Colosseo (Anfiteatro Flavio)
(Italia)

 

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio (in latinoAmphitheatrum Flavium) o semplicemente Amphitheatrum (in latino: Anfiteatro), situato nel centro della città di Roma, è il più grande anfiteatro romano del mondo (in grado di contenere un numero di spettatori stimato tra 50 000 e 87 000). È il più importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento dell'antica Roma che sia giunto fino a noi.

Inserito nel 1980 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO - insieme all'intero Centro storico di Roma, alle Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e alla Basilica di San Paolo fuori le mura - nel 2007, unico monumento europeo, è stato anche inserito fra le Nuove sette meraviglie del mondo a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation (NOWC).

Il nome "Colosseo" si diffuse solo nel Medioevo, e deriva dalla deformazione popolare dell'aggettivo latino "colosseum" (traducibile in "colossale", come appariva nell'Alto Medioevo tra le casette a uno o due piani) o, più probabilmente, dalla vicinanza della colossale statua acrolitica di Nerone che sorgeva nei pressi. Presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago e il divertimento del popolo.

Anticamente era usato per gli spettacoli dei gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, battaglie navali, drammi basati sulla mitologia classica e rievocazioni di battaglie famose). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è infondata. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Oggi è un simbolo della città di Roma e una delle maggiori attrazioni turistiche sotto forma di monumento archeologico regolarmente visitabile.  

La costruzione iniziò fra il 70 e il 72 sotto l'imperatore Vespasiano, della dinastia flavia. I lavori furono finanziati, come altre opere pubbliche del periodo, con il provento delle tasse provinciali e il bottino del saccheggio del tempio di Gerusalemme (70). Nel 1813 fu rinvenuto un blocco di marmo reimpiegato in epoca tarda, che recava ancora i fori delle lettere di bronzo dell'iscrizione dedicatoria, in origine posta sopra un ingresso: il testo è stato ricostruito nel modo seguente:

(LA)

«I[MP(ERATOR)] CAES(AR)
VESPASI[ANUS AUG(USTUS)]
AMPHITEATRU[M NOVUM]
[EX] MANUBI(I)S [FIERI IUSSIT]»

(IT)

«L’imperatore Cesare
Vespasiano Augusto
fece erigere il nuovo anfiteatro
con i proventi del bottino.»

(CIL VI, 40454a2.)

L'area scelta era una vallata tra la Velia, il colle Oppio e il Celio, in cui si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal poeta Marziale), fatto scavare da Nerone per la propria Domus Aurea.

Questo specchio d'acqua, alimentato da fonti che sgorgavano dalle fondazioni del Tempio del Divo Claudio sul Celio, venne ricoperto da Vespasiano con un gesto "riparatorio" contro la politica del "tiranno" Nerone, che aveva usurpato il terreno pubblico e lo aveva destinato a uso proprio. Vespasiano fece dirottare l'acquedotto per uso civile, bonificò il lago e vi fece gettare delle fondazioni, più resistenti nel punto in cui avrebbe dovuto essere edificata la cavea.

Vespasiano vide la costruzione dei primi due piani e riuscì a dedicare l'edificio prima di morire nel 79. L'edificio era il primo grande anfiteatro stabile di Roma, dopo due strutture minori o provvisorie di epoca giulio-claudia (l'amphiteatrum Tauri e l'amphiteatrum Caligulae) e dopo 150 anni dai primi anfiteatri in Campania.

Tito aggiunse il terzo e quarto ordine di posti e inaugurò l'anfiteatro con cento giorni di giochi nell'80. Poco dopo il secondo figlio di Vespasiano, l'imperatore Domiziano, operò notevoli modifiche, completando l'opera ad clipea (probabilmente scudi decorativi in bronzo dorato), aggiungendo forse il maenianum summum in ligneis e realizzando i sotterranei dell'arena: dopo il completamento dei lavori non fu più possibile tenere nell'anfiteatro le naumachie (rappresentazioni di battaglie navali), che invece le fonti riportano per l'epoca precedente.

Contemporaneamente all'anfiteatro furono innalzati alcuni edifici di servizio per i giochi: i ludi (caserme e luoghi di allenamento per i gladiatori, tra cui sono noti il Magnus, il Gallicus, il Matutinus e il Dacicus), la caserma del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis (la flotta romana di base a Miseno) adibiti alla manovra del velarium (castra misenatium), il summum choragium e gli armamentaria (depositi delle armi e delle attrezzature), il sanatorium (luogo di cura per le ferite dei combattimenti) e lo spoliarum, un luogo in cui venivano trattate le spoglie dei gladiatori morti in combattimento.  

Nerva e Traiano fecero dei lavori, attestati da alcune iscrizioni, ma il primo intervento di restauro si ebbe sotto Antonino Pio

Nel 217 un incendio, innescato presumibilmente da un fulmine, fece crollare le strutture superiori; i lavori di restauro fecero chiudere il Colosseo per cinque anni, dal 217 al 222, e i giochi si trasferirono al Circo Massimo. I lavori di restauro furono iniziati sotto Eliogabalo (218-222) e portati avanti da Alessandro Severo, che rifece il colonnato sulla summa cavea. L'edificio fu riaperto nel 222, ma solo sotto Gordiano III i lavori poterono dirsi conclusi, come sembra anche dimostrare la monetazione di questi due imperatori. Un altro incendio causato da un fulmine fu all'origine dei lavori di riparazione ordinati dall'imperatore Decio nel 250.

