secoli o forse più. Sulla volta
è visibile l'apertura con la botola, dalla
quale nei mesi invernali veniva introdotta
la neve.
Il
Museo Valdimagnino occupa i due locali
antistanti il cunicolo, che porta alla
ghiacciaia. Dopo un recente restauro ora
ospita tanti oggetti del passato
valdimagnino. Molto interessante il camino
con “nicia”, scoperto dopo la
demolizione di una parete, che lo
nascondeva. Seduto nella nicchia sta
Pierino, il fantasma della ghiacciaia! Nelle
visite, compiute dagli alunni di alcune
scuole elementari della Valle Imagna al
Museo Valdimagnino, i bambini si sono
affezionati a questo particolare nonno, che
provvede a curare gli oggetti custoditi nel
museo.
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