Il Colosseo,
originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio (in latino: Amphitheatrum Flavium) o semplicemente Amphitheatrum (in
latino: Anfiteatro), situato nel centro della città di Roma, è il più grande anfiteatro romano del
mondo (in grado di contenere un numero di spettatori
stimato tra 50 000 e 87 000). È il più importante
anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento
dell'antica
Roma che
sia giunto fino a noi.
Inserito
nel 1980 nella lista dei Patrimoni
dell'umanità dell'UNESCO - insieme all'intero Centro
storico di Roma,
alle Zone
extraterritoriali della Santa Sede in Italia e
alla Basilica
di San Paolo fuori le mura - nel 2007,
unico monumento europeo, è stato anche inserito fra le Nuove
sette meraviglie del mondo a
seguito di un concorso organizzato da New Open
World Corporation (NOWC).
Il
nome "Colosseo" si diffuse solo nel Medioevo, e deriva dalla deformazione popolare dell'aggettivo latino
"colosseum" (traducibile in
"colossale", come appariva nell'Alto
Medioevo tra
le casette a uno o due piani) o, più probabilmente, dalla vicinanza della colossale
statua acrolitica di Nerone che
sorgeva nei pressi. Presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione
di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a
definire modelli per lo svago e il divertimento del
popolo.
Anticamente
era usato per gli spettacoli dei gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, battaglie
navali,
drammi basati sulla mitologia classica e rievocazioni di
battaglie famose). La tradizione che lo vuole luogo di
martirio di cristiani è infondata. Non più in uso dopo il VI
secolo, l'enorme struttura venne riutilizzata nei secoli, anche come cava di
materiale. Oggi è un simbolo della città di Roma e una
delle maggiori attrazioni turistiche sotto forma di monumento
archeologico regolarmente
visitabile.
La
costruzione iniziò fra il 70 e il 72 sotto
l'imperatore Vespasiano, della dinastia
flavia. I lavori furono finanziati, come altre opere
pubbliche del periodo, con il provento delle tasse
provinciali e il bottino del saccheggio
del tempio di Gerusalemme (70). Nel
1813 fu rinvenuto un blocco di marmo reimpiegato in
epoca tarda, che recava ancora i fori delle lettere di
bronzo dell'iscrizione dedicatoria, in origine posta
sopra un ingresso: il testo è stato ricostruito nel
modo seguente:
(LA)
«I[MP(ERATOR)]
CAES(AR)
VESPASI[ANUS AUG(USTUS)]
AMPHITEATRU[M NOVUM]
[EX] MANUBI(I)S [FIERI IUSSIT]»
|
(IT)
«L’imperatore
Cesare
Vespasiano Augusto
fece erigere il nuovo anfiteatro
con i proventi del bottino.»
|
(CIL VI,
40454a2.)
|

L'area
scelta era una vallata tra la Velia, il colle Oppio e
il Celio, in cui si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato
dal poeta Marziale),
fatto scavare da Nerone per la propria Domus
Aurea.
Questo
specchio d'acqua, alimentato da fonti che sgorgavano
dalle fondazioni del Tempio
del Divo Claudio sul
Celio, venne ricoperto da Vespasiano con un gesto
"riparatorio" contro la politica del
"tiranno" Nerone, che aveva usurpato il terreno pubblico e lo aveva destinato a uso proprio.
Vespasiano fece dirottare l'acquedotto per uso civile,
bonificò il lago e vi fece gettare delle fondazioni, più
resistenti nel punto in cui avrebbe dovuto essere
edificata la cavea.
Vespasiano
vide la costruzione dei primi due piani e riuscì a
dedicare l'edificio prima di morire nel 79. L'edificio era il primo grande anfiteatro stabile di Roma, dopo due strutture minori o provvisorie di epoca
giulio-claudia (l'amphiteatrum
Tauri e
l'amphiteatrum
Caligulae)
e dopo 150 anni dai primi anfiteatri in Campania.
Tito aggiunse
il terzo e quarto ordine di posti e inaugurò
l'anfiteatro con cento
giorni di giochi nell'80. Poco dopo il secondo figlio di Vespasiano, l'imperatore Domiziano, operò notevoli modifiche, completando l'opera ad clipea (probabilmente scudi decorativi in bronzo dorato), aggiungendo forse il maenianum summum in ligneis e realizzando i sotterranei dell'arena: dopo il completamento dei
lavori non fu più possibile tenere nell'anfiteatro le naumachie (rappresentazioni di battaglie navali), che invece le fonti riportano
per l'epoca precedente.
Contemporaneamente
all'anfiteatro furono innalzati alcuni edifici di
servizio per i giochi: i ludi (caserme
e luoghi di allenamento per i gladiatori, tra cui sono
noti il Magnus, il Gallicus, il Matutinus e il Dacicus),
la caserma del distaccamento dei marinai della Classis
Misenensis (la flotta
romana di
base a Miseno)
adibiti alla manovra del velarium (castra misenatium), il summum choragium e gli
armamentaria (depositi delle armi e delle
attrezzature), il sanatorium (luogo di
cura per le ferite dei combattimenti) e lo spoliarum, un
luogo in cui venivano trattate le spoglie dei gladiatori
morti in combattimento.
Nerva e Traiano fecero dei lavori, attestati da alcune iscrizioni, ma il primo intervento di restauro si ebbe sotto Antonino
Pio.
Nel 217 un incendio, innescato presumibilmente da un fulmine, fece crollare le
strutture superiori; i lavori di restauro fecero
chiudere il Colosseo per cinque anni, dal 217 al 222, e i giochi si trasferirono al Circo
Massimo. I lavori di restauro furono iniziati sotto Eliogabalo (218-222) e portati avanti da Alessandro
Severo,
che rifece il colonnato sulla summa cavea.
L'edificio fu riaperto nel 222, ma solo sotto Gordiano
III i lavori poterono dirsi conclusi, come sembra anche dimostrare la
monetazione di questi due imperatori. Un altro incendio causato da un fulmine fu all'origine dei lavori di
riparazione ordinati dall'imperatore Decio nel 250.
Dopo
il sacco
di Roma del 410 per opera dei Visigoti di Alarico,
sul podio che circondava l'arena fu incisa un'iscrizione
in onore dell'imperatore Onorio,
forse in seguito a restauri. Onorio proibì i ludi
gladiatori e da allora fu adibito alle venationes. L'iscrizione fu successivamente cancellata e riscritta per ricordare
grandi lavori di restauro dopo un terremoto nel 442, per opera dei praefecti
urbi Flavio
Sinesio Gennadio Paolo e Rufio
Cecina Felice Lampadio. Costanzo
II lo ammirò sommamente.
Altri restauri a seguito di terremoti si ebbero ancora nel 470, per opera del console Messio
Febo Severo.
I restauri continuarono anche dopo la caduta
dell'impero: dopo un terremoto nel 484 o nel 508 il praefectus
urbi Decio
Mario Venanzio Basilio curò
i restauri a proprie spese.