Dopo il sacco di Roma del 410 per opera dei Visigoti di Alarico, sul podio che circondava l'arena fu incisa un'iscrizione in onore dell'imperatore Onorio, forse in seguito a restauri. Onorio proibì i ludi gladiatori e da allora fu adibito alle venationes. L'iscrizione fu successivamente cancellata e riscritta per ricordare grandi lavori di restauro dopo un terremoto nel 442, per opera dei praefecti urbi Flavio Sinesio Gennadio Paolo e Rufio Cecina Felice Lampadio. Costanzo II lo ammirò sommamente. 

Altri restauri a seguito di terremoti si ebbero ancora nel 470, per opera del console Messio Febo Severo. I restauri continuarono anche dopo la caduta dell'impero: dopo un terremoto nel 484 o nel 508 il praefectus urbi Decio Mario Venanzio Basilio curò i restauri a proprie spese.

Le venationes proseguirono fino all'epoca di Teodorico. Abbiamo i nomi delle più importanti famiglie senatorie dell'epoca di Odoacre iscritte sui gradus: tale usanza è molto più antica, ma periodicamente i nomi erano cancellati e sostituiti con quelli dei nuovi occupanti (anche a seconda del diverso grado tra clarissimispectabilis e illustres), per cui restano solo quelli dell'ultima redazione prima del crollo dell'impero. 

Dopo l'abbandono fu adibito nel VI secolo ad area di sepoltura e poco dopo utilizzato come castello. Tra il VI e il VII secolo fu fondata all'interno del Colosseo una cappella oggi nota come chiesa di Santa Maria della Pietà al Colosseo. Sotto papa Leone IV fu gravemente danneggiato da un terremoto (847 circa). Il grande terremoto del 1349 provocò il crollo dell'esterno lato sud, costruito su un terreno alluvionale instabile. A lungo utilizzato come fonte di materiale edilizio, nel XIII secolo fu occupato da un palazzo dei Frangipane, successivamente demolito, ma il Colosseo continuò a essere occupato da altre abitazioni. 

I blocchi di travertino furono sistematicamente asportati nel XV w XVI secolo per nuove costruzioni, e blocchi caduti a terra furono ancora utilizzati nel 1634 per la costruzione di Palazzo Barberini e nel 1703, dopo un altro terremoto, per il porto di Ripetta.

Nel corso del Giubileo del 1675 assunse il carattere di luogo sacro in memoria dei molti martiri cristiani qui condannati al supplizio. Nel 1744 papa Benedetto XIV ordinò la fine delle spoliazioni con un editto e vi fece costruire le quattordici edicole della Via Crucis, e nel 1749 dichiarò il Colosseo chiesa consacrata a Cristo e ai martiri cristiani.

Liberato in due grandi riprese, con gli scavi diretti da Carlo Fea, Commissario per le Antichità, nel 1811 e 1812 e con quelli di Pietro Rosa (1874-1875), agli inizi dell'Ottocento, oltre a essere oggetto dei più fantasiosi progetti di riuso fino alla metà del Settecento, il Colosseo era staticamente compromesso, dopo esser stato per secoli abitato, adibito a luogo di culto cristiano e utilizzato come cava di travertino. Uno dei principali e più evidenti problemi era l'interruzione brusca dell'anello più esterno nei lati in corrispondenza delle attuali via di San Giovanni in Laterano e via dei Fori Imperiali che furono non a caso oggetto dei restauri più importanti. Il Fea descrisse pure le possibili motivazioni della presenza di fori sulle pietre del monumento interpretandoli come sistema per rimuovere le grappe metalliche che tenevano unite le pietre.

Dopo l'istituzione di una commissione straordinaria da parte di papa Pio VII, i primi restauri iniziarono dopo il 1806, anno in cui un violento terremoto compromise la statica dei due lati liberi dell'anello più esterno. Il terremoto aveva particolarmente aggravato la situazione del terzo anello sul lato occidentale dove, a causa di conci ormai pericolanti, era richiesto un intervento di emergenza.  

Dopo il puntellamento dei conci, furono immediatamente montati i ponteggi per la creazione di uno sperone che facesse da contrafforte. Raffaele Stern escogitò due modalità di intervento da sottoporre al vaglio dell'Accademia di San Luca: "per via di togliere", che consisteva nell'eliminazione della parte di attico e delle arcate del terz'ordine danneggiate, soluzione scartata, e "per via d'aggiungere", poi effettivamente realizzata con l'aggiunta di uno sperone in laterizio.

Le prime due arcate di ogni ordine furono tamponate e lo sperone rustico fu realizzato privo delle forme architettoniche delle arcate esistenti a causa dell'emergenza e della necessità di praticare l'intervento in economia e rapidità. Anche i conci puntellati, caricati successivamente di significato romantico e descritti come bloccati nell'atto della caduta, non sono in realtà che il frutto di un intervento d'emergenza. Stern aveva inizialmente pensato di tinteggiare lo sperone, poi ironicamente chiamato “stampella”, con un intonaco color travertino per evitare l'eccessivo contrasto con le parti autentiche, ma la tinteggiatura non fu mai realizzata.

Giuseppe Valadier, che si era già interessato del Colosseo nel 1815 con un Progetto per chiudere decentemente l'Anfiteatro Favio mediante cancellate, si occupò nel 1823 del recupero dell'anello perimetrale nel lato verso i fori. La differenza sostanziale fra l'impostazione del restauro di Stern e quello di Valadier è che, mentre il primo fu realizzato sotto il pericolo di un crollo imminente, l'altro poté essere praticato in tutta calma. 

A dieci anni dall'inizio dei lavori, l'opera fu celebrata da Giuseppe Valadier al pari di una nuova architettura in Opere di Architettura ed Ornamento, ove descrisse e illustrò minuziosamente il cantiere dalla costruzione delle impalcature alla fine del restauro, esaltandolo come una delle sue più grandi realizzazioni.

Dagli anni trenta fino alla conclusione dei lavori avvenuta a metà del secolo, i lavori passarono sotto la direzione di Gaspare Salvi e Luigi Canina.

Il primo intervento di Salvi riguardò la parte più gravemente compromessa dell'intera costruzione rimasta in piedi: il terzo anello sul lato dell'attuale via San Gregorio. Su delle basi in travertino Salvi costruì un completamento con archi in laterizio su imposte di travertino; dagli archi fece partire dagli speroni per ricollegare la parte di nuova costruzione alla parte antica, che fu così staticamente assicurata. I nuovi archi sono segnalati da mattoni bipedali disposti radialmente. I riempimenti dei muri radiali sono realizzati in travertino al primo ordine e in laterizio negli ordini superiori, mentre i pilastri di restauro sono interamente in mattoni. Alla morte di Salvi, Canina assunse la direzione dei lavori, risolvendo sullo stesso lato un problema di strapiombo verso l'interno della parte più alta della costruzione, che fu assicurata con tiranti in ferro ai contrafforti in mattoni di nuova costruzione.

L'ultimo grande intervento fu operato sul lato a nord, verso l'attuale via degli Annibaldi, il più conservato con l'eccezione dell'attico, che presentava uno strapiombo di oltre 60 centimetri fuori dall'asse. Era dunque necessario costruire un sostegno per la parte più esterna strapiombante. Fu così costruito verso l'interno un abbozzo di quart'ordine nel secondo anello, in cui furono affondate catene binate per assicurare la parte d'attico non più in asse.

I resti della Meta Sudans, la fontana flavia, furono demoliti definitivamente tra il 1933 e il 1936, insieme ai resti della base del Colosso di Nerone durante i lavori per la costruzione di via dell'Impero, attuale via dei Fori Imperiali, voluta da Mussolini.

Fra il 1938 e il 1939 furono completamente scavate le strutture sotterranee dell'arena, in parte alterate dalle ricostruzioni.

Dal 2002 il Colosseo è raffigurato sul rovescio della moneta da 5 centesimi di euro coniata dalla Repubblica Italiana.

Nel 2007 il complesso è stato inserito fra le "Sette meraviglie del mondo moderno". Il Colosseo al giorno d'oggi è la maggiore fonte turistica ed è il simbolo di Roma.

ORIGINI DELL'ATTUALE NOME - Nelle vicinanze era presente una statua colossale di Nerone in bronzo, dalla quale si dice derivi il nome Colosseo, attestato a partire dal Medioevo e legato anche alle dimensioni colossali dell'edificio.

Dopo l'uccisione di Nerone, la statua fu rimodellata per raffigurare Sol Invictus, il dio Sole, aggiungendo intorno alla testa i raggi della corona solare. Il Colosso fu quindi spostato dalla sua originale collocazione, l'atrio della Domus Aurea, per far posto al tempio di Venere e Roma sotto Adriano, nel 126. Il sito del basamento della statua colossale dopo lo spostamento è segnato da un moderno basamento in tufo.

La colossale statua di Nerone fu abbattuta in età imperiale ed è difficile che se ne serbasse il ricordo nel VI secolo. Il notaio e giudice Armannino da Bologna, nel XIV secolo, sosteneva che il Colosseo fosse il principale luogo pagano del mondo. Secondo la sua interpretazione «il Colosseo era diventato la sede di alcune sette di maghi ed adoratori del demonio. A chi si avvicinava era chiesto: "Colis Eum?" (cioè "adori lui?", intendendo il diavolo) a cui bisognava rispondere "Ego Colo"». Papa Benedetto XIV fece esorcizzare il Colosseo e lo consacrò alla memoria della passione di Cristo e di tutti i santi.

Descrizione

STRUTTURA - L'edificio poggia su una piattaforma in travertino sopraelevata rispetto all'area circostante. Le fondazioni sono costituite da una grande platea in tufo di circa 13 m di spessore, foderata all'esterno da un muro in laterizio.

La struttura portante è costituita da pilastri in blocchi di travertino, collegati da perni: dopo l'abbandono dell'edificio si cercarono questi elementi metallici per fonderli e riutilizzarli, scavando i blocchi in corrispondenza dei giunti: a questa attività si devono i numerosi fori ben visibili sulla facciata esterna. I pilastri erano collegati da setti murari in blocchi di tufo nell'ordine inferiore e in laterizio superiormente. La cavea era sostenuta da volte a botte trapezoidali volte a crociera e archi che poggiavano sui pilastri di travertino e sui setti radiali di tufi o mattoni. All'esterno è usato il travertino, come nella serie di anelli concentrici di sostegno alla cavea. In queste pareti anulari si aprono vari archi, decorati da paraste che li inquadrano. Le volte a crociera (tra le più antiche del mondo romano) sono in opus caementicium e spesso sono costolonate tramite archi incrociati in laterizio, usato anche nei paramenti. I muri radiali, oltre i due ambulacri esterni, sono rafforzati da blocchi di tufo.