Le venationes proseguirono fino all'epoca di Teodorico.
Abbiamo i nomi delle più importanti famiglie senatorie
dell'epoca di Odoacre iscritte sui gradus: tale usanza è molto più antica, ma
periodicamente i nomi erano cancellati e sostituiti con
quelli dei nuovi occupanti (anche a seconda del diverso
grado tra clarissimi, spectabilis e illustres),
per cui restano solo quelli dell'ultima redazione prima
del crollo dell'impero.
Dopo l'abbandono fu adibito nel VI
secolo ad area di sepoltura e poco dopo utilizzato come castello. Tra il VI e il VII secolo fu fondata all'interno del Colosseo una cappella
oggi nota come chiesa
di Santa Maria della Pietà al Colosseo. Sotto papa Leone
IV fu
gravemente danneggiato da un terremoto (847 circa). Il grande terremoto
del 1349 provocò
il crollo dell'esterno lato sud, costruito su un terreno
alluvionale instabile. A lungo utilizzato
come fonte di materiale edilizio,
nel XIII
secolo fu occupato da un palazzo dei Frangipane,
successivamente demolito, ma il Colosseo continuò a
essere occupato da altre abitazioni.
I
blocchi di travertino furono sistematicamente asportati nel XV w XVI
secolo per nuove costruzioni, e blocchi caduti a terra furono ancora
utilizzati nel 1634 per
la costruzione di Palazzo
Barberini e
nel 1703, dopo un altro terremoto,
per il porto
di Ripetta.
Nel corso del Giubileo del 1675 assunse il carattere di luogo sacro in memoria dei molti martiri
cristiani qui condannati al supplizio. Nel 1744 papa Benedetto
XIV ordinò
la fine delle spoliazioni con un editto e vi fece costruire le quattordici edicole della Via
Crucis, e nel 1749 dichiarò
il Colosseo chiesa consacrata a Cristo e ai martiri
cristiani.
Liberato
in due grandi riprese, con gli scavi diretti da Carlo
Fea, Commissario per le Antichità, nel 1811 e 1812 e
con quelli di Pietro
Rosa (1874-1875), agli inizi dell'Ottocento,
oltre a essere oggetto dei più fantasiosi progetti di
riuso fino alla metà del Settecento, il Colosseo era staticamente compromesso, dopo esser stato per secoli
abitato, adibito a luogo di culto cristiano e utilizzato
come cava di travertino. Uno dei principali e più evidenti problemi era l'interruzione brusca
dell'anello più esterno nei lati in corrispondenza
delle attuali via di San Giovanni in Laterano e via
dei Fori Imperiali che
furono non a caso oggetto dei restauri più importanti.
Il Fea descrisse pure le possibili motivazioni della
presenza di fori sulle pietre del monumento
interpretandoli come sistema per rimuovere le grappe
metalliche che tenevano unite le pietre.
Dopo l'istituzione di una commissione straordinaria da
parte di papa
Pio VII, i primi restauri iniziarono dopo il 1806, anno in cui un violento terremoto compromise la statica dei due lati
liberi dell'anello più esterno. Il terremoto aveva
particolarmente aggravato la situazione del terzo anello
sul lato occidentale dove, a causa di conci ormai
pericolanti, era richiesto un intervento di emergenza.
Dopo
il puntellamento dei conci, furono immediatamente
montati i ponteggi per la creazione di uno sperone che
facesse da contrafforte. Raffaele
Stern escogitò
due modalità di intervento da sottoporre al vaglio
dell'Accademia
di San Luca:
"per via di togliere", che consisteva
nell'eliminazione della parte di attico e delle arcate
del terz'ordine danneggiate, soluzione scartata, e
"per via d'aggiungere", poi
effettivamente realizzata con l'aggiunta di uno sperone
in laterizio.
Le
prime due arcate di ogni ordine furono tamponate e lo
sperone rustico fu realizzato privo delle forme
architettoniche delle arcate esistenti a causa
dell'emergenza e della necessità di praticare
l'intervento in economia e rapidità. Anche i conci
puntellati, caricati successivamente di significato
romantico e descritti come bloccati nell'atto della
caduta, non sono in realtà che il frutto di un
intervento d'emergenza. Stern aveva inizialmente pensato
di tinteggiare lo sperone, poi ironicamente chiamato
“stampella”, con un intonaco color travertino per evitare l'eccessivo contrasto con le parti autentiche, ma la
tinteggiatura non fu mai realizzata.
Giuseppe
Valadier,
che
si
era
già
interessato
del
Colosseo
nel 1815 con
un Progetto
per
chiudere
decentemente
l'Anfiteatro
Favio
mediante
cancellate,
si
occupò
nel 1823 del
recupero
dell'anello
perimetrale
nel
lato
verso
i
fori.
La
differenza
sostanziale
fra
l'impostazione
del
restauro
di
Stern
e
quello
di
Valadier
è
che,
mentre
il
primo
fu
realizzato
sotto
il
pericolo
di
un
crollo
imminente,
l'altro
poté
essere
praticato
in
tutta
calma.
A
dieci
anni
dall'inizio
dei
lavori,
l'opera
fu
celebrata
da Giuseppe
Valadier al
pari
di
una
nuova
architettura
in Opere
di
Architettura
ed
Ornamento,
ove
descrisse
e
illustrò
minuziosamente
il
cantiere
dalla
costruzione
delle
impalcature
alla
fine
del
restauro,
esaltandolo
come
una
delle
sue
più
grandi
realizzazioni.
Dagli anni
trenta fino
alla
conclusione
dei
lavori
avvenuta
a metà
del
secolo,
i
lavori
passarono
sotto
la
direzione
di Gaspare
Salvi e Luigi
Canina.
Il
primo intervento di Salvi riguardò la parte più
gravemente compromessa dell'intera costruzione rimasta
in piedi: il terzo anello sul lato dell'attuale via San
Gregorio. Su delle basi in travertino Salvi costruì un
completamento con archi in laterizio su
imposte di travertino; dagli archi fece partire dagli speroni per ricollegare la parte di nuova
costruzione alla parte antica, che fu così staticamente
assicurata. I nuovi archi sono segnalati da mattoni
bipedali disposti radialmente. I riempimenti dei muri
radiali sono realizzati in travertino al primo ordine e in laterizio negli ordini superiori, mentre i
pilastri di restauro sono interamente in mattoni. Alla
morte di Salvi, Canina assunse la direzione dei lavori,
risolvendo sullo stesso lato un problema di strapiombo
verso l'interno della parte più alta della costruzione,
che fu assicurata con tiranti in ferro ai contrafforti
in mattoni di nuova costruzione.
L'ultimo
grande
intervento
fu
operato
sul
lato
a
nord,
verso
l'attuale
via
degli
Annibaldi,
il
più
conservato
con
l'eccezione
dell'attico,
che
presentava
uno
strapiombo
di
oltre
60
centimetri
fuori
dall'asse.