Un complesso sistema di adduzione e smaltimento idrico consentiva la manutenzione dell'edificio e alimentava le fontane poste nella cavea per gli spettatori.

FACCIATA ESTERNA - La facciata esterna (alta fino a 48,50 m) è in travertino e si articola in quattro ordini, secondo uno schema tipico di tutti gli edifici da spettacolo del mondo romano: i tre registri inferiori con 80 arcate numerate, rette da pilastri ai quali si addossano semicolonne, mentre il quarto livello (attico) è costituito da una parete piena, scandita da lesene in corrispondenza dei pilastri delle arcate. In queste arcate erano collocate 80 statue di bronzo dorato che spiccavano sul candore del travertino con un effetto a distanza di grande splendore. Gli ordini per ogni piano sono dorico, ionico e corinzio. L'ultimo piano è pure definito in stile corinzio.

Nei tratti di parete tra le lesene si aprono 40 piccole finestre quadrangolari, una ogni due riquadri (nei riquadri pieni dovevano trovarsi i clipei bronzei), e immediatamente sopra il livello delle finestre vi sono collocate tre mensole sporgenti per ogni riquadro, nelle quali erano alloggiati i pali di legno che venivano utilizzati per aprire e chiudere il velarium, probabilmente ancorato a terra alla serie di cippi inclinati di pietra che ancora oggi sono in parte visibili esternamente, al limite della pedana in travertino su cui poggia il Colosseo (visibili quelli sul lato verso il Celio). Nel primo ordine sono presenti 80 ingressi di cui 4 particolari, posti sugli assi dell’ellisse.

Sull’asse corto vi erano gli ingressi per le tribune d’onore (l’ingresso per l’imperatore); sull’asse lungo gli ingressi che conducevano direttamente all’arena. Inoltre i diversi piani erano riservati per ogni classe sociale.

L’imperatore sedeva la mattina nel podio verso l’Arco di Costantino e il pomeriggio in quello verso l'odierna Metropolitana.

Al secondo e terzo livello gli archi sono bordati da una parapetto continuo, in corrispondenza del quale le semicolonne presentano un dado come base.

Le semicolonne e le lesene dei quattro ordini hanno a partire dal basso capitelli tuscanici, ionici, corinzi e corinzi a foglie lisce. I primi tre ordini ripetono la medesima successione visibile sulla facciata esterna del teatro di Marcello.

Le raffigurazioni monetarie ci tramandano la presenza di quattro archi alle terminazioni delle assi dell'ovale della pianta, ornati da un piccolo protiro marmoreo.

VELARIO - Il Colosseo aveva una copertura in tessuto (velarium in latino) formata da molti teli che coprivano gli spalti degli spettatori ma lasciavano scoperta l'arena centrale. Il velarium era usato per proteggere le persone dal sole ed era manovrato da un distaccamento di marinai della flotta di Miseno, stanziata accanto al Colosseo. I teli erano fissati con un complesso sistema di funi e guidati da pulegge e contemporaneamente l'intera struttura era fissata a terra con funi legate a cippi di pietra posti all'esterno del Colosseo, e in parte visibili ancora oggi.

Era una gigantesca tenda formata da molti teli a spicchio che coprivano la cavea, cioè gli spalti degli spettatori, ma non l'arena centrale, in modo da riparare le persone dal sole o dalla pioggia leggera, creando contemporaneamente col foro centrale una corrente d'aria tra sopra e sotto che rinfrescasse gli spettatori.

GLI AFFRESCHI CHE DECORAVANO IL COLOSSEO - L'ingegnosa architettura permise un'organizzazione perfetta del flusso all'interno e all'esterno del Colosseo. Infatti gli spettatori raggiungevano il posto pertinente entrando dalle 74 arcate.  

Da qui si accedeva a scale incrociate verso corridoi curvi, coperti a volta, che immettevano in settori di tre cunei ciascuno. Il percorso aveva pareti in marmo e stucchi sulla volta.

Di queste 12 arcate erano riservate ai Senatori con corridoi verso l'anello più interno, e con una scala che scendeva al settore inferiore della cavea. Il tutto rivestito in marmo.

Il palco dell'imperatore aveva anche un accesso più diretto, attraverso un criptoportico che dava all'esterno, anch'esso rivestito in marmo.

Le altre arcate avevano scale per i settori superiori, con pareti e volte rivestite di intonaco.

Gli ingressi del primo ordine erano distinti da numerazione progressiva incisa sopra le arcate (in parte ancora visibile) che corrispondeva al numero sui biglietti.

Invece gli ingressi principali in corrispondenza dei due assi, con decorazioni a stucco sulle arcate, erano privi di numerazione perchè riservati a persone di rango. Lungo gli assi principali erano gli ingressi destinati ai gladiatori.

CAVEA E ACCESSI PER IL PUBBLICO - All'interno si trova la cavea con i gradini per i posti degli spettatori; era interamente in marmo e suddivisa, tramite praecinctiones o baltea (fasce divisorie in muratura), in cinque settori orizzontali (maeniana), riservati a categorie diverse di pubblico, il cui grado decresceva con l'aumentare dell'altezza. Il settore inferiore, riservato ai senatori e alle loro famiglie, aveva gradini ampi e bassi che ospitavano seggi di legno (subsellia); sulla balaustra del podio venivano iscritti i nomi dei senatori a cui i posti inferiori erano riservati.

Seguivano il maenianum primum, con una ventina di gradini di marmo, il maenianum secundum, suddiviso in imum (inferiore) e summum (superiore), ancora con circa sedici gradini in marmo, e infine il maenianum summum, con circa undici gradini lignei all'interno del portico colonnato che coronava la cavea (porticus in summa cavea): i resti architettonici di quest'ultimo appartengono ai rifacimenti di epoca severiana o di Gordiano III.

Sui gradini sotto il colonnato prendevano posto le donne, alle quali, da Augusto in poi, fu sempre vietato di mescolarsi ad altri spettatori. Il posto peggiore era sul terrazzo sopra il colonnato, solo con posti in piedi, destinato alle classi infime della plebe.

Verticalmente i settori erano scanditi da scalette e dagli accessi alla cavea (vomitoria), ed erano protetti da transenne in marmo (risalenti ai restauri del II secolo). Alle due estremità in corrispondenza dell'asse minore, precedute esternamente da un avancorpo, si trovavano due palchi riservati agli alti personaggi ospitati nei due palchi oggi scomparsi. Uno, a forma di "S", era destinato all'imperatore, ai consoli e alle vestali; l'altro al praefectus urbi e ad altri dignitari.

Gli spettatori raggiungevano il loro posto entrando dalle arcate loro riservate. Gli imperatori e le autorità raggiungevano i loro posti fruendo del privilegio di entrare da ingressi riservati, posti sull'asse minore dell'ovale, mentre gli ingressi collocati al centro dell'asse maggiore erano riservati agli attori e ai protagonisti degli spettacoli. Ma il resto del pubblico doveva mettersi in coda sotto l'arcata che mostrava il numero corrispondente alla tessera assegnata.

Ciascuna delle arcate per il pubblico era quindi contraddistinta da un numerale, inciso sulla chiave di volta, per consentire agli spettatori di raggiungere rapidamente e ordinatamente il proprio posto. I numeri incisi sulle arcate del Colosseo erano colorati di rosso per essere visibili anche da lontano. Lo hanno rivelato i restauri sponsorizzati dal gruppo Tod's e durante i quali, agendo con la nebulizzazione d'acqua per rimuovere lo sporco e lo smog depositati sul prospetto dell'edificio, sono venute alla luce tracce di colore piccole, ma inequivocabili. Da qui si accedeva a scale incrociate che portavano a una serie simmetrica di corridoi anulari coperti a volta. Immettono ciascuna in un ampio settore comprendente tre cunei, scompartito da pilastri. Il percorso aveva le pareti rivestite in marmo e presentava una decorazione a stucco sulla volta, ancora quella originale di epoca flavia. Il palco meridionale, che ospitava l'imperatore, aveva anche un altro accesso più diretto, attraverso un criptoportico che dava direttamente all'esterno.

Dodici arcate erano riservate ai senatori e immettevano in corridoi che raggiungevano l'anello più interno: da qui con una breve scala si raggiungeva il settore inferiore della cavea. Anche questi passaggi erano rivestiti di marmo.

Le altre arcate davano accesso alle numerose scale a una o due rampe che portavano ai settori superiori. Le pareti erano qui rivestite di intonaco, anche sulle volte.

ARENA E AMBIENTI DI SERVIZIO SOTTOSTANTI - L'arena ellittica (86 × 54 m) presentava una pavimentazione parte in muratura e parte in tavolato di legno, e veniva ricoperta da sabbia, costantemente pulita, per assorbire il sangue delle uccisioni. Era separata dalla cavea tramite un alto podium di circa 4 m, decorato da nicchie e marmi e protetto da una balaustra bronzea, oltre la quale erano situati i sedili di rango. L'arena aveva varie trappole e montacarichi che comunicavano con i sotterranei e che potevano essere utilizzati durante lo spettacolo.

Sotto l'arena erano stati realizzati ambienti di servizio (ipogeo), articolati in un ampio passaggio centrale lungo l'asse maggiore e in dodici corridoi curvilinei, disposti simmetricamente sui due lati. Qui si trovavano i montacarichi che permettevano di far salire nell'arena i macchinari o gli animali impiegati nei giochi e che, in numero di 80, si distribuivano su quattro dei corridoi: i resti conservati si riferiscono a un rifacimento del III o IV secolo. Tuttavia è ancora possibile fare un confronto con i sotterranei dell'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, realizzato dagli stessi architetti del Colosseo, in modo da avere un'idea di come potevano essere in epoca romana i sotterranei del Colosseo: a Pozzuoli infatti sono tuttora visibili gli ingranaggi che i Romani utilizzavano per sollevare le gabbie contenenti belve feroci sull'arena. Il tetto dei sotterranei non è più conservato, quindi gli ambienti sottostanti l'arena sono oggi visibili all'aperto.

Qui si muovevano gli schiavi che attraverso questi passaggi si spostavano per adempiere ai propri servizi, senza che gli spettatori si accorgessero di nulla e senza intralciare gli spettacoli.  Qui venivano portate le belve catturate negli angoli più remoti dell'Impero. Qui sostavano i gladiatori e si preparavano alla lotta prima di salire sull'arena.

Questi sotterranei furono realizzati in un secondo momento, sotto l’Imperatore Domiziano. Precedentemente, sotto Vespasiano e Tito, l’arena poteva essere allagata, come riporta Marziale nel suo De spectaculis, per ospitare delle naumachie, vale a dire battaglie navali, o addirittura spettacoli con nuotatrici.