Era
dunque
necessario
costruire
un
sostegno
per
la
parte
più
esterna
strapiombante.
Fu
così
costruito
verso
l'interno
un
abbozzo
di
quart'ordine
nel
secondo
anello,
in
cui
furono
affondate
catene
binate
per
assicurare
la
parte
d'attico
non
più
in
asse.
I
resti
della Meta
Sudans,
la
fontana
flavia,
furono
demoliti
definitivamente
tra
il 1933 e
il 1936,
insieme
ai
resti
della
base
del Colosso
di
Nerone durante
i
lavori
per
la
costruzione
di
via
dell'Impero,
attuale via
dei
Fori
Imperiali,
voluta
da Mussolini.
Fra
il 1938 e
il 1939 furono
completamente
scavate
le
strutture
sotterranee
dell'arena,
in
parte
alterate
dalle
ricostruzioni.
Dal 2002 il
Colosseo
è
raffigurato
sul
rovescio
della
moneta
da 5
centesimi
di
euro coniata
dalla Repubblica
Italiana.
Nel 2007 il
complesso
è
stato
inserito
fra
le
"Sette
meraviglie
del
mondo
moderno". Il
Colosseo
al
giorno
d'oggi
è
la
maggiore
fonte
turistica
ed
è
il
simbolo
di
Roma.

ORIGINI
DELL'ATTUALE
NOME
-
Nelle
vicinanze
era
presente
una statua
colossale
di
Nerone in bronzo,
dalla
quale
si
dice
derivi
il
nome
Colosseo,
attestato
a
partire
dal Medioevo e
legato
anche
alle
dimensioni
colossali
dell'edificio.
Dopo
l'uccisione
di Nerone,
la
statua
fu
rimodellata
per
raffigurare Sol
Invictus,
il dio
Sole,
aggiungendo
intorno
alla
testa
i
raggi
della
corona
solare. Il
Colosso
fu
quindi
spostato
dalla
sua
originale
collocazione,
l'atrio
della Domus
Aurea,
per
far
posto
al tempio
di
Venere
e
Roma sotto Adriano,
nel 126. Il
sito
del
basamento
della
statua
colossale
dopo
lo
spostamento
è
segnato
da
un
moderno
basamento
in tufo.
La
colossale
statua
di Nerone fu
abbattuta
in
età
imperiale
ed
è
difficile
che
se
ne
serbasse
il
ricordo
nel VI
secolo.
Il
notaio
e
giudice
Armannino
da
Bologna,
nel XIV
secolo,
sosteneva
che
il
Colosseo
fosse
il
principale
luogo
pagano
del
mondo.
Secondo
la
sua
interpretazione
«il
Colosseo
era
diventato
la
sede
di
alcune
sette
di
maghi
ed
adoratori
del
demonio.
A
chi
si
avvicinava
era
chiesto:
"Colis
Eum?"
(cioè
"adori
lui?",
intendendo
il
diavolo)
a
cui
bisognava
rispondere
"Ego
Colo"». Papa
Benedetto
XIV fece
esorcizzare
il
Colosseo
e lo
consacrò
alla
memoria
della
passione
di Cristo e
di
tutti
i
santi.
Descrizione
STRUTTURA
-
L'edificio
poggia
su
una
piattaforma
in travertino sopraelevata
rispetto
all'area
circostante.
Le
fondazioni
sono
costituite
da
una
grande
platea
in tufo di
circa
13 m
di
spessore,
foderata
all'esterno
da
un
muro
in laterizio.
La
struttura
portante
è
costituita
da pilastri in
blocchi
di
travertino,
collegati
da perni:
dopo
l'abbandono
dell'edificio
si
cercarono
questi
elementi
metallici
per
fonderli
e
riutilizzarli,
scavando
i
blocchi
in
corrispondenza
dei
giunti:
a
questa
attività
si
devono
i
numerosi
fori
ben
visibili
sulla
facciata
esterna.
I
pilastri
erano
collegati
da
setti
murari
in
blocchi
di tufo nell'ordine
inferiore
e in
laterizio
superiormente.
La
cavea
era
sostenuta
da
volte
a
botte
trapezoidali
volte
a
crociera
e
archi
che
poggiavano
sui
pilastri
di
travertino
e
sui
setti
radiali
di
tufi
o
mattoni.
All'esterno
è
usato
il travertino,
come
nella
serie
di
anelli
concentrici
di
sostegno
alla cavea.
In
queste
pareti
anulari
si
aprono
vari
archi,
decorati
da paraste che
li
inquadrano.
Le volte
a
crociera (tra
le
più
antiche
del
mondo
romano)
sono
in opus
caementicium e
spesso
sono
costolonate
tramite
archi
incrociati
in laterizio,
usato
anche
nei
paramenti.
I
muri
radiali,
oltre
i
due
ambulacri esterni,
sono
rafforzati
da
blocchi
di tufo.
Un
complesso
sistema
di
adduzione
e
smaltimento
idrico
consentiva
la
manutenzione
dell'edificio
e
alimentava
le
fontane
poste
nella
cavea per
gli
spettatori.
FACCIATA
ESTERNA
- La facciata esterna
(alta
fino
a
48,50
m)
è
in travertino e
si
articola
in
quattro
ordini,
secondo
uno
schema
tipico
di
tutti
gli
edifici
da
spettacolo
del
mondo
romano:
i
tre
registri
inferiori
con
80
arcate
numerate,
rette
da pilastri ai
quali
si
addossano
semicolonne,
mentre
il
quarto
livello
(attico)
è
costituito
da
una
parete
piena,
scandita
da lesene in
corrispondenza
dei
pilastri
delle
arcate.
In
queste
arcate
erano
collocate
80
statue
di
bronzo
dorato
che
spiccavano
sul
candore
del
travertino
con
un
effetto
a
distanza
di
grande
splendore.
Gli
ordini
per
ogni
piano
sono
dorico,
ionico
e
corinzio.
L'ultimo
piano
è
pure
definito
in
stile
corinzio.
Nei
tratti
di
parete
tra
le lesene si
aprono
40
piccole
finestre
quadrangolari,
una
ogni
due
riquadri
(nei
riquadri
pieni
dovevano
trovarsi
i
clipei
bronzei),
e
immediatamente
sopra
il
livello
delle
finestre
vi
sono
collocate
tre mensole sporgenti
per
ogni
riquadro,
nelle
quali
erano
alloggiati
i
pali
di
legno
che
venivano
utilizzati
per
aprire
e
chiudere
il velarium, probabilmente
ancorato
a
terra
alla
serie
di
cippi
inclinati
di
pietra
che
ancora
oggi
sono
in
parte
visibili
esternamente,
al
limite
della
pedana
in
travertino
su
cui
poggia
il
Colosseo
(visibili
quelli
sul
lato
verso
il Celio).
Nel
primo
ordine
sono
presenti
80
ingressi
di
cui
4
particolari,
posti
sugli
assi
dell’ellisse.