Qui si trovavano gli 80 montacarichi per far salire nell'arena macchinari, sabbia o animali. Grazie a ingegnose realizzazioni come piani inclinati, piattaforme mobili e ruotanti, elevatori mossi da contrappesi, era possibile introdurre nell’arena decine di animali alla volta e cambiare rapidamente le scenografie delle cacce.

Il corridoio lungo l’asse principale dell’ellisse terminava con due gallerie che si aprivano, con forma trapezoidale, all’interno della ciambella di calcestruzzo che costituisce le fondamenta dell’anfiteatro: quella verso est metteva in collegamento con il vicino Ludus Magnus, la palestra nonchè caserma dei gladiatori, mentre quella opposta, in direzione del tempio di Venere e Roma, veniva  utilizzata per l’allestimento delle scenografie degli spettacoli.

Per quella straordinaria capacità organizzativa che i romani mettevano in pace e in guerra, queste strutture di servizio avevano traffici perfettamente architettati in modo da rendere tutto veloce e scorrevole attraverso ingressi rigorosamente separati:

- uno per per l'ingresso di animali e macchinari;
- due per l'ingresso dei protagonisti dei giochi, o gladiatori ed animali troppo pesanti per essere sollevati dai montacarichi;
- uno per gli inservienti attraverso l'anello più interno, lo stesso che utilizzavano i Senatori per raggiungere i posti.

Insomma un sistema complesso, simile a quello dei moderni stadi, permetteva la rapida uscita degli spettatori in soli 3 minuti attraverso gli 80 ingressi.

Ma c'era un ingresso sotterraneo intitolato alla Dea Libitina, in realtà una porta a sola uscita, la Porta Libitinaria, attraverso cui passavano i cadaveri dei gladiatori uccisi nel combattimento. Attraverso questa porta i cadaveri venivano poi issati sui carri e portati all'Ustrinum per la cremazione.

Altre due gallerie lungo l’asse minore dell’ellisse, quella a nord in direzione Colle Oppio e quella a sud in direzione Celio, non sono state scavate.

Una quinta galleria, nota come “passaggio di Commodo” è posizionata lungo il cuneo V, sotto il palco imperiale. Si pensa sia stata realizzata in epoca domizianea, poiché era rifinita con pavimento a tessere bianche e nere, marmi, intonaco dipinto e stucchi, un così ricco percorso di accesso doveva essere riservato esclusivamente all’Imperatore e probabilmente metteva direttamente in comunicazione con qualche edificio imperiale nella zona del Tempio di Claudio sul Celio. Questa galleria  fu inoltre  il luogo in cui si attentò alla vita dell’omonimo Imperatore.

Al di sotto delle 4 gallerie lungo i due assi si trovano 4 condotti idraulici, utili non solo allo smaltimento delle acque acque piovane ma pure degli scarichi delle latrine che venivano raccolti tramite un canale perimetrale anulare.

Alcune esplorazioni speleo-subacquee hanno portato alla scoperta di altri condotti di dimensioni molto maggiori da non essere giustificati con la gestione dello smaltimento dell'acqua piovana e degli scarichi dell'Anfiteatro.   

Si suppone pertanto che fossero le condutture provenienti dal Celio con cui si alimentò il lago realizzato per la residenza di Nerone. 

La struttura idraulica del Colosseo è comunque molto complessa e ancora molto c'è da capire e da scavare. 

Esternamente ad esso è stato rinvenuto un condotto fognario a 8 m di profondità dal piano di calpestio del piazzale che circonda tutto l'Anfiteatro a circa 2 - 3 m. dal suo perimetro esterno. 

Un'altra galleria con volta a cappuccina e di dimensioni più ridotte, parallela alla precedente e con essa comunicante tramite corti piani inclinati, è posizionata all'interno della ciambella di fondazione ad una profondità di 2,8 m. Quest'ultima ospitava probabilmente tubazioni di piombo che trasportavano acqua tenuta in pressione da serbatoi.

LA NAUMACHIA NEL COLOSSEO - Questi spettacoli si tennero solo a Roma, perchè costosissimi, poiché le navi erano complete in tutti dettagli, e manovravano come vere navi in battaglia. I Romani li chiamavano navalia proelia (battaglie navali) ma sono conosciuti col termine greco naumachia.

Le naumachie spesso intendevano riprodurre famose battaglie storiche, come quella dei Greci che batterono i persiani a Salamina, o quella degli abitanti di Corfù contro la flotta di Corinto. Gli spettacoli dovevano essere impressionanti: in una naumachia si costruì una fortezza al centro del bacino, così che gli "Ateniesi" potessero sbarcare ed impadronirsi della piazzaforte "Siracusana". Si dovevano seguire le fasi della vera battaglia, ed il pubblico si esaltava alle manovre dei soldati e alla vista delle macchine da guerra.

In genere erano i criminali a dover combattere, ma talvolta vi erano delle troupe, come in una riproduzione storica, e altre volte veri marinai e soldati. Marziale racconta che si tennero delle naumachie al Colosseo nei primi anni dopo l'inaugurazione, ma non si sa come si potesse riuscire ad allagare il Colosseo.

Di rappresentazioni di battaglie navali, al Colosseo, se ne videro poche, infatti solo nei primi anni, quando ancora i sotterranei non erano costruiti con gabbie e celle, era possibile allagare l’arena.

Lo spettacolo però fu tanto suggestivo e impressionante che le poche naumachie presentate, lasciarono talmente esterrefatti gli spettatori che molti storici ce ne hanno lasciato documenti.