Sull’asse
corto
vi
erano
gli
ingressi
per
le
tribune
d’onore
(l’ingresso
per
l’imperatore);
sull’asse
lungo
gli
ingressi
che
conducevano
direttamente
all’arena.
Inoltre
i
diversi
piani
erano
riservati
per
ogni
classe
sociale.
L’imperatore
sedeva
la
mattina
nel
podio
verso
l’Arco
di
Costantino
e il
pomeriggio
in
quello
verso
l'odierna
Metropolitana.
Al
secondo
e
terzo
livello
gli
archi
sono
bordati
da
una parapetto continuo,
in
corrispondenza
del
quale
le
semicolonne
presentano
un
dado
come
base.
Le
semicolonne
e le
lesene
dei
quattro
ordini
hanno
a
partire
dal
basso capitelli tuscanici, ionici, corinzi e
corinzi
a
foglie
lisce.
I
primi
tre
ordini
ripetono
la
medesima
successione
visibile
sulla
facciata
esterna
del teatro
di
Marcello.
Le
raffigurazioni
monetarie
ci
tramandano
la
presenza
di
quattro
archi
alle
terminazioni
delle
assi
dell'ovale
della
pianta,
ornati
da
un
piccolo
protiro
marmoreo.
VELARIO
- Il
Colosseo
aveva
una
copertura
in
tessuto
(velarium in
latino)
formata
da
molti
teli
che
coprivano
gli
spalti
degli
spettatori
ma
lasciavano
scoperta
l'arena
centrale.
Il velarium era
usato
per
proteggere
le
persone
dal
sole
ed
era
manovrato
da
un
distaccamento
di
marinai
della
flotta
di
Miseno,
stanziata
accanto
al
Colosseo.
I
teli
erano
fissati
con
un
complesso
sistema
di
funi
e
guidati
da
pulegge
e
contemporaneamente
l'intera
struttura
era
fissata
a
terra
con
funi
legate
a
cippi
di
pietra
posti
all'esterno
del
Colosseo,
e in
parte
visibili
ancora
oggi.
Era
una
gigantesca
tenda
formata
da
molti
teli
a
spicchio
che
coprivano
la
cavea,
cioè
gli
spalti
degli
spettatori,
ma
non
l'arena
centrale,
in
modo
da
riparare
le
persone
dal
sole
o
dalla
pioggia
leggera,
creando
contemporaneamente
col
foro
centrale
una
corrente
d'aria
tra
sopra
e
sotto
che
rinfrescasse
gli
spettatori.
GLI
AFFRESCHI
CHE
DECORAVANO
IL
COLOSSEO
-
L'ingegnosa
architettura
permise
un'organizzazione
perfetta
del
flusso
all'interno
e
all'esterno
del
Colosseo.
Infatti
gli
spettatori
raggiungevano
il
posto
pertinente
entrando
dalle
74
arcate.
Da
qui
si
accedeva
a
scale
incrociate
verso
corridoi
curvi,
coperti
a
volta,
che
immettevano
in
settori
di
tre
cunei
ciascuno.
Il
percorso
aveva
pareti
in
marmo
e
stucchi
sulla
volta.
Di
queste
12
arcate
erano
riservate
ai
Senatori
con
corridoi
verso
l'anello
più
interno,
e
con
una
scala
che
scendeva
al
settore
inferiore
della
cavea.
Il
tutto
rivestito
in
marmo.
Il
palco
dell'imperatore
aveva
anche
un
accesso
più
diretto,
attraverso
un
criptoportico
che
dava
all'esterno,
anch'esso
rivestito
in
marmo.
Le
altre
arcate
avevano
scale
per
i
settori
superiori,
con
pareti
e
volte
rivestite
di
intonaco.
Gli
ingressi
del
primo
ordine
erano
distinti
da
numerazione
progressiva
incisa
sopra
le
arcate
(in
parte
ancora
visibile)
che
corrispondeva
al
numero
sui
biglietti.
Invece
gli
ingressi
principali
in
corrispondenza
dei
due
assi,
con
decorazioni
a
stucco
sulle
arcate,
erano
privi
di
numerazione
perchè
riservati
a
persone
di
rango.
Lungo
gli
assi
principali
erano
gli
ingressi
destinati
ai
gladiatori.

CAVEA
E
ACCESSI
PER
IL
PUBBLICO
-
All'interno
si
trova
la cavea con
i
gradini
per
i
posti
degli
spettatori;
era
interamente
in
marmo
e
suddivisa,
tramite praecinctiones o baltea (fasce
divisorie
in
muratura),
in
cinque
settori
orizzontali
(maeniana),
riservati
a
categorie
diverse
di
pubblico,
il
cui
grado
decresceva
con
l'aumentare
dell'altezza.
Il
settore
inferiore,
riservato
ai senatori e
alle
loro
famiglie,
aveva
gradini
ampi
e
bassi
che
ospitavano
seggi
di
legno
(subsellia);
sulla
balaustra
del
podio
venivano
iscritti
i
nomi
dei
senatori
a
cui
i
posti
inferiori
erano
riservati.
Seguivano
il maenianum
primum,
con
una
ventina
di
gradini
di marmo,
il maenianum
secundum,
suddiviso
in imum (inferiore)
e
summum
(superiore),
ancora
con
circa
sedici
gradini
in
marmo,
e
infine
il maenianum
summum,
con
circa
undici
gradini
lignei
all'interno
del
portico
colonnato
che
coronava
la
cavea
(porticus
in
summa
cavea):
i
resti
architettonici
di
quest'ultimo
appartengono
ai
rifacimenti
di
epoca
severiana o
di Gordiano
III.
Sui
gradini
sotto
il
colonnato
prendevano
posto
le
donne,
alle
quali,
da
Augusto
in
poi,
fu
sempre
vietato
di
mescolarsi
ad
altri
spettatori.
Il
posto
peggiore
era
sul
terrazzo
sopra
il
colonnato,
solo
con
posti
in
piedi,
destinato
alle
classi
infime
della plebe.
Verticalmente
i
settori
erano
scanditi
da
scalette
e
dagli
accessi
alla cavea (vomitoria),
ed
erano
protetti
da
transenne
in
marmo
(risalenti
ai
restauri
del II
secolo).
Alle
due
estremità
in
corrispondenza
dell'asse
minore,
precedute
esternamente
da
un avancorpo,
si
trovavano
due
palchi
riservati
agli
alti
personaggi
ospitati
nei
due
palchi
oggi
scomparsi.
Uno,
a
forma
di
"S",
era
destinato
all'imperatore,
ai consoli e
alle vestali;
l'altro
al praefectus
urbi e
ad
altri
dignitari.
Gli
spettatori
raggiungevano
il
loro
posto
entrando
dalle
arcate
loro
riservate.
Gli
imperatori
e le
autorità
raggiungevano
i
loro
posti
fruendo
del
privilegio
di
entrare
da
ingressi
riservati,
posti
sull'asse
minore
dell'ovale,
mentre
gli
ingressi
collocati
al
centro
dell'asse
maggiore
erano
riservati
agli
attori
e ai
protagonisti
degli
spettacoli.
Ma
il
resto
del
pubblico
doveva
mettersi
in
coda
sotto
l'arcata
che
mostrava
il
numero
corrispondente
alla
tessera
assegnata.
Ciascuna
delle
arcate
per
il
pubblico
era
quindi
contraddistinta
da
un
numerale,
inciso
sulla chiave
di
volta,
per
consentire
agli
spettatori
di
raggiungere
rapidamente
e
ordinatamente
il
proprio
posto.
I
numeri
incisi
sulle
arcate
del
Colosseo
erano
colorati
di
rosso
per
essere
visibili
anche
da
lontano.
Lo
hanno
rivelato
i
restauri
sponsorizzati
dal
gruppo
Tod's
e
durante
i
quali,
agendo
con
la
nebulizzazione
d'acqua
per
rimuovere
lo
sporco
e lo
smog
depositati
sul
prospetto
dell'edificio,
sono
venute
alla
luce
tracce
di
colore
piccole,
ma
inequivocabili. Da
qui
si
accedeva
a
scale
incrociate
che
portavano
a
una
serie
simmetrica
di
corridoi
anulari
coperti
a
volta.
Immettono
ciascuna
in
un
ampio
settore
comprendente
tre
cunei,
scompartito
da
pilastri.
Il
percorso
aveva
le
pareti
rivestite
in marmo e
presentava
una
decorazione
a stucco sulla
volta,
ancora
quella
originale
di
epoca flavia.
Il
palco
meridionale,
che
ospitava
l'imperatore,
aveva
anche
un
altro
accesso
più
diretto,
attraverso
un
criptoportico che
dava
direttamente
all'esterno.
Dodici
arcate
erano
riservate
ai senatori e
immettevano
in
corridoi
che
raggiungevano
l'anello
più
interno:
da
qui
con
una
breve
scala
si
raggiungeva
il
settore
inferiore
della cavea.
Anche
questi
passaggi
erano
rivestiti
di
marmo.
Le
altre
arcate
davano
accesso
alle
numerose
scale
a
una
o
due
rampe
che
portavano
ai
settori
superiori.
Le
pareti
erano
qui
rivestite
di
intonaco,
anche
sulle
volte.
ARENA
E
AMBIENTI
DI
SERVIZIO
SOTTOSTANTI
-
L'arena
ellittica
(86
×
54
m)
presentava
una
pavimentazione
parte
in
muratura
e
parte
in
tavolato
di
legno,
e
veniva
ricoperta
da
sabbia,
costantemente
pulita,
per
assorbire
il
sangue
delle
uccisioni.
Era
separata
dalla cavea tramite
un
alto podium di
circa
4 m,
decorato
da
nicchie
e
marmi
e
protetto
da
una balaustra bronzea,
oltre
la
quale
erano
situati
i
sedili
di
rango.
L'arena
aveva
varie
trappole
e
montacarichi
che
comunicavano
con
i
sotterranei
e
che
potevano
essere
utilizzati
durante
lo
spettacolo.
Sotto
l'arena
erano
stati
realizzati
ambienti
di
servizio
(ipogeo),
articolati
in
un
ampio
passaggio
centrale
lungo
l'asse
maggiore
e in
dodici
corridoi
curvilinei,
disposti
simmetricamente
sui
due
lati.
Qui
si
trovavano
i
montacarichi
che
permettevano
di
far
salire
nell'arena
i
macchinari
o
gli
animali
impiegati
nei
giochi
e
che,
in
numero
di
80,
si
distribuivano
su
quattro
dei
corridoi:
i
resti
conservati
si
riferiscono
a un
rifacimento
del III o IV
secolo.
Tuttavia
è
ancora
possibile
fare
un
confronto
con
i
sotterranei
dell'Anfiteatro
Flavio
di
Pozzuoli,
realizzato
dagli
stessi
architetti
del
Colosseo,
in
modo
da
avere
un'idea
di
come
potevano
essere
in
epoca
romana
i
sotterranei
del
Colosseo:
a Pozzuoli infatti
sono
tuttora
visibili
gli
ingranaggi
che
i
Romani
utilizzavano
per
sollevare
le
gabbie
contenenti
belve
feroci
sull'arena.
Il
tetto
dei
sotterranei
non
è
più
conservato,
quindi
gli
ambienti
sottostanti
l'arena
sono
oggi
visibili
all'aperto.
Qui
si
muovevano
gli
schiavi
che
attraverso
questi
passaggi
si
spostavano
per
adempiere
ai
propri
servizi,
senza
che
gli
spettatori
si
accorgessero
di
nulla
e
senza
intralciare
gli
spettacoli.
Qui
venivano
portate
le
belve
catturate
negli
angoli
più
remoti
dell'Impero.
Qui
sostavano
i
gladiatori
e si
preparavano
alla
lotta
prima
di
salire
sull'arena.
Questi
sotterranei
furono
realizzati
in
un
secondo
momento,
sotto
l’Imperatore
Domiziano.
Precedentemente,
sotto
Vespasiano
e
Tito,
l’arena
poteva
essere
allagata,
come
riporta
Marziale
nel
suo De
spectaculis,
per
ospitare
delle
naumachie,
vale
a
dire
battaglie
navali,
o
addirittura
spettacoli
con
nuotatrici.
Qui
si
trovavano
gli
80
montacarichi
per
far
salire
nell'arena
macchinari,
sabbia
o
animali.
Grazie
a
ingegnose
realizzazioni
come
piani
inclinati,
piattaforme
mobili
e
ruotanti,
elevatori
mossi
da
contrappesi,
era
possibile
introdurre
nell’arena
decine
di
animali
alla
volta
e
cambiare
rapidamente
le
scenografie
delle
cacce.
Il
corridoio
lungo
l’asse
principale
dell’ellisse
terminava
con
due
gallerie
che
si
aprivano,
con
forma
trapezoidale,
all’interno
della
ciambella
di
calcestruzzo
che
costituisce
le
fondamenta
dell’anfiteatro:
quella
verso
est
metteva
in
collegamento
con
il
vicino
Ludus
Magnus,
la
palestra
nonchè
caserma
dei
gladiatori,
mentre
quella
opposta,
in
direzione
del
tempio
di
Venere
e
Roma,
veniva
utilizzata
per
l’allestimento
delle
scenografie
degli
spettacoli.
Per
quella
straordinaria
capacità
organizzativa
che
i
romani
mettevano
in
pace
e in
guerra,
queste
strutture
di
servizio
avevano
traffici
perfettamente
architettati
in
modo
da
rendere
tutto
veloce
e
scorrevole
attraverso
ingressi
rigorosamente
separati:
-
uno
per
per
l'ingresso
di
animali
e
macchinari;
-
due
per
l'ingresso
dei
protagonisti
dei
giochi,
o
gladiatori
ed
animali
troppo
pesanti
per
essere
sollevati
dai
montacarichi;
-
uno
per
gli
inservienti
attraverso
l'anello
più
interno,
lo
stesso
che
utilizzavano
i
Senatori
per
raggiungere
i
posti.