Il mistero dell’anfiteatro che diventa scenario di battaglie navali ha intrigato gli storici e gli scienziati per circa 2000 anni. Ma ora un ingegnere di Edinburgo ha formulato una teoria circa il modo in cui l’Imperatore Tito inondò il Colosseo a Roma.

Una folla acclamante di 87000 cittadini e schiavi aveva assisteva ai duelli mortali dei gladiatori nell’arena. Più di 5000 animali furono uccisi in seno a questi giochi, per puro divertimento.

Ma l’attrazione principale delle cerimonie di inaugurazione fu una serie di battaglie navali riprodotte nel Colosseo, secondo Cassius Dio, cronista dell’antica Roma che dice: “Tito improvvisamente riempì questo stesso teatro con acqua e vi portò cavalli e tori ed altri animali addomesticati, cui era stato insegnato a muoversi nell’elemento liquido come sulla terra. Portò anche le persone sulle navi, e fu ingaggiata una battaglia navale, come quella di Corcireani e Corinzi.”

Gli accademici hanno a lungo sostenuto che riprodurre battaglie marine nel Colosseo fosse impossibile per via dei tunnel sotterranei usati per fare comparire animali selvaggi schiavi e gladiatori in differenti punti dell’arena.

Racconti di migliaia di schiavi e condannati che ingaggiavano battaglie marine con navi costruite in scala sono state riferite da poeti latini come Marziale, ma furono liquidate come opere di fantasia scritte per esaltare la reputazione dell’imperatore.

Il Dr Crapper invece ritiene di avere risolto il mistero del Colosseo allagato. Le sue teorie sono state verificate da un gruppo di esperti riuniti dal Canale Discovery della ABC americana. Gli autori del programma e archeologi dell’Università di California hanno trascorso un anno a creare una realtà virtuale che simulasse le condizioni del Colosseo per risolvere il problema logistico.

Il Dr Crapper ha dichiarato che la prima sfida era determinare se fosse possibile trasportare i milioni di galloni d’acqua necessari per le battaglie navali nel Colosseo.

“E’ una pura speculazione, ma ritengo che una struttura di canali di legno sarebbe potuta essere usata per trasportare l’acqua dall’acquedotto principale. In ogni modo, il reale problema non era tanto muovere l’acqua ma assicurarsi che essa scorresse attraverso la serie di pozzi interni e tubazioni concentriche al di sotto delle tribune dello stadio.”

Crapper è stato in grado di provare che è possibile, chiudendo il cancello principale, che la pressione dell’acqua raggiungesse il giusto livello e che l’arena si riempisse di quattro milioni di galloni d’acqua per una profondità di 5 piedi, entro 7 ore. Altri membri del gruppo di ricerca hanno usato scansioni ai raggi-X per provare l’impermeabilità dei materiali che erano stati usati in alcune parti della struttura sotterranea.

Ulteriori ricerche hanno scoperto 18 blocchi sepolti, usati per reggere supporti di legno che sostenessero il pavimento dell’arena e che potessero essere rimossi per consentire all’area di essere usata per battaglie gladiatorie e naumachie.

TRASFORMAZIONE DELL’ANFITEATRO IN FORTEZZA - Essendo stato praticamente impossibile distruggere il Colosseo data la sua mole, dopo averlo in parte usato come cava per i gradini di San Pietro nonchè per la costruzione del Palazzo Barberini, nel XIII secolo in epoche più remote, venne addirittura murato per farne una fortezza ad opera della famiglia dei Frangipane. 

Vennero pertanto occlusi tutti gli archi dei due primi ordini del colosseo, venne eretta al suo esterno una torre fortificata e venne costruito un camminamento in legno al suo apice dove le guardie potessero vigilare e operare con gli strumenti da guerra.

LA DEVASTAZIONE DEL COLOSSEO - La devastazione del Colosseo non avvenne naturalmente come spesso è stato insinuato, a causa di terremoti, nè è vero che i Papi facessero prelevare solo i massi già caduti, ed è ugualmente falso che furono i romani ad offrire al Papa i massi del Colosseo per edificare la basilica di San Pietro.

La devastazione fu opera dei Papi che si alternarono dall'inizio della costruzione della Basilica di San Pietro, e cioè dal 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel 1667.

Il marmo della facciata e di molte altre parti interne del Colosseo sono serviti a mille usi, per costruire essenzialmente i palazzi dei papi e le chiese in tutta la città. Per lungo tempo fu usato come fonte di materiali da costruzione e si calcola che sia rimasto solo un terzo della costruzione originale. pensate come poteva essere in origine con gli altri due terzi!

I Romani stessi iniziarono a riciclarne i materiali, anche per ricavarne la calce, ma presto la Chiesa lo proibì come unica beneficiaria possibile di cotanto scempio. Lo stesso Papa Gregorio Magno fece trasformare le basiliche romane e gli antichi templi in chiese cristiane, attraverso lo spoglio sistematico dell’anfiteatro. Ne è la prova il nome scolpito su un pilastro del lato sud est del Colosseo, GERONTI V S. Tal Gerontius (V S significa VIRI SPECTABILIS) avrebbe ottenuto la concessione per smantellarne la struttura ed utilizzarlo come cava.

Si calcola che sia rimasto solo un terzo della costruzione originale. Vennero cavate le spesse lastre di travertino che rivestivano i corridoi, i blocchi di tufo, il piombo delle tubature, le grappe metalliche che tenevano assieme i blocchi, e pure i i mattoni. Papa Gregorio Magno introdusse la pratica di trasformare le basiliche romane e gli antichi templi in chiese cristiane, attraverso lo spoglio sistematico dell’anfiteatro.

Si preferì comunque non intaccare la facciata nord, per le processioni religiose nel percorso verso il Laterano. si disse che il colosseo era luogo di martirio e pertanto sacro, ma gli spettacoli delle condanne a morte, sia pure "ad bestias" non avvennero mai al Colosseo in quanto considerati spettacoli di poco conto che avvenivano solo in anfiteatri minori.

Nel XIV secolo gli Orsini ed i Colonna ottennero il permesso di cavare pietre e marmi. Nel 1362 Álvarez de Albornoz, vescovo di Orvieto, lamentava in una lettera al Papa Urbano V che non vi erano acquirenti per le pietre del Colosseo, tranne i Frangipane che avevano ordinato dei marmi per costruire un loro palazzo. 

Ormai la licenza di asportare materiali, pagando i proprietari, cioè il Papato, era facilmente concessa dai Papi, i quali approfittavano della disponibilità dell’ampia ed economica fonte di materiali per realizzare i loro progetti, e pure per farne commercio. Pio II fece addirittura costruire un carro apposito per trasportare i blocchi sino a Palazzo Venezia (cioè Palazzo S. Marco, ampiamente costruito con lo spoglio del Colosseo).

Intanto si continuava a cavar pietre, per riparare la tribuna della Basilica di S. Giovanni in Laterano, per la Scala Santa, le mura della città, la Basilica di San Marco e Palazzo Venezia, ma soprattutto per la piazza ed il loggiato delle benedizioni a San Pietro. Un secolo dopo il Colosseo fornì materiali per il Palazzo della Cancelleria, Palazzo Farnese, Palazzi Senatorio e dei Conservatori sul Campidoglio e nel 1634 Palazzo Barberini.

Un detto famoso sul saccheggio del Colosseo diceva: "Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini" (Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini). Infine, nel 1703, il travertino finì al porto di Ripetta, per ironia della sorte poi demolito per la realizzazione dei muraglioni del Tevere.

In seguito al pericolo di veder crollare parti del Colosseo si ebbero finalmente i primi restauri: speroni a sostegno delle estremità rimaste in piedi della facciata furono costruiti nel 1807 ad opera di Raffaele Stern e nel 1827 da Luigi Maria Valadier, che ricompose nella nuova opera parte delle strutture già crollate.

Ma non andò a buon fine anche perchè vennero usati mattoni e materiali diversi che iniziarono a distaccarsi. Occorsero diversi altri restauri per evitare i crolli. A pensare che i restauri non siano durati nemmeno un secolo mentre Colosseo sta ancora in piedi dopo 2000 anni nonostante gli abbiano strappato tutte le grappe di ferro, fa in parte stupore per la bravura degli antichi, ma pure rabbia per i moderni.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PIETA' AL COLOSSEO - All'interno del Colosseo è situata la chiesa di Santa Maria della Pietà al Colosseo, luogo di culto cattolico. La piccola chiesa è inserita in uno dei fornici dell'anfiteatro Flavio. Venne probabilmente fondata tra il VI e il VII secolo, sebbene le prime notizie certe riguardo la sua esistenza risalgono al XIV secolo.

La chiesa ha rappresentato da sempre un luogo di culto in memoria dei martiri cristiani che persero la vita all'interno del Colosseo, e fu frequentata da numerosi santi tra cui San Ignazio di Loyola, San Filippo Neri e San Camillo de Lellis. L'archeologo romano Mariano Armellini racconta che la cappella: " … era destinata in origine a guardaroba della compagnia che soleva rappresentare nell'arena dell'anfiteatro il gran dramma della Passione di Gesù Cristo, uso che si mantenne fino ai tempi di Paolo IV". In seguito, nel 1622, l'edicola fu acquistata dalla Confraternita del Gonfalone che la trasformò in un oratorio, e la affidò a un monaco come custode del luogo.

Nel 1936 il Vicariato di Roma affidò al Circolo San Pietro l'incarico di provvedere all'officiatura della chiesa.

GIOCHI - Il Colosseo ospitava i giochi dell'anfiteatro, che comprendevano: lotte tra animali (venationes), l'uccisione di condannati da parte di animali feroci o altri tipi di esecuzioni (noxii) e i combattimenti tra gladiatori (munera). Le attività seguivano un programma codificato: la mattina c'erano i combattimenti fra gli animali o fra un gladiatore e un animale, all'ora di pranzo si eseguivano le condanne a morte e solo nel pomeriggio si svolgevano i combattimenti fra gladiatori.

Per l'inaugurazione dell'edificio, l'imperatore Tito diede dei giochi che durarono tre mesi, durante i quali morirono circa 2.000 gladiatori e 9 000 animali. Per celebrare il trionfo di Traiano sui Daci vi combatterono 10.000 gladiatori.

Gli ultimi combattimenti tra gladiatori sono testimoniati nel 437, ma l'anfiteatro fu ancora utilizzato per le venationes (uccisione di animali) fino al regno di Teodorico il Grande: le ultime vennero organizzate nel 519, in occasione del consolato di Eutarico (genero di Teodorico), e nel 523, per il consolato di Anicio Massimo.

Gli scavi dei collettori fognari del Colosseo hanno restituito resti di scheletri di numerosi animali domestici e selvatici, tra cui orsi, leoni, cavalli, struzzi.

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