Insomma
un
sistema
complesso,
simile
a
quello
dei
moderni
stadi,
permetteva
la
rapida
uscita
degli
spettatori
in
soli
3
minuti
attraverso
gli
80
ingressi.
Ma
c'era
un
ingresso
sotterraneo
intitolato
alla
Dea
Libitina,
in
realtà
una
porta
a
sola
uscita,
la
Porta
Libitinaria,
attraverso
cui
passavano
i
cadaveri
dei
gladiatori
uccisi
nel
combattimento.
Attraverso
questa
porta
i
cadaveri
venivano
poi
issati
sui
carri
e
portati
all'Ustrinum
per
la
cremazione.
Altre
due
gallerie
lungo
l’asse
minore
dell’ellisse,
quella
a
nord
in
direzione
Colle
Oppio
e
quella
a
sud
in
direzione
Celio,
non
sono
state
scavate.
Una
quinta
galleria,
nota
come
“passaggio
di
Commodo”
è
posizionata
lungo
il
cuneo
V,
sotto
il
palco
imperiale.
Si
pensa
sia
stata
realizzata
in
epoca
domizianea,
poiché
era
rifinita
con
pavimento
a
tessere
bianche
e
nere,
marmi,
intonaco
dipinto
e
stucchi,
un
così
ricco
percorso
di
accesso
doveva
essere
riservato
esclusivamente
all’Imperatore
e
probabilmente
metteva
direttamente
in
comunicazione
con
qualche
edificio
imperiale
nella
zona
del
Tempio
di
Claudio
sul
Celio.
Questa
galleria
fu
inoltre
il
luogo
in
cui
si
attentò
alla
vita
dell’omonimo
Imperatore.

Al
di
sotto
delle
4
gallerie
lungo
i
due
assi
si
trovano
4
condotti
idraulici,
utili
non
solo
allo
smaltimento
delle
acque
acque
piovane
ma
pure
degli
scarichi
delle
latrine
che
venivano
raccolti
tramite
un
canale
perimetrale
anulare.
Alcune
esplorazioni
speleo-subacquee
hanno
portato
alla
scoperta
di
altri
condotti
di
dimensioni
molto
maggiori
da
non
essere
giustificati
con
la
gestione
dello
smaltimento
dell'acqua
piovana
e
degli
scarichi
dell'Anfiteatro.
Si
suppone
pertanto
che
fossero
le
condutture
provenienti
dal
Celio
con
cui
si
alimentò
il
lago
realizzato
per
la
residenza
di
Nerone.
La
struttura
idraulica
del
Colosseo
è
comunque
molto
complessa
e
ancora
molto
c'è
da
capire
e da
scavare.
Esternamente
ad
esso
è
stato
rinvenuto un
condotto
fognario a
8 m
di
profondità
dal
piano
di
calpestio
del
piazzale
che
circonda
tutto
l'Anfiteatro
a
circa
2 -
3 m.
dal
suo
perimetro
esterno.
Un'altra
galleria
con
volta
a
cappuccina
e di
dimensioni
più
ridotte,
parallela
alla
precedente
e
con
essa
comunicante
tramite
corti
piani
inclinati,
è
posizionata
all'interno
della
ciambella
di
fondazione
ad
una
profondità
di
2,8
m.
Quest'ultima
ospitava
probabilmente
tubazioni
di
piombo
che
trasportavano
acqua
tenuta
in
pressione
da
serbatoi.
LA
NAUMACHIA
NEL
COLOSSEO
-
Questi
spettacoli
si
tennero
solo
a
Roma,
perchè
costosissimi,
poiché
le
navi
erano
complete
in
tutti
dettagli,
e
manovravano
come
vere
navi
in
battaglia.
I
Romani
li
chiamavano
navalia
proelia
(battaglie
navali)
ma
sono
conosciuti
col
termine
greco
naumachia.

Le
naumachie
spesso
intendevano
riprodurre
famose
battaglie
storiche,
come
quella
dei
Greci
che
batterono
i
persiani
a
Salamina,
o
quella
degli
abitanti
di
Corfù
contro
la
flotta
di
Corinto.
Gli
spettacoli
dovevano
essere
impressionanti:
in
una
naumachia
si
costruì
una
fortezza
al
centro
del
bacino,
così
che
gli
"Ateniesi"
potessero
sbarcare
ed
impadronirsi
della
piazzaforte
"Siracusana".
Si
dovevano
seguire
le
fasi
della
vera
battaglia,
ed
il
pubblico
si
esaltava
alle
manovre
dei
soldati
e
alla
vista
delle
macchine
da
guerra.
In
genere
erano
i
criminali
a
dover
combattere,
ma
talvolta
vi
erano
delle
troupe,
come
in
una
riproduzione
storica,
e
altre
volte
veri
marinai
e
soldati.
Marziale
racconta
che
si
tennero
delle
naumachie
al
Colosseo
nei
primi
anni
dopo
l'inaugurazione,
ma
non
si
sa
come
si
potesse
riuscire
ad
allagare
il
Colosseo.
Di
rappresentazioni
di battaglie
navali,
al Colosseo,
se
ne
videro
poche,
infatti
solo
nei
primi
anni,
quando
ancora
i
sotterranei
non
erano
costruiti
con
gabbie
e
celle,
era
possibile
allagare
l’arena.
Lo spettacolo però
fu
tanto
suggestivo
e
impressionante
che
le
poche naumachie presentate,
lasciarono
talmente
esterrefatti
gli
spettatori
che
molti
storici
ce
ne
hanno
lasciato
documenti.
Il
mistero
dell’anfiteatro
che
diventa
scenario
di
battaglie
navali
ha
intrigato
gli
storici
e
gli
scienziati
per
circa
2000
anni.
Ma
ora
un
ingegnere
di
Edinburgo
ha
formulato
una
teoria
circa
il
modo
in
cui
l’Imperatore
Tito
inondò
il
Colosseo
a
Roma.
Una
folla
acclamante
di
87000
cittadini
e
schiavi
aveva
assisteva
ai
duelli
mortali
dei
gladiatori
nell’arena.
Più
di
5000
animali
furono
uccisi
in
seno
a
questi
giochi,
per
puro
divertimento.
Ma
l’attrazione
principale
delle
cerimonie
di
inaugurazione
fu
una
serie
di
battaglie
navali
riprodotte
nel
Colosseo,
secondo
Cassius
Dio,
cronista
dell’antica
Roma
che
dice:
“Tito
improvvisamente
riempì
questo
stesso
teatro
con
acqua
e vi
portò
cavalli
e
tori
ed
altri
animali
addomesticati,
cui
era
stato
insegnato
a
muoversi
nell’elemento
liquido
come
sulla
terra.
Portò
anche
le
persone
sulle
navi,
e fu
ingaggiata
una
battaglia
navale,
come
quella
di
Corcireani
e
Corinzi.”
Gli
accademici
hanno
a
lungo
sostenuto
che
riprodurre
battaglie
marine
nel
Colosseo
fosse
impossibile
per
via
dei
tunnel
sotterranei
usati
per
fare
comparire
animali
selvaggi
schiavi
e
gladiatori
in
differenti
punti
dell’arena.
Racconti
di
migliaia
di
schiavi
e
condannati
che
ingaggiavano
battaglie
marine
con
navi
costruite
in
scala
sono
state
riferite
da
poeti
latini
come
Marziale,
ma
furono
liquidate
come
opere
di
fantasia
scritte
per
esaltare
la
reputazione
dell’imperatore.
Il
Dr
Crapper
invece
ritiene
di
avere
risolto
il
mistero
del
Colosseo
allagato.
Le
sue
teorie
sono
state
verificate
da
un
gruppo
di
esperti
riuniti
dal
Canale
Discovery
della
ABC
americana.
Gli
autori
del
programma
e
archeologi
dell’Università
di
California
hanno
trascorso
un
anno
a
creare
una
realtà
virtuale
che
simulasse
le
condizioni
del
Colosseo
per
risolvere
il
problema
logistico.
Il
Dr
Crapper
ha
dichiarato
che
la
prima
sfida
era
determinare
se
fosse
possibile
trasportare
i
milioni
di
galloni
d’acqua
necessari
per
le
battaglie
navali
nel
Colosseo.
“E’
una
pura
speculazione,
ma
ritengo
che
una
struttura
di
canali
di
legno
sarebbe
potuta
essere
usata
per
trasportare
l’acqua
dall’acquedotto
principale.
In
ogni
modo,
il
reale
problema
non
era
tanto
muovere
l’acqua
ma
assicurarsi
che
essa
scorresse
attraverso
la
serie
di
pozzi
interni
e
tubazioni
concentriche
al
di
sotto
delle
tribune
dello
stadio.”
Crapper
è
stato
in
grado
di
provare
che
è
possibile,
chiudendo
il
cancello
principale,
che
la
pressione
dell’acqua
raggiungesse
il
giusto
livello
e
che
l’arena
si
riempisse
di
quattro
milioni
di
galloni
d’acqua
per
una
profondità
di 5
piedi,
entro
7
ore.
Altri
membri
del
gruppo
di
ricerca
hanno
usato
scansioni
ai
raggi-X
per
provare
l’impermeabilità
dei
materiali
che
erano
stati
usati
in
alcune
parti
della
struttura
sotterranea.
Ulteriori
ricerche
hanno
scoperto
18
blocchi
sepolti,
usati
per
reggere
supporti
di
legno
che
sostenessero
il
pavimento
dell’arena
e
che
potessero
essere
rimossi
per
consentire
all’area
di
essere
usata
per
battaglie
gladiatorie
e
naumachie.
TRASFORMAZIONE
DELL’ANFITEATRO
IN
FORTEZZA
-
Essendo
stato
praticamente
impossibile
distruggere
il
Colosseo
data
la
sua
mole,
dopo
averlo
in
parte
usato
come
cava
per
i
gradini
di
San
Pietro
nonchè
per
la
costruzione
del
Palazzo
Barberini,
nel
XIII
secolo
in
epoche
più
remote,
venne
addirittura
murato
per
farne
una
fortezza
ad
opera
della
famiglia
dei
Frangipane.
Vennero
pertanto
occlusi
tutti
gli
archi
dei
due
primi
ordini
del
colosseo,
venne
eretta
al
suo
esterno
una
torre
fortificata
e
venne
costruito
un
camminamento
in
legno
al
suo
apice
dove
le
guardie
potessero
vigilare
e
operare
con
gli
strumenti
da
guerra.
LA
DEVASTAZIONE
DEL
COLOSSEO
- La
devastazione
del
Colosseo
non
avvenne
naturalmente
come
spesso
è
stato
insinuato,
a
causa
di
terremoti,
nè
è
vero
che
i
Papi
facessero
prelevare
solo
i
massi
già
caduti,
ed
è
ugualmente
falso
che
furono
i
romani
ad
offrire
al
Papa
i
massi
del
Colosseo
per
edificare
la
basilica
di
San
Pietro.
La
devastazione
fu
opera
dei
Papi
che
si
alternarono
dall'inizio
della
costruzione
della
Basilica
di
San
Pietro,
e
cioè
dal
18
aprile
1506
sotto
papa
Giulio
II e
si
concluse
nel
1626,
durante
il
pontificato
di
papa
Urbano
VIII,
mentre
la
sistemazione
della
piazza
antistante
si
concluse
solo
nel
1667.
Il
marmo
della
facciata
e di
molte
altre
parti
interne
del
Colosseo
sono
serviti
a
mille
usi,
per
costruire
essenzialmente
i
palazzi
dei
papi
e le
chiese
in
tutta
la
città.
Per
lungo
tempo
fu
usato
come
fonte
di
materiali
da
costruzione
e si
calcola
che
sia
rimasto
solo
un
terzo
della
costruzione
originale.
pensate
come
poteva
essere
in
origine
con
gli
altri
due
terzi!
I
Romani
stessi
iniziarono
a
riciclarne
i
materiali,
anche
per
ricavarne
la
calce,
ma
presto
la
Chiesa
lo
proibì
come
unica
beneficiaria
possibile
di
cotanto
scempio.
Lo
stesso
Papa
Gregorio
Magno
fece
trasformare
le
basiliche
romane
e
gli
antichi
templi
in
chiese
cristiane,
attraverso
lo
spoglio
sistematico
dell’anfiteatro.
Ne
è
la
prova
il
nome
scolpito
su
un
pilastro
del
lato
sud
est
del
Colosseo,
GERONTI
V S.
Tal
Gerontius
(V S
significa
VIRI
SPECTABILIS)
avrebbe
ottenuto
la
concessione
per
smantellarne
la
struttura
ed
utilizzarlo
come
cava.
Si
calcola
che
sia
rimasto
solo
un
terzo
della
costruzione
originale.
Vennero
cavate
le
spesse
lastre
di
travertino
che
rivestivano
i
corridoi,
i
blocchi
di
tufo,
il
piombo
delle
tubature,
le
grappe
metalliche
che
tenevano
assieme
i
blocchi,
e
pure
i i
mattoni.
Papa
Gregorio
Magno
introdusse
la
pratica
di
trasformare
le
basiliche
romane
e
gli
antichi
templi
in
chiese
cristiane,
attraverso
lo
spoglio
sistematico
dell’anfiteatro.
Si
preferì
comunque
non
intaccare
la
facciata
nord,
per
le
processioni
religiose
nel
percorso
verso
il
Laterano.
si
disse
che
il
colosseo
era
luogo
di
martirio
e
pertanto
sacro,
ma
gli
spettacoli
delle
condanne
a
morte,
sia
pure
"ad
bestias"
non
avvennero
mai
al
Colosseo
in
quanto
considerati
spettacoli
di
poco
conto
che
avvenivano
solo
in
anfiteatri
minori.
Nel
XIV
secolo
gli
Orsini
ed i
Colonna
ottennero
il
permesso
di
cavare
pietre
e
marmi.
Nel
1362
Álvarez
de
Albornoz,
vescovo
di
Orvieto,
lamentava
in
una
lettera
al
Papa
Urbano
V
che
non
vi
erano
acquirenti
per
le
pietre
del
Colosseo,
tranne
i
Frangipane
che
avevano
ordinato
dei
marmi
per
costruire
un
loro
palazzo.
Ormai
la
licenza
di
asportare
materiali,
pagando
i
proprietari,
cioè
il
Papato,
era
facilmente
concessa
dai
Papi,
i
quali
approfittavano
della
disponibilità
dell’ampia
ed
economica
fonte
di
materiali
per
realizzare
i
loro
progetti,
e
pure
per
farne
commercio.
Pio
II
fece
addirittura
costruire
un
carro
apposito
per
trasportare
i
blocchi
sino
a
Palazzo
Venezia
(cioè
Palazzo
S.
Marco,
ampiamente
costruito
con
lo
spoglio
del
Colosseo).
Intanto
si
continuava
a
cavar
pietre,
per
riparare
la
tribuna
della
Basilica
di
S.
Giovanni
in
Laterano,
per
la
Scala
Santa,
le
mura
della
città,
la
Basilica
di
San
Marco
e
Palazzo
Venezia,
ma
soprattutto
per
la
piazza
ed
il
loggiato
delle
benedizioni
a
San
Pietro.
Un
secolo
dopo
il
Colosseo
fornì
materiali
per
il
Palazzo
della
Cancelleria,
Palazzo
Farnese,
Palazzi
Senatorio
e
dei
Conservatori
sul
Campidoglio
e
nel
1634
Palazzo
Barberini.
Un
detto
famoso
sul
saccheggio
del
Colosseo
diceva:
"Quod
non
fecerunt
Barbari,
fecerunt
Barberini"
(Ciò
che
non
fecero
i
barbari,
fecero
i
Barberini).
Infine,
nel
1703,
il
travertino
finì
al
porto
di
Ripetta,
per
ironia
della
sorte
poi
demolito
per
la
realizzazione
dei
muraglioni
del
Tevere.
In
seguito
al
pericolo
di
veder
crollare
parti
del
Colosseo
si
ebbero
finalmente
i
primi
restauri:
speroni
a
sostegno
delle
estremità
rimaste
in
piedi
della
facciata
furono
costruiti
nel
1807
ad
opera
di
Raffaele
Stern
e
nel
1827
da
Luigi
Maria
Valadier,
che
ricompose
nella
nuova
opera
parte
delle
strutture
già
crollate.
Ma
non
andò
a
buon
fine
anche
perchè
vennero
usati
mattoni
e
materiali
diversi
che
iniziarono
a
distaccarsi.
Occorsero
diversi
altri
restauri
per
evitare
i
crolli.
A
pensare
che
i
restauri
non
siano
durati
nemmeno
un
secolo
mentre
Colosseo
sta
ancora
in
piedi
dopo
2000
anni
nonostante
gli
abbiano
strappato
tutte
le
grappe
di
ferro,
fa
in
parte
stupore
per
la
bravura
degli
antichi,
ma
pure
rabbia
per
i
moderni.
CHIESA
DI
SANTA
MARIA
DELLA
PIETA'
AL
COLOSSEO
- All'interno
del
Colosseo
è
situata
la chiesa
di
Santa
Maria
della
Pietà
al
Colosseo,
luogo
di
culto
cattolico.
La
piccola
chiesa
è
inserita
in
uno
dei
fornici
dell'anfiteatro
Flavio.
Venne
probabilmente
fondata
tra
il
VI e
il
VII
secolo,
sebbene
le
prime
notizie
certe
riguardo
la
sua
esistenza
risalgono
al
XIV
secolo.
La
chiesa
ha
rappresentato
da
sempre
un
luogo
di
culto
in
memoria
dei
martiri
cristiani
che
persero
la
vita
all'interno
del
Colosseo,
e fu
frequentata
da
numerosi
santi
tra
cui San
Ignazio
di
Loyola, San
Filippo
Neri e San
Camillo
de
Lellis.
L'archeologo
romano Mariano
Armellini racconta
che
la
cappella: "
…
era
destinata
in
origine
a
guardaroba
della
compagnia
che
soleva
rappresentare
nell'arena
dell'anfiteatro
il
gran
dramma
della
Passione
di
Gesù
Cristo,
uso
che
si
mantenne
fino
ai
tempi
di Paolo
IV".
In
seguito,
nel
1622,
l'edicola
fu
acquistata
dalla
Confraternita
del
Gonfalone
che
la
trasformò
in
un
oratorio,
e la
affidò
a un
monaco
come
custode
del
luogo.
Nel
1936
il
Vicariato
di
Roma
affidò
al Circolo
San
Pietro l'incarico
di
provvedere
all'officiatura
della
chiesa.
GIOCHI
- Il
Colosseo
ospitava
i
giochi
dell'anfiteatro,
che
comprendevano:
lotte
tra
animali
(venationes),
l'uccisione
di
condannati
da
parte
di
animali
feroci
o
altri
tipi
di
esecuzioni
(noxii)
e i
combattimenti
tra
gladiatori
(munera).
Le
attività
seguivano
un
programma
codificato:
la
mattina
c'erano
i
combattimenti
fra
gli
animali
o
fra
un
gladiatore
e un
animale,
all'ora
di
pranzo
si
eseguivano
le
condanne
a
morte
e
solo
nel
pomeriggio
si
svolgevano
i
combattimenti
fra
gladiatori.
Per
l'inaugurazione
dell'edificio,
l'imperatore Tito diede
dei
giochi
che
durarono
tre
mesi,
durante
i
quali
morirono
circa
2.000
gladiatori
e 9
000
animali.
Per
celebrare
il
trionfo
di Traiano sui Daci vi
combatterono
10.000
gladiatori.
Gli
ultimi
combattimenti
tra
gladiatori
sono
testimoniati
nel 437,
ma
l'anfiteatro
fu
ancora
utilizzato
per
le venationes (uccisione
di
animali)
fino
al
regno
di Teodorico
il
Grande:
le
ultime
vennero
organizzate
nel 519,
in
occasione
del consolato di Eutarico (genero
di
Teodorico),
e
nel 523,
per
il
consolato
di Anicio
Massimo.
Gli
scavi
dei
collettori
fognari
del
Colosseo
hanno
restituito
resti
di
scheletri
di
numerosi
animali
domestici
e
selvatici,
tra
cui
orsi,
leoni,
cavalli,
struzzi.

Fonte:
